DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

 

 

 

 

 

 

 

 

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

 

 

 

 

 

 

 

di Antonio Colasanto

 

Domenica 26, Festa Diocesana del Santuario dell’Amore Misericordioso

 

La Giornata Giubilare Diocesana per la Festa del Santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza ha avuto inizio con la celebrazione delle Lodi solenni con largo concorso di pellegrini provenienti dall’Italia e dall’estero.

Alle ore 11,30 una solenne concelebrazione eucaristica è stata presieduta da Mons. Manuel Monteiro de Castro, Segretario della Congregazione dei Vescovi e Segretario del Sacro Collegio.

All’inizio della concelebrazione P. Aurelio Perez, Superiore generale dei Figli dell’Amore Misericordioso, ha rivolto all’illustre ospite un caloroso saluto.

Dopo il canto d’ingresso e le letture della Parola Mons. Manuel Monteiro de Castro ha introdotto l’omelia ricordando le motivazioni di questa Festa del Santuario ed ha detto: "Celebriamo oggi la Festa di Cristo Re e il 50º anniversario del Ritrovamento dell’Acqua del Santuario. Cristo glorioso, Re di tutta la creazione e delle nostre anime, che è venuto a stabilire il suo Regno non con la forza, ma con la bontà. Cinquant’anni del Ritrovamento dell’Acqua del Santuario, che ci ricordano la preghiera di Madre Speranza, scolpita sulla facciata delle Piscine: "Ti ringrazio, o Signore, che mi hai dato un cuore per amare e un corpo per soffrire".

Un cuore per "amare" e un corpo per "soffrire", è la grande lezione della festa di oggi. V’invito ad accompagnarmi in una breve riflessione su questo tema.

Amare, fa felici gli altri, reca gioia personale; non amare, non sentirsi amato, rende la vita dura agli altri, genera tristezza, spesso depressione.

Amare Dio e il prossimo, perdonare, trattare bene anche i nemici, è ciò che ci ha insegnato il Signore con la parola e con l’esempio. La nascita di Gesù a Betlemme, la fuga in Egitto, Nazareth, la vita pubblica, la chiamata degli apostoli e dei primi discepoli, il cammino verso il Calvario, la Crocifissione, la morte, la Risurrezione, la gloria. La vita della Madonna, di San Giuseppe e dei santi, animati da un cuore per amare e un corpo per soffrire, hanno seguito questa stessa strada. Al riguardo – ha ricordato il presule - Sant’Agostino scrive: "È detto nella Scrittura: «Egli (Dio) sferza chiunque riconosce come figlio» (Eb 12,6), e tu dici: Forse per te ci sarà un’eccezione. Ma ricordati bene che se uno è esente dal flagello dei castighi, è escluso dal numero dei figli. Dunque, dirai, egli sferza proprio ogni figlio? Certo, egli sferza ogni figlio, come ha colpito perfino il suo Unigenito. Quel Figlio unico, nato dalla sostanza del Padre, era il Verbo uguale al Padre nella natura divina, colui per il quale sono state fatte tutte le cose. Ebbene egli non diede mai alcun motivo per essere colpito. Eppure si rivestì del corpo a questo scopo, per non restare senza flagello. Ora chi sferza l’Unigenito, benché senza peccato, lascerà esente dalla sofferenza il figlio adottivo e peccatore? L’Apostolo dice che noi siamo stati chiamati all’adozione. Abbiamo ricevuto l’adozione di figli per essere eredi insieme all’Unigenito, e per essere insieme la sua eredità: «Chiedi a me, ti darò in possesso le genti» (Sal 2,8). Egli ci diede l’esempio con le sue sofferenze (Breviario, settimana XXIV, Sabato).

Abbiamo ascoltato due testi dell’Antico Testamento e altri due del Nuovo Testamento. Il primo, che è di Samuele, mostra Davide unto Re sopra Israele, non privo di ambiguità e di infedeltà. Verrà, però, un Re puro e fedele, un pastore perfetto, a regnare sul trono di Davide "suo Padre" e con una regalità senza fine. Il secondo testo che abbiamo ascoltato, è del salmo 122, e manifesta la gioia della gente nel camminare verso la casa del Signore, a Gerusalemme.

L’evangelista Luca, da cui è tratto il brano di Vangelo della liturgia, rappresenta la vita pubblica di Gesù come un cammino verso Gerusalemme, un pellegrinaggio verso la città Santa, la città che lo rifiuterà appendendolo alla Croce.

