pastorale familiare

a cura di Marina Berardi

 

Questo mese ho pensato di riproporre un significativo intervento di Mons. Bonetti sul Sacramento del matrimonio incarnato nella vita di tutti i giorni, nel giorno dopo giorno di ogni coppia e di ogni famiglia che ha scelto Cristo come modello di sponsalità. Il tempo del sacramento diventa tempo di grazia in cui vivere la gratuità e la fedeltà, il sacrificio di sé e la gioia del dono, diventa luogo in cui sperimentare un amore che salva.

Grazia e stupore! È quanto abbiamo provato anche noi nell’accogliere a Collevalenza, negli ultimi giorni del 2010, il bellissimo Convegno promosso dalla Fondazione "Famiglia Dono Grande", di cui Mons. Bonetti è Presidente, che ha visto numerosissime famiglie, provenienti da tutta Italia, impegnate a riflettere proprio su La Grazia del Sacramento delle Nozze.

L’augurio che desidero rivolgere ad ogni famiglia all’inizio di questo nuovo anno è – come citava il sottotitolo del Convegno - di Stupirsi del Dono Grande che racchiude in sé!

La grazia del sacramento del matrimonio nella vita quotidiana

 

di Mons. Renzo Bonetti

Avendo presentato il matrimonio sacramento come segno del rapporto di Cristo Sposo con la Chiesa Sposa, può sembrare che tutto ciò sia lontano dalla realtà di tutti i giorni, che questo sacramento non modifichi più di tanto la vita di coppia e di famiglia e non entri nei dinamismi profondi del rapporto uomo-donna genitori-figli.

È vero invece il contrario. La grazia ricevuta con il sacramento del matrimonio è una grazia che incide nel concreto, fa vivere le cose di tutti i giorni in modo diverso.

Analizziamo che cosa è avvenuto col sacramento del matrimonio: la reciprocità della coppia è diventata, per una grazia particolare, partecipe di un dinamismo più grande. Gli sposi sono entrati nel vortice di amore che c’è tra Dio e l’umanità, tra Cristo e la Chiesa.

Questa grazia di amore non si sovrappone alla dimensione umana, non le si sostituisce né cammina parallela, ma la assume tutta, abitandola con il dono dello Spirito.

La direzione da prendere

Se una coppia cristiana vuole dare a questa grazia la possibilità di espandersi, di prendere consistenza, di abitare tutto il vissuto della coppia, cosa deve fare? In che direzione deve andare la coppia per far sì che questo dono di grazia diventi grande al punto che Dio traspaia attraverso di essa, fino a dire la parola "amore" con la stessa relazione coniugale?

Nel sacramento del matrimonio gli sposi hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo che li ha configurati ad immagine di Cristo Sposo della Chiesa, dono che continua in questa azione interiore per tutta la vita, come nel giorno delle nozze. La coppia non deve far altro, allora, che mettere le proprie "vele" in modo tale che assecondino l’azione dello Spirito Santo, come succede per la barca a vela, che deve captare il vento per esserne sospinta. Bisogna, cioè, porre dei gesti, dei comportamenti umani, che concretamente mettano la "barca" del matrimonio nella condizione di lasciare agire lo Spirito Santo.

Cristo sposo, modello da imitare

Se la coppia vuole vivere secondo lo Spirito, come deve comportarsi? Che modello deve prendere? Se, come abbiamo detto, è configurata a Cristo Sposo della Chiesa Sposa, deve avere come modello Cristo Sposo.

Cristo Sposo è il Verbo di Dio fatto carne, cioè colui che ha amato l’umanità fino ad incarnarsi. Gli sposi hanno la grazia, nella propria carne, di riesprimere questa alleanza di amore; hanno il dono dello Spirito che li abilita ad assumere tutto dell’altro, ad accogliere l’altro totalmente, così come è, con la sua storia, la sua famiglia (accettata, non solo sopportata!), come ha fatto Gesù che, incarnandosi a Nazareth, ha accettato tutto della realtà concreta di quel concreto paese. Accettare l’altro con la sua struttura di carattere e di persona femminile o maschile; entrare dentro tutto l’umano che l’altra o l’altro porta in sé.

L’amore gratuito

Il Verbo si è fatto carne per amore, cioè in modo puramente gratuito: amare per amare e non per avere la risposta. Gesù si è incarnato per amore ed è ancora in mezzo a noi per amore. La coppia, allora, ha la grazia di amare per amare, cioè di amare così intensamente (come ha fatto Gesù) da mettere l’altro nelle condizioni di dare una risposta libera e totale. Diversamente è un mettersi d’accordo e il matrimonio diventa una cooperativa coniugale".

L’amore vero deve essere libero e liberante e chiede la reciprocità. Guardando il Crocifisso ci viene spontaneo dire: mi hai amato così tanto, che desidero amarti anch’io. Scoprendo quanto mi ha amato Dio, divento capace di dare una risposta di lode e di reciprocità. Allo stesso modo gli sposi hanno la grazia di amarsi cristicamente.

Vivere l’ordinario

Chiamati a vivere, come Gesù, l’amore gratuito, assumendosi tutto l’uno dell’altra per tutta la vita, vediamo come Gesù ha vissuto per imparare da lui come si vive l’amore fatto carne. Guardiamo ai trent’anni passati da Gesù a Nazareth: essi dicono che il Verbo incarnato ha espresso il suo amore per l’umanità dentro la normalità di una vita di famiglia, facendo il falegname, in una casa-grotta dove si parlava in dialetto, dove non c’era la possibilità di grandi studi... vivendo la vita normale della sua gente. Dio, l’Onnipotente, si è fatto carne facendo abitare l’amore straordinario di Dio nella ferialità più banale: è lo straordinario vissuto nell’ordinario.

