pastorale familiare

Marina Berardi

 

L’incontro con una famiglia "speciale"!

Lo scorso mese ho ripresentato l’indimenticabile testimonianza di Sabahaz Batti, ministro pakistano per le minoranze religiose ucciso proprio per il suo impegno eroico, che ha detto con la vita l’importanza di essere famiglia… per volare alto. Su questa scia, desidero riproporvi l’"incontro" con una "famiglia speciale", entrata provvidenzialmente nella mia vita attraverso la lettura di un libro dal titolo Una vita piena vissuta nell’Amore1; una famiglia che… ha davvero volato alto, dandoci l’esempio!

Ho sempre creduto che la vita è innanzitutto incontro con l’altro, sia questi Dio, il prossimo, gli eventi… e che, diversamente, essa sarebbe vuota, triste, priva di spessore, di calore, di senso. L’incontro con l’altro è possibile sempre, basta attenderlo, prepararlo, volerlo, con discrezione, togliendosi i sandali perché la terra in cui ci accingiamo ad entrare è terra sacra: è il silenzio di Dio che ci conduce nel deserto, è la vita e l’intimità di una persona che ci apre il cuore, sono i piccoli e grandi eventi di sofferenza e di dolore che entrano nella nostra stessa esistenza in modo inatteso ...

Quale felicità si sperimenta quando l’altro si lascia incontrare: spezzando la propria vita con chi gli vive accanto quando, agli occhi umani, a lui non sembrano restare che poche briciole; prendendo su di sé il dolore altrui sebbene sia già tanto arduo portare il proprio; rinunciando a pretese e diritti per farsi attento a quelli degli altri. È qui che l’incontro si fa silenzio, contemplazione, gratitudine, stupore per una relazione che nutre il cuore, che non può che prorompere in un annuncio di speranza.

L’incontro che voglio offrirvi è appunto quello con una famiglia resa "speciale" da una malattia e una morte vissute nell’Amore e che, con la grazia del Signore ed il sostegno di molti, ha saputo "accettare la volontà di Dio e […] capire come nel dolore c’è già dentro il germoglio del bene e della gioia"2!
Cristina nasce l’11 aprile 1970 e cresce in una famiglia che ama e da cui è amata. Quando incontra Alberto, entrambi sono impegnati nella vita parrocchiale e vicariale. Il 2 giugno 1996 chiedono al Signore di consacrare il loro amore, da cui nascono tre magnifiche bambine, Chiara, Anna e Laura. Nel 2002, quando quest’ultima aveva appena tre mesi, a Cristina viene diagnosticato un tumore al seno che, nonostante le incessanti cure, avanza rapidamente. Chi le è vissuto accanto, racconta che "Cristina affronta questi ultimi quattro anni della sua vita con enorme coraggio, forza e una grande fede che riescono a darle una profonda serenità d’animo che traspare sempre dal suo costante meraviglioso sorriso!"3. Torna alla casa del Padre il 4 settembre 2006, all’età di 36 anni.

Cristina ed Alberto, fin dal fidanzamento, hanno scelto un amore di "qualità", fondato sulla roccia, un amore evangelico, intuendo - come traspare da alcune lettere scritte da Cristina ad Alberto in quel periodo - che le esigenze dell’Amore, prima o poi, sarebbero entrate nella loro storia e che avrebbero richiesto fortezza e coraggio.
Nulla si improvvisa; ci si educa e ci si prepara a vivere l’Amore, quello con la A maiuscola, quell’amore che, come dice la Scrittura, è più forte della morte. Amare è scegliere di rimanere, è fiducioso abbandono. Negli anni della malattia, meditando la quarta stazione della Via Crucis in cui Gesù incontra sua Madre, Cristina scrive: "Quando si ama qualcuno… è sicuro che prima o poi questo ci farà soffrire. […] Un figlio potrà ammalarsi, forse potrà anche morire, e noi gli staremo accanto impotenti e desiderando più che mai prendere la sua croce sulle nostre spalle ma sapendo anche che questo non è possibile. […] Occorre vedere oltre il dolore; occorre guardarlo con gli occhi della fede e lasciare che il Signore compia il suo disegno su di noi"4.
Come ci ha insegnato Madre Speranza, il disegno del Signore è sempre un progetto d’amore! Sta a noi scorgerlo. Anche Cristina ne è certa: ""Dio è Amore e tutto ciò che accade nella Terra, malattie comprese, sono frutto del Suo Amore per noi [...]
Senza la mia malattia forse queste cose non le avrei mai capite e forse non avrei avuto il coraggio di parlarne agli altri. Sono convinta che dietro a qualsiasi avvenimento ci sia un lato positivo e uno negativo, sta a noi a riuscire a vederli entrambi e a vivere sempre con gioia il progetto che Dio ha su di noi, affidandosi a Lui sicuri che ci vuole bene. Non è facile, anche Gesù nell’orto degli ulivi aveva chiesto al Padre che gli fosse allontanato quel calice"5.

