pastorale familiare

Marina Berardi

 

L’ultimo chiodo...

è

l’Amore!

 

Da tempo porto nel cuore quanto tenterò di condividere e riconosco che non mi è affatto facile. Se da una parte mi conforta la certezza che queste righe sono già state scritte con la vita, sento tutta l’inadeguatezza a narrare il mistero grande dell’Amore vissuto da giovani coppie fino al compimento, a rievocare sentimenti e momenti bellissimi vissuti insieme a loro, che le parole mai potranno esprimere appieno.

Avrei desiderato scrivere questo articolo in ottobre, come dono ad una coppia che, per la prima volta, ha celebrato l’anniversario di matrimonio con un’ala nel cielo, Roberta, e l’altra sulla terra, Roberto. Mai, però, avrei potuto immaginare che le circostanze della vita mi avrebbero portato ad intessere questa storia con quella della mia famiglia e, tanto meno, con quella di Andrea e Santa e dei loro cinque figli. Storie di vita accomunate dal dolore, dalla morte ma, soprattutto, da un amore capace di farsi carico dell’altro, di essere fecondo anche oltre il procreare, di generare vita attorno a sé, una vita che rimane, perché forte come la morte è l’Amore (Ct 8,6).

Dio ha scelto Roberto e Roberta, una giovane coppia senza figli, per renderli testimoni della grande forza che ha la generatività dell’Amore; non si sono tirati indietro, anzi, con tutte le loro forze hanno creduto, tentato di vivere e tener fede a quanto Madre Speranza esorta: se la vita "un giorno mi presentasse alcuni calici amari o tutti allo stesso tempo, con la grazia di Dio e con l’aiuto del Buon Gesù, accosterò le mie labbra assetate ad esso e sarà mia consolazione crocifiggermi e morire con quel Dio che morì per me e che oggi m’invita a unirmi fortemente a Lui per darsi eternamente a Me!"1.

Il Signore chiama all’intimità piena, Colui che ha dato tutto – direbbe la Madre – chiede tutto. È quanto l’amico e medico curante ha scritto, immaginando il dialogo avvenuto tra Andrea e Dio in quella interminabile ora in cui i soccorritori, sulla spiaggia di Fermo, hanno tentato invano di rianimarlo: «"Andrea, tu mi hai dato tanto, tu sai come sono fatto, io sono l’Amore, tutto quello che mi hai dato non mi basta, ora voglio te, ti voglio con me".
"Signore – ha risposto Andrea –, e la mia famiglia? E proprio adesso mi togli alla loro vista? E proprio in questi giorni nei quali della famiglia tanto si dice e si medita, e della generazione di nuove generazioni, e dell’amore…".

Tu non sarai tolto a nessuno, saremo con loro Tu ed Io – Dio! –, saremo anzi non con loro, ma dentro di loro, porremo nel loro cuore la nostra tenda. Proprio in questi giorni, Andrea, mi serve, serve a me Dio, la tua testimonianza totale. Debbo glorificare te e la tua famiglia, in alto, come ideale segno per una società mondana che non crede più in quello in cui tu hai creduto. Ora il tuo segno lo vedono in pochi, se tu mi segui in molti lo vedranno e alcuni, magari, si convertiranno. Non è questo che anche tu sempre hai voluto nell’intimo del tuo cuore? Ma sei libero di accettare, basta che me lo chiedi e io ti faccio subito tornare dai tuoi amici del basket; ti faccio tornare al tuo lavoro, ai tuoi giorni".
E Andrea, tra le lacrime e il sorriso, ha risposto: "Eccomi, come Samuele, eccomi, come Maria, sono il tuo amico servo, si faccia di me secondo la tua volontà". […]
E uno splendore divino ha brillato durante la celebrazione della liturgia, tra un mare d’auto e un mare di persone, spargendo consolazione e speranza, mentre lui, Andrea, dall’alto, con il suo inestinguibile sorriso, cantava: Forza, venite, gente!»2.
Anche ad Appiano Gentile nei lunghi anni di malattia, c’è stato un intimo dialogo tra Roberta e il suo Dio, anche lì è brillata una luce che Roberto conserva in un "angolo specialissimo" del suo cuore: persone lontane da Dio ,vecchi colleghi di lavoro, abitanti del paese entrati in chiesa per rendere omaggio ad una persona speciale. "Oggi – scriveva qualcuno - abbiamo ascoltato la storia di una persona straordinaria e di una coppia molto forte; quello che abbiamo sentito oggi è stata una vera lezione per tutti noi".

