Pastorale Familiare

Marina Berardi

Le strade dell’educare:

VIA dell'UMILTÀ

 

 

Inizio con un simpatico aneddoto. Diversi anni fa stavo passeggiando con altre persone per le strade di Roma, quando ci imbattemmo casualmente in Via dell’Umiltà. Ad una persona del gruppo venne in mente di farsi scattare una foto con la targa sullo sfondo, mentre alcuni cassonetti dell’immondizia completavano il quadro. Da quel momento, come lei stessa disse scherzosamente, è diventata per tutti "la più umile". Certo che se bastasse un click tutto sarebbe risolto!

A chi tenta di imboccare questa via, già dai primi passi, il percorso appare invece accidentato, impegnativo, angusto, stretto, nascosto e forse, anche per questo, affascinante. L’andare sembra richiamare il paziente e coraggioso viaggio dello speleologo nelle viscere della terra, perché la meta è la profondità del cuore, l’intimo di noi stessi, dove solo possiamo riconoscere ciò che siamo e ciò che il Signore ci chiama ad essere, dove incontriamo la nostra fragilità creaturale e il nostro essere a immagine di Dio.

M. Speranza ci ricorda che "l’umiltà è come il fondamento" per quanti vogliono camminare nella santità e che questa "attira non solo gli sguardi di Dio, ma anche degli uomini"1, tanto più in una società come la nostra nella quale gli umili sembrano essere una categoria invia di estinzione, perché considerata debole, perdente, e dove le nuove generazioni vengono spinte verso un esaltato individualismo e competizione che le porti ad essere vincenti.

Non ci mancano però modelli alternativi: c’è chi ha vinto donando umilmente se stesso. Per educarci ed educare all’umiltà possiamo seguire, infatti, le orme del Maestro che ha detto: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore"; possiamo anche ricalcare quelle di santi educatori che a partire dalla propria piccolezza, con l’aiuto di Dio, hanno operato scelte coraggiose. Noi, come sempre, ci lasceremo guidare dall’esempio, dall’esperienza e dalle parole della beata Speranza di Gesù, la quale non si è stancata di educare a questa virtù proprio quei figli e quelle figlie che avevano un ruolo di responsabilità nei confronti di altri.

Indicare una strada vuol dire conoscerla, magari proprio per il fatto di averla già percorsa. L’umiltà della Madre sgorga e si irradia a partire da una relazione fondante, della quale si è fidata e alla quale si è abbandonata, certa di essere amata e di non essere sola, perché il suo Buon Gesù avrebbe sempre e comunque avuto cura di lei. In questo modo, lo "strumento più inutile" che il Signore ha trovato è divenuto il luogo scelto da Lui per rivelarsi come "Padre buono e tenera Madre". Una piccola creatura per un grande progetto e un attualissimo messaggio.

Sarebbe bello e cambierebbe il mondo se ogni genitore ed educatore si sentisse "scelto" per la stessa affascinante missione, se provasse lo stupore e la gioia di saziare l’altro con dei frutti che lui stesso riceve in dono, i frutti dell’umiltà: seminare la pace attorno a sé, calmare gli spiriti agitati, addolcire i cuori amareggiati e far regnare la carità e la concordia, virtù senza le quali non esiste felicità né in una famiglia né in comunità2.

Lei, una fondatrice, ha scelto la via della piccolezza, convinta che il mezzo migliore per dirigere i figli e condurli a Dio è quello di usare con loro grande umiltà e apertura, cioè presentarsi piccola e umile davanti a loro, senza mai pretendere di difendere la propria autorità con la forza3.

Anche San Paolo si è "fatto piccolo con i piccoli e si sentiva tra i fedeli non come un saggio ma come una madre che serve ai propri figli e non rifiuta di fare loro anche i servizi più faticosi e più bassi. Io vi dico: - esorta la Madre - ‘Siate umili, figli miei, prudenti, caritatevoli e vi guadagnerete il rispetto, la fiducia, la obbedienza e l’amore dei figli’.

Non dimenticate che con l’umiltà succede la stessa cosa che con i profumi più raffinati: quanto più si tenta nasconderli tanto più si fanno notare per la fragranza che emanano.

[Il genitore o l’educatore] umile non comanda con la parola ma molto con il buon esempio: è sempre il primo quando c’è da fare qualche cosa di sgradevole; comanda solo quando non c’è altro rimedio e lo fa con mitezza e affabilità, così come anche vorrebbe che comandassero a lui"4.

