“Il Tuo Spirito Madre”

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983. Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso e del Santuario di Collevalenza

È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione e il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata venerabile. 

In questo anno pubblichiamo una serie di riflessioni della Madre sulla Dottrina cristiana, scritte nel 1943, e articolate in quattro sezioni:

– Quello che dobbiamo credere

– Quello che dobbiamo chiedere

– Quello che dobbiamo praticare

– Quello che dobbiamo ricevere

Madre Speranza

Gesù Eucaristia,

fonte di vita soprannaturale

Care figlie, che cos’è la vita dell’uomo? La vita dell’uomo è la cosa più effimera; un po’ di vapore che immediatamente svanisce; l’immagine di una nube improvvisamente disfatta dal più lieve alitare del vento. Eppure certamente la vita in se stessa non è disprezzabile, anzi nulla è più mirabile, mistico e prodigioso di questo modo di essere che, come muro insormontabile, separa i due regni: organico e inorganico, senza che gli sforzi della falsa scienza abbiano potuto distruggerlo. D’altra parte le investigazioni della vera scienza non hanno potuto spiegare che cosa è la vita.

È il gran problema della biologia, della filosofia e perfino, in certo modo, della teologia, dato che estende i suoi domini anche nella regione soprannaturale. Quante volte si nomina la vita nelle pagine della Sacra Scrittura?! Sempre si parla di vita, incominciando da Colui che ne è la fonte, che non solo la possiede ma è la vita stessa. E che cosa non si dice della vita, ora buona ora cattiva, felice o disgraziata?

Parliamo molto della vita del corpo e dell’anima. di quella temporale e di quella eterna. La vita in sé, nel suo genere e negli avvenimenti di cui si riveste, è varia e si può dire che l’uomo abbraccia tutti i generi ed è esposto a tutti gli eventi. L’uomo partecipa della vita di tutti i viventi, o meglio, possiede la vita nel modo più eccellente rispetto a tutti gli esseri della scala inferiore e nello stesso tempo si avvicina ai viventi della scala superiore. Se non la possiede per natura, per grazia emula nobilmente la vita degli angeli fino a partecipare della vita di Dio.

Se l’uomo in certo modo comunica la sua vita agli esseri inanimati, dando forma ed espressione vitale al marmo e al bronzo, ridendo con i fiori e conversando amichevolmente con gli animali, perché non potrebbe, anche e molto di più Colui che è vita per eccellenza comunicare la sua alla creatura razionale?

Intorno a questa comunicazione della vita divina ci istruisce chiaramente la S. Scrittura, e la fede cristiana ci insegna che Gesù, nostra vita, è venuto sulla terra per donarla all’uomo; non certo quella naturale che già possiede, bensì quella divina, piena e sovrabbondante, emanazione della stessa vita di Cristo, il quale è via, verità e vita. Della vita soprannaturale Gesù è principio e fonte, soprattutto nell’Eucaristia; da questa infatti scaturisce un torrente di vita soprannaturale divina.

Care figlie, ricordiamo che la vita generata da un principio interno e proprio, la vita che non ha limiti per intensità e durata, può essere solo un attributo della Divinità.

Soltanto Dio può affermare in tutta la sua portata questa parola "Vivi". E Gesù, vero Dio anche se vero uomo, ha detto: "Io vivo" e poi rivolto ai discepoli "Voi vivrete". Proprio in virtù di questa divina parola l’Apostolo poté affermare: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me". Tali preziose parole sono di una inimitabile sublimità; espressione della vita divina nell’uomo. Penso che da ciò vi sarà facile dedurre le caratteristiche principali della vita soprannaturale, cioè la sua eccellenza e fecondità, la sua origine, la sua natura divina e il velo di mistero che la copre.

Per comprendere l’eccellenza di questa vita superiore io credo che basti la considerazione che è la più alta e perfetta che può vivere una creatura razionale, essendo la più alta dal punto di vista intellettuale e la più perfetta dal punto di vista morale.