Dal dicembre 2002, la malattia ha fatto la sua strada ma Cristina ed Alberto, fin dal primo terribile sospetto, hanno deciso che avrebbero fatto la loro, ancora una volta, insieme!6 Un insieme che ha incluso non solo la famiglia naturale, ma la più grande comunità parrocchiale e vicariale, le tante persone incontrate come cirenei lungo il cammino verso il Calvario che l’hanno sostenuta fattivamente e con la preghiera e a cui è grata. Ma aggiunge: "Non tutti però sono fortunati come me; la maggior parte delle persone che vivono nel dolore rimangono sole e questo le porta più facilmente ad allontanarsi da Dio piuttosto che a scoprire il suo amore nella sofferenza"7.

Il dolore vissuto da soli è pesante tanto da diventare insostenibile, rende tristi, porta a richiudersi, come a voler salvaguardare una ferita che continuerà a sanguinare fin quando non si è disposti a lasciare che qualcuno se ne prenda cura, la fasci. Gesù stesso ha sentito il bisogno della vicinanza umana quando, nell’orto degli ulivi, ha chiesto ai discepoli di vegliare con Lui. In fondo la sofferenza non appartiene solo a chi la vive ma, in qualche modo, appartiene ai fratelli, a quanti ci amano, all’umanità. Il tempo del dolore può trasformarsi nel tempo del dono di sé, di un "passaggio", di una generatività feconda se si accetta di vivere le doglie del parto: "Vedi, io non sono sicuramente felice di essere malata, e non passa giorno che non penso alla mia morte e a come potranno vivere le mie figlie e mio marito senza di me. Però se mi fermassi qui la sofferenza sarebbe troppo grande, mi schiaccerebbe e me ne starei seduta in poltrona a fissare il vuoto, aspettano che la malattia prenda il sopravvento. Che tristezza e che angoscia! No, la mia malattia mi è servita, e molto, per capire meglio me stessa, gli altri e il meraviglioso mondo che ci circonda"8.
Quante volte, incontrando qualcuno al quale chiediamo come sta, ci sentiamo rispondere: "l’importante è la salute"! Eppure, come Cristina, credo e ho sperimentato che "la salute è un bene prezioso ma non è tutto. […] È sicuro che è insito nella natura umana desiderare le cose quando ci mancano, ma occorre andare oltre e assaporare quelle che ancora abbiamo"9.

Come direbbe M. Speranza, il Signore scrive dritto su righe storte, nella sua onnipotenza ricava il bene del male. Cristina lo scopre e condivide questa esperienza con una madre che è nel dolore: "Vedi, senza il mio tumore, io non avrei avuto il coraggio di scriverti… Io sono fortunata perché sono riuscita a dare un senso al mio dolore e perché ho una meravigliosa famiglia che mi aiuta ogni giorno con la sua gioia. Beh, sicuramente Dio ci ha messo lo zampino se riesco ad avere tutta questa energia… tutte le preghiere che in ogni parte del mondo sono state dette per me hanno dato i loro frutti e la mia serenità viene sicuramente da Lui. […]
Io posso darti testimonianza della mia sofferenza ma non posso lenire la tua. […] Dio non è cattivo e non ci punisce mandandoci il dolore nella terra perché noi siamo cattivi. Dio è Amore e il dolore che c’è sulla terra serve semmai a farci ritornare a Lui"10.
Tutto quanto riceviamo è dono e al Datore dei doni va restituito, anche la sofferenza e la malattia che, nel piano di Dio, diventano il luogo privilegiato per l’incontro con Lui, con noi stessi, con i fratelli, con la vita. Il dolore diventa il luogo dell’essenziale, il luogo - come diceva M. Speranza – per crescere nell’Amore.

Pur concludendo l’articolo, mi sembra che ci sarebbe ancora tanto da narrare, da condividere, da meditare… Vi invito a farlo leggendo, e magari regalando, il prezioso libro in cui sono raccolte le lettere di Cristina e l’ultima lettera scrittale da Alberto, letta nel giorno del funerale11, il giorno del compimento del loro amore terreno e di una vita piena vissuta nella santità e nell’Amore!
Un amore che continua a farsi concreto, tanto da scegliere di devolvere in beneficenza gli interi diritti d’autore, quasi a non voler trattenere nulla di quanto loro, gratuitamente, hanno ricevuto e accolto come dono e a continuare la strada della condivisione scelta e tracciata da Cristina.

Grazie, Cristina, a te, alla tua famiglia "speciale", ai vostri amici perché ci avete donato voi stessi.
Grazie perché ci hai lasciato in eredità, non oro ed argento, ma tutto quello che avevi: il Risorto vivo in te!
Intercedi per ogni famiglia perché, in questo tempo in cui la natura si risveglia e assume quei colori che amavi contemplare, senta dentro la nostalgia della vita vera, l’anelito alla santità, nella gioia del Cristo Risorto!


1 Marcato Cristina, Una vita piena vissuta nell’Amore, Marcianum Press, Venezia, 2009.

2 Ibidem, p. 5.

3 Ibidem, terza di copertina.

4 Ibidem, p. 42.

5 Ibidem, p. 50-51.

6 Cfr. ibidem, p. 80.

7 Ibidem, p. 41.

8 Ibidem, pp. 58-59.

9 Ibidem.

10 Ibidem.

11 Per l’acquisto online: www.marcianumpress.it

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ultimo aggiornamento 06 maggio, 2011