ricordando ...  

Il 25 febbraio abbiamo ricordato i 100 anni della nascita di

P. Alfredo di Penta,

primo Figlio dell’Amore Misericordioso, nato nel 1915 e morto il 2 giugno 1999, all’età di 84 anni

 

È bello che tale anniversario abbia luogo nell’anno della Beatificazione di nostra Madre e nell’Anno della Vita Consacrata. C’è una unione misteriosa, nei disegni di Dio, tra la nostra Beata Madre e la figura di Padre Alfredo, chiamato ad essere il primo Figlio dell’Amore misericordioso. La prima ad esserne profondamente sorpresa, addirittura turbata, fu proprio la nostra Madre, perché il Signore è imprevedibile nella manifestazione dei suoi disegni, è il Dio delle sorprese e della novità. "Chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore, o come suo consigliere gli ha dato suggerimenti?" La Madre diceva che, contrariamente alle sue aspettative, il Signore aveva chiamato Alfredo ad essere il primo FAM perché era "umile come la terra". Una terra buona da cui è germogliata una vita disarmante nella sua semplicità, mite, generosa, discreta e gioiosa senza protagonismi, eloquente nel silenzio dei fatti. Eppure straordinaria, perché il Signore, ancora una volta "in questa piccolezza del suo servo ha compiuto cose grandi". Benedetta sia la sua sapiente misericordia. Ti benediciamo anche noi, Signore del cielo e della terra, perché "queste cose le hai rivelate ai piccoli".

 

Lo stesso Padre Alfredo, in una lettera consegnata all’Archivio, il 25/3/1997 racconta un episodio molto significativo, nella sua vita:

Collevalenza, 25/03/97

Oggi consegno al Padre Mario Gialletti un Crocefisso perché lo possa conservare in archivio: l’ho avuto direttamente dalla Madre. Così ricordo.

Eravamo nell’anno 1950. Da poco avevo conosciuto la Madre e frequentavo la Sua Casa in Via Casilina; come Ufficiale di Aviazione avevo anche il porto d’arma e avevo con me una rivoltella, una 6/35. La Madre mi invitò a disfarmene e io non comprendevo il motivo: in fondo mi faceva compagnia e mi dava sicurezza.

La Madre mi offrì questo Crocefisso, assicurandomi che Questo mi avrebbe fatto più compagnia e mi avrebbe dato più sicurezza. Aggiunse anche che ne avrei avuto uno ancora più grande, se il buon Gesù le avesse concesso la grazia che Gli stava chiedendo.

Accettai la proposta della Madre e mi liberai della rivoltella buttandola nel Tevere dal ponte prima di Fratta Todina, a Montemolino.

Poi la Madre mi disse la storia di questo Crocefisso.

È quello della Sua prima Professione come Ancella dell’Amore Misericordioso (Madrid, 1930); successivamente Lo aveva lasciato per alcuni anni alla Sig.na Maria Pilar de Arratia e con Questo in mano essa emise i santi voti in articulo mortis come Ancella dell’Amore Misericordioso; nella tomba Le fu messo un altro Crocefisso. Da quel momento la Madre Lo passava a me.

L’ho avuto tanto caro con me per tutta la vita e in Lui ho esperimentato tanta compagnia e sicurezza.

Ora preferisco consegnarlo all’Archivio perché non vada perduto o smarrito.

P. Alfredo Di Penta fam

 

Nel febbraio 1999, appena quattro mesi prima della sua morte, abbiamo raccolto dalla sua viva voce il racconto di momenti da lui vissuti con la Madre.

Eccone alcuni:

Tutti voi più o meno sapete come ho conosciuto la Madre, sia attraverso la storia della Congregazione, sia attraverso il racconto delle suore che nel 1950 – 1951 sono state nella Casa di Roma. Il mio incontro con la Madre è avvenuto per caso. La nostra Fondatrice cercava una ditta per completare a tempo record la Casa di Roma che doveva essere pronta per il Natale del 1949 ed ospitare i pellegrini dell’Anno Santo 1950.

Rientrato a Roma, mio fratello Lino mi ha informato che aveva preso un lavoro di edilizia in via Casilina da fare in fretta per conto di una Congregazione di suore molto in gamba, tutte giovani. Volevo conoscere il nome di questa Congregazione, mi ha risposto che il nome è molto lungo. Una Congregazione fondata da pochi anni, e vivente la Fondatrice è presente a Roma. Preso il libretto di appunti mi disse: «Si chiamano Suore Ancelle dell’Amore Misericordioso. Suore che lavorano molto, mentre lavorano pregano e non perdono tempo, sono sempre serene e piene di rispetto nei miei confronti. Ho parlato di te alla Fondatrice, che nonostante gli acciacchi, è l’animatrice di tutti e di tutto. Dicono faccia molta penitenza, abbia doni particolari e parli con il Signore, non si dà importanza, è di una intelligenza non comune e mi tratta come uno di casa». Tutte queste notizie mi hanno perplesso, per il tipo di lavoro. Trattare con gente santa mi sembrava difficile, perché non abituato.

