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Mons. Domenico Cancian fam - Vescovo di Città di Castello

Una chiave di lettura dell’AMORIS LAETITIA (AL)

 

 

Proprio le due parole iniziali - Amoris laetitia - ci aiutano a comprendere l’intera Esortazione apostolica postsinodale.

Esse richiamano esplicitamente l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. La gioia del Vangelo che "riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù" (EG n.1) è pure la gioia dell’amore che "si vive nelle famiglie e che è anche il giubilo della Chiesa" (AL n.1). La gioia dell’Amore (agape) è al centro del Vangelo e della vita cristiana.

"Il nostro insegnamento sul matrimonio e la famiglia non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita. Infatti, non si può neppure comprendere pienamente il mistero della famiglia cristiana se non alla luce dell’infinito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo, il quale si è donato sino alla fine ed è vivo in mezzo a noi. Perciò desidero contemplare Cristo vivente che è presente in tante storie d’amore, e invocare il fuoco dello Spirito su tutte le famiglie del mondo" (n. 59; cfr. anche n.5).

 

Il papa riprende le conclusioni dei due Sinodi sulla famiglia e ripresenta il matrimonio cristiano nella luce della piena fedeltà alla verità del Vangelo e dell’accoglienza misericordiosa delle persone che, specialmente dinanzi alle problematiche odierne, vivono condizionamenti e difficoltà non raramente molto pesanti. Egli coniuga correttamente la verità nell’amore, o meglio "caritas in veritate".

In questo senso la famiglia può trovare nella misericordia, sempre nella verità del Vangelo, la chiave per affrontare ed elaborare positivamente le sfide di oggi. Più concretamente: la misericordia spinge la Chiesa ad "accompagnare, discernere e integrare le fragilità". La "rivoluzione della tenerezza" è sempre al centro del magistero di papa Bergoglio, convinto com’è che "l’annuncio cristiano circa la famiglia è davvero una buona notizia" (n.1).

Nell’anno giubilare AL si pone come una concreta modalità per vivere la Misericordia, facendone "il cuore pulsante" della famiglia e della Chiesa.

Porto brevemente l’attenzione su tre capitoli della AL: il quarto, il sesto e l’ottavo.

 

 

Punto centrale dell’AL è la riflessione sull’amore nel matrimonio (capitolo quarto)

"In effetti - scrive papa Francesco - la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto «a perfezionare l’amore dei coniugi»" (n. 89). Con ciò viene giustamente affermato come primo fine del matrimonio l’amore coniugale che, naturalmente, dovrà essere aperto alla vita e alla procreazione (cfr. capitolo quinto: "L’amore che diventa fecondo").

Dato che la parola "amore" è una delle più utilizzate ed anche più abusate e ambigue, il papa va subito a precisarla commentando puntualmente le 15 caratteristiche del noto Inno alla carità di San Paolo (cfr. 1 Cor 13). In modo originale il papa applica questo testo paolino al "nostro amore quotidiano".

L’apostolo usa sempre la parola greca agape che significa l’Amore di Dio, rivelato da Cristo, e che lo Spirito Santo effonde nei nostri cuori (cfr. Rom 5,5). È quindi dono di Dio offerto a tutti per abilitare l’uomo ad amare con l’Amore di Gesù: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato" (cfr. Gv 13,34). Ma questo dono, l’agape di Dio, chiede a noi la massima attenzione per accoglierlo e per fargli spazio nella vita quotidiana: è il compito principale di ogni uomo. Altrimenti, anche il matrimonio rischia di saltare o di volare basso tra l’eros e la philia, un amore umano che resta incerto, insicuro, fragile.

Il papa commenta i 15 verbi che descrivono le azioni, in positivo e in negativo, dell’agape nel cammino di purificazione dall’egoismo e da tutto ciò che lo inquina e lo allontana dall’Amore di Dio.

