esperienze  
 

Paolo Risso

"QUESTI SANTI ALL’INFERNO"

Primavera 1945, lager di Dachau, in Baviera (Germania). In quel luogo di morte, dal 1933, i nazisti hanno torturato e ucciso. L’uomo vi è stato degradato a livello infimo. Lì, i nazisti avevano concentrato soprattutto i preti e i religiosi, si calcola più di tremila. Furono tutti eroici, molti "santi", da elevare all’onore degli altari, come si sta facendo, per qualcuno.

Gesù "fa" i suoi santi, anche all’"inferno" di un campo di sterminio, perché Gesù è la Vita, più forte della morte e dell’odio, la Vita che vince il dolore e la morte, anche in un lager, comandato dai nazisti, o in un gulag, comandato dagli altri "suonatori", i comunisti, della peggiore oppressione dell’uomo.

 

"Nostra Signora di Dachau"

Ebbene: a Dachau c’era uno stanzone e serviva da cappella. Lì, ogni mattina, prima delle quattro, un vescovo o un prete cattolico celebrava il santo Sacrificio della Massa e donava ai confratelli, Gesù immolato e pane di vita eterna. Poi, facendo "il salto della rana" partivano per il lavoro disumano, con lo stesso abito leggero a striscie, d’estate e di inverno.

Spesso chi comandava ricordava ai detenuti che di lì si sarebbe usciti solo per la canna del camino: s’intende del forno crematorio. Eppure, in quel campo fiorirono miracoli di fede e di santità.

Nello stanzone-cappella era stata porta una statuetta lignea della Madonna con il Bambino Gesù in braccio. "Era la Stella del mattino – scriverà Edmond Michelet, uno dei deportati – la Salute degli infermi, la Regina dei martiri. Tutti la chiamavano ‘Nostra Signore di Dachau’, perché questo nome esprimeva tutto".

I detenuti, preti o laici, fissavano quella Madonna, con amore e con speranza: Maria SS.ma, "sorgente della nostra gioia", colei che non permetteva di disperare, neppure nelle torture, nel dolore e nella morte. Colei che doveva far sbocciare la santità – ecco il miracolo – in mezzo alla degradazione dell’uomo.

Ora nella primavera del 1945, si intuiva che gli Alleati non erano più lontani e le SS di Hitler, volte alla sconfitta, sembravano allentare la morsa. Ma si moriva ancora di fame, di malattie non curate, di tifo petecchiale, di iniezioni mortali gettate nelle vene per togliere di mezzo le bocche considerate inutili.

Tra i preti e i religiosi si distigueva per la mitezza, la scienza, la preghiera pressoché continua, Padre Giuseppe Girotti, domenicano di Alba (Cuneo), nato nel 1905, sacerdote dal 1930, biblista insigne, deportato per aver aiutato, a Torino e dintorni, Ebrei e partigiani.

Aveva un’affezione grande alla Madonna: "Ho due donne nella mia vita – era solito dire – la mia mamma, morta troppo presto, e la Madonna". Aveva studiato a Gerusalemme, allievo del Padre M. J. Lagrange, e aveva scritto il commento splendido ai Libri Sapienziali e al Profeta Isaia, rivelando e insegnando la sua affezione a Gesù, l’Uomo-Dio, il vero Protagonista delle Sacre Scritture nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

Morto il 1° aprile 1945, giorno di Pasqua: sul suo giaciglio rimasto vuoto, un compagno di prigionia l’indomani scrisse "san Giuseppe Girotti". Il suo processo di beatificazione è in corso alla Congregazione delle Cause dei santi a Roma.

Un raduno di santi

È commovente quanto fin qui siamo venuti raccontando, ma è sublime sapere che proprio a Dachau in quei mesi terribili, dall’estate 1944 alla primavera del ’45, si realizzò quasi un convegno di santi ai piedi di quella Madonnina che sorrideva ai martiri del campo di sterminio.

Al numero uno vorremmo porre Mons. Giuseppe Beran, nato nel 1888, sacerdote esemplare e pronto a tutte le fatiche, quindi rettore del Seminario di Praga. Aveva già 56 anni, quando finì là dentro per aver alzato la voce contro i soprusi dei nazisti contro la sua gente, e aveva sempre un sorriso dolcissimo verso i compagni di prigionia e spesso si privava del suo necessario, per sostenere e soccorrere chi, essendo più giovane, aveva più fame di lui. Dai suoi occhi azzurri e sereni sempre, si capiva che viveva in intimità con Gesù, anche nel lager.