Che cos’è la vita intellettuale? Chiamiamo vita intellettuale l’attività dell’intelligenza rivolta alla conoscenza e all’acquisizione della verità. Così vive il saggio, il cui intelletto occupato sempre nella ricerca delle vie della luce, si muove con una attività sorprendente ricorrendo gli spazi infiniti delle relazioni tra gli esseri, senza consumarsi o deteriorarsi, così come il vivente organico, sempre più ricco e potente, sviluppa e perfeziona il suo essere.

Stupenda azione vitale è quella della conoscenza intellettuale che si realizza con la sola forza dell’intelligenza. Conoscere la verità non costituisce forse il vivere più sublime?! Ebbene, la vita divina nell’uomo è vita di fede: di fede vive il giusto. Quale grazia, figlie mie, vivere nella fede del nostro buon Gesù!

Vorrei che rifletteste bene sulle obiezioni che ora vi voglio fare: che cos’è la scienza naturale se paragonata alla fede? Quale valore hanno le sottili ed elaborate speculazioni di quella in paragone alle magnifiche e semplici rivelazioni di questa? Si è voluto far credere che la fede nella rivelazione soffoca e uccide l’attività intellettuale e la si è paragonata ad una pianta parassita che fa seccare l’albero del quale, nel suo abbraccio, succhia la linfa.

Nulla di più falso perché la fede, lungi dal soffocare le energie dell’intelletto, le ravviva e irrobustisce; anzi ancora di più, fornisce loro un alimento ricchissimo di sublimi verità, mettendo in evidenza Dio e i suoi attributi, l’anima e i suoi destini. Nella contemplazione e nello studio di questi l’uomo può impegnare tutta la ricchezza della sua ragione, senza arrivare ad esaurire la materia.

Figlie mie, meglio dei saggi, ci possono spiegare l’altezza e l’eccellenza della vita intellettuale i grandi contemplativi, le anime che sanno veramente amare. Queste, senza tanti studi, sono state trasportate, quali nuovi Elia, sul carro di fuoco dell’orazione soprannaturale fino alle altissime regioni dove giammai potrà salire l’uomo d’ingegno e accademico.

Ricordate che l’anima deificata dall’azione dello Spirito Santo arriva a conoscere cose tanto elevate e divine che non vi è modo né parola per poterle esprimere. Spero che con quanto si è detto avrete compreso un poco della sublimità di quella vita che Dio comunica all’intelligenza e che è la più elevata nel genere della vita intellettuale.

Care figlie, qual è la vita caratteristica dell’uomo, essere razionale e perfettibile? La vita chiamata morale. Vivere moralmente è muoversi, progredire, perfezionarsi nella virtù e nell’amore che si fa ogni giorno più ardente, e nella pratica della carità perché al di fuori della virtù non c’è vita degna di questo nome, bensì la vita animale dei sensi che porta l’uomo a vivere in seno alla corruzione, degradato dal vizio. Questa non è vita, è giacere in un sepolcro; è distruggersi nella putrefazione come un cadavere.

E quale virtù puramente umana, germogliata e sviluppatasi nel terreno della natura razionale, può eguagliare la carità, radice e fiore dell’albero soprannaturale? Ah, figlie mie, questa è la regina di tutte le virtù, la fonte degli atti più eroici, delle imprese più ardue e gloriose e dei sacrifici più sublimi: è la sorgente copiosa di eccelsa vitalità morale in un ordine molto più elevato di quello della natura. Ed è così alto il prezzo di questa virtù che senza di essa nulla valgono i doni più vantaggiosi.

La carità è il vincolo della perfezione ed è superiore ad ogni forza della volontà, perché soltanto da Dio promana direttamente, così come la grazia, essendo il primo frutto dello Spirito Santo. "La carità - dice San Giovanni - procede da Dio e colui che permane in essa permane in Dio e Dio in lui, perché Dio stesso è carità". Possedere la carità è vivere realmente e pienamente.