"L’amore (agape) pazienta, è benevolo, non invidia, non si vanta, non si inorgoglisce, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, si rallegra della verità, tutto scusa, crede, spera, sopporta" (1 Cor 13,4-7).

Naturalmente senza idealizzare, ossia con i limiti, le contraddizioni e i peccati di ognuno. L’Agape, oltre che prevenire e fortificare, sana le ferite col perdono. "La pazienza di Dio è esercizio di misericordia verso il peccatore e manifesta l’autentico potere" (n. 91).

Tale cammino comporta dunque "una crescita continua nella carità coniugale" (cfr. nn. 120-141); non è un’utopia confezionata e regalata.

Comporta un "amore appassionato" (cfr. nn. 142-162) che include le emozioni, i sentimenti, la dimensione erotica (anch’essa dono di Dio), insieme alla volontà di superare con coraggio le insidie dell’egoismo, della violenza e della manipolazione. Un amore/agape che ha bisogno di continue trasformazioni positive (cfr. nn. 163 s.).

L’amore/agape diventa fecondo, come l’Amore di Dio (cfr. capitolo quinto). Aperto alla vita diventa amore paterno e materno, anche attraverso l’adozione. Nascono altre nuove relazioni: l’amore filiale e fraterno, l’amore parentale. In questo senso la famiglia diventa la prima scuola/palestra delle relazioni improntate a quell’Amore che qualifica la vita umana e cristiana ed è il fondamento delle relazioni sociali ed ecclesiali. È evidente che la qualità dell’amore coniugale influenza e condiziona la vita futura delle persone: ne dà l’imprinting. Di qui la responsabilità educativa, strettamente legata a quella generativa.

 

Il capitolo sesto si intitola: "Alcune prospettive pastorali"

Il papa offre alcune indicazioni che rispondono alle attuali sfide circa la famiglia. Sono tutte nella luce della gioia dell’amore e della misericordia.

  • È necessario più che mai "annunciare il Vangelo della famiglia oggi". L’evangelizzazione della famiglia è sicuramente tra le priorità pastorali e va fatta con molta attenzione tenendo in massimo conto sia la fedeltà al Vangelo che la fedeltà all’uomo d’oggi con tutte le sue difficoltà.

  • Occorre guidare con cura i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio e accompagnare le coppie soprattutto nei primi anni della vita matrioniale.

  • Dinanzi alle crisi e alle difficoltà la cosa più importante è ascoltare con attenzione e rispetto, cercando di aiutare a trovare la giusta soluzione, magari con l’aiuto di persone qualificate.

Il papa qui richiama il fatto che, proprio per venire incontro alle "situazioni irregolari", ha voluto la riforma del Processo matrimoniale canonico con le sue due Lettere motu proprio "Mitis iudex Dominus Iesus" e "Mitis et misericors Iesus" (08.09.2015).

"Ai divorziati che vivono una nuova unione, è importante far sentire che sono parte della Chiesa, che "non sono scomunicati" e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale. Queste situazioni «esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. […] D’altra parte, un gran numero di Padri «ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità». La lentezza dei processi crea disagio e stanca le persone. I miei due recenti Documenti su tale materia hanno portato ad una semplificazione delle procedure per una eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale. Attraverso di essi ho anche voluto «rendere evidente che lo stesso Vescovo nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati»" (nn. 243-244).

  • Il papa esamina con grande attenzione e benevolenza "alcune situazioni complesse", compresa la morte della persona cara (nn. 247-258). È possibile anche in questi casi discernere e accompagnare le persone che vivono queste difficoltà. Più in particolare la Chiesa nei confronti delle persone con tendenza omosessuale esprime anzitutto rispetto e accoglienza, evitando ogni ingiusta discriminazione, offrendo gli aiuti necessari per accettare la verità che "non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia" (n. 251). Ancora una volta il papa coniuga verità e misericordia.

 

Il capitolo ottavo porta il titolo: "Accompagnare, discernere e integrare la fragilità".

