La vita, le opere e la beatificazione di Madre Speranza

P. Gabriele Rossi fam

 

 

MADRE SPERANZA ALHAMA VALERA

 

 

La vita, le opere e la beatificazione (6)

(seguito)

 

Terza parte:
UNA PROPOSTA CATECHETICA

Tentiamo ora una disposizione schematica e divulgativa di tutta la materia di cui sopra, tale che possa risultare utile per la predicazione e la catechesi.

Ci si domanda: chi è dunque Madre Speranza Alhama Valera?

Si risponde: a) è una Religiosa; b) è una Fondatrice; c) è una Santa. 25

E per ogni definizione, si evidenziano tre tematiche più significative.

Lo schema quindi potrebbe servire per dei tridui, o per delle novene.

a) La Religiosa

Le tematiche relative alla consacrazione religiosa (1-3)

Madre Speranza è innanzitutto una Religiosa, cioè una persona consacrata a Dio e ai fratelli per mezzo dei tre voti religiosi di obbedienza, povertà e castità.

Ora, la teologia spirituale insegna chiaramente che questi tre impegni di origine evangelica possiedono una finalità duplice e complementare.

In senso più ascetico, essi servono a controbattere quella triplice inclinazione disordinata che è insita nella natura umana, a partire dal peccato originale: vale a dire, la concupiscenza del potere, dell’avere e del piacere.

In senso più mistico, invece, essi servono a realizzare una migliore conformazione spirituale al Signore Gesù il quale, non solo ha proposto ai suoi discepoli questi tre consigli di perfezione, ma li ha anche praticati di persona fino alle ultime conseguenze, cioè «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8).

Possiamo dire che i tre voti religiosi risplendono negli insegnamenti teorici e pratici di Madre Speranza in tutti i loro significati personali ed ecclesiali.

Ma volendo qui evidenziare solamente i tratti più significativi della sua testimonianza religiosa, dobbiamo accennare ad alcune modalità particolarmente esemplari ed edificanti con le quali lei ha vissuto la sua consacrazione fondamentale al Signore e ai fratelli, in comunione permanente con la Chiesa.

 

1. L’umiltà e la docilità verso la Gerarchia

Pur essendo una Fondatrice religiosa e una Superiora generale, anche Madre Speranza ha praticato la virtù dell’obbedienza, come tutti gli altri Religiosi ed anche di più. E l’obbedienza sempre si abbina con l’umiltà.

La esemplarità di questa sua virtù è determinata, non solo dal fatto di aver incontrato vari Superiori ecclesiastici che furono ostili alla sua persona – ciò è quasi normale nella vita della Chiesa –, ma dal grado di opposizione che ha sperimentato e – soprattutto – dal modo con cui l’ha accettata.

Si pensi in particolare: alla sospensione dall’incarico di Superiora generale, che il Santo Officio le comminò per cinque anni e mezzo (cioè, dal marzo del 1941 al novembre del 1946); e alla rimozione dal medesimo incarico, che il Santo Officio le impose per altri sei anni (cioè, dal novembre del 1946 al dicembre del 1952). A queste due vicende più eclatanti, poi, si può anche aggiungere il divieto relativo all’apertura delle Piscine per i malati, che si protrasse per oltre 18 anni (cioè, dal novembre del 1960 al marzo del 1979).

A livello personale, Madre Speranza ha vissuto queste diverse situazioni con grande spirito di fede, accettandole come prove dolorose che erano permesse dal Signore in vista di un bene maggiore, tanto individuale come collettivo. E nei confronti delle sue Religiose e dei suoi Religiosi, ha vigilato attentamente perché si evitasse ogni commento improprio, che potesse essere contrario al senso di Chiesa e al ruolo della Sacra Gerarchia.