Non "uscirà del camino", ma tornerà a Praga e sarà nominato Arcivescovo della sua città dal S. Padre Pio XII. E i comunisti lo porranno a domicilio coatto per altri lunghi anni, perché, imperterrito come al solito, in nome di Dio, aveva alzato la voce contro i loro delitti. Ma, lui, Mons. Beran, sarà sempre forte, sereno, dolce e affabile come una madre.

Finalmente liberato dalla prigionia dei neri e dei rossi, era solito dire: "Vedete, il mio nome, nella lingua natia, significa "montone" ed è difficile vincere un montone… Vedete, io sono cristiano, sono vescovo, io perdono e amo tanto quei figlioli e prego per la loro conversione a Gesù". I "figlioli" erano i suoi torturatori nazisti o comunisti che fossero! Papa Paolo VI, lo farà Cardinale nel 1965. Morirà nel maggio 1969, poche ore dopo aver celebrato la sua ultima Messa, consumato dal tumore, con il cuore ardente di carità per Dio e per tutti. Un martire vero come i suoi confratelli cardinali Stepinae, di Zagabria, e Mindzenty di Budapest. Non merita anche lui di essere beatificato?

L’altro Vescovo eroico era Mons. Gabriel Piguet, di Clermont-Ferrand in Francia: coraggioso, come un martire antico, come Ignazio d’Antiochia e Cipriano di Cartagine, sfidava con la vita e con la parola le SS, pur di essere, sempre, anche in mezzo a loro, portatore di Gesù.

Quando arrivò al lager di Dachau, lo vestirono di stracci, così da farlo apparire un Cristo dopo la flagellazione. Tuttavia incuteva rispetto e soggezione, per la sua dignità episcopale, ai suoi stessi aguzzini, per il suo sguardo colmo di Dio, di paradiso. Un giorno, un immondo delle SS si permise di prenderlo a schiaffi. Lui commentò: "Che grande onore oggi! Anche Gesù è stato schiaffeggiato… Io… come Lui".

Il 18 dicembre 1944, Mons. Piguet ne fece "una grossa": con l’autorizzazione, avventurosamente avuta dall’Arcivescovo di Monaco, Card. Michele Faulhaber, senza che le SS se ne avvedessero, circondato da decine di preti, ordinò sacerdote un giovane diacono della diocesi di Munster, Karl Leisner.

Karl era stato arrestato nel 1939 e, pieno di fede e di Spirito Santo, come Stefano, primo diacono, in mezzo a sofferenze inaudite, teneva allegri i detenuti con la sua chitarra e distribuiva agli altri quanto riceveva da casa. Dunque, ora alla fine del 1944, Karl veniva ordinato sacerdote da Mons. Piguet… Alto, scarno, il volto ardente di febbre, don Karl Leisner celebrò la sua prima Messa il 26 dicembre 1944. Liberato dal lager, nell’aprile 1945, all’arrivo degli Americani, moriva il 12 agosto 1945, tra le braccia della sua mamma. È stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II: sacerdote e martire.

Ma c’era pure un’altra stella luminosa. Era il polacco don Stefan Frelichowski. Anch’egli era stato arrestato nel 1939, due anni dopo la sua ordinazione, perché fiero oppositore del nazismo. Nel lager di Dachau, aveva moltiplicato le sue energie per i più sofferenti, spinto dall’amore di Gesù, compiendo, si può dire, dei "miracoli" per loro.

Nel febbraio 1945, contrasse il tifo e morì a 32 anni, un vero angelo in carne. Le SS permisero che la sua salma, prima di essere buttata nel forno fosse esposta alla venerazione dei compagni, che sfilarono a migliaia per offrirgli un ultimo saluto di gratitudine. Gli aguzzini guardavano stupiti e increduli. Anche don Frelichowski è stato beatificato da Giovanni Paolo II.

Ma ci sono pure dei laici tra questi "santi". Edmond Michelet, francese, era un professore dal cuore di madre, sempre vicino a ogni sofferente, per portargli il cibo, le cure, e anche la Comunione eucaristica, autorizzato a farlo, come Tarcisio, all’epoca dei primi cristiani, entrando là dove i sacerdoti non potevano entrare.

