studi  
 

Don Ruggero Ramella, sdfam

 

 

Madre Speranza ... e i Sacerdoti

Si scrive misericordia, ma si dice preti;

si parla dei poveri, ma si pensa ai preti;

 si aiutano i poveri, ma si guarda ai preti

 

(seguito)

Nascono i Figli dell’Amore Misericordioso

La Madre però riesce poi sempre a vincere le sue paure, e a dispetto di esse rinnova di tanto in tanto il voto di vittima per il clero, come alla prima professione dei primi tre Figli dell’Amore Misericordioso, il 15 agosto 1951: Mi sono distratta e tutto il tempo della cerimonia l’ho trascorso fuori di me e unita al buon Gesù, al quale ho chiesto di benedire questi tre figli e la nascente Congregazione. Ho anche rinnovato la mia offerta di vittima volontaria per le offese che il buon Gesù riceve dai sacerdoti del mondo intero (18, 1081). Le sue paure le vince solo stando sempre con Lui, e di questo ne ha sempre più chiarezza; l’unione intima e costante con Gesù, senza lasciar passare un solo secondo senza questa unione, evitando di fermarsi a pensare, a guardare le cose che avvengono, perché è allora che monta la paura; deve invece solo abbandonarsi e vivere semplicemente l’unione con Gesù, ed è questo che risponde alla domanda di Gesù su cosa avesse bisogno per essere fedele alla sua offerta di vittima per i sacerdoti, come la Madre scrive il 18 marzo 1952: Gesù mi dice di chiedergli ciò di cui ho bisogno per me, per le anime per le quali mi sono immolata come vittima, per i figli e le figlie. Per queste anime, figli e figlie, Ti chiedo Gesù mio di illuminarle con la tua luce perché capiscano e sperimentino il vuoto e il nulla delle cose umane e di attirarli a te, manifestandoti come loro bene supremo e fonte di ogni bene. Concedi alla loro volontà la forza e costanza di cui hanno bisogno per non desiderare e volere nulla all’infuori di Dio. Per me, Gesù mio, non desidero altro che fare la volontà di Dio, amarlo tanto, tanto, e restare da sola con Lui per parlargli e ascoltarlo (18, 1219).

Le paure e le incertezze riguardo al suo amore per il clero vanno di pari passo alle paure e alle incertezze per la fondazione dei Figli, riguardo ai quali si sente sempre poco generosa, lasciando così intravedere che tutto è opera di Gesù, malgrado lei stessa, malgrado che si pensi più un ostacolo che uno strumento efficace allo scopo. Ancora una volta la Madre sembra subire quanto avviene anche per opera sua, ma anche malgrado lei stessa, e questo a volte, e ripetutamente, la getta nello sconforto, da cui però si risolleva ogni volta buttandosi letteralmente nelle braccia della Misericordia di lui, con costante confidenza e fiducia, come lei stessa dice il 7 dicembre del 1951, in occasione della tonsura del primo Figlio dell’Amore Misericordioso: Mi sono distratta e unita al buon Gesù, gli ho chiesto nuovamente di perdonarmi per i dispiaceri causatigli nella fondazione di questa amata Congregazione: gli ho promesso di nuovo di essere più fedele, col suo aiuto, alla sua volontà e gli ho chiesto la grazia che questo figlio arrivi ad essere un santo sacerdote e un fedele figlio dell’Amore Misericordioso e che non ami niente e nessuno che possa ostacolare la sua unione totale con Lui (18, 1094). Ecco l’unione totale a Gesù prescritta anche per i Figli, intendendo l’unione che ella stessa vive con tutte le sue modalità. Nella convinzione della sua fragilità, nella coscienza della debolezza del suo essere strumento imperfetto ed insufficiente per quest’opera a favore del clero, quando si sente nulla e solo bisognosa del generoso perdono del buon Gesù, allora inconsapevolmente e contemporaneamente staglia e definisce la natura intima della vocazione all’Amore Misericordioso per il clero, una natura profondamente contemplativa e mistica, nonché sacerdotale, per la particolare unione quasi ipostatica dell’uomo sacerdote col Gesù divino. Il Figlio dell’Amore Misericordioso comprende questo guardando ai sacerdoti, e lo comprende perché lo vive prima nell’intimo della natura sacerdotale di se stesso.