È la lezione dell’Amore che splende come oro proprio quando è provato nel crogiuolo del dolore. Non esiste altra via, tanto che Madre Speranza arrivava a dire: "Signore, ti ringrazio, perché mi hai dato un cuore per amare e un corpo per soffrire". Questo mistero è grande: nella misura in cui il corpo si sfigura nel dolore, il Signore trasfigura il cuore riversandovi l’abbondanza del suo Amore! Roberta lo aveva capito: "Devo chiedere al Signore di donarmi la forza di portare la croce che mi ha dato… ‘Santissima Trinità, misericordia infinita, assistimi in questa mia necessità. Guariscimi dal male e se tutto questo non fosse nei tuoi disegni, sostienimi lungo il cammino, aiutami a portare la croce, dammi speranza e coraggio…

Se tu vuoi puoi guarire [le mie amiche, me], ma sia fatta la Tua volontà’…

Mi ritengo fortunata perché frequentando i luoghi di cura e di dolore ho conosciuto persone stupende che mi hanno donato molto".

È vero, "come si può perdere la speranza, essere tristi quando il Signore veglia per noi, ci accompagna, cammina al nostro fianco difendendoci dal male, portando insieme a noi la croce? Anche la sofferenza e la croce la si porta più volentieri sapendo che Gesù è con noi, per sempre fino alla fine del mondo… Che il Signore possa aumentare la nostra fede in Lui e ci doni la pace in tutte le traversie che dovremo affrontare" (Andrea).

Non ci resta che ricordare come il Signore ama cogliere i fiori più belli per il suo giardino! Roberta e Andrea avevano una bellezza "speciale", erano belli dentro = la bellezza della santità.

L’Amore Misericordioso, che queste famiglie hanno tanto amato e seguito, voglia trasformare questo nostro far memoria in presenza, in balsamo versato sui nostri cuori feriti, in gemma che annuncia la fine dell’inverno e l’approssimarsi di una rinnovata primavera.

Roberto e Roberta, Andrea e Santa, come ogni coppia, rimangono uniti in quel Vino che li ha dissetati e in quell’Eucarestia che li ha nutriti e che un giorno adoravano insieme, forza del loro andare insieme verso quella Vita che non avrà fine: "Di fronte alla morte ci scopriamo piccoli e indifesi noi che spesso ci sentiamo grandi e forti. Non lo siamo, la nostra vita non ci appartiene, non la possediamo è lei che ci possiede e ci lascia. Però anche se …. dentro a questo cammino oscuro della vita noi una luce possiamo scorgere, una piccola traccia riusciamo a vederla.

Sulla strada breve della nostra esistenza è apparsa la luce di un amore, di Qualcuno che è venuto in mezzo a noi, che ha detto che stava con noi perché ci amava e che dimostrava il suo Amore donando a noi la Sua vita, accettando di amarci fino a morire per noi; regalandoci un amore più forte della morte. Così amare è diventato il senso della vita; l’amore è diventato lo strumento della vita, di una vita che in forza di questo amore sa andare oltre la morte. Il seme caduto per terra non è condannato a morire da lui sgorga la vita più ricca e abbondante.

È questa la nostra fede, questa può essere la nostra speranza, questo può essere il nostro impegno: saper camminare ora, noi vivi, nell’amore per fare della nostra vita qualcosa di vero, che resta per sempre" (Andrea).

La vita dei nostri cari resterà per sempre, prefigurazione di un Paradiso che ci attende, certi che l’ultimo chiodo non è il dolore né la morte, ma l’ultimo chiodo è quell’Amore che ognuno di noi, giorno dopo giorno, riceve e dona!


1 El Pan 10, 83-84

2 Zamponi Giovanni: http://247.libero.it/rfocus/18808334/1/andrea-induti-perché.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 13 novembre, 2013