Fu lui a portare Gesù, Padre di Vita, a P. Giuseppe Girotti, ormai abbandonato nell’infermeria, in attesa della morte, e a diversi altri infelici. Dei giorni di Dachau, su Giuseppe Girotti "domenicano angelico, dagli occhi neri, luminosi, immensi, sempre affamato di Gesù Eucaristico", scriverà pagine indimenticabili nel libro "Rue de la liberté: Dachau", Parigi 1970.

Tornato in Francia, sarà ministro della cultura del governo di Chaban-Delmas, ai tempi di De Gaulle. Sposo e padre di famiglia, si spegnerà ancora giovane il 10 ottobre 1970. Di lui è in corso la causa di beatificazione.

In quegli stessi giorni, giunse a Dachau don Antonio Seghezzi, originario di Bergamo. Nell’Azione Cattolica, negli oratori, nelle parrocchie era stato uno stupendo educatore di giovani, con lo stile appassionato di don Bosco. Li aveva seguito, i suoi giovani, in montagna, dopo l’8 settembre 1943, senza fare alcuna politica, ricco solo del suo ministero sacerdotale.

Ma fu accusato di essere "partigiano" e deportato dai tedeschi prima a Kaisheim, poi a Dachau, dove, nel lavoro terribile cui fu condannato, testimoniò il suo amore a Gesù e la sua sconfinata carità verso i sofferenti. Si spense di TBC il 21 maggio 1945, a Dachau, a soli 39 anni, quando già erano giunti gli Alleati. Il suo Vescovo, mons. Bernareggi, lo definì "una vita sacerdotale splendente per spirito di fede e di carità". E il suo biografo: "Una delle più belle e soavi figure sacerdotali del nostro tempo". È in corso la causa di beatificazione.

Ma la fila di "santi" di Dachau non è ancora finita e i nostri sono solo degli appunti. Ne citiamo ancora uno. Tra i deportati, in quei giorni, c’era pure il salesiano cecoslovacco don Stefan Trochta. Nato nel 1905 in Moravia aveva compiuto gli studi filosofici a Torino all’ombra dell’Ausiliatrice tra i salesiani che l’avevano appassionato per la loro dedizione ai giovani. Laureatosi in teologia a Roma, era diventato, al suo rientro in patria, un vero apostolo della gioventù.

Così era finito nell’elenco delle persone che i nazisti dovevano eliminare. Internato a Dachau, perché "prete pericoloso" per la sua forte presenza in mezzo ai giovani, vicino al suo nome le SS scrissero "RU", cioè "Ruclckehr unerwunscht", che significava: "ritorno indesiderato". Quindi doveva morire. Invece, miracolosamente non morì né riuscirono a ucciderlo. Ammirabile per la sua fedeltà a Gesù Cristo nel lager nazista, tornato in patria, dal Santo Padre Pio XII fu nominato Vescovo di Litomerice, quando la Cecoslovacchia passò sotto la dittatura dei comunisti.

Così mons. Trochta fu imprigionato un’altra volta, a causa di Cristo. Liberato dal carcere, farà il muratore per sopravvivere, sempre clandestinamente attivo e operoso per i suoi preti e per le anime a lui affidate. Paolo VI, il 5 marzo 1973 premierà la sua fedeltà a Gesù e alla Chiesa con la porpora cardinalizia. Ancora un anno di vita e il Cardinale martire andrà incontro a Dio il 6 aprile 1974. Non merita forse la beatificazione?

 

Dachau, come rivelazione

Ripetiamo: questi non sono che appunti: ce ne sono sicuramente altri di "santi" a Dachau e negli altri campi di sterminio che patirono sotto Hitler e sotto Stalin e i successori di Stalin. Intanto a Dachau, noi ammiriamo un raduno commovente di santi, non in una chiesa o in un congresso eucaristico o attorno a un Pontefice (capita sovente nella storia della Chiesa), ma in un luogo dove l’uomo doveva essere degradato e distrutto.

Santi che sono il segno vivo e sconcertante della potenza della fede che vince il mondo, di Gesù Cristo, che fa nuove tutte le cose, anche nell’inferno di un lager. E quali sacerdoti santi!!

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 14 ottobre, 2011