Pastorale Familiare

Marina Berardi

Le strade dell’educare:

Via del SERVIRE

Questa strada, a somiglianza delle altre, appare stretta e spesso disattesa, tanto che i più sembrano preferire quella della pretesa e della competizione, del dominio sull’altro e del potere, anche in quelle relazioni familiari che per loro natura dovrebbero aprirsi e spronare all’acco­glienza, al dono di sé, alla gara nella stima vicendevole, al servizio.

Eppure quella del servizio è tra le strade più care a Gesù! Basti pensare che l’ha indicata come l’autentico cammino verso la pienezza del­l’amo­re, percorrendola Lui stesso fino all’ultimo istante della sua vita. In quel cingersi i fianchi con l’asciu­gatoio e lavare i piedi ai suoi discepoli, ha consegnato il suo prezioso testamento. Poi, sedutosi nuovamente a tavola, ha condotto gli apostoli ad una comprensione più profonda, invitandoli ad aprire la mente e il cuore: "Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica" (Gv 13,12b-17).

Anche M. Speranza, nel Giovedì Santo del 1943, ha voluto ripetere lo stesso gesto con le sue figlie, un segno che, tra le altre cose, svelava il movente della sua vita e di ogni sua scelta: servire, lasciando che il Signore si servisse di lei, come una scopa. Era consapevole di essere "serva inutile", tanto che, colma di sofferenza, ripeteva: "Gesù mio, vedi che non servo ad altro che a rovinare l’opera del mio Dio. Aiutami!"1. L’Amore Misericordioso, che non si è lasciato attendere né vincere in generosità, nel chiederle "grandi cose" l’ha aiutata con speciali doni di grazia ai quali lei ha corrisposto con tutta se stessa ed oltre ogni umana misura, in un rapporto di intima sponsalità.

Ho condiviso anche con tanti ragazzi e ragazze la gioia di scoprirsi parte di un magnifico e inaspettato progetto, quello di un Dio che, affidando l’uno all’altra, abilita la coppia a servire l’Amore. In molti, coscienti di un legame umano fragile e imperfetto, hanno chiesto alla Madre Chiesa di consacrare la loro unione con la grazia e la forza del sacramento del matrimonio. Quell’Amore che lo Spirito Santo ha riversato nei loro cuori li ha resi capaci di rinunciare ad essere serviti o a servirsi dell’altro, per arrivare ad amarsi "da Dio" e servirsi reciprocamente "in Dio", in ogni circostanza della vita: nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, tutti i giorni, soprattutto in quelli più feriali, persino in quelli più bui.

È nella concretezza della vita, quella possibile, quella che ci si impone giorno dopo giorno, che il servire si trasforma in anelito e bisogno dell’ani­ma, in intima gioia e rinnovato progetto di vita, in una nuova chiamata a seguire l’Amore. La firma è in bianco perché non è tanto importante conoscere la strada che si sarà chiamati a percorrere, quanto attraversare insieme con fiducia e coraggio i tratti più impervi ed oscuri, consapevoli che preparano e squarciano orizzonti inaspettati. In una casa così al centro non può che esserci Gesù, la sua Parola, quella che Papa Francesco ci invita a vivere, a portare in tasca e soprattutto nel cuore. È la Parola la roccia su cui ancorare l’Amore con la "A" maiuscola, è questa a svelare la volontà di Dio, fondamento e bussola di ogni esistenza che vuol dirsi cristiana. Così, anche quando dovessero straripare i fiumi e soffiare i venti la casa non solo non cadrebbe, ma ne uscirebbe ancora più salda perché ancorata sull’unica roccia che è Cristo.

Porto nel cuore la gioia di aver potuto partecipare a un matrimonio "speciale", organizzato tra il Cielo e la terra e concimato dal dolore, dove protagonista è stata una Parola che è tornata ad incarnarsi nel cuore di un uomo e di una donna perché… "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37).

Negli anni passati, ho avuto modo di condividere storie di coppie che hanno servito l’Amore fino all’ultimo "Sì", credendoci fino in fondo e con tutta l’anima; tra queste, quella di Roberto e Roberta2 e di Alessandro e Francesca3. Due storie distanti geograficamente ma tanto simili, non solo perché entrambi senza figli o per quella stessa malattia che ha portato a un comune inesorabile epilogo, ma soprattutto per il totale e gioioso dono di sé di Roberta e Francesca, per la dedizione di Roberto e Alessandro che, guardando oltre un corpo sfigurato dal dolore, hanno riconosciuto e servito con passione un cuore trasfigurato dall’amore.

Due storie che hanno finito per intrecciarsi a Collevalenza ma, a giudicare dai frutti, anche in Cielo, pronto a riversare sulla terra l’abbondanza della beatitudine e dell’amore!

Nessuno avrebbe mai immaginato quanto sarebbe accaduto e, soprattutto, cosa ne avrebbe ricavato Dio da un semplice "incontro", da una e-mail scritta per condividere il proprio dolore e accogliere e confortare quello di una persona sconosciuta. Roberto, infatti, a dieci mesi dalla perdita di Roberta, scrisse ad Alessandro, avendo saputo che si trovava a vivere la sua stessa inesprimibile sofferenza. Attraverso quel gesto Dio ha acceso una "luce di Speranza"4 destinata a trasformare le tenebre più fitte in una nuova alba. Come ha detto qualcuno: "Madre Speranza deve esserci entrata in qualche modo"!

Grazie ad Alessandro, infatti, Roberto ha incontrato Gabriella, cara amica di Francesca e compagna nel cammino della fede. Dopo un tempo di conoscenza e di discernimento, sabato 23 maggio, Roberto e Gabriella hanno scelto di consacrare il loro amore e di mettere al servizio di Dio la loro vita. Hanno voluto che protagonista fosse la Parola spezzata insieme a familiari, invitati, amici, e che loro stessi - è proprio i caso di dirlo! – hanno "servito a tavola".

Quando dalla mensa eucaristica siamo passati all’agape fraterna, al centro c’era sempre lei, la Parola. Ogni tavolo era stato contrassegnato con il nome di un libro della Bibbia - quello degli sposi non poteva che essere il Cantico dei Cantici! - mentre l’indicazione di dove fosse il posto di ciascuno era appuntata in un cuore affisso come un tralcio alla Vite. È risaputo quante e quali siano le peripezie degli sposi per combinare al meglio la sistemazione degli invitati nei tavoli, ovviamente nel desiderio che tutti si trovino a proprio agio! Il messaggio di Gabriella e Roberto è stato chiaro fin da subito con quella graziosa Parola-segnaposto da serbare nel cuore e da portare via come ricordo; con quel piccolo scrigno, custode di altri preziosi passi della scrittura; con quelle due fiammelle che, ardendo insieme, ricordavano che lampada per i nostri passi è la sua Parola, luce sul nostro cammino (cf. Sal 119,105).

Non ci rimane che ringraziare i tanti compagni di viaggio che credendo in questa Parola ci hanno lasciato un esempio ed augurare ad ogni coppia cristiana un fecondo cammino di santità sulle orme del Maestro che invita a non vivere per se stessi ma per Lui, per la Sua gloria, facendosi "servi" gli uni degli altri.


1 M. Speranza, Circolari, El Pan 20, 376.

2 Rivista Novembre 2014.

3 Rivista Maggio 2014.

4 Rivista Settembre 2014.

 

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ultimo aggiornamento 18 marzo, 2017