... ascoltando la parola del papa   e   rileggendo gli scritti della Madre ....

Papa Francesco
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE - Giovedì, 12 marzo 2015
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.059, Ven. 13/03/2015)

Cuori pietrificati

 

Nessun compromesso: o ci lasciamo amare «dalla misericordia di Dio» o scegliamo la via «dell’ipocrisia» e facciamo quello che vogliamo lasciando che il nostro cuore «si indurisca» sempre più. È la storia del rapporto tra Dio e l’uomo, dai tempi di Abele ai giorni nostri, al centro della riflessione proposta da Papa Francesco durante la messa a Santa Marta.

Il Padre ricevette con gioia il figlio prodigo; quando ancora era lontano, lo vide e commosso (mosso a misericordia) gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Dio, figlie mie, si muove per primo incontro al peccatore pentito, lo raggiunge mentre ancora gli viene incontro, lo abbraccia con amore e, senza rinfacciargli le sue mancanze, lo copre di grazie e di doni.

Il Padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello", che è, figlie mie, la grazia santificante. "Mettetegli l’anello al dito", cioè il sigillo di figlio di Dio "e i calzari ai piedi", per cui quei piedi, che ora hanno abbandonato il cammino della concupiscenza, vengono ricoperti del cuoio robusto, che li preserverà dalle macchie del fango del peccato. "Portate il vitello grasso e mangiamo"; ciò sta a significare il Corpo e il Sangue di Gesù nell’Eucaristia, banchetto e alimento per il figlio che si era perduto.

Il figlio maggiore si trovava nei campi a lavorare per suo padre, - cioè per la gloria di Dio nel servizio della carità - e, tornando stanco e sfinito, udì la musica e chiese cosa fosse. Informato del fatto, si adirò e non voleva entrare, ma il Padre uscì a pregarlo ed allora entrò. Questo sta a significare, non l’invidia dei giusti suscitata dal fatto che Dio riceve con gioia il peccatore, ma la grandezza dell’amore di Dio, che è tale da poter causare l’invidia del giusto quando vede che il Padre colma di carezze e si disfa per il peccatore che ritorna a Lui, mentre tratta con forza, per santificarlo, il giusto che sta sempre al suo fianco. Il Padre dice al figlio maggiore: "Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio, è tuo". Il Padre gli dice così perché patrimonio dei giusti è stare sempre con Dio e partecipare con Lui dei beni celesti.

(M. Speranza 8, 831-833 nel 1943)

Il Pontefice è partito dalla preghiera del salmo responsoriale — «Non indurite il vostro cuore» — e si è chiesto: «Perché accade questo?». Per comprenderlo ha fatto riferimento anzitutto alla prima lettura tratta dal libro del profeta Geremia (7, 23-28) dove è, per così dire, sintetizzata la «storia di Dio». Ma come, ci si potrebbe chiedere, «Dio ha una storia?». Come è possibile visto che «Dio è eterno»? È vero, ha spiegato Francesco, «ma dal momento che Dio è entrato in dialogo con il suo popolo, è entrato nella storia».

E quella di Dio con il suo popolo «è una storia triste» perché «Dio ha dato tutto» e in cambio «soltanto ha ricevuto cose brutte». Il Signore aveva detto: «Ascoltate la mia voce: io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo. Camminate sempre sulla strada che vi prescriverò e così sarete felici». Quella era la «strada» per la felicità. «Ma essi non ascoltarono, né prestarono orecchio» e anzi: «procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio»: non volevano, cioè, «ascoltare la Parola di Dio».

Questa scelta, ha spiegato il Papa, ha caratterizzato tutta la storia del popolo di Dio: «pensiamo all’assassinio, alla morte di Abele, ucciso da suo fratello, cuore malvagio di invidia». Nonostante però il popolo abbia continuamente «voltato le spalle» al Signore, egli afferma: «Io non mi sono stancato». E invia «con assidua premura» i profeti. Ancora, però, gli uomini non hanno ascoltato. Anzi, si legge nella Scrittura, «hanno reso dura la loro cervice divenendo peggiori dei loro padri». E così «la situazione del popolo di Dio è peggiorata, nelle generazioni»...

