dagli scritti di madre speranza

a cura di P. Mario Gialletti fam

“Il Tuo Spirito Madre”

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983. Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso e del Santuario di Collevalenza

È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione e il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata venerabile. 

Pubblichiamo una serie di riflessioni, scritte nel 1943 dalla Madre, sulle virtù:

– le virtù; le virtù teologali: fede, speranza e carità;

– le virtù morali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza;

– la pazienza, la longanimità, la abnegazione, l’umiltà, la fedeltà al proprio dovere verso Dio, la purezza d’intenzione, la mortificazione.

 

Madre Speranza

La speranza

Consideriamo, figlie mie, ciò che racchiude la virtù della speranza. (M. Esperanza de Jesús, eam) E’ questa una virtù per la quale attendiamo con sicura fiducia la beatitudine futura e utilizziamo i mezzi per conseguirla. (M. Esperanza de Jesús, eam) Oggetto primario della speranza è la felicità eterna, cioè Dio stesso, in quanto è Lui che noi possiederemo nella gloria celeste; l’oggetto materiale secondario sono tutte le cose create, naturali o soprannaturali, mediante le quali ci prepariamo a possedere Dio.

La nostra speranza è fondata sulla misericordia di Dio, sulla sua fedeltà nel dare compimento alle promesse e sulla sua onnipotenza, che ne costituiscono l’oggetto formale. Il soggetto prossimo della speranza è la volontà, infatti, dato che l’oggetto di essa è il bene non sensibile ma soprasensibile, il desiderio che produce gli atti o i movimenti verso quel bene non può essere che un desiderio razionale, di volontà.

Il soggetto remoto è l’uomo, e si specifica nel modo seguente: sono soggetti remoti, in potenza e in atto, tutti i viatori giusti della terra, i fedeli peccatori che non si disperano né presumono, e così pure le anime che si trovano nel Purgatorio. Non possiedono la speranza né in potenza né in atto gli eretici dichiarati, gli atei, i materialisti, gli infedeli, gli increduli e i deisti; neanche i beati la possiedono perché essi già godono la felicità eterna.

L’atto della speranza è l’attesa certa della beatitudine celeste in virtù dei meriti provenienti dalla grazia di Dio.

Ricordate, figlie mie, che nell’atto della speranza confluiscono vari atti dell’intelletto e della volontà: un atto di fede dell’intelligenza speculativa, perché Dio si dà a conoscere come bene sommo e desiderabile; un atto di amore e di desiderio della volontà, che si compiace e tende verso quel bene desiderabile in conseguenza della ricezione dello stesso atto di fede dell’intelligenza pratica, la quale giudica che Dio è conosciuto come Sommo Bene; e un atto della volontà, che è l’elemento principale della speranza, con il quale essa tende a Dio come Bene conosciuto, amato, desiderato e raggiungibile per effetto della grazia divina; bene futuro, arduo da conseguire, ma possibile.

Alla speranza va unito il timore, dato che oggetto di essa è un bene possibile, ma arduo e futuro. In essa è racchiuso l’amore verso l’oggetto sperato; la speranza infatti nasce dall’amore.

Sono cinque gli attributi dell’atto di speranza: soprannaturale, ossia non è possibile senza la grazia preveniente e coadiuvante dello Spirito Santo; sommo, e così apprezzabile che l’uomo sia disposto a perdere tutte le cose piuttosto che l’oggetto della beatitudine; lecito e onesto, infatti è amore di concupiscenza con il quale desideriamo Dio per noi, come ultimo nostro bene; necessario, con necessità di mezzo per gli adulti; e certo da parte di Dio, quantunque per noi unito al timore.

Care figlie, insegnate alle figlie e ai bambini che la speranza è una virtù divina che ci fa superiori sia ai beni che ai mali di questo mondo; essa infatti ci mostra di lontano, al termine della nostra esistenza mortale, una vita perenne, un avvenire di felicità, di beatitudine eterna.

Senza questa luce del cielo che ci svela l’orizzonte infinito dell’eternità, che cosa sarebbe la presente misera esistenza che trasciniamo per alcuni giorni sulla faccia della terra? Ah, figlie mie! come è sventurata quella creatura per la quale non brilla la luce della speranza cristiana! Se non ci fosse il cielo, se il suo ricordo pieno di ineffabile dolcezza non infondesse coraggio nei nostri cuori, se la nostra vita dovesse terminare con la morte, quanto meglio sarebbe stato per l’uomo non essere nato! Se l’uomo nasce è per non morire; la morte è solo una separazione temporanea dell’anima dal corpo.

Io sono immortale: il mio spirito non può perire, né il mio Dio vuole distruggerlo. Sopravviverò alla dissoluzione del mio corpo per essere eternamente felice, o eternamente sventurata. So che c’è un cielo, e un inferno. La mia eterna dimora sarà nel luogo della felicità infinita? Oppure si chiuderà il cielo per me? Quale orrore!

Quando il cuore è preso da un tale orrore, dalla sofferenza causata da neri presentimenti, la religione, e attraverso di essa lo stesso Gesù eterno amico e salvatore dell’uomo, si avvicina a questo cuore infelice, disperato e gli parla con tale soavità e incanto che solo può essere apprezzato da uno spirito oppresso dalla miseria. "Alzati! - gli dice - alza gli occhi al cielo e abbi speranza! Lo vedi? quel magnifico cielo è la patria dell’eterna beatitudine, è la tua patria, è il luogo a cui ti ha destinato il tuo Padre e Creatore, il tuo Dio che ti ha creato dal nulla per farti felice.

Vuoi andare in cielo? Ecco lo puoi, solo che tu lo voglia. Io che sono il tuo Salvatore l’ho conquistato per te. Nonostante la tua debolezza, le tue cadute, la rabbia del demonio tuo nemico, tu puoi andare in cielo. Gesù, che ti ama davvero e vuole la tua salvezza, ti provvederà mezzi abbondanti ed efficaci perché tu possa conseguirlo". In questo modo, figlie mie, la virtù della speranza rianima ogni cuore tormentato dall’ombra nera del dubbio e della disperazione. (El pan 8, 1041-1052)

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ultimo aggiornamento 14 febbraio, 2013