A via Casilina ho conosciuto la Madre, che allora portava il bastone e gli occhiali. Sono stato accolto con molta cortesia. Conobbi la Madre Ascensione, Superiora della Casa di Roma, mi colpì la sua modestia e bontà. Conobbi altre suore, mi hanno aiutato con il loro esempio.

Siccome lavoravano molto proposi alla Madre, allo scopo di farle riposare e darle un poco di svago, di accompagnarle a turno al lago di Albano, fare un giretto in barca, consumare una merendina, visitare l’aeroporto di Ciampino e rientrare in casa per le preghiere. Ne parlai alla Madre che approvò sorridendo. Durante le passeggiate era sempre presente la Madre sia in macchina sia in barca.

Si è creata una certa simpatia della Madre e delle suore verso la mia povera persona, il Signore si è servito della Madre e delle suore per farmi scoprire la vocazione e la bellezza della vita religiosa. Non ringrazierò mai abbastanza il Signore e la SS. Vergine di avermi dato questo dono.

Un pomeriggio, era venerdì di quaresima del 1950, scusate non mi ricordo il giorno, ci recavamo a Monte Compatri per ordinare il vino dei Castelli Romani da dare ai pellegrini. Al ritorno si è pregato, poi mentre si parlava la Madre non rispondeva e parlava con altri, vi confesso che non ho capito nulla. Mi accorsi che sul collo dei piedi della Madre vi erano due macchie, credevo che fosse olio caduto, non so da dove, con il fazzoletto asciugai quelle macchie e mi accorsi che era sangue. A Roma mostrai il fazzoletto e mi spiegarono tutto con mia grande meraviglia.

La Madre parlava di fondare una Congregazione, ramo maschile delle AAM, sacerdoti, religiosi, fratelli di studio e fratelli artigiani. Ascoltavo attentamente e le dissi di trovare dei santi sacerdoti per aiutarla nei primi anni della fondazione. Leggevo molti giornali e riviste. La Madre mi diede dei libri di meditazione per darle il mio parere sul contenuto, così mi sono abituato a fare la meditazione. Ho conosciuto molte suore che con il loro esempio mi hanno fatto apprezzare la vita religiosa. Mi parlavano del Signore, e a queste suore della vecchia guardia debbo riconoscenza e gratitudine.

Giugno 1950, la Madre è molto ammalata, il medico consiglia di trasportarla con l’Autoambulanza in un luogo più fresco, per sottrarla al caldo afoso di Roma. Mi dicono di restare a dormire in via Casilina, le suore più anziane ricordavano che c’era una camera con l’ingresso nel palazzetto. Io accettai l’invito, ero molto preoccupato per le condizioni di salute della Madre, alla quale mi ero molto affezionato. La mattina alle ore quattro, mi chiamano, dicendomi che la Madre desidera parlarmi per farsi accompagnare alla Casa di Matrice.

Facemmo un viaggio ottimo. Allora non c’era l’Autostrada del Sole né la superstrada. A Matrice invece di riposarsi, si mise a passeggiare per vedere la tenuta.

La sera dello stesso giorno venne a trovarci il professore Tommaso Correra, allora Primario dell’ospedale civile di Campobasso, uomo di grande fede, mio carissimo amico; dopo aver visitato e parlato con la Madre, mi disse: «Questa è una santa, clinicamente è morta. Riaccompagnala a Roma, perché se dovesse morire qui, le suore potrebbero darti dei dispiaceri». Non sapevo come dirlo alla Madre. La notte porta consiglio; la mattina seguente, mentre ci recavamo a Campobasso per la S. Messa, mi disse: «Figlio, non ti preoccupare per quello che ti ha detto il medico: «Io adesso non posso morire, perché il Signore mi ha detto di fare tante cose, se mi chiama non le potrei fare». Migliorò rapidamente.