Il mistero dell’uomo-sacerdote

La convinzione profonda del mistero dell’uomo-sacerdote di Cristo aggiunge ancora più dolore al cuore della Madre, che infatti si addolora particolarmente per i sacerdoti che celebrano la Messa in stato di peccato mortale abituale, come ella stessa scrive il 31 marzo 1952: Devo confessare che sono contenta, molto contenta! Perché quanto più soffro, tanto più aumenta il mio amore per Dio, l’aspirazione di compiere io stessa e che si compia in me la sua divina volontà e sento ardere in me più forte il desiderio della salvezza delle anime e della gloria di Dio. Quale gioia provo quando vedo anime che amano davvero il buon Gesù! E, al contrario, quanto soffro nel vedere anime consacrate, specialmente sacerdoti, che hanno l’ardire di offenderlo! Come possono queste anime celebrare la santa messa, senza decidersi a lasciare lo stato di peccato in cui si trovano, per unirsi al divin Crocifisso e per mezzo di Lui a Dio? (18, 1252). Riecheggiano qui le stesse parole di orrore di Padre Pio che scrive al suo Padre spirituale il 7 aprile 1913: Venerdì mattina (28 marzo 1913) ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi si stava parando e chi si stava svestendo delle sacre vesti. La vista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n’ebbi. Però il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorchè lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: "Macellai!". E rivolto a me disse: "Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò per cagione delle anime da me più beneficate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L’anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ohimè mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza. L’ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l’agonia. Ohimè come corrispondono male al mio amore! ciò che più mi affligge è che costoro al loro indifferentismo, aggiungono il loro disprezzo, l’incredulità"…Questa apparizione mi cagionò tale dolore nel corpo, ma più ancora nell’anima, che per tutta la giornata fui prostrato ed avrei creduto di morirne se il dolcissimo Gesù non mi avesse (consolato)…(Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario, vol. I, ed. Padre Pio da Pietrelcina, S. Giovanni Rotondo, 1992, pp. 350-351). E ancora di più la stessa Madre ricalca la sua sofferenza e sconcerto per tali situazioni: Non riesco a concepirlo; essi conoscono il buon Gesù e sanno quanto gli è costata la nostra salvezza; un tempo l’hanno amato e oggi non ne vogliono sapere: sono schiavi delle passioni, del vizio. Preghiamo molto per queste anime! (18, 1253). È particolarmente nella celebrazione della Messa che il sacerdote vive l’espressione più alta del suo sacerdozio e della sua unità per via sacramentale con Gesù.

È un’unità che si avvicina di più all’ipostasi dell’io del sacerdote con l’io di Gesù, tanto che ne condivide più da vicino di chiunque altro fedele il sacrificio della propria vita per la salvezza degli uomini; nelle parole della consacrazione in particolare il sacerdote dà anche la sua carne e il suo sangue unitamente a quelli di Gesù con la stessa motivazione di salvezza universale, lì fa sua la preghiera e i suoi contenuti perché in lui, e non solo per la sua interposta persona, Gesù preghi il Padre con l’atto supremo d’amore, talmente supremo da stagliarsi per l’eternità come cifra fissa del dono del Figlio al Padre, una cifra, una misura che si è verificata nella carne di un uomo, con la carne di un uomo, e per cui tale è la misura del dono non solo del Figlio, ma anche di qualunque uomo unito al Figlio, particolarmente, e a maggior ragione, di un prete. Non solo, ma il prete compie una vera e propria opera di mediazione per ottenere la salvezza degli altri, come un alter Christus, compiendo nel contempo opera di riparazione e mediazione quale quelle del Figlio, perché in finale unito in modo unico e speciale al Figlio. Il Figlio trascina con sé in questo atto supremo d’amore tutta l’umanità in quanto ha preso su di sé tutto il peccato del mondo, anzi si è fatto addirittura peccato (cfr. 2Cor 5,21) per sottolineare fino a che punto Gesù ha raggiunto l’uomo fino alle radici prime del suo peccato, al punto da confondersi con il peccato, non essendo mai ovviamente peccatore. Questo dovrebbe essere anche per il sacerdote, cosa che mai sarà piena su questa terra, ma almeno il sacerdote in questione non dovrebbe aver perso la grazia, la vita stessa di Dio, non dovrebbe essere cioè in un peccato mortale abituale mentre celebra la Messa. Celebrare in tale stato sarebbe veramente il massimo dell’assurdo con le premesse di sopra. Eppure ciò avviene, ed è questo che provoca lo sconcerto della Madre stessa, anche di fronte al modo con cui trattano la messa alcuni sacerdoti, come se non avessero a che fare con Lui, senza legame psicologico e affettivo con Lui, come dei burocrati del sacro, in una sorta di mondanità spirituale, quale quella che denuncia spesso papa Francesco.

