esperienze  
 

Paolo Risso

"Tutti contro, meno Dio":

P. Joseph Lataste

Finalmente, il 3 giugno 2012, è stato beatificato questo giovane simpatico apostolo della Misericordia di Gesù. La sua avventura mi "ha incantato" fin dalla giovinezza. Ma chi è?

Il 5 settembre 1832, a Cadillac-sur-Garonne, cittadina della Gauscogna, Francia del Sud, nasce Alcide Lataste. Suo padre è un liberale, seguace di pensatori come Montesquieu e Rousseau, nemici della Chiesa. Sua madre, Jeanne, è una donna di fede, umile e grande. Tenta di convertire il marito, ma non ci riesce. Ai figli, Alcide, Onorato e Rosy, raccomanda di rispettare il padre, ma li sottrae alla sua influenza di miscredente. Insegna loro ad amare molto la Madonna e a recitare il Rosario.

Alcide è molto affezionato a sua madre e la ascolta. Rosy, docile ragazza, tutta preghiera e sacrificio, entra in convento per chiedere a Dio due grazie: la conversione di papà e il sacerdozio per Alcide. Infatti, dopo qualche tempo, Alcide entra in Seminario, ma l’ambiente troppo rigido gli mette paura, ed esce. Per qualche anno, cammina, adolescente, sulle vie del mondo: incerto sulla scelta da compiere, ma sempre retto e generoso.

 

La vita, come dono

Un giorno, incontra una ragazza eccezionale: Cecilia de Saint-Germain. I due vivono alcuni mesi di fidanzamento, sereni e lieti, con progetti belli per l’avvenire. Ma per volere del padre, Alcide deve rinunciare a Cecilia, "perché non è ancora in grado di metter su famiglia". Due anni dopo, Cecilia muore, proprio nel momento in cui egli si sta chiedendo qual è la sua strada: la famiglia o il sacerdozio?

Assetato di amore, vuole amare ed essere amato. Riversa tutto il suo cuore – un cuore di carne – sui più poveri, sugli "ultimi". Si iscrive alle Conferenze di S. Vincenzo, fondate dal professor Federico Ozanam oggi "beato". Apre una mensa gratuita per i poveri e organizza una scuola serale per i soldati di una vicina caserma.

Comprende che si può essere felici solo se si dà la vita per amore. "A che serve la vita – si chiederà Paul Claudel – se non è donata?". E chi mai ha donato la vita più di Gesù?

Uomo della misericordia

Alcide riflette e prega molto. Scrive a padre Enrico Lacordaire che, alcuni anni prima, aveva "rifondato" l’Ordine Domenicano in Francia. Dalla sua scuola di Sorèze, P. Lacordaire gli risponde e lo invita a incontrarlo: "Vieni e vedi". È il 22 maggio 1857 e Alcide ha 25 anni. P. Lacordaire gli spiega che la misericordia di Dio aiuta a superare tutte le debolezze e le fragilità: lo spirito di S. Domenico e del suo Ordine è uno spirito di misericordia e di fiducia nell’amore di Dio che salva e trasforma le anime.

Mosso da questo grandissimo ideale, Alcide entra nel noviziato domenicano di Flavigny-sur-Ozerain, veste il bianco abito e prende il nome di fra Joseph, in onore di S. Giuseppe, lo Sposo verginale di Maria SS.ma. A 30 anni, l’8 marzo 1863, è ordinato sacerdote.

L’amore per Gesù, in primo luogo, l’amore per i più tribolati degli uomini, per i più peccatori, lo fa ardere dentro. Ha una sete inesauribile di vivere di Dio e di donare Dio alle anime che incontra. Il cuore, penetrato da Lui, è sempre inquieto di possederlo di più. Comprende che Maria SS.ma è la via regale per condurre le anime a Gesù e si affida a Lei nello spirito della "schiavitù d’amore" di S. Luigi de Montfort, prete francese d’inizio ‘700 e terziario domenicano.