Il 25 di giugno 1951, la Madre voleva andare nel Veneto, allora non c’erano le case di Vazzola e Francenigo, il diavolo le aveva promesso un viaggio disastroso, che non saremmo arrivati a destinazione. Al comunicarmi queste notizie, restai perplesso, mi disse che il Signore ci avrebbe aiutati, "questa volta lascio a casa la segretaria, perché si spaventa e portiamo una giovane che ti può aiutare". Partiamo per Padova e Conegliano Veneto. Allora non c’era l’Autostrada del Sole, la Serenissima e la Romea era in costruzione. Fino a Firenze la macchina si comporta bene, è abbastanza nuova e in ordine. Al Passo della Futa, tra Firenze e Bologna, scoppia la prima gomma e siccome la strada era in pendenza, mentre cambiavo la gomma, la suora reggeva la macchina per timore che cadesse il martinetto. La seconda scoppia al Passo di Radicosa e la stessa funzione. Arriviamo nella Pianura Padana e la macchina si ferma, la Madre scende anche lei, mentre io con la suora controllo le candele e la calotta, tutto é a posto. La macchina riparte, sale la Madre e non vuole ripartire. A circa trecento metri c’era un elettrauto, controlla la macchina e la trova in ordine.

La Madre recitava il Trisagio alla SS. Trinità perché venisse in nostro aiuto, così abbiamo potuto continuare il nostro viaggio in pace. A Conegliano Veneto, la Fondatrice fa le sue commissioni.

Finito l’anno Santo mi invita a restare con lei per aiutarla, si viaggiava molto di giorno e qualche volta di notte. Era di una resistenza fisica straordinaria. Io ero il suo autista ufficiale perché le suore nel 1950 non avevano né auto né patente.

Il 24 febbraio 1951, alle ore 16, la Madre stava male ed alloggiava nel piano terra di via Casilina, mentre recitava il Santo Rosario con Suor Visitazione e Suor Natalina, ad un certo punto non rispondeva più al Rosario, una suora va a chiamare la segretaria che registra il colloquio della Madre. Il Signore le disse che il giovane Alfredo Di Penta doveva essere il primo Figlio dell’Amore Misericordioso. La Madre mi fece chiamare dalla sua segretaria la quale mi disse che la Fondatrice desiderava parlarmi di una cosa molto importante e delicata. Mi recai dalla Madre dopo un esame di coscienza, pensavo tra me: «Che cosa dovrà dirmi?». Mi accolse con molta delicatezza e mi disse con tanta sofferenza che il Signore aveva detto che era arrivato il momento di fondare la Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso e, che il primo dovevo essere io. Vi lascio immaginare come mi sono trovato in quel momento. Le dissi subito:«Lei non ha capito bene il nome, io sono la persona meno adatta per una cosa così grande». Vi confesso che rimasi scioccato, io sacerdote, non mi ci vedevo, mi cascava addosso il mondo. Una cosa troppo alta per me. La Madre mi disse: «La vocazione è un dono di Dio noi possiamo accettarlo o rifiutarlo». Dissi: «Da dove comincio? Se il Signore mi aiuta e lei mi sostiene mi rimetto alla volontà di Dio. Non potrò aiutarla, anzi avrò bisogno di aiuto e di tanta pazienza». Mi assicurò la sua preghiera, la sua pazienza e l’aiuto del Signore e vi confesso di aver sentito questo aiuto anche da parte di tante buone consorelle che hanno cambiato la mia vita.

La notte non presi sonno per l’emozione. Le suore mi vedevano pensieroso e preoccupato. Mi era caduta una tegola in testa. Appena la notizia venne a conoscenza delle suore, cantarono il Te Deum di ringraziamento, io ero molto emozionato. Mi davano gli auguri ed io pensavo tra me, «Povera Madre, è caduta male».

Rientrando dal Nord Italia a Roma siamo passati da Todi; nel 1951 una Comunità delle nostre suore prestava servizio in seminario. Era Vescovo di Todi S. E. Mons. Alfonso Maria De Sanctis, di venerata memoria. La Madre mi ha presentato al prelato, esponendogli il suo progetto. Sono stato accolto con molta gentilezza, mi ha incoraggiato e invitato in Episcopio per qualche giorno per conoscermi meglio.

Il 14 agosto 1951, nella casa di via Casilina i primi tre religiosi ricevono il sacro abito. La mattina del 15 agosto, festa dell’Assunzione della SS. Vergine, hanno emesso i primi S. Voti nelle mani del Vescovo di Todi, Mons. De Sanctis, tra la gioia della Madre e delle Suore.

Il 18 agosto 1951, ci trasferiamo a Collevalenza, il Vescovo ci presenta alla popolazione ed è accompagnato da un giovane sacerdote, il canonico Gino Capponi, la Madre gli parla e qualche giorno dopo entra nella Congregazione e resterà sempre accanto alla Madre.

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ultimo aggiornamento 23 marzo, 2015