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Sac. Angelo Spilla

 

Credo in un solo Signore Gesù Cristo

Le beatitudini

 

 

 

(seguito)

 

Beati i puri di cuore

Continuiamo la nostra riflessione sulle beatitudini affrontando il tema della purezza del cuore. Gesù dice: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio"31.

Per comprendere il vero significato potremmo chiamarla: beatitudine della trasparenza. Si potrebbe tradurre, anche: "Beati coloro che sono sinceri nel cuore, perché saranno sempre in presenza di Dio".

Il senso di questa beatitudine è in riferimento al cuore. È da escludere pertanto l’interpretazione più corrente che identifica la "purezza di cuore" con la castità o anche con il retto uso della sessualità. Tutto questo rientra anche in questa beatitudine, a condizione però di partire da altre e più larghe premesse, che riguardano tutto l’uomo nella sua interiorità ed esteriorità.

Chi sono i puri di cuore, quindi?

Ci permette di capire meglio il significato di questa beatitudine il salmo 24 quando dice: "Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno. Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe"32.

La purezza di cui si parla qui è quella interiore che raggiunge in profondità le intenzioni delle nostre azioni e le rendono conformi alla volontà di Dio. La purezza di cuore è la santità autentica.

Il cuore, per la Bibbia, è il centro della persona: quel luogo profondo dove trovano sede e origine tutte le forze e le funzioni psichiche e spirituali. È il luogo dove Dio si volge, dove la persona esplicita la sua capacità di sentire e di rendersi responsabile circa la propria vita.

È il cuore, quindi, che rende puro o impuro tutto l’uomo.

Lo ha detto in un altro passo del Vangelo Gesù stesso: "Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie"33.

Il cuore puro, allora, è la coscienza innocente, limpida, trasparente, che riflette la luce del volto di Dio, docile al suo messaggio e ai suoi comandamenti.

È puro quel cuore che cerca Dio senza seconde finalità.

"Puro" (= Katharos) nell’originale greco significa pulito in contrapposizione a sporco. Una pulizia che è interiore all’uomo. E il salmo 51 ce lo fa chiedere nella preghiera: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo"34, poiché prima di tutto è un dono che può esserci dato solamente da Dio.

Se il cuore è dunque il vero soggetto da cui parte la vita umana, sia nel male (il peccato), sia nel bene (le virtù e le opere buone) è ancora vero che non raggiungeremo la verità con la sola mente, se cioè non è il cuore a muovere la mente e a sostenerla nella ricerca e, poi, nell’attuazione.

Per fare il bene occorre, quindi, un cuore buono. Chi va dietro al denaro, chi cerca il piacere, chi mette al primo posto il proprio "io" non ha un cuore puro.

Non sono "atti impuri" solo quelli che vanno contro il retto uso della sessualità ma sono impurità di cuore anche gli affetti disordinati (ad esempio, attaccarsi ai beni materiali senza prendersi cura dei bisognosi) o certi modi di vivere con gli altri preferendo alcuni ed escludendo altri.

Più che elencare le impurità di cuore sarebbe meglio individuare le vie di una purezza generosa: educare al bene, onorare le persone, mettersi a disposizione con sacrificio, vedere in ogni persona il fratello da amare, praticare le virtù. Un cuore puro è un cuore schietto; un cuore non puro è un cuore tenebroso, menzognero e ipocrita. E noi vogliamo avere questo cuore puro per compiere il vero bene.

La beatitudine, poi, così si conclude: "Vedranno Dio". Quando? Si può percepire qualcosa della grande presenza di Dio nella misura in cui si aprono gli "occhi del cuore", cioè le intenzioni del nostro agire.

Ma sappiamo anche della grande speranza: "Quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro"35. È la grande promessa riservata a coloro che mettono in pratica le beatitudini.

Beati gli operatori di pace

Consideriamo la settima beatitudine: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio"36. La si può considerare come l’apice delle beatitudini. A questa, infatti, segue la "beatitudine dei perseguitati", che può essere vista come la "conseguenza" del mettersi seriamente nella sequela di Cristo. Ma c’è di più. Con questo annuncio siamo al settimo elemento e negli schemi biblici al settimo posto viene sempre qualcosa di importante che rappresenta il vertice, l’obiettivo, il culmine.