Un giorno a Cadillac…

14 settembre 1864. P. Joseph Lataste entra nel carcere femminile di Cadillac. L’hanno invitato a predicare "una missione" a quelle donne malvissute. Ci sono prostitute, alcolizzate, madri che hanno abortito o ucciso il marito o il compagno della loro vita. Nel carcere succedono violenze, rivolte, suicidi. Insomma: un ambiente diverso da quello delle Figlie di Maria o delle Orsoline!

P. Joseph, sensibile e angelico, prova una stretta al cuore. Si è preparato con serietà, ha pregato a lungo per loro. Ora le ha davanti: il volto coperto da fazzolettoni fisso a terra. Con la sua anima innocente, profumata di Eucaristia e di Cielo, il giovane domenicano comincia a parlare:

– Carissime sorelle: capite perché vi chiamo così? Se usciste di qui e si sapesse da dove venite, sareste segnate a dito. Ma io, sacerdote di Gesù Cristo, vengo a voi liberamente. Vi tendo le mani, vi dico: sorelle! Vi chiederete perché mi siete così care. Io sono un ministro di Dio che vi ama malgrado i vostri errori, di un amore che non ha eguali sulla terra, di un Dio che vi perseguita con il suo amore, per cambiarvi completamente, per farvi iniziare un’altra vita. Egli già opera nei vostri cuori.

Quelle poverette lo ascoltano stupite: mai nessuno ha parlato loro così. P. Lataste continua:

Anche le monache fanno una vita dura come la vostra: hanno poco cibo, dormono poco, lavorano faticosamente, vivono nel silenzio, segregate dal mondo. Ma se poteste ascoltarle, le vedreste tutte felici. Ora questa gioia può diventare la vostra. Per Dio non conta ciò che siamo stati, ma ciò che oggi siamo e vogliamo essere. Dio vuole rifarvi nuove. Vuole considerarvi come le vostre sorelle monache. Vi chiede di gareggiare con loro in amore e santità.

Capita un miracolo. I volti di quelle donne si illuminano. Su 400 carcerate, 380 seguono la predicazione del Padre. La sera, dopo la predica, le detenute possono andare in sacristia della cappella a confessarsi dal Padre. Vanno in gran numero. P. Lataste parla loro ad una ad una, dona loro il perdono di Dio e le vede piangere di gioia: "Non sapevo che Dio – gli dicono – mi amasse così". "Non solo ho perdonato chi mi ha fatto del male, ma pregherò perché possa godere la gioia che io provo oggi". "Voglio solo offrire la mia vita a quel Dio che lei mi ha fatto conoscere".

Verso la fine della "missione", il Padre si sente dire da alcune di quelle donne: "Cambieremo la nostra vita di carcerate in quella di recluse per amore, come le monache". "Che cosa posso volere di più quando, uscita di qui potessi far parte anch’io di una comunità religiosa per vivere a fondo l’amore di Dio".

L’ultima sera, il 18 settembre, quelle donne trascorrono la notte in preghiera davanti al Tabernacolo: sono duecento donne in ginocchio davanti a Gesù Eucaristico che lo adorano e gli offrono propositi di conversione e di santità. P. Joseph Lataste commenta: "Ho visto cose meravigliose", e ha un’intuizione: "Daremo vita a una comunità religiosa per queste donne".

 

Nasce Betania

Tra le detenute, c’è Angelica. Il primo giorno della "missione", era il giorno da lei fissato per il suicidio. Ma l’amore di Gesù Cristo, predicato dal giovane frate, l’ha trasformata. Si è confessata, ha pianto lacrime cocenti di pentimento e lacrime di gioia. Ha confidato al Padre che, uscita, vuole farsi suora, non solo per espiare le sue colpe, ma per lodare Dio per la sua misericordia.