Consideriamo, figlie mie, che la fecondità è una proprietà della vita perché, come il bene, essa tende a comunicarsi, a dilatarsi. Se la fecondità è un attributo concesso alla vita animale e anche a quella vegetale, per quale motivo dovrebbe essere condannata ad una oltraggiosa sterilità la vita superiore dello spirito, o peggio la vita divina?

Per nessun motivo anzi al contrario non c’è nell’ordine dei viventi fecondità più prodigiosa di quella della vita soprannaturale, principio di meravigliosa e inesauribile creatività. Essa fa vivere tanti morti, ai quali trasmette la vita in virtù di un misterioso galvanismo: alla sua voce si alzano i cadaveri; al suo contatto riprendono forza i deboli; per il suo influsso guariscono gli infermi. Come la luce tende a riempire tutto lo spazio e con la sua presenza allontana le tenebre, così la vita soprannaturale, che è luce di fede e fiamma di carità, si espande in ogni parte della terra colmando di beni tutto l’universo.

Però questa vita, posta e sviluppata nell’uomo, non appartiene alla sua natura, non affonda le radici nel profondo del suo essere, come l’intelligenza, l’amore e la sensibilità. E’ vita a lui estranea, è un impulso ricevuto dall’esterno. Ebbene, da chi se non da Dio stesso? È la vita di Dio nell’intelligenza e nel cuore della sua creatura. Chiaramente lo affermano le seguenti parole: "Vivo, però non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me".

Figlie mie, per quanto straordinario e incredibile vi possa sembrare, questo è il carattere proprio della vita soprannaturale: trarre da Dio la propria origine, essere di natura divina. Lo dimostra l’Apostolo con queste ardite parole: "Per la grazia di Dio sono quel che sono", poi, non attribuendo nulla a sé, aggiunge: "Non io, ma la grazia di Dio in me" e "Non perché io sia da me stesso capace di pensare qualcosa di buono, ma perché questa capacità mi viene da Dio".

Così ci insegnano anche le seguenti parole rivolte a Nicodemo dal nostro dolce Gesù: "Se uno non nasce da acqua e dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio". "Siete stati rigenerati - dice l’apostolo S. Pietro - non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla Parola di Dio", perché dice l’apostolo S. Giovanni: "A quanti l’hanno accolto, (il Verbo) ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati". Questo è un nuovo nascere da Dio, un nuovo essere dell’uomo, un principio nuovo di vita, vita soprannaturale.

Ricordiamo che la carità ha la sua origine nella fede, come il calore deriva dalla luce, e la fede da Dio. La rivelazione, essendo un fatto divino, contingente e libero anche se imperiosamente richiesto dalle necessità morali dell’uomo, è al di là della portata della natura creata, è un dono della bontà di Dio che si degna, a beneficio della sua creatura, di alzare un poco il velo che copre i misteri del suo essere incomprensibile e ineffabile.

Pertanto, se la rivelazione è un fatto soprannaturale, lo sono anche la fede, la carità e la vita che deriva da queste due virtù divine. D’altra parte, come si può vedere Dio senza possedere gli occhi di Dio? Infatti, rispetto a quella infinita chiarezza gli occhi dell’intelletto umano sono tenebra e "le tenebre non lo compresero".

E come potremo amare Dio qual è in se stesso senza avere il cuore divinizzato? Come ci uniremo a Dio, essendo l’uomo un essere infinitamente distinto da Lui? Che cosa è l’uomo perché Dio stesso si ricordi di lui e lo visiti? Figlie mie, esclamiamo con il Profeta regale: "Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi, un figlio d’uomo perché te ne curi?"; "Chi sono io - esclama Davide - per diventare figlio del Re?".