Qui vi è davvero novità: un approccio pastorale misericordioso secondo la logica di un’integrazione progressiva per le persone che non vivono il matrimonio secondo la morale evangelica. A tale scopo il papa, senza il bisogno di emanare "una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi", torna ad incoraggiare e proporre "un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari" (n. 300). Questo compito di "accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento" è affidato ai presbiteri che devono attuarlo "secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo" (n. 300).

 

 

Prevede il "dialogo pastorale con tali persone" (n. 293), avviene "in foro interno" (n. 300); ha lo scopo di aiutare i fedeli, attraverso un serio esame di coscienza e momenti di riflessione e pentimento, "alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio" e così concorrere "alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere" (n. 300). Possono esservi ammesse persone che si caratterizzano per umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento (cfr. ivi), non quelle che pretendono il riconoscimento sic et simpliciter del loro stato di peccato oggettivo come normale per un cristiano (queste persone non possono neppure svolgere servizi qualificati nella chiesa, cfr. n. 297).

La pastorale deve tener conto della gradualità del cammino cristiano con un discernimento che consideri le circostanze attenuanti. "La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta "irregolare" vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale» o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come si sono bene espressi i Padri sinodali, «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione»" (n. 301). Del resto anche il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: "L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali" (n. 1735).

Non raramente si constata il condizionamento dovuto all’immaturità affettiva, alla forza di certe abitudini e a fattori psicologici di vario genere. Naturalmente è da incoraggiare la formazione della coscienza retta e la fiducia nella grazia che opera in un cammino di conversione continua.

Il papa avverte: "È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano" (n. 304).

E ricorda che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere, ma che esse non possono abbracciare tutte le situazioni particolari. "Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni "irregolari", come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite». […] A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa. Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà». La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà" (n. 305).

In ogni circostanza la priorità deve essere data alla carità.

Molto interessante quello che il papa dice nel paragrafo intitolato "La logica della misericordia pastorale" (nn. 307-312). Dopo aver richiamato il dovere di proporre il sacramento del matrimonio nell’ideale evangelico e dopo aver denunciato tiepidezza e relativismo, il papa aggiunge che "bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno, lasciando spazio alla misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile. […] Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, «non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada" (n. 308).

Tutto questo senza dare messaggi sbagliati, o addirittura proporre una doppia morale (cfr. n. 300).

La Chiesa in ogni caso deve attuare un’azione pastorale incentrata nella misericordia che resta "l’architrave della casa paterna" aperta a tutti i figli di Dio (cfr. n. 310).

Il papa ricorda che "il modo peggiore di annacquare il Vangelo" è svuotare di senso concreto e di significato reale i valori più alti, particolarmente il primato della carità e dell’amore incondizionato di Dio, per cui è "inadeguata qualsiasi concezione teologica che in ultima analisi metta in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio, e in particolare la sua misericordia" (n. 311).

Il capitolo ottavo si conclude così: "Questo ci fornisce un quadro e un clima che ci impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati e ci colloca piuttosto nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare. Questa è la logica che deve prevalere nella Chiesa, per fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali" (n.312).

Il capitolo nono inquadra l’Esortazione in una "spiritualità coniugale e familiare" che si deve esplicitare nella cura, nella consolazione e nello stimolo verso un amore/agape che sia riflesso sempre più conforme all’Agape di Dio. Con una precisa indicazione: "Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa" (n. 325).

Mi piace concludere con la seguente citazione che collega AL al Giubileo: "È provvidenziale che queste riflessioni si sviluppino nel contesto di un Anno Giubilare dedicato alla misericordia, perché anche davanti alle più diverse situazioni che interessano la famiglia, «la Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno». Sa bene che Gesù stesso si presenta come Pastore di cento pecore, non di novantanove. Le vuole tutte. A partire da questa consapevolezza, si renderà possibile che «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi»" (n. 309).

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ultimo aggiornamento 10 maggio, 2016