Volontari al Santuario
dell'Amore
Misericordioso

P. Alberto Bastoni*
 

"Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò l’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto..."

Paradossalmente colui che ci ha conferito la dignità di persone che stanno "in piedi" assume, ora, l’atteggiamento contrario, quello del servo che si mette ai piedi dell’umanità per servirla e fare dono della propria vita... Lui prende… lava… asciuga i piedi dei suoi discepoli. Non compie solo un atto di purificazione... non si pone solo nell’atteggiamento del servo... ma mette qualcosa di sé... Maria, a Betania, nel suo amore, aveva già anticipato questo gesto e Gesù si era lasciato lavare, asciugare e profumare... dimostrandosi aperto ai suoi gesti di accoglienza (Gv 12, 1-3). Quando una persona si ammala, i piedi sono consegnati all’amore del prossimo perché li lavi… li profumi e li accarezzi... penso con meraviglia a quanti lavano i piedi e a quanti si lasciano lavare i piedi… segno di fraternità, di reciprocità, di cura, ognuno del proprio fratello o sorella... E’ segno eucaristico di dono, di riconoscimento della dignità dell’altro, segno che ci uguaglia… che ci assimila al nostro Signore e Maestro... Questa dimensione dell’amore profondo, umano, che si fa gesto, tocco che risana, dovrebbe permeare le energie più profonde della persona, quelle che portano a operare non per sé ma per gli altri. Eppure, il mettere la propria vita a disposizione degli altri in modo feriale e concreto sembra, ai nostri giorni e ai nostri contemporanei, riservato solo ad alcuni… quasi avessero ricevuto da Dio il dono di una vocazione speciale... oppure quasi avessero del tempo libero da spendere... mettendosi in qualche modo al riparo dall’idea di un Dio che "lava i piedi"... Invece è proprio l’Eucaristia che celebriamo che dona a tutti, nessuno escluso, la forza di vivere il servizio come Gesù l’ha vissuto… o almeno ci fa desiderare di raggiungere tale traguardo... L’Eucaristia ci comunica la vita di Gesù, nonché il suo Spirito che ci abilita a seguire le sue orme... per questo è il cibo che nutre chi è debole.. che sostiene la fede vacillante… non è il cibo degli angeli bensì il pane del cammino.

E questa forma è chiamato a prendere il volontario… la forma del pane... Una forma discreta, che può essere data addirittura per scontata… facilmente dimenticata... ma è il modo scelto da Gesù per farsi ricordare... tanto vicino... tanto fragile... Chi si nutre del pane eucaristico diventa presenza discreta... che fa del bene... dà tutto… ma nello stile di Gesù… sapendo che è proprio di quello stile che il bene praticato non sia trasformato in un monumento che invade la scena... che non è ossessionato dal farsi notare... perché sa che qualcuno dalla memoria più fedele già ricorda e custodisce i suoi giorni... Quindi capace di silenzio e di ascolto… di quel silenzio che rende possibili tutte le parole del mondo e può ospitare e guarire ogni lamento... silenzio che permette di capire se ciò che sentiamo è il grido del povero o è ancora l’eco della nostra presenza... a volte presenza assordante... perché ancora una volta è quella del nostro bisogno e forse anche del bisogno che qualcun altro abbia bisogno di noi. "Prendere forma dal pane" proprio attraverso l’esperienza dell’Eucaristia… di quell’agire ordinato secondo il ritmo delle sequenze rituali, permette a tutti di realizzare un contatto diretto con il dono di Dio... quel dono che, ovunque si vada, in qualsiasi angolo si consumi l’esistenza, è capace di diffondere il buon profumo di Gesù... dono che permette alle lacrime della gente di scavare le nostre anime… dono che diventa principio e ispiratore di ogni gesto... non si tratta di un sentimento o del dovere di solidarietà... Da un antico breviario ho trovato una preghiera che è anche un programma…

Donaci un cuore puro,

fedele nel servizio,

ardente nella lode.

Donaci un cuore puro, disposto al sacrificio, con una diaconia gratuita ed estroversa, senza i disturbi del calcolo, invocando la grazia della fedeltà… e ardente nella lode... la dimensione della preghiera… senza la quale tutto è sterile affanno… preghiera che arde... che incendia e che purifica.


* Riflessione proposta da p.Alberto Bastoni FAM rettore del Santuario dell’Amore Misericordioso e presidente dell’AVSAM, al alcuni membri dell’Associazione Volontari Santuario dell’Amore Misericordioso, il 13 novembre 2010.

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ultimo aggiornamento 17 dicembre, 2010