pastorale familiare

Marina Berardi

Matrimonio

e vitareligiosa:

due vocazioni,
due diaconie,
un solo Spirito

 

 

(seguito)

Matrimonio e Vita religiosa sono due chiamate all’Amore, vite diverse sulla stessa strada (per citare un canto di Don Giosy Cento e Marcello Marrocchi): quella del dono di sé, dell’impegno, della pienezza di felicità, della santità.

Come dicono gli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, "l’amore comporta una responsabilità: amare è desiderare il vero bene dell’altro, diventare capaci di donarsi reciprocamente e generare, nella stabilità della vita familiare, la vita, il figlio dono dal dono" (OPPMF); ma è anche generare all’Amore, generare spiritualmente perché la coppia, l’altro si scopra "figlio di Dio", di un Dio che può chiamare tenera Madre e Padre buono, figlio dono dal Dono.

M. Speranza è venuta a dirci proprio questo: il Signore ci vuole felici, per questo ci dona la pienezza di un amore sponsale, che diventa paterno e materno; la pienezza di un amore crocifisso che diventa benedizione, vita, fecondità; la pienezza di un amore risorto che vince il peccato e la morte e ci apre a vita nuova!

Ringraziando il Signore anche "nella nostra epoca – afferma il Papa Emerito - non sono poche le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un’educazione cristiana magari superficiale, si è allontanato per anni dalla fede e poi riscopre Cristo e il suo Vangelo… Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante" (Benedetto XVI).

Dio e l’amore si trovano nelle piccole cose, quelle che spesso nella frenesia quotidiana ci sfuggono, proprio in quelle a cui saremmo portati a dare meno valore, sognando magari le grandi occasioni per riconoscere il passaggio di Dio e dell’amore nella nostra storia. Dovremmo davvero scoprire qual è per noi la cosa più importante, perché scoprirla è "trovare il cuore": dov’è il nostro "tesoro", lì sarà anche il nostro cuore, ci ha detto Gesù.

In questo periodo ho avuto modo di avvicinare tanti pellegrini, tante famiglie e leggere negli occhi di molti la gioia di scoprirsi loro stessi un dono di Dio. Il Vangelo, la buona notizia, ci chiama a dare gratuitamente quanto abbiamo ricevuto, proprio a partire dalla nostra stessa vita che non ci appartiene e che un giorno ci siamo impegnati a donare all’altro, all’altra, ai figli, ai compagni di viaggio. In questo mese la Chiesa ci ha invitato a celebrare la solennità dell’Annunciazione - spostata per motivi liturgici ma non soppressa! – come a dire l’importanza dell’incarnazione del Verbo nella storia, il Suo mettersi a servizio dell’umanità attraverso un corpo come il nostro, attraverso il compimento della volontà di Dio fino alle estreme conseguenze.

Madre Speranza così pregava e così è scritto sulle pareti delle Piscine di Collevalenza: Ti ringrazio, Signore, perché mi hai dato un cuore per amore e un corpo per soffrire. Anche lei, sull’esempio del suo Buon Gesù, ha voluto fare del suo corpo il luogo dell’offerta perché ogni creatura scoprisse di avere un posto speciale nel Cuore di Dio e di avere un cuore per amare e un corpo per donare. Proprio attraverso l’Acqua, Gesù ha promesso, tra l’altro, di guarire la paralisi, segno del peccato veniale. In fondo, la paralisi non impedisce di vivere ma fa vivere male, incide – come si direbbe oggi - sulla qualità della vita. Così è di un corpo che pretende per sé piuttosto che offrirsi all’altro come luogo d’incontro, o di un cuore ripiegato su se stesso, incapace di battere per l’altro, di vedere i tanti gesti d’amore possibili, di godere per la gioia dell’altro.

Alla fine della vita, ciascuno di noi sarà giudicato sull’amore e saremo in grado di rendere solo quanto abbiamo ma, soprattutto, ciò che siamo, come singoli e come coppia; saremo in grado di consegnare solo l’amore donato e accolto proprio "nelle piccole cose di ogni giorno".