Un buon padre e una buona madre è "amato da Dio e da tutti i suoi figli" quando li tratta con rispetto, con mitezza e parla loro con bontà, quando si preoccupa di accontentarli e di render facile l’obbedienza e il peso della vita, quando ne sopporta con carità e pazienza i difetti e provvede alle loro necessità5.

A volte, però, questa rinuncia di sé per la felicità dell’altro potrebbe apparire pesante o magari infruttuosa; ecco allora una regola d’oro che allevia il carico e la fatica del cammino: "Ti diventerà molto facile se sei umile, caritatevole e prudente, ricordandoti che la prudenza insegna il modo di governare"6 e di educare bene, cioè, con buon risultato.

La prudenza ci invita anche a far tesoro dell’esperienza, a riconoscere che nell’arte di educare gli ostacoli più ingombranti e i più difficili da smantellare sono dentro di noi: "Non ci dimentichiamo che abbiamo bisogno di umiltà per rimuovere da noi l’orgoglio; bisogna essere umili per poter correggere la vanità, la testardaggine, la sensualità e la pigrizia.

Teniamo molto presente che la superbia impedisce di giudicare con equità, di comandare con prudenza, di rispondere con bontà e di correggere con indulgenza e mansuetudine.

[L’educatore] orgoglioso è sempre incline a rimproverare e imporre castighi. Quello superbo e vanitoso è come l’alito di chi ha problemi allo stomaco; nessuno si può avvicinare"7.

Cosa dire poi di chi pensa di potercela fare da solo, di non avere bisogno degli altri o di non avere ormai più nulla da imparare? É il momento – avverte la Madre - che "la presunzione annebbia l’intelligenza. Gesù permette questo perché siamo umili e ricorriamo a quelli che vedono ciò che noi non vediamo e ascoltiamo i loro consigli"8. Infatti, i genitori ed educatori "orgogliosi, con scarso criterio, carenti di amore a Dio e contenti di se stessi, non si consigliano" con nessuno. "Poveracci! Ignorano quanto dice lo Spirito Santo: ‘non appoggiarti alla tua prudenza perché è più debole di una canna’"9.

Penso alla gratitudine di quel figlio quando la Madre tentò di renderlo forte e umile, quando da una parte gli rivelò gli errori che stava commettendo e dall’altra la dignità sua e di quanti gli erano affidati: "Ti lasci trascinare molte volte dal malumore e allora rimproveri, minacci e castighi senza ragione e ordini senza rifletterci cose impossibili a fare; gridi, perdi la pazienza senza alcun fondamento; e di tutto questo dai la colpa [agli altri].

Correggiti, figlio mio, di questi difetti; porta rispetto a te stesso in tutto e facilmente conseguirai anche il rispetto e la obbedienza di tutti tuoi figli10.

Se riuscissimo ad aprirci a questa sapienza che viene dall’alto, felici di accoglierla per lasciarci cambiare, vedremmo compiersi meraviglie e la luce del nostro Dio diverrebbe "il premio per l’umiltà", che rimane sempre e comunque un dono da chiedere: "Aiutami, Gesù mio, ad acquistare l’umiltà sincera, fondata – come Tu mi dici – nella tua grandezza e santità e nella mia povertà e miseria; e che questa disposizione spogli l’anima mia dall’egoismo, dalla superbia e dalla presunzione, perché solo nel vuoto di me stessa è dove si può realizzare l’unione con Te"11.

Qui è la gioia piena: "Lui deve crescere; io, invece, diminuire" (Gv 3,30).


1 M. SPERANZA, Scritti e conferenze del 1943, El Pan, 8, 1090.

2 Cf. M. SPERANZA, Perché imparino ad essere padri…, El pan 12, 376.

3 Cf. Ibidem, El pan 12, 49.

4 Ibidem, El pan 12, 50-52.

5 Cf. Ibidem, El pan 12, 50-52.

6 Ibidem, El pan 12, 131.

7 Ibidem, El pan 12, 86.

8 M. SPERANZA, Consigli ai Superiori, El pan 10, 67.

9 Ibidem, El pan 10, 70.

10 M. SPERANZA, Perché imparino ad essere padri…, El pan 12, 95-96.

11 M. SPERANZA, Diario, 29 maggio 1942, El Pan, 18,780.

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ultimo aggiornamento 16 aprile, 2015