Il cuore malvagio — ha spiegato il Pontefice ricordando che «tutti ne abbiamo un pezzettino» — «non ci lascia capire l’amore di Dio. Noi vogliamo essere liberi», ma «con una libertà che alla fine ci fa schiavi, e non con quella libertà dell’amore che ci offre il Signore».

Questo, ha sottolineato il Papa, succede anche alle «istituzioni»: ad esempio «Gesù guarisce una persona, ma il cuore di questi dottori della legge, di questi sacerdoti, di questo sistema legale era tanto duro, sempre cercavano scuse». E così gli dicono: «Ma tu cacci i demoni in nome del demonio. Tu sei uno stregone demoniaco». Sono cioè dei legalisti «che credono che la vita della fede sia regolata soltanto dalle leggi che fanno loro». Per loro «Gesù usa quella parola: ipocriti, sepolcri imbiancati, tanto belli al di fuori ma dentro pieni di putredine e di ipocrisia».

Purtroppo, ha detto Francesco, lo stesso «è accaduto nella storia della Chiesa». Pensiamo «alla povera Giovanna d’Arco: oggi è santa! Poverina: questi dottori l’hanno bruciata viva, perché dicevano che era eretica». O ancora più vicino nel tempo, pensiamo «al beato Rosmini: tutti i suoi libri all’indice. Non si potevano leggere, era peccato leggerli. Oggi è beato». A tale riguardo il Pontefice ha sottolineato che come «nella storia di Dio con il suo popolo, il Signore mandava, per dirgli che amava il suo popolo, i profeti». E «nella Chiesa, il Signore manda i santi». Sono loro «che portano avanti la vita della Chiesa: sono i santi. Non sono i potenti, non sono gli ipocriti». Sono «l’uomo santo, la donna santa, il bambino, il ragazzo santo, il prete santo, la suora santa, il vescovo santo...»: quelli cioè «che non hanno il cuore indurito», ma «sempre aperto alla parola d’amore del Signore», quelli che «non hanno paura di lasciarsi accarezzare dalla misericordia di Dio. Per questo i santi sono uomini e donne che capiscono tante miserie, tante miserie umane, e accompagnano il popolo da vicino. Non disprezzano il popolo».

Con questo popolo che «ha perso la fedeltà» il Signore è chiaro: «Chi non è con me, è contro di me». Qualcuno potrebbe chiedere: «Ma non ci sarà una via di compromesso, un po’ di qua e un po’ di là?» No, ha detto il Pontefice, «o tu sei sulla via dell’amore, o tu sei sulla via dell’ipocrisia. O tu ti lasci amare dalla misericordia di Dio, o tu fai quello che tu vuoi, secondo il tuo cuore che si indurisce di più, ogni volta, su questa strada». Non c’è, ha ribadito, «una terza via di compromesso: o sei santo, o vai per l’altra via». E chi «non raccoglie» con il Signore, non solo «lascia le cose», ma «peggio: disperde, rovina. È un corruttore. È un corrotto, che corrompe».

Per questa infedeltà «Gesù pianse su Gerusalemme» e «su ognuno di noi». Nel capitolo 23 di Matteo, ha ricordato in conclusione il Papa, si legge una maledizione «terribile» contro i «dirigenti che hanno il cuore indurito e vogliono indurire il cuore del popolo». Dice Gesù: «Verrà su di loro il sangue di tutti gli innocenti, incominciando da quello di Abele. Saranno i colpevoli di tanto sangue innocente, versato dalla loro malvagità, dalla loro ipocrisia, dal loro cuore corrotto, indurito, pietrificato».

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ultimo aggiornamento 16 aprile, 2015