 

La riparazione pressante

Più la Madre avverte l’orrore per le situazioni di peccato di tanti suoi ministri, e delle anime consacrate in generale, più la Madre continua e moltiplica la sua preghiera al buon Gesù per ottenere per tutti la sua infinita misericordia, anche perché lo stesso Gesù la esorta continuamente ad espiare per il suo clero, chiedendole anche di affidare tutti costoro a Maria sua Madre per la loro conversione. Non solo, ma chiede anche preghiere ad altri, per esempio ai suoi padri spirituali, perché ella possa cooperare sempre di più col buon Gesù alla santificazione dei preti, vincendo la sua poca generosità in quest’opera, di cui la Madre continua ad ogni occasione a rimproverarsi. Di nuono richiede la decomposizione del suo corpo in riparazione delle colpe sessuali dei sacerdoti ed il purgatorio per sé lasciando che i suoi pochi meriti servano qui sulla terra in espiazione delle colpe dei poveri sacerdoti. È tutto un leit motiv che si ripete continuamente nello scorrere degli anni e degli eventi, con tutte le opere che la Madre appronta, particolarmente a favore del clero, specialmente con i suoi Figli, ma soprattutto con il suo intervento in prima persona (cfr. 18, 1284-1285; 1292-1294; 1301; 1309).

 

Il diavolo contro

Anche i Figli continuano ad essere fonte di preoccupazione continua, sia per se stessi, sia perché la buona o meno riuscita della fondazione determinerà il bene o meno che si potrà fare in favore dei sacerdoti, la sua più forte preoccupazione, che sempre la attanaglierà fino alla fine della sua vita. Per questo decide il suo trasferimento definitivo a Collevalenza per seguire più da vicino i Figli appena agli inizi così tanto incerti, oltre che per l’ultima grande opera che il Signore vuole da lei, la realizzazione di un Santuario dedicato al suo Amore Misericordioso (cfr. 18, 1084-1086). E ne ha ben donde, perché il diavolo non gradisce affatto questa sua opera sacerdotale, e infatti la Madre stessa racconta il 27 febbraio 1952: questa notte il "tignoso" mi ha maltrattato molto e mi ha detto così tante stupidaggini che non credo lui possa realizzare; ma se così accadesse, con l’aiuto del buon Gesù, sono disposta a soffrire quanto Lui gli permetterà, perfino la separazione per sempre dai miei poveri figli che è ciò che più mi costa; poiché ardo dal desiderio di stare con loro per comunicare e renderli partecipi delle grazie che il buon Gesù effonde su questa povera creatura (18, 1112). Di nuovo ritorna che l’opera a favore del clero della Madre è qualcosa che non si esaurisce in qualche opera esterna, ma piuttosto qualcosa di più profondo che viene da un coinvolgimento esistenziale, e come frutto di una vita spirituale e mistica di intima unione con il buon Gesù: così è nell’esperienza e nel vissuto quotidiano della Madre, e così la stessa Madre vuole, auspica che si ripeta anche nelle esistenze dei suoi Figli, aprendo, come già è stato detto, la strada ad uno sviluppo ulteriore dell’opera sacerdotale dei Figli dell’Amore Misericordioso, la cui sola misura è la fantasia del’amore per i preti, una fantasia ed un amore quali quelli di Gesù, acquisibili solo in una vita di intensa e profonda unione col buon Gesù stesso, quale dei sacerdoti in particolare possono avere.

Inoltre il diavolo si affaccerà sempre più spesso nella vita della Madre, specialmente quando ella mette concretamente mano alla sua opera sacerdotale: ad ogni tappa lui è lì per tormentarla spiritualmente, fisicamente e persino portandola a volte sull’orlo del pericolo per la sua stessa vita. Ma la Madre non demorde, e come continuamente risorge, si può dire nello stesso momento in cui vive nell’angoscia, dalla coscienza della sua fragilità, delle sua poca generosità, a detta di lei, della sua paura gettandosi sempre nelle braccia della misericordia del suo Dio, così riprende sempre il suo piglio e continuamente riprotesta la sua offerta al buon Gesù per il suo amato clero, così in questa occasione è disposta a rinunciare a ciò che le preme di più, stare vicino ai suoi figli nei loro inizi difficoltosi ed incerti. Desidera tanto affiancarli e confortarli in tutto, sente come una madre le loro sofferenze in questi primi passi, come ancora dice lo stesso 27 febbraio 1952: vorrei animarli a camminare sempre nella via della perfezione, ossia nell’amore, nel sacrificio, nello zelo per le anime e a seguitare a far parte della nascente Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, poiché credo che soffrano molto e in diverse occasioni debbano sentirsi umiliati, anche se a me mai l’hanno fatto capire; ma mi rendo conto che dev’essere molto duro per un uomo sentirsi compatito, perché lo si crede ingannato da una povera religiosa. E questi commenti oggi sono molto frequenti, perfino da parte di persone assennate. Poveri figli! (18, 1113).

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ultimo aggiornamento 15 aprile, 2014