Come in un lampo, il frate vede tutta la sua fondazione futura: la chiamerà "Domenicane di Betania", e ne faranno parte donne provenienti da una vita retta e donne provenienti da esperienze di peccato che Dio ha rifatto nuove nel cuore con la sua misericordia, come la Maddalena. Nessuno dovrà conoscere il loro passato, perché davanti a Dio conta l’amore e il sacrificio presente. Tutte gareggeranno in amore per Gesù come Marta e Maria nella casa di Betania, così ospitale per il divino Maestro.

L’anno dopo, 1865, P. Lataste ritorna a Cadillac e la sua idea prende corpo. All’inizio i superiori del frate non vedono bene il suo progetto. Poi credono alla sua sincerità e gli danno via libera, con prudenza e cautela somme. È intanto "maestro degli studenti" nel convento di Flavigny, presso Digione. Là giunge l’8 maggio 1866 suor Bernardina, già superiora di una scuola, che ora diventa suor Enrica Domenica. Sarà la prima suora di Betania, l’Istituto di P. Lataste.

A Frasnes, diocesi di Besançon, il 14 agosto 1866, inizia la vita comunitaria del nuovo piccolo Istituto. Sono in quattro: suor Enrica Domenica, suor Margherita Maria e due ragazze giunte il giorno prima: Anna e Agostina. Il 23 giugno 1867, arriva dal carcere di Cadillac, dove ha finito di scontare la sua pena: Angelica, quella che voleva suicidarsi, perché nessuno la amava e che, grazie a P. Lataste, aveva scoperto il mirabile amore di Dio.

E ora sparire!

Le difficoltà non mancarono. Allora padre Joseph ebbe un’altra intuizione: lui doveva sparire, perché Betania potesse crescere. Il suo modello e protettore era S. Giuseppe di Nazareth, l’uomo del silenzio, che no era mai vissuto per se stesso, ma solo per gli interessi di Gesù. Perché non sparire come lui?

Il 19 marzo 1866, accortosi che il nome di S. Giuseppe non figurava nel testo della Messa di ogni giorno, aveva fatto voto di dare tutto se stesso, fino al sacrificio della vita, affinché S. Giuseppe fosse maggiormente onorato nella Chiesa. Però S. Giuseppe avrebbe dovuto portare la sua fondazione in porto… Poi aveva scritto al Papa Pio IX affinché S. Giuseppe diventasse il patrono della Chiesa universale.

E così Betania, nata con la sua protezione, ora in messo alla bufera l’avrebbe portata alla pienezza. P. Lataste, ancor giovane, è già gravemente malato: la tubercolosi lo divora, ma sa che tutto andrà bene per opera di Dio, della Madre Celeste e del suo Sposo. Le suore di Betania non devono angosciarsi: sono in buone mani, andranno avanti e saranno un inno alla misericordia e all’amore infinito di Dio, che chiede di non peccare più, di convertirsi, di darsi totalmente a Lui.

Il 10 marzo 1869, a 37 anni, P. Joseph Lataste va incontro a Dio, al canto della "Salve Regina". Poco tempo prima aveva guardato le sue "figlie" in Gesù Cristo, a una a una: lui solo, insieme a Dio, conosceva la storia di ciascuna e le trasformazioni meravigliose che Gesù aveva operato in loro. Sapeva benissimo che molte di loro avevano avuto tutti contro, meno Dio, che è sempre la Verità e l’Amore.

Da Papa Pio IX, l’8 dicembre 1869, S. Giuseppe veniva proclamato Patrono universale della Chiesa Cattolica, come aveva chiesto P. Lataste. Nella sua breve esistenza, tuttavia piena di amore sino all’eroismo, aveva testimoniato la misericordia rinnovatrice e l’amore verginizzante di Dio, anche verso le anime più lontane: "Se il nostro cuore ci rimprovera, Dio è più grande del nostro cuore" (1 Gv 3, 20).

(da: M. Nouwen, P. Lataste, un uomo afferato da Dio, Ediz. Studio domenicano, Bologna)

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ultimo aggiornamento 24 settembre, 2012