Ed anche se il tragitto è stato talvolta contorto, dobbiamo dire che un po’ alla volta la Santa Madre Chiesa ha saputo vagliare e confermare tutto ciò che lo Spirito del Signore andava operando per mezzo di questa sua umile Ancella. Il bacio devoto che Giovanni Paolo II le ha impresso sulla fronte – in occasione del suo storico pellegrinaggio al Santuario di Collevalenza, nel novembre del 1981 – ne è il segno più bello e più eloquente.

 

2. La laboriosità e la fiducia nella Provvidenza

Pur avendo maneggiato molto denaro nel corso della sua vita – soprattutto durante gli anni di Collevalenza –, anche Madre Speranza ha praticato la virtù della povertà. E ciò in senso sia materiale che spirituale.

Ma la nota più caratteristica di questa sua virtù non fu tanto la semplice sobrietà personale o comunitaria, quanto piuttosto la grande laboriosità manuale che lei ha messo in atto – specie con le sue Suore –, al fine di procurarsi il denaro necessario per la realizzazione delle varie costruzioni.

Si pensi, in particolare: al primo laboratorio di cucito che vide impegnate nella prima Casa di Roma una quindicina di Suore, dal dicembre del 1940 al settembre del 1943; e soprattutto al grande laboratorio di ricamo e maglieria che operò a Collevalenza per una ventina d’anni (cioè, dal 1958 al 1980) e che nei periodi più intensi (cioè, dal 1962 al 1970) arrivò a coinvolgere fino a una ottantina di Religiose e altrettante ragazze. A tutto ciò si aggiungano poi le altre attività ordinarie che erano collegate con l’accoglienza quotidiana di centinaia di pellegrini a Roma, o presso il Santuario di Collevalenza; o di centinaia di bambini e ragazzi presso le altre Case della Famiglia Religiosa.

Quest’impegno generoso e sacrificato era per Madre Speranza il modo più degno e più corretto: per provvedere alle necessità di carattere ordinario delle Comunità e dei Collegi; e per obbligare il Signore a fronteggiare le spese di carattere straordinario che lui stesso aveva commissionato.

Tra le forme concrete con cui il Signore le ha manifestato la sua Provvidenza, ricordiamo in particolare: gli aiuti più o meno generosi di benefattori noti e meno noti; le ripetute moltiplicazioni di alimenti; e le offerte di denaro giunte tra le sue mani nei modi più impensati. E tutto ciò, a conferma delle parole del Vangelo: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).

 

3. Lo spirito di mortificazione e di espiazione

Pur avendo un rapporto del tutto singolare con il Signore, Madre Speranza ha praticato la virtù della castità non solo in senso affettivo, ma anche in senso penitenziale. Le due dimensioni infatti non si possono mai separare.

La esemplarità di questa sua virtù è determinata, oltre che dai toni poetici e sponsali con cui l’ha vissuta e insegnata, anche e soprattutto dal modo con cui l’ha custodita e rafforzata sul piano strettamente corporale.

Si pensi ad esempio: alla sua compostezza nel vestire e nel trattare; alla sua temperanza nel mangiare e nel dormire; e alla continua ricerca di penitenze aggiuntive, per mezzo di cilici e discipline. A tutto ciò si aggiunga poi la partecipazione periodica, sul piano mistico straordinario, ai molteplici patimenti del Signore (sudorazione, flagellazione, coronazione, crocifissione e agonia): patimenti resi visibili e durevoli soprattutto per mezzo delle stimmate.

Questo impegno ascetico e mortificativo (che come qualsiasi altro aspetto della sua vita andava soggetto al controllo del suo Direttore spirituale) era per Madre Speranza il modo più efficace e più necessario: per moderare i molteplici appetiti disordinati che sono propri della natura umana, a causa del peccato delle origini; per conformarsi sempre più profondamente al Signore Gesù, che nel suo stesso Cuore ha fuso in modo indissolubile l’amore e il dolore; e infine per riparare le innumerevoli offese che si arrecano da ogni parte alla Legge santa di Dio, proprio per mezzo dei cinque sensi corporali.

