Beatificazione di Madre Speranza

Marina Berardi

 

Memoria di un "incontro"

 

Avevo appena consegnato l’articolo di pastorale familiare quando mi è giunto l’invito a metter mano ad un altro pezzo in cui, questa volta, ero chiamata a narrare l’esperienza vissuta durante il servizio per la Causa di Canonizzazione di M. Speranza, iniziata giusto 25 anni fa. Non avrei potuto immaginare un modo migliore per celebrare la memoria di un dono, di un incontro destinato a segnare la mia vita.

Era domenica, quel 24 aprile 1988. Nella Cripta, dove riposano le spoglie mortali della Madre, tutto era accuratamente preparato, come a far risaltare l’ufficialità e l’importanza dell’evento che di lì a poco avrebbe avuto inizio.

Fu Sua Ecc.za Mons. Decio Lucio Grandoni, allora Vescovo di Orvieto-Todi, a nominare i membri del Tribunale diocesano, in cui io avrei ricoperto l’incarico di notaio attuario, coadiuvata, in caso di necessità, dai notai aggiunti, i fratelli Maurizio e Fernando Padiglioni di Todi che, per altro, ci hanno sempre seguito con l’affetto e la preghiera.

Trai i miei primi ricordi non può che esservi l’indimenticabile P. Gabriele Andreozzi, francescano del Terz’Ordine Regolare e giudice delegato della causa, che conobbi proprio in occasione della solenne sessione di apertura. Un uomo di elevata cultura, che risplendeva ancor di più grazie a quel tratto umile, a un autentico spirito di povertà e alla sua disarmante semplicità e delicatezza d’animo. Più volte l’ho sentito ripetere: "Abbiamo lavorato bene insieme. É stato uno dei periodi più belli della mia vita!". Come lui aveva previsto, fu così anche per me: "Vedrai che questo lavoro lascerà un segno indelebile in te, come accade nella pietra quando, goccia dopo goccia, battendo, la scava".

Certo che se il buon giorno si fosse dovuto vedere dal mattino…! Uno dei primi giorni di lavoro, infatti, accadde che nel lasciarci per la pausa del pranzo, a causa di un disguido, chiusi P. Gabriele dentro la sala del Tribunale. Lascio solo immaginare il mio imbarazzo! Nell’allontanar mi, sentii bussare e all’aprire P. Gabriele, con un fare sereno, sminuì l’accaduto e disse: "Ero tranquillo, perché ho pensato che quando non mi aveste visto a pranzo sareste venuti a cercarmi". È stato un inestimabile dono non solo venire a contatto con tanti testimoni oculari che narravano la vita della Madre, magistralmente riassunta da P. Gabriele, ma anche conoscere e lavorare con questo santo sacerdote sempre pronto a spendersi con grande dedizione.

L’altro membro del Tribunale fu Mons. Antonio Fossombroni, nominato promotore della fede, abitualmente chiamato "avvocato del diavolo". Anche lui, una persona sempre puntuale e attenta, desiderosa di scoprire il più piccolo risvolto della vita di quella "monaca santa" che aveva avuto modo di conoscere fin dagli anni ’50, a Todi.

Sì, la vita è fatta di incontri ed accade che alcuni ce la cambino. In questo momento sto richiamando alla memoria del cuore una storia che, come scriveva la Sig.na Pilar1 negli anni ’40, è iniziata da lontano: "Non vi è dubbio che stiamo scrivendo la storia che altri leggeranno, tu fai o scrivi la tua parte e noi scriviamo quello che qui [a Roma] è chiesto a noi e, tra tutte, contribuiamo alla santificazione degli eletti di Dio"2. Questa storia appartiene in modo speciale a ogni membro della Famiglia religiosa e a ogni Laico dell’Amore Misericordioso; questa storia ora appartiene anche a me.

Proprio per questo, nel mio cuore nascono profonda gratitudine e stupore: in modo del tutto immeritato e gratuito, si è dischiuso per me un grande progetto d’amore e, così, questa storia è arrivata ad essere la mia storia, si è convertita in una storia di famiglia.

Fu proprio di quegli anni un sogno che mi toccò particolarmente. Non avendo conosciuto la Madre, quando la notte del 14 luglio 1988 la sognai, ne fui davvero felice. Era lì nella bara ed io accanto a lei con altre persone. Notai che la Madre aveva il velo messo male e avrei voluto sistemarlo, ma mi lasciai prendere da un certo timore nel toccarla. Quando rimanemmo sole, improvvisamente, lei si voltò e, allungando il braccio verso di me e guardandomi negli occhi, mi disse: "Non preoccuparti, sarai con me anche dopo". Ho sempre sperato con tutto il cuore che alludesse alla meta finale: il Paradiso!

Per tornare agli anni del Processo (1988-1990), mi sembra bello sottolineare come tutto si sia svolto in una fattiva collaborazione tra i vari membri del Tribunale e della Commissione storica composta da P. Mario Gialletti fam, Suor Consuelo García eam e dal dott. Giuseppe Picotti. Il tutto, sempre sotto l’accurata guida dell’allora postulatore P. Romualdo Rodrigo, agostiniano recolletto, al quale tutt’ora ci lega un profondo senso di gratitudine, una vera stima e una sincera amicizia.

