Incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill

«L’unità è superiore al conflitto»

Card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia

 

Difficile al punto da sembrare per decenni un sogno, l’incontro tra il Patriarca di Mosca e il Papa di Roma è stato semplice come una riunione tra fratelli. Per due ore, in una sala dell’aeroporto dell’Avana dove l’aereo giunto da Roma ha fatto scalo, Cirillo e Francesco hanno parlato. «Con tutta franchezza» e «con tutta libertà» ha specificato poi il Pontefice in volo verso il Messico, meta del suo dodicesimo viaggio internazionale: «conversazione di fratelli», entrambi vescovi, sulle loro Chiese e sul mondo dove sono chiamate a vivere. Appena qualche giorno prima, l’11 febbraio 2016, così scriveva su L’osservatore Romano il Card. Bassetti.

In un mondo lacerato L’unità della Chiesa

Mai come oggi il tema dell’unità della Chiesa occupa un’importanza nuova. Eppure, ci si potrebbe chiedere, come è possibile operare per costruire questa unità quando abbiamo di fronte un mondo culturalmente diviso e lacerato, caratterizzato da disuguaglianze sociali spaventose, da una questione antropologica che mette in dubbio i fondamenti dell’umano e da una guerra del terrore che minaccia l’intera umanità?

Esistono, a mio avviso, almeno tre vie che portano alla realizzazione di questo grande obiettivo. La prima strada è quella della solidarietà e trova un’espressione concreta nella vita quotidiana di ogni uomo e di ogni donna. «L’unità è superiore al conflitto» ha scritto Francesco nella Evangelii gaudium. Anche se molte persone guardano alle situazioni di conflitto con indifferenza e apatia, a volte perfino con fastidiosa indolenza, c’è un modo autenticamente evangelico di porsi di fronte alle contrapposizioni: quello di accettare di «sopportare il conflitto» e di cercare di risolverlo facendosi «operatori di pace». Tutto questo per un cristiano è possibile solamente se si riconosce, nel profondo del proprio cuore e non solo a parole, che Cristo è l’unica pietra su cui si è scelto di costruire la propria vita.

 

La seconda strada che porta all’unità è quella dell’annuncio del Vangelo e trova, durante l’anno santo, un’espressione simbolicamente molto importante: l’invio in tutto il mondo, da parte del papa, di circa mille «missionari della misericordia», provenienti da ogni continente, con il compito di predicare e di confessare. La centralità della dimensione dell’annuncio svolge una duplice funzione. In primo luogo, mostra al mondo cosa è oggi la Chiesa: una realtà globale — la cui opera investe ogni continente e non si limita alle nazioni di più antica evangelizzazione — che si configura, quindi, come autenticamente in uscita. Una Chiesa che, in definitiva, non si concepisce come un castello assediato in cui i cristiani sono le guardie di quella fortezza ma, all’opposto, si propone di essere una dimora accogliente che sa annunciare, curare e amare. E in secondo luogo, perché ribadisce qual è la più grande missione di ogni credente: ovvero annunciare con gioia l’amore di Cristo senza mai disgiungerlo dalla carità e dalla misericordia. Una missione che dunque non guarda mai al successo mondano o alla conquista del potere ma, al contrario, utilizzando le parole che adoperò alcuni anni fa il patriarca Bartolomeo, si prefigge di «liberare l’uomo dal potere delle tenebre».

Esiste infine una terza via che conduce all’unità. Ed è quella decisiva del dialogo che troverà, non casualmente, un momento storicamente importantissimo con il prossimo incontro a Cuba tra Francesco e Cirillo, patriarca di Mosca. Nel 2002, in occasione di una sua visita a Perugia per il conferimento da parte dell’università di una laurea honoris causa, il patriarca Cirillo rivolse un saluto all’arcivescovo Giuseppe Chiaretti in cui disse una frase, riportata dalle cronache dell’epoca, che oggi assume un significato particolare: «Occorre incontrarci e se non lo facciamo come possiamo contribuire all’unità dei "pezzi" di questa Chiesa?».

Quelle parole, rilette oggi, acquisiscono un contenuto profetico e ci restituiscono la cifra di una stagione della Chiesa che non nasce oggi ma trova le sue radici più profonde direttamente nel concilio Vaticano II. La cultura del dialogo, infatti, è centrale in ogni tentativo di costruire un luogo di unità e ha alle spalle decenni di esperienze e di incontri. Alla base però c’è un’unica grande certezza: che la roccia su cui tutto si fonda è sempre e solo Cristo.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 21 marzo, 2016