Amare è accettare la nostra nudità, guardandola con gli occhi di Colui che si è lasciato togliere la tunica pur di rivestirci. Il Signore va benedetto in ogni tempo, perché Lui riveste e Lui spoglia. La precarietà, il dolore, la nudità, come dice Paolo, non possono separarci dall’amore di Cristo ma, piuttosto, diventano il luogo in cui sperimentare che siamo più che vincitori grazie a Colui che ci ha amati (cfr. Rm 8,35.37).

Amare è aprire uno spiraglio, per permettere all’Amore di entrare nella nostra vita e di abitarci, così da fare esperienza che tutto possiamo in Colui che ci dà forza.

Amare è una gara nella stima vicendevole, nel cedere i propri diritti pur di far felice l’altro, preoccupati – come diceva la Madre – solo di servire come una scopa, solleciti delle necessità di chi ci vive accanto.

Amare è entrare nella danza dello Spirito, lasciando che sia Lui a scegliere la coreografia, a marcare i tempi e a condurci come e dove vuole, fino a quando, un giorno Gesù ci dirà: "Vieni… ti metterò l’anello dell’alleanza e ti coronerò di onore e ti rivestirò di gloria e ti farò partecipe dell’ineffabile comunicazione di pace, gioia, consolazione e affetto" (El pan 5, 190).

Potremmo dire che, sia per gli sposi che per i consacrati, amare è entrare in una relazione totalizzante, capace di rendere a Dio ciò che suo: tutto di noi e tutto dell’altro.

Aprendo il vocabolario alla parola rendere, resa, troviamo che nella nostra lingua questa espressione indica azioni diverse e ha varie accezioni: provo a visitarle, perché gettino una luce particolare su quanto stiamo dicendo. Il rendere potremmo, dunque, intenderlo come:

Sebbene abbia offerto delle esemplificazione "formato famiglia", credo che chiunque conosca la vita di Madre Speranza non farà fatica a scorgervi gli stessi tratti: una vita offerta, donata, consegnata totalmente nelle mani del suo buon Gesù. Un’esistenza vissuta nella gratuità e nel distacco di chi, consapevole di aver ricevuto tutto in dono, desidera donare tutto e… "tutto per amore".

Lei ha prodotto abbondanti frutti di santità, esortando a questo quanti l’hanno seguita, chi l’avvicinava, famiglie, sacerdoti, pellegrini. Una santità che speriamo di veder riconosciuta dalla Chiesa e da Papa Francesco, che non perde occasione per esprimere l’insondabile misericordia di un Dio che non è lontano, che ci prende per mano, che ci abbraccia, che ci custodisce e non si stanca di perdonarci, di prendersi cura di noi.

Chi ha incontrato la Madre e la sua Opera, molto spesso ricorda il giorno, l’ora, le parole, desidera tornare perché, come scrive una famiglia di Milano: "niente succede per caso… e il nostro incontro con Gesù Misericordioso ci ha cambiato la vita"!

Lo strumento è sempre la Madre, anche oggi; una donna che, come quando era in vita, continua a penetrare i cuori, a condurre le anime al Signore. A volte mi accade di risentire esperienze simili a quella raccontata dal Card. Pironio: «L’impressione fattami dal breve incontro con Madre Speranza è stata molto profonda per me… Gli occhi penetravano veramente il cuore. Una grande semplici tà… Il più grande dono e la più grande grazia, fu l’incontro semplice e diretto con una persona che trasmetteva il Signore".

Ci lasciamo augurandoci che, nella forza dell’unico Spirito, ciascuno di noi possa sperimentare la gioia della chiamata all’amore e di una vita messa a servizio: testimoni credibili di una speranza che non delude e della Patria celeste da cui, come ha detto Papa Francesco, "avremo una nuova luce e forza anche nel nostro impegno e nelle nostre fatiche quotidiane. E’ un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio" (Udienza, 10.4.13).


1 VALLI A.M., Gesù mi ha detto. Madre Speranza testimone dell’Amore Misericordioso, Ed. Áncora, 2011.

2 www.collevalenza.it, Rivista ottobre e novembre 2012.

3 www.collevalenza.it, Rivista luglio 2012.

4 www.associazioneallequercedimamre.it.

5 www.collevalenza.it, Rivista settembre 2012.

6 www.collevalenza.it, Rivista maggio 2011.

7 Marcato Cristina, Una vita piena vissuta nell’Amore, Marcianum Press, Venezia, 2009, pag. 21.

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ultimo aggiornamento 20 maggio, 2013