Si potrebbe dire che questa è l’ultima beatitudine nel senso che è l’ultima che presenta un agire. Infatti, l’ottava non è un’ulteriore beatitudine, ma le riprende tutte e sette. Lì si parlerà di persecuzione: se tu vivi queste sette beatitudini, aspettati di patire e avrà come annunzio la ripetizione della prima con il riferimento al regno dei cieli, come per i poveri in spirito, per cui si crea una chiusura del cerchio.

Quindi quella che qui consideriamo rappresenta davvero il vertice delle beatitudini, intesa come il punto più elevato.

Gesù qui richiama l’impegno ad essere operatori di pace. L’aggettivo "eirēnopoiós", "pacificatore", è composto da "eirên", pace, e dal verbo "poiéō", che significa fare, produrre, compiere. La beatitudine degli operatori di pace non indica solo un atteggiamento, ma anche una meta esterna, una cosa da realizzare, cioè la pace.

Il termine pace (dall’ebraico: shalom) nella Bibbia esprime la prosperità che viene da Dio, abbraccia tutto quello che è dato da Dio e si avvicina al concetto di salvezza, come bene che viene all’uomo da parte di Dio. Significa stare bene, salute, prosperità, vita felice. Essa è nello stesso tempo la realtà nuova operata da Dio in Cristo.

Questa beatitudine si indirizza a delle persone che fanno qualcosa.

Questi operatori di pace non sono semplicemente individui sensibili alla miseria altrui, ma individui che fanno opere di misericordia, che soccorrono fattivamente il prossimo, coloro che riportano l’unione e la concordia tra le persone disunite.

Per essere operatori di pace bisogna prima di tutto essere pacifici, ossia pacificati con se stessi, perché nessuno può dare ciò che non ha. E viene richiamato l’impegno a produrre la pace dove regna la tensione, la conflittualità, la rivalità, la discordia, la guerra.

Proprio perché pacifico, il cristiano è chiamato ad essere operatore di pace, un seminatore dell’amore e della pace che ha nel cuore.

La pace perciò è da intendere come frutto dell’amore e non come imposizione di ordine da parte di chi ha la forza o anche solo l’autorità.

Ricordiamoci che è Cristo il più grande operatore di pace. Leggiamo infatti nella lettera agli Efesini: "Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, (dei giudei e dei pagani) abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia…"37.

È Cristo il più grande operatore di pace, e il segno più plastico e più efficace della rappacificazione universale è la croce che fino a quel momento era stata solo il segno della violenza e della sopraffazione.

Ci chiediamo adesso come noi realizziamo questa pace. Si tratta innanzitutto di una pace con Dio, una pace interiore, una partecipazione alla vita stessa che Padre e Figlio e Spirito Santo vivono da tutta l’eternità. La realizziamo anche ogni volta quando accogliamo sinceramente e gioiosamente il prossimo; ogni volta che di fronte ad un’offesa non reagiamo, non ci vendichiamo, ma perdoniamo, ogni volta che offriamo noi stessi, le nostre cose, il nostro tempo per aiutare gli altri, ogni volta che preghiamo per le necessità altrui. La pace è un dono che si costruisce poco alla volta, giorno dopo giorno.

Non è pace, invece, tutto quello che non nasce da una profonda convinzione d’amore, di giustizia e di solidarietà.

Questa beatitudine così si conclude: "saranno chiamati figli di Dio". Perché? Perché solo la pace vera, quella lasciataci da Cristo38, quella che nasce dal cuore, è capace di creare l’autentica famiglia di Dio, dove tutti si sentono compresi e amati come figli di Dio e fratelli tra loro.

"Saranno chiamati", cioè saranno realmente. Nella Bibbia il nome è la realtà. Il verbo è al passivo, un passivo teologico, che sottintende Dio come autore dell’azione: Dio li chiamerà suoi figli.


31 Mt 5,8.

32 Sl 24, 3-6.

33 Mt 15,18-19.

34 Sl 51,12.

35 1Gv 3,2-3.

36 Mt 5,9.

37 Ef 2,14.

38 Cf. Gv 14,27.

 

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ultimo aggiornamento 11 giugno, 2012