Il brano odierno narra a Gesù inchiodato sulla croce. Due malfattori, uno alla sua destra, e l’altro alla sinistra. Maria, sua madre, contemplava e San Giovanni l’accompagnava. …Nello stendere le braccia sulla croce, era pieno di gioia profonda, perché tutti dovevano sapere che per i peccatori che si sarebbero avvicinati a Lui le sue braccia sarebbero state sempre così aperte. […] Vide, e la cosa lo riempi di gioia, che la croce sarebbe stata amata e adorata perché Lui vi moriva. Vide i martiri che avrebbero sofferto un tormento simile, per amore suo e per testimoniare la verità. Vide l’amore degli amici, le loro lacrime dinanzi la croce. Vide il trionfo e la vittoria dei cristiani con l’arma della croce. Vide i grandi miracoli che si sarebbero compiuti nel mondo col segno della croce (cfr. A. De La palma, La passione del Signore, pp.160-161 in F. Fernandez, Parlare con Dio Venerdì Santo). Il ladro pentito dei propri peccati e crocefisso con Gesù che chiedeva a Gesù "…ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno, il Maestro rispose: in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso".

La seconda lettura, tratta dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi, ci mostra l’Apostolo che invita la piccola comunità cristiana di Colossi a ringraziare i doni ricevuti da Gesù Cristo, che ha dimostrato il suo amore a tal punto da dare la vita per noi. Rilevava Giovanni Paolo II: "Come Re viene per essere il Rivelatore dell’amore di Dio, il Mediatore della Nuova Alleanza, il Redentore dell’uomo. Il regno instaurato da Gesù è opera del suo dinamismo interiore come fermento e segno di salvezza per costruire un mondo più giusto, più fraterno, più solidale, ispirato ai valori evangelici della speranza e della futura beatitudine, a cui tutti siamo chiamati. Per questo nel Prefazio dell’odierna celebrazione eucaristica si parla di Gesù che ha offerto al Padre un "regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace" (JP II, Allocuzione, 26 novembre 1989).

"Ti ringrazio, o Signore, che mi hai dato un cuore per amare e un corpo per soffrire". La preghiera di Madre Speranza si fa più viva con la storia del Santuario, del Pozzo, delle Piscine. Soprattutto dopo che la fondatrice si stabilì a Collevalenza il 18 agosto 1951. Lo spirito del male, il maligno, esiste e non lascia di provare e anche di far soffrire, ma la forza del cuore che si sa amato dal Signore, anche sopportando i tormenti, le incomprensioni, le prove, vince sempre. E così la Casa dei Figli dell’Amore Misericordioso e costruita nel 1953, il Seminario Minore nel 1954, nel 1955 la Capella del Crocifisso eretta canonicamente a Santuario nel 1959, mentre il 3 dicembre 1960 si completava la realizzazione delle Piscine.

La Madre Speranza voleva il Santuario dell’Amore Misericordioso somigliante a quello di Lourdes, luogo di pellegrinaggi, di rinnovamento e di prodigi. Ha composto questa preghiera per il Santuario: "Benedici, Gesù mio, il tuo grande Santuario e fa’ che vengano sempre a visitarlo […] alcuni a domandarti la salute per le proprie membra straziate da malattie che la scienza umana non sa curare; altri a chiederti perdono dei propri vizi e peccati; altri, infine, per ottenere la salute per la propria anima […] Aiuta, consola e conforta, Gesù, tutti i bisognosi, e fa’ che tutti vedano in Te non un Giudice severo, ma un Padre pieno di amore e di misericordia, che non tiene in conto le miserie dei propri figli, ma le dimentica e perdona".

Nel mese di novembre del 1960, quando tutto sembrava pronto per entrare in funzione, "la Provvidenza permise che l’uso delle Piscine fosse proibito per disposizione dell’Autorità Ecclesiastica", divieto che durò diciotto anni. La Madre Speranza, con la sua fede viva nel Signore, ha saputo obbedire alla decisione della Chiesa. Nel 1978, il Vescovo di Todi Mons. Lucio Decio Grandoni rimuoveva il divieto, terminando la sua lettera così: "Confido in quest’atto, che pongo nelle mani di Cristo Re", festa che celebriamo oggi.

Possiamo ora capire meglio la frase di Madre Speranza: "Ti ringrazio Signore che mi hai dato un cuore per amare e un corpo per soffrire". Rivolgiamoci alla Madre de Gesù e Madre nostra con la preghiera seguente di Benedetto XVI:

"Santa Maria, Madre di Dio,

tu hai donato al mondo la vera luce,
Gesù, tuo Figlio – Figlio di Dio.