Tra i frutti concreti di questa condotta esigentissima, possiamo annoverare anche il fatto che persone di ogni stato e condizione sociale ricorressero a lei – specie durante gli anni di Collevalenza – per chiedere consigli e preghiere, al fine di riparare situazioni attinenti alla sfera affettiva e passionale.

 

b) La Fondatrice

 

Le tematiche relative alla missione ecclesiale (4-6)

Oltre ad essere una Religiosa consacrata al Signore per mezzo dei tre voti, Madre Speranza è anche la Fondatrice di due Congregazioni già riconosciute: le Ancelle dell’Amore Misericordioso e i Figli dell’Amore Misericordioso.

Ora, si sa che ogni Istituto Religioso viene costituito nella Chiesa non solo per il bene privato dei membri interni, ma anche per lo svolgimento collettivo di una missione apostolica che ridondi a gloria di Dio e a vantaggio dei fratelli.

Questa missione operativa: scaturisce sempre dal carisma spirituale donato al Fondatore; è attentamente vagliata e apertamente sancita dalla Santa Sede; e si prolunga poi nello spazio e nel tempo con il coinvolgimento dell’intero Istituto.

La stessa operazione si è ripetuta anche con Madre Speranza. Lei infatti ha assegnato alle sue Religiose una funzione di natura prevalentemente caritativa; e ai suoi Religiosi un compito di carattere prevalentemente sacerdotale.

Ma entrambe queste finalità operative sono inserite all’interno di una prospettiva teologica particolare – la spiritualità della Paternità misericordiosa del Signore –, la quale si trasforma essa stessa in una chiara missione apostolica.

Volendo pertanto conoscere la figura di Madre Speranza, è necessario soffermarsi con attenzione su questi diversi aspetti che l’hanno principalmente coinvolta a livello operativo, insieme con tutta la sua Famiglia Religiosa.

 

4. L’annuncio dell’Amore Misericordioso

Madre Speranza ha coltivato innanzitutto, per sé e verso gli altri, la spiritualità della Paternità misericordiosa del Signore. E ciò in riferimento a Gesù stesso, perfetto rivelatore del Padre Celeste, ricco di bontà con tutti i suoi figli, specie se poveri, sofferenti e peccatori (cf. Gv 14,8-11).

Questo suo interesse specifico: è stato determinato dal misterioso incontro avuto in tenera età con Santa Teresina, e dai ripetuti suggerimenti spirituali ricevuti direttamente dal Signore per via mistica; e si è espresso, oltre che in brevi annotazioni disseminate nel corso dei suoi Scritti formativi, anche e soprattutto per mezzo del Santuario dell’Amore Misericordioso.

Il Santuario di Collevalenza infatti ci presenta la traduzione plastica delle parole del Vangelo: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Ciò si realizza concretamente tramite il messaggio teologico del grande Crocifisso dell’Amore Misericordioso; e attraverso l’uso concreto, a scopo esplicitamente taumaturgico, dell’apposita Acqua del Santuario.

La spiritualità della Divina Misericordia, che per decenni era stata vista con sospetto dal Santo Officio, è divenuta ormai patrimonio e impegno di tutta la Chiesa, grazie all’Enciclica Dives in misericordia del novembre del 1980. Le due icone che esprimono al meglio questo messaggio sono precisamente: il Gesù Crocifisso di Madre Speranza, che chiede e ottiene il perdono per il mondo intero (cf. Lc 23,34); e il Gesù Risorto di Suor Faustina, che assolve ed effonde per via sacramentale la riconciliazione e la santificazione (cf. Gv 19,21-23).

Il fatto poi che la Dives in misericordia abbia costituito anche la motivazione ufficiale del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II a Collevalenza nel novembre del 1981, rafforza ancora di più i legami affettivi tra la Famiglia Religiosa di Madre Speranza e il suddetto documento pontificio.


25  Già l’essere dichiarata Beata include un primo riconoscimento della sua santità.

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ultimo aggiornamento 12 febbraio, 2014