Fu P. Romualdo - anche attraverso il libro da lui scritto per i neofiti come noi - ad istruirci e a darci sicurezza passo dopo passo nelle varie fasi del Processo, grazie alla sua competenza ed entusiasmo. Fu sempre lui che spinse perché la nostra fosse la prima Causa compiuterizzata, tanto che, l’8 febbraio 1990, alla vigilia della chiusura della fase diocesana del processo, il giornale La Nazione – Umbria la trasformò in notizia: "L’elettronica entra nella storia della Chiesa. Il computer narra al tribunale dei Santi la vita di suor Speranza da Collevalenza". Nonostante i moderni mezzi della tecnica, come non ricordare la "disputa" con P. Romualdo per le fatidiche tabelle riassuntive, l’uso obbligatorio del carattere century scholbook, i margini: tutto rigorosamente secondo il cliché.

Il Postulatore si adoperò perché una parte del lavoro si fosse svolta in Spagna, terra natale della Madre. Fu allora che, su richiesta del Tribunale di Todi, il Card. Suquía istituì a Madrid una Rogatoria nominando i seguenti membri del Tribunale: Don Juan Fernández, giudice delegato; Padre Ilario Apodaca omf, promotore di giustizia e Don José Ramón, notaio. Da queste pagine giunga il nostro sentito grazie per il prezioso contributo.

Arrivammo, finalmente, alla giornata tanto attesa: l’11 febbraio 1990 quando, dopo poco meno di due anni, si concluse l’istruttoria diocesana, alla presenza del Card. Palazzini, di alcuni Vescovi dell’Umbria e di altre autorità civili.

Trepidazioni e fatiche, gioie e speranze – anche dei tanti che più o meno direttamente avevano collaborato -, tutto veniva sigillato con cura in quelle valigette numerate e accuratamente sistemate a forma di "E", a richiamare l’iniziale del nome della Madre nella sua lingua nativa: Esperanza. La Cripta era particolarmente gremita, la commozione e la gratitudine concretamente palpabili e su tanti volti si leggeva la gioia di esserci per un evento così importante. I coniugi Frumento, proprio in quell’occasione, vollero regalare una bottiglia, finemente incartata e diligentemente conservata in Archivio, con un bigliettino con su scritto: "Da aprirsi nel giorno della beatificazione della cara Madre".

Nel ripercorrere i passi del Processo, non posso non ricordare Mons. José Luis Gutiérrez, incontrato sul nostro cammino nella fase romana della Causa. Ci seguì con attenzione, pazienza e competenza in qualità di Relatore, sempre disponibile a guidarci con i suoi saggi e paterni consigli per la stesura della Positio, testo sul quale avrebbero poi studiato i Consultori teologi.

Credo che oggi la Madre, pur schiva e affatto amante di essere al centro dell’attenzione, sarà felice in Cielo perché il suo spiccare il volo verso gli onori degli altari farà conoscere al mondo intero quel­l’Opera che Gesù stesso le ha affidato e che lei ha amato sopra ogni cosa: "Io già non vivo per me, ma vivo per il Santuario del­l’Amore Misericordioso e per compiere la volontà del Signore; vivo perché questo Santuario divenga grande, poiché per grande che sia, non giungerà mai ad essere come Lui meriterebbe" (El pan 21, 21 – 18.12.1959).

A Dio piacendo - in una data che ci verrà indicata - sarà questo suo "amato Santuario" a fare da cornice alla solenne celebrazione per la Beatificazione della Madre, di colei che ancora oggi continua ad essere – come ebbe a dire P. Sorge nel lontano 1986 – "un chicco di grano piccolo, nascosto nella Cripta, nella base della Chiesa di Dio, che rimuove la terra e annuncia la nuova spiga, la Chiesa dei nostri tempi". Oggi potremmo dire, la Chiesa di Papa Francesco: lui che, fin dall’inizio del suo pontificato, è apparso l’araldo del­l’Amore Misericordioso con la vita, i gesti, la parola; lui che non si stanca di ripetere che il frutto della misericordia è la vita. "Pensiamo questo, è bello: la misericordia di Dio dà vita all’uomo, lo risuscita dalla morte. Il Signore ci guarda sempre con misericordia; non dimentichiamolo, ci guarda sempre con misericordia, ci attende con misericordia. Non abbiamo timore di avvicinarci a Lui! Ha un cuore misericordioso! Se gli mostriamo le nostre ferite interiori, i nostri peccati, Egli sempre ci perdona. È pura misericordia! Andiamo da Gesù!" (Angelus, 9.6.2013).

"Pensiamo questo, è bello"! Nel Santuario di Collevalenza, in questo roccolo, Gesù attira a Sé ogni creatura, l’aspetta per riabbracciarla, per farle sperimentare di essere cercata, attesa, amata, perdonata e per farle gustare più intensamente le dolcezze del suo amore e della sua misericordia.

Per realizzare quest’Opera - come Gesù disse alla Madre in quell’estasi del 14 maggio 1949 - si servì di lei perché era lo strumento "più inutile" che avesse trovato, affinché tutti capissero che quanto stava per realizzare era opera di Dio.

Ora è l’Amore Misericordioso a voler far risplendere la grandezza, la maternità e la santità di questa sua Ancella che si è fatta pane spezzato pur di nutrire la fame di quanti le sono stati affidati e la fame di tanti cuori feriti, grazie a quello sguardo di compassione e a quei gesti d’amore che le erano propri.

Grazie, Madre! Immagino che la Vergine Maria, che tanto hai amato, canterà con te il Magnificat in Cielo: "L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata"!


1 La Sig.na Pilar de Arratia era una benestante spagnola che lo stesso Gesù mise accanto a M. Speranza perché l’avesse aiutata nella realizzazione del progetto che Lui le andava disvelando.

2 Lettera a M. M. Esperanza Pérez del Molino, 1.1.1942, che si trovava in Spagna.

 

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ultimo aggiornamento 07 agosto, 2013