Ti sei consegnata completamente
alla chiamata di Dio

e sei così diventata sorgente
della bontà che sgorga da Lui.

Mostraci Gesù.

Guidaci a Lui.
Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo,

perché possiamo anche noi
diventare capaci di vero amore

ed essere sorgenti di acqua viva
in mezzo a un mondo assetato".

(Cfr.Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 42). 

Erano in tanti i pellegrini che si sono accostati al sacramento della riconciliazione e hanno partecipato alla Mensa della Parola e del Corpo di Cristo.

L’animazione liturgica è stata curata dalla corale di Montecchio-Collesecco diretta dal M° Emore Paoli.

 

Alle 17 è stata celebrata la Prima S. Messa presieduta dal sacerdote novello P. José Maria Ela Ndong, Fam.

Tra i concelebranti il P. Aurelio Perez, Superiore generale della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso.

P. José Maria Ela Ndong, ha 30 anni, è nato a Beayop nella Guinea Equatoriale ed ha compiuto i primi studi nella città di Bata. Successivamente in Spagna, per il Noviziato a La Nora, a Villava per il biennio di filosofia, e infine in Italia, nello studentato di Fermo, ove ha completato il triennio di teologia. Rientrato in Spagna per l’ordinazione diaconale e per l’anno di esperienza pastorale, ieri è tornato al Santuario di Collevalenza per essere ordinato presbitero.

All’omelia P. Aurelio ha detto: "Carissimi fratelli e sorelle, permettete che rivolga anzitutto un saluto a P. José Maria, sacerdote novello, primo Figlio dell’Amore Misericordioso della terra africana, e alla sua famiglia, la mamma Maria, il fratello Francesco e la sorella Maria Luisa. Voglio anche salutare D. Luis, il sacerdote della Guinea equatoriale che ha accompagnato P. J. Maria per sei anni nella sua terra natale e poi lo ha avviato verso l’Europa dove ha conosciuto la nostra Congregazione. Voglio ricordare il papà di P. J. Maria, che non è più con noi in questa terra e gli altri suoi fratelli che non possono essere oggi qui. Uno di loro che voleva venire, non ha potuto realizzare il suo sogno, ma in compenso ha dipinto questo bellissimo quadro che raffigura M. Speranza all’interno del continente africano. Speriamo che sia un segno profetico. Voglio anche salutare P. Maximiano Lucas provinciale della Spagna, alla cui giurisdizione appartiene P. José Maria, e P. Ireneo segretario generale, che è stato il promotore un po di anni fa della venuta di P. José Maria in Spagna.

Abbiamo molti motivi per ringraziare oggi l’Amore Misericordioso di Gesù, nella solenne festa del suo Santuario. La parola del Signore ci ha presentato il nostro Re Gesù. È un re molto particolare. Il brano evangelico ci ha messo davanti agli occhi una scena paradossale: un uomo innocente, accusato per invidia e gelosia dai capi del suo popolo, si proclama re davanti al procuratore dell’impero più potente di allora. Ma quest’uomo, la cui innocenza viene riconosciuta dallo stesso Pilato, tiene subito a precisare che il suo regno non corrisponde ai parametri dei regni di questo mondo. Il nostro Re è uno che si è fatto servo, anzi servo sofferente, come abbiamo sentito nella prima lettura, si è lasciato umiliare e maltrattare, come un agnello condotto al macello, ha lasciato che il castigo che ci dà salvezza si abbattesse su di lui come un uragano, e per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Meravigliosa condiscendenza del nostro Dio! Chi mai avrebbe immaginato tanta misericordia? Ai piedi del crocifisso dell’Amore Misericordioso, fatto collocare da M. Speranza nel cuore di questo Santuario, c’è una corona regale e vi è scritto: "Tu sei, o Cristo, il re della gloria!". Davvero oggi diciamo questa parola come un inno di lode al nostro Re. Tu davvero, Signore Gesù, sei il re della gloria, perché sulla croce tu sei stato glorificato e hai fatto entrare anche noi nella gloriosa luce del tuo Regno di giustizia e di pace. "Dio, ricco di misericordia – ci ha ricordato S. Paolo nella seconda lettura – da morti che eravamo per i peccati ci ha fatti rivivere con Cristo… Con Lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù". Ecco la gloria di cui l’Amore misericordioso del nostro Dio ci ha reso partecipi. Una gloria che risplende nell’offerta del sacrificio sulla croce.