Tutta la vita normale della coppia, allora, diventa un ordinario da vivere straordinariamente, perché abitato da una grazia straordinaria. E qui i cristiani hanno il segreto (che il mondo non conosce) di come vivere l’ordinario per crescere nell’amore, mentre oggi l’ordinario è considerato da tutti, cristiani compresi, solamente come una frustrazione ed una consumazione dell’amore. Le piccole cose di tutti i giorni, i lavori domestici per lei, il lavoro quotidiano per lui, abitati da questo amore, stancano, ma non consumano; sfibrano, ma prendono senso: tutto assume una qualità diversa. Non si può pensare che l’amore cresca solo in qualche occasione straordinaria (un’uscita insieme, una bella vacanza...). Chi non sa dare senso e spessore affettivo alla vita di tutti i giorni, non riuscirà a darlo al sabato e alla domenica. È la spiritualità dell’ordinario che fa crescere, perché tutto nella vita è reciprocità, possibilità di esprimere l’amore: dal come ci si veste a come si lascia la casa in ordine.., per rendersi amabili, per conquistare ancora l’amore della moglie o del marito. Questo è vivere un amore che è veramente capace di trasformare la vita a partire da tutto ciò che è relazione.

Vivere la fedeltà

Dal momento che gli sposi hanno la grazia di vivere come Cristo, di essere assorbiti dentro questa relazione, essi hanno la grazia di vivere la fedeltà. Cristo non può non essere fedele, perché in lui è l’unità della natura divina con la natura umana. Egli perciò può aiutare la coppia a vivere questa unità, in cui la fedeltà è ricchezza e occasione di crescita di vita.

L’indissolubilità del matrimonio, allora, non è un recinto, un condizionamento, ma un’autostrada che permette di vivere una unità grande come è grande l’unità di Dio, che è trino, ma uno. Si vivrà così un amore sempre più intenso nonostante le difficoltà, i problemi di tutti i giorni. La coppia è chiamata all’indissolubilità: l’ha ricevuta come dono dello Spirito Santo col sacramento del matrimonio, ma è chiamata a farla crescere fino alla perfezione.

Amare fino al sacrificio di sé

Se Cristo Sposo è il modello da imitare e gli sposi sono resi capaci di amarsi l’un l’altro come Cristo ci ha amati, fino a che punto si deve amare? Cristo ci ha amati fino a morire sulla croce: gli sposi ricevono la capacità di amare fino a questo livello tutti i giorni, cioè la capacità di amare nel sacrificarsi e, nel sacrificio, di vivere l’amore. Il sacrificio è l’unica possibilità di spostare i confini della capacità di amare.

La croce, il sacrificio, il negativo nella vita di coppia e di genitori può o distruggere o potenziare la vita di coppia. Certe coppie, in condizioni di fatica, con molti problemi, si trovano addosso una cappa di piombo che impedisce loro di vivere con serenità. Può avvenire però anche il contrario, se le difficoltà vengono vissute come qualcosa che permette di esprimere più amore. La sofferenza ripetuta, prolungata può infiacchire, ma se si punta lo sguardo su colui o colei per cui si vive quella situazione di fatica, si scopre la radice di amore che è presente in quel sacrificio. Allora non si vive più quella situazione in modo frustrato, stanco, avvilito, ma pur nella croce, nel limite della sofferenza, si tiene vivo e si fa crescere l’amore.

Molte volte si spiega il sacrificio con l’espressione "bisogna, mi tocca" e allora si fa fatica ad andare avanti: non siamo più noi allora che viviamo la vita, ma è la vita che vive noi, e ne perdiamo la ricchezza. L’amore nel sacrificio, l’amore fino a dare la vita, è invece dar senso ad essa fino a "perdere la propria vita" per amore.

L’amore nella coppia è amore che salva

Gesù, amandoci fino a morire, ha preso su di sé i nostri peccati e li ha amati fino a portarli sulla croce con sé per salvarci. L’amore degli sposi è un amore che redime, che salva, prendendo su di sé i difetti di lui, di lei, consumandoli nell’amore.

Questa è una cosa difficilissima. Generalmente il difetto di lui o di lei è un’occasione per distinguersi: "ma io non sono così". I difetti mettono tra i due un velo di incomunicabilità, diventano spesso occasione di autogiustificazione per amare meno o in modo diverso: voglio l’altro così. Gesù, salvandoci, ha amato anche il nostro negativo. Spesso, invece, si rischia di sposare il positivo di lui o di lei, e quando si scopre il negativo si conclude: non sei la persona che amo. Per verificare se si mettono le "vele" nella posizione giusta, bisogna vedere se si è capaci di amare anche i difetti della moglie o del marito.

Amarli vuol dire guardarli in modo diverso. Un papà e una mamma guardano i difetti dei figli sostanzialmente come propri: è naturale. Questo è l’amore che si deve avere anche come marito e moglie, perché solo considerandone i difetti come propri si è nella condizione di usare il modo giusto per aiutare la persona, amata con quel difetto, a correggersi e a crescere, per quello che può. Altrimenti ci si rinfaccia reciprocamente i difetti e ci si sfoga soltanto, anche se si dice la verità, ma ciò non serve. La verità detta da Gesù è detta per salvare.

L’amore che ama fino a dare la vita l’uno all’altro produce la gioia, la gioia dell’unità. E questa gioia si deve vedere, segno di un amore che sta crescendo nella maturità, secondo la grazia ricevuta dal Signore.


Fonte: http://www.famigliainsieme.it

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ultimo aggiornamento 11 gennaio, 2011