Pastorale Familiare

Marina Berardi

Le strade dell’educare:

VIA della PAZIENZA

 

 

 

Come anticipato, le lezioni continuano nella quotidianità e il tema della nostra formazione permanente è puntualmente tratto dagli scritti della beata M. Speranza, maestra della nostra riflessione sull’educativo: la via della pazienza. Ad ispirare l’argomento è anche il tempo liturgico che stiamo vivendo, la quaresima, insieme ad alcuni incontri ed esperienze personali che mi hanno portato a riflettere sulla passione per e nella la vita, che rimanda ad un cammino paziente per crescere umanamente e nelle virtù.

Riflettevo suo fatto che il termine "passione" richiama due concetti che mai potranno essere disgiunti se si vuole arrivare ad una piena maturità umana e cristiana: una forte commozione dell’ani­mo capace di far volare alto, verso grandi ideali, capace di motivare le piccole e grandi scelte della vita e, al contempo, il soffrire, patire, che sa accogliere con umile disponibilità l’inevitabile tempo del travaglio, dell’attesa, del peso dell’esistenza.

Così pure l’educare sembra racchiude altre due realtà inscindibili: l’offrire, il porgere, il mettere innanzi, il portare verso l’altro un accresciuto significato e senso della vita e, insieme, il soffrire capace di farsi carico, di portare su di sé e nell’intimo le inevitabili fatiche, contraddizioni e incertezze del cammino.

È fondamentale tenere presente tutto questo nel leggere e nell’affrontare ogni evento, nel vivere le relazioni e nell’accompagnamento dell’altro verso la capacità di appassionarsi, qualsiasi sia la situazione: gioia o dolore, salute o malattia, dono o privazione, successo o fallimento, vita o morte...

Essere guide vuol dire spronare con il soave odore del buon esempio, attenti a non essere "vani, senza amore, senza carità, pieni di amor proprio"; significa anche non lasciar correre quanti ci sono affidati sulla larga strada del vizio e della perdizione, magari contagiati dal nostro mal esempio1.

Questo l’identikit della famiglia che voglia davvero essere figura di quella di Nazareth: ha a capo un padre e una madre solleciti, scevri da rispetti umani, pronti a correggere ciò che vedono sconveniente e ciò che disgusta a Gesù. Allo stesso tempo, sono genitori pieni di amore di Dio e carità, si sacrificano costantemente e vigilano senza riposo; sono attenti alle necessità spirituali e corporali dei figli, per procurare loro con amore paterno e materno i rimedi più convenienti. Con pazienza attendono il tempo più opportuno per dare un’ammoni­zione o castigare con energia e fortezza, sempre e solo come espressione di una amore genitoriale che lascia intravedere una profonda carità2, desiderosa del vero bene e della felicità dell’altro.

La Madre, a questo proposito, invita a "vedere ciò di cui abbiamo bisogno per fare in modo che la fermezza del nostro carattere possa fare del bene": la prima cosa è quella di essere sempre accompagnati dalla pazienza, non lasciarsi trasportare dal malumore o dalla collera; perché non esiste un’altra cosa che disdica tanto in una persona quanto la collera che rende odioso e spregevole colui che dovrebbe essere venerato e di stimolo3.

A chi ha un ruolo educativo, M. Speranza chiede "di non turbarsi e di non perdere la pazienza…; il turbamento è cattivo consigliere, simile alla febbre che impedisce la riflessione e il dominio di se stessi, cose indispensabili per comportarsi con prudenza e poter essere di guida agli altri"4.

A genitori ed educatori ragionevoli, infatti, non dovrebbe creare sorpresa che i propri figli o i bambini e giovani loro affidati incorrano in mancanze e difetti, né si scoraggiano per questo, ma seguitano a formali e correggerli con pazienza e carità; e se qualcuno non risponde subito alle loro attenzioni, raddoppiano il proprio zelo e non si stancano di istruirli; hanno sempre presente che è solo a forza di ripetere gli insegnamenti che si formano gli uomini e le donne di domani.

Bisogna sforzarsi, anzi, di sopportare con mansuetudine chi è più molesto, quelli che a nostro parere non servono a niente, coloro che non recepiscono l’educazione e restano pieni di difetti. Cosa accadrebbe – si chiede la Madre - se non ci fossero queste persone? È lei a rispondere: non troveremmo "nessuna occasione di soffrire, né di esercitare la carità, la pazienza e la mansuetudine" e il nostro "comportamento non avrebbe niente in comune con quello del buon Gesù che volle circondarsi di discepoli grezzi e assoggettati a moltissimi difetti. Il buon Gesù agì in questo modo per insegnarci che potremo conseguire una robusta virtù proprio sopportando i difetti"5 degli altri.

"C’è da ricordare – incalza M. Speranza - che i figli più imperfetti, con il tempo, con la pazienza e con le cure paterne e materne, possono arrivare a grande virtù, se sono aiutati e guidati"6 e che "la migliore maniera per governare e stimolare è quella che ha come base la mitezza e la pazienza; io vi dico che sono pienamente convinta che la mitezza è molto necessaria per piegare le volontà e sottometterle alla virtù"7.

Dunque, "la pazienza è l’esercizio più vantaggioso per noi, quello che ci assicura la nostra stessa santificazione perché, sopportando gli altri, noi cresciamo in umiltà, in mortificazione, in dolcezza e carità perfetta; con il sopportare i difetti degli altri rendiamo concreto in noi quell’esercizio che è il più vantaggioso per garantire un nostro avanzamento nella virtù"8.

La Madre ci ha insegnato la via della pazienza con la sua stessa vita: ha saputo attendere e perseverare con tranquillità nelle più svariate e controverse situazioni, le ha affrontare con mitezza e fortezza, senza mai ritenere gli altri responsabili di quanto accadeva, ma piuttosto i suoi più grandi benefattori.


1 Cfr. M. Speranza, Lettere personali, El pan 19, 1322.

2 Cfr. Cammino verso la santità, pag. 116.

3 Cfr. M. Speranza, Perché imparino ad essere padri…, El pan 12, 67.

4 M. Speranza, Perché imparino ad essere padri…, El pan 12, 117.

5 Cfr. Ibidem, El pan 12, 104.107

6 Ibidem, El pan 12, 113.

7 Ibidem, El pan 12, 156.

8 M. Speranza, Perché imparino ad essere padri…, El pan 12, 69.

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ultimo aggiornamento 23 marzo, 2015