Penso che guardando alle caratteristiche del nostro Re possiamo comprendere meglio il mistero del sacerdozio ministeriale nella Chiesa di Dio. Ieri, caro fratello José Maria, dopo averti imposto le mani, consegnandoti il pane e il vino per il sacrificio eucaristico, il Vescovo ti ha detto: "Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore". Ieri ci hai chiesto di pregare per te. Ecco, questa è la preghiera che vogliamo fare: che la tua vita sia una conformazione totale al mistero della croce di Cristo. Che tu divenga una sola cosa con Colui che ci ha amato e ha dato se stesso per noi. "In questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1Gv 3,16). Che il tuo sacerdozio, come Figlio dell’Amore Misericordioso, sia un’offerta totale perché venga il Regno di misericordia del Signore, un dono alla Chiesa di Dio e alla tua Famiglia religiosa, un dono per i sacerdoti. Sei sacerdote per i sacerdoti: questa è la missione prioritaria che condividi con la Congregazione nella quale il Signore ti ha chiamato. A te piacciono i racconti perché fanno parte della tua cultura. Te ne voglio raccontare uno anch’io. Una volta un tale andò in un negozio gestito dall’angelo del Signore e gli disse: "Voglio che tu mi dia tre chili di misericordia, due chili di pazienza e un chilo di speranza". Ma l’angelo gli rispose: "guarda che qui non vendiamo frutti ma solo semi". Che tu possa essere un primo seme buono della terra di Africa, un seme santo, perché se il seme è santo la pianta sarà santa e produrrà frutti di santità e di vita.

In quest’anno sacerdotale, concluso da appena tre mesi, abbiamo la gioia di vederti sacerdote, e dopo di te, nei prossimi mesi se Dio vorrà altri tre fratelli. Quattro sacerdoti proprio in quest’anno sono un dono meraviglioso di cui ringraziamo il Signore dal profondo del cuore. Tutti e quattro provenienti dalle terre di missione, come un segno che l’Amore Misericordioso vuole arrivare al mondo intero. Benedetto sia Dio! Madre Speranza sicuramente gioirà dal cielo, insieme ai nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduti. S. Agostino scriveva molti anni fa delle parole che avvertiamo di grande attualità: "Dio voglia che non manchino ai nostri giorni i buoni pastori; Dio non permetta che ne rimaniamo privi; il suo amore misericordioso li faccia germogliare e li costituisca a capo delle chiese".

Proprio in questi tempi difficili il Signore continua a effondere su di noi il torrente della sua misericordia. I 50 anni dell’acqua del Santuario, che stiamo celebrando, ci ricordano che "il fiume di Dio è gonfio di acque" (Sal 64, 10). Tutti voi pellegrini che ogni volta più numerosi venite a quest’acqua di misericordia, siete testimoni delle meraviglie che il Signore sta operando, non solo curando le malattie fisiche, ma soprattutto guarendo le ferite dello spirito, dissetando con l’acqua del suo Spirito l’arsura del nostro povero cuore. Facciamo nostra la preghiera di Madre Speranza nella Novena all’Amore Misericordioso: "Gesù mio, tu che sei fonte di vita, dammi da bere dell’acqua viva che sgorga da te stesso, perché gustando di te non abbia più sete che di te".

Anche questo sia un augurio per te, caro P. José Maria: che bevendo a Cristo quotidianamente, soprattutto nel mistero eucaristico, possa diventare anche tu una sorgente di grazia e benedizione per tanti assetati di vita, di amore e di gioia vera, che sicuramente il Signore metterà sulla tua strada. Sia lodato Gesù Cristo!"

Ha preso poi la parola P. José Maria per ringraziare quanti gli sono stati vicino in questi anni ed ha detto:"sono riconoscente a tutta la famiglia dell’Amore Misericordioso. Grazie a tutti quelli che mi hanno accompagnato. Un pensiero voglio avere per la Venerabile Madre Speranza, nostra Fondatrice che dal cielo mi ha accompagnato e sostenuto in questi lunghi anni. Non c’è di certo un dono più grande di quello che oggi il Signore mi ha concesso non per i miei meriti ma per la sua infinita misericordia. Lui così ha voluto e per questo il mio cuore gioisce ed esulta la mia anima per questa magnifica eredità. A voi tutti chiedo di pregare per me perché possa custodire ciò che oggi mi è stato concesso in dono e possa fare anche tanto bene ai fratelli. Grazie a tutti".

 

Alle 18,30 Mons. Giovanni Scanavino, Vescovo di Orvieto-Todi, ha presieduto una solenne concelebrazione eucaristica con la partecipazione di presbiteri e di diaconi della diocesi.