Non sarà temerario affermare che Dio stesso abita con l’uomo e per un mirabile e nuovo modo d’intervento, si conosce e si ama in modo che la conoscenza e l’amore siano atti derivanti da un principio complesso, divino e umano, non per unione ipostatica, che sarebbe un grave errore immaginarlo, ma per unione meramente accidentale?

Questa vita nascosta con Gesù in Dio è misteriosa, o mistica, e si può chiamarla anche morte perché colui che la vive è morto per il mondo e le creature e vive una vita celeste e divina. Coloro che vivono questa vita sono chiamati morti, mentre sono i veri vivi; al contrario quelli che vivono solamente una vita sensuale sono chiamati vivi e in realtà sono morti.

Gesù stesso ha detto: "Chi vuol salvare la propria vita è necessario che la perda", o con una morte effettiva quando lo esige il dovere, o con la mortificazione. Per appartenere a Gesù Cristo ed essere da Lui vivificate è necessario crocifiggere la carne con i suoi vizi e le sue concupiscenze. Ciò vuol dire che lo sviluppo di questa vitalità divina, essendo tanto vigoroso, debilita e quasi estingue l’altra vitalità, quella viziosa e inclinata al male, la quale, anche quando è volta ai beni inferiori, è incompatibile con quel soffio vitale di natura così elevata.

Tuttavia, non sembrano forse esseri morti coloro che Dio eleva miracolosamente al di sopra di se stessi nel rapimento della contemplazione? Ah, figlie mie, è difficile spiegare ciò che si prova in quella meravigliosa unione che produce immobilità, silenzio, sospensione delle potenze e dei sensi, morte mistica e vera vita. Benedetto silenzio nel quale parla Dio e tace la creatura! Felice sospensione che interrompe l’azione del corpo perché operi solamente lo spirito, e felice elevazione nella quale lo spirito esce da sé per innalzarsi all’unione con il divino!

La vita soprannaturale, che riceve forza sostanzialmente dallo spirito di Dio che la produce, l’alimenta e la fortifica, partecipa del carattere spirituale; è in buona parte invisibile e per quanto le sue manifestazioni esteriori siano a volte abbaglianti, come nella trasfigurazione di Gesù sul Tabor, normalmente si nasconde ai sensi, per cui risulta quella nota di interiorità e di intimità che ha tanto sapore di morte ed è in realtà un grande e profondo mistero.

Perciò tante anime non conoscono questa vita e vivono stordite dagli avvenimenti più o meno rumorosi della vita naturale, abbagliate dalle sue figure più o meno ingrandite e brillanti, mentre nel maggior numero delle anime la vita soprannaturale scorre soavemente nel silenzio dello spirito e nella solitudine del raccoglimento, come la delicata violetta nascosta nei boschi.

Per il mondo i vivi sono morti e i morti sono vivi; ma per noi, Ancelle dell’Amore Misericordioso, il mondo deve essere morto, o meglio, il mondo deve essere crocifisso e noi per lui.

Ricordiamo, figlie mie, che per conservare la vita eterna in noi è necessario mangiare la Carne e bere il Sangue del nostro dolce Gesù. Così affermò Egli stesso quando promise ai suoi discepoli l’istituzione di questo mirabile sacramento. E non può essere diversamente, dato che soltanto Dio è la fonte di questa vita e Gesù Cristo, Uomo Dio, è l’unico che può trasmetterla. Dove vogliamo trovare la pienezza della vita soprannaturale se non in Dio? Essa è partecipazione di quella divina. Tale vita sembrava destinata a diffondersi fuori di Dio tra gli uomini, come la luce, ma le tenebre avvolgevano l’uomo in un fitto velo e la luce era oppressa sotto il peso di quelle tenebre della natura umana, cieca rispetto alle cose divine. La caligine del peccato, ancor più densa, non lasciava vedere la luce.

Ma ecco che "il Verbo si fece carne per abitare fra noi". Questo avvenimento portentoso dissipò le tenebre con la presenza fisica di Dio sulla terra e a noi si manifestò e comunicò la vita. Tale fu l’effetto dell’Incarnazione. Per generazione divina la vita di Dio fu introdotta nell’uomo e di essa fu autore il Verbo, incarnato nel seno della Vergine Santissima.