Dopo le letture della Parola mons. Scanavino ha svolto una intensa e appassionata omelia. Rivolgendosi ai confratelli nel sacerdozio come in un dialogo di famiglia ha detto: "interpreto la vostra presenza come un desiderio sincero e vivo d’imparare con me e come me l’Amore Misericordioso. Permettetemi – ha detto il presule – una personale e umile confessione: credevo di aver capito questo Amore Misericordioso. La mia vita è cambiata, lo dico con grande commozione, è una grande grazia del Signore e lo ringrazierò per tutta la vita, perché il Signore mi ha manifestato la sua misericordia quando mi ha aiutato a comprendere la parabola del Padre buono e quando mi ha fatto capire che questo Padre è buono sempre, in ogni momento, nonostante i miei tradimenti, le mie debolezze, le fragilità, i peccati.

Questa è stata la folgorazione più grande della mia vita, come cristiano, come sacerdote, come religioso.

Credevo di averlo capito fino in fondo e ho impostato tutta la mia vita per comunicare a tutti la bellezza, la grandezza di questa misericordia che ci rinnova ogni giorno. Tu sei colui che mi ama, che mi perdona senza sosta. Ma non l’avevo compreso fino in fondo. In questo periodo sto imparando l’ultima parte della lezione che è correlata con le letture di oggi. Qualcuno potrebbe domandare – ha detto mons. Scanavino – che relazione ci sia tra l’Amore Misericordioso e le letture proclamate che ci mettono davanti il Cristo condannato dal tribunale umano, il Cristo che finisce in croce.

Si che c’è relazione – ha sottolineato il Vescovo – è la chiave di tutto!

Affrontando la condanna e la morte di croce Lui ha manifestato nella maniera più completa questo Amore Misericordioso. Annullandosi per noi ci ha detto: ti ho amato da sempre, nonostante tutto. Questa è la lezione più dura di tutte. Noi stasera dobbiamo renderci conto che capire, conoscere l’Amore Misericordioso passa per noi necessariamente fino all’annullamento totale di noi stessi.

Dalla croce il Signore ci dice: ci credi davvero? Allora seguimi. Seguimi anche sul Calvario, seguimi in tribunale, seguimi fino in fondo. Ecco il sentimento che nasce: Signore è dura, lo hai detto Tu se è possibile questo calice passi, ma non la mia ma la tua volontà sia fatta.

Le letture dell’anno "C", come croce, ci parlano di Colui che ci ha amato veramente fino in fondo e questo è il fondamento della nostra riconciliazione. Se riusciamo a superare questa fase – ha detto il presule avviandosi alla conclusione – abbiamo conseguito la laurea nell’Amore Misericordioso.

Ringrazio i padri di questo Santuario che è il grande polmone della nostra diocesi. Qui ci si ricarica dell’aria che dà vita, vita nuova. Mi dispiace quando sento dire "vanno a Messa a Collevalenza e non nelle rispettive parrocchie". Io vi dico andate nelle parrocchie per costruire le comunità ma venite pure a Collevalenza per ricaricarvi di ossigeno, per purificare i polmoni e tornate nelle vostre comunità portando ossigeno e imparando a vivere la misericordia del Signore. Una Chiesa che non ha imparato l’Amore Misericordioso non sa presentare il Vangelo nella luce più vera.

Signore, Ti ringrazio per averci dato Madre Speranza perché nella sua semplicità, nella sua umiltà, è arrivata fin qui per realizzare quanto il Signore le aveva affidato. Sotto quelle mani fasciate di Madre Speranza c’era la sofferenza necessaria per accogliere e diffondere l’Amore Misericordioso. Per imparare la Misericordia e maturare la nostra vocazione dobbiamo passare sotto la croce o sulla croce".

Al termine della concelebrazione P. Aurelio Perez, Superiore generale della Congregazione, rivolgendosi ai confratelli sacerdoti della diocesi ha espresso parole di gratitudine all’Amore Misericordioso per questa presenza. "Vedo che si va creando una bella tradizione – ha detto P. Aurelio – vivendo la Festa dell’Amore Misericordioso con la presenza dei fratelli presbiteri. Madre Speranza certamente gioisce; Lei che ha voluto la nostra Congregazione proprio per la comunione con il clero diocesano e ha voluto questo Santuario per cantare la misericordia del Signore. Questo Santuario è la vostra casa. Queste due cose la misericordia e il sacerdozio sono intimamente unite. Grazie per la vostra presenza e il Signore ci benedica e ci faccia dono del suo Spirito che è dono di unità e di pace".

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ultimo aggiornamento 22 ottobre, 2010