Nella generazione temporale di Gesù è posto il segreto della nostra rigenerazione eterna, perché nascendo Egli dalla SS. Vergine, noi siamo nati da Dio. Prendendo il corpo umano Egli ci ha dato la sua divinità; e così l’Incarnazione, Dio fatto uomo, ci ha rivelato la possibilità e la realtà di questa comunione di vite, divina e umana, in un solo soggetto. In quell’Uomo, il Bambino Gesù nella grotta di Bethlem, riconosciamo la pienezza e gli attributi della Divinità, la vita di Dio in tutto il suo vigore.

Se la vita è attività, quel Bambino opera senza riposo. Egli dice: "L’eterno Padre agisce ed io con Lui". Possiede la stessa vita del Padre, la pienezza della vita, e di quella pienezza noi abbiamo partecipato e possono partecipare tutti gli uomini, di ogni secolo e razza, e anche gli stessi angeli.

Figlie mie, Gesù è il nuovo Adamo, prefigurato dal primo padre di tutti i viventi. Ogni pienezza tende a traboccare; pertanto possedendo Gesù la pienezza della vita divina, non poteva fare a meno di comunicarla a quanti fossero capaci di riceverla.

In tal modo diede potere di diventare figli di Dio a coloro che la ricevettero e il potere di essere figli di Dio equivale al diritto di acquistare la vita divina. Mi dice una di voi: "Madre, qual è la condizione essenziale e necessaria per acquistare quel diritto?". Non è altra, figlia mia, che riceverla. Per questo nell’Eucaristia la vita soprannaturale si comunica in modo sovrabbondante, perché in essa si riceve nel modo più perfetto.

Ricordiamo che Dio è glorificato sulla terra tanto come nel cielo. Per Gesù la vita nel sacramento del suo amore è vita di beatitudine, di carità eccellentissima verso gli uomini, ai quali si dona totalmente, anima e corpo, rinnovando incessantemente l’olocausto del Calvario. Ne deriva il fatto che quella vita così gloriosa in se stessa, sebbene di apparente umiliazione, sia così feconda di benedizioni per la Chiesa, principio di ogni grazia, e che da essa promanino originariamente la giustificazione per il peccatore e la santificazione del giusto.

È vita veramente soprannaturale perché per produrla è necessario che operi Dio con la sua onnipotenza, moltiplicando i miracoli dato che per quel fine deve essere sospeso il corso delle leggi naturali. E’ senza dubbio il maggiore di tutti i miracoli operati da Gesù.

Né fa minore meraviglia che sia quella una vita simile a morte, vita di incruenta immolazione. Il mondo non dimostra di riconoscere nell’Eucaristia il suo Dio, il suo Creatore, anzi al contrario lo bestemmia, lo oltraggia e lo copre di disprezzo. Tutto questo ci conferma che con l’Eucaristia confina la vita soprannaturale.

Numerosi sono gli uomini che vogliono la vita e la cercano con affanno, ma non pensano di volgere lo sguardo alla S. Eucaristia. E’ necessario che aprano gli occhi e vedano il torrente di vita eterna che scaturisce dall’altare e comprendano che l’Eucaristia è la fonte della vita felice, fonte inesauribile aperta nella roccia ferma e sicura che è Gesù Cristo. Figlie mie, non dimentichiamo mai che la vita temporale è molto fragile, effimera e colma di miserie, mentre la vita di Gesù è stabile, sublime, unica, immortale. Beato chi se ne appropria! Sventurato chi non vive la vita di Cristo! Figlie mie, la nostra vita sia giustizia, pietà, dedizione, sacrificio e carità; in una parola, viviamo in Dio e per Dio. (El pan 8, 494-535)

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ultimo aggiornamento 11 febbraio, 2012