esperienze

Paolo Risso

 

Solo vent’anni ... e il cilizio

Marcelo Javier Morsella

 

 

 

Sono rimasto sconvolto. Francesco, il più giovane dei miei amici, mi ha regalato l’immagine molto bella di un giovane in divisa militare, dicendomi: "È un ragazzo santo. Io lo tengo sulla mia scrivania e lo prego. Leggi ciò che è scritto dietro". Giro l’immagine – una vera foto a colori – e leggo il nome "Marcelo Javier Morsella" (1962-1986). Sotto il nome è scritto "Schiavo di Maria, libero in Cristo".

Penso alla "schiavitù a Maria", la vera devozione mariana illustrata e proposta dal Santo di Montfort, dunque un’anima ardente per Gesù. Francesco mi dice: "Leggi la preghiera che lui diceva spesso". Leggo ad alta voce: "Signore, voglio essere un’ostia. Bianca, senza macchia, per tua grazia e per Te; fragile, ma forte in Te". Bellissimo. "Era il suo programma di vita", aggiunge ancora Francesco – Essere ostia con Gesù-Ostia".

Il più giovane dei miei amici mi spiega che Marcello lasciò la divisa per indossare l’abito talare tra i primi seminaristi del nascente Istituto del Verbo Incarnato, in Argentina, fondato dal Padre Carlo Buela. Allora mi rivolgo direttamente all’indirizzo che c’è sull’immagine di Marcelito e in pochi giorni riesco ad avere la sua biografia scritta dal padre M. A. Fuentes, con il titolo bello "Soy capitán triunfante de mi Estrella (Ediciones del Verbo Encarnado, S. Rafael-Mendoza, Argentina 2011). Non so lo spagnolo, ma aiutandomi con un dizionarietto riesco a leggere il bellissimo libro e comprendo tutta la storia incandescente di Marcelo.

 

Milite di Gesù

Nasce in Argentina il 19 ottobre 1962 da famiglia benestante. È un bambino sveglio, limpido e generoso. Cresce nella Verità, nell’amicizia con Gesù. A scuola riesce molto bene. È pieno di vita e di gioia, di singolare purezza, piuttosto precoce. Chi lo vede ha l’impressione di incontrare un Angelo.

A 14 anni, intraprende a studiare al Liceo militare dove si distingue per il suo stile pieno di dignità, nobile in ogni cosa, per le due doti di sportivo e di atleta, e insieme per la sua fede luminosa e il suo amore a Gesù, intensissimo. Ha già sui compagni e persino sui superiori un fascino e un ascendente speciale. Viaggia in Inghilterra e negli Stati Uniti. Oltre alla sua lingua d’origine, lo spagnolo, apprende il latino, il greco, l’inglese.

Studente di Liceo, allievo ai gradi dell’esercito, compie ampie letture oltre le discipline di studio: da S. Agostino, G. K. Chesterton, F. Dostooewski… Si impegna a formarsi un retto pensare con una filosofia e una visione del mondo che coltivi la Verità; di fatto il suo Maestro è S. Tommaso d’Aquino. Rivela doti di poeta e di artista. Già intravvede la sua missione, un apostolato della parola e della penna, per essere luce, irradiare Gesù ai fratelli.

Tutti i giorni, la preghiera come colloquio con Gesù e con la Madonna SS.ma. La Messa e la Comunione, sempre più spesso, fino a diventare quotidiana. Molto frequente e regolare la Confessione, che è Sacramento di amore e di misericordia, ma pure di sacrificio che costa non poco a un ragazzo. Marcelo è "affamato" di Gesù-Pane di Vita, di adorazione a Lui nel Tabernacolo. Era molto facile vederlo in divisa militare, sgranare in ginocchio il Rosario alla Madonna, come atto di venerazione di intercessione alla sua Regina, la "condottiera" delle pacifiche e forti armate di Gesù. E raccomanda il Rosario ai suoi compagni, ai familiari, agli amici.

Recita stupendamente bene e lui stesso compone piccoli drammi teatrali. Pratica diversi sport e gli piace assai la barca a vela. Nonostante le sofferenze che non gli mancano, pure dalla sua famiglia, Marcelo appare un giovane radioso, sempre con il suo sguardo che punta lontano, verso una vetta che vuole raggiungere a ogni costo: la santità, la piena configurazione a Cristo.

Sì, anche nella sua bella divisa di ufficiale dell’esercito, è Gesù che lo innamora. Scrive nelle sue lettere, nelle sue note d’anima: "Sono il capitano trionfante della mia stella, il dominatore del mio destinoGiungere là dove Gesù mi attende". Nel 1982, a 20 anni, scopre che Gesù lo chiama a diventare suo sacerdote. Ormai ha prestato servizio militare oltre l’obbligo e pertanto lascia la divisa ed entra, sulle orme del P. Carlo Buela, nell’Istituto del Verbo Incarnato che sta formandosi, a S. Rafael, per diventare sacerdote e religioso.

Sarà non solo soldato della sua patria, l’Argentina cattolica, che egli ama, ma vero miles Jesu Christi, milite di Gesù Cristo per sempre.

Veste l’abito religioso e inizia a San Rafael, lo studio della Teologia e la sua formazione. Nella confusione generale del tempo, Marcelo si prepara al Sacerdozio nella Verità – nella buona Tradizione Cattolica – in un cammino intenso di perfezione che deve portarlo a diventare davvero un altro-Gesù. È un emulo di S. Luigi Gonzaga e di S. Gabriele dell’Addolorata, con un’intensità di unione con Gesù, di offerta di sé, di purezza e di sacrificio sempre crescente.

Il padre M. A. Fuentes, suo biografo, nel libro citato, traccia un profilo stupendo di Marcelo, che incanta, presentando ampie pagine dai suoi scritti. Caldo, ardente di amore al divino Redentore, convinto che solo Lui rende bella e grande e santa la vita, conduce un vasto apostolato epistolare verso i familiari, i fratelli e la mamma, compreso il papà (che gli ha dato qualche dispiacere, purtroppo, gli amici e le persone più diverse, ai quali testimonia la gioia di aver trovato la sua via e di camminare verso il Sacerdozio, e trasmette l’invito a costruire la vita su Gesù solo: "Nulla si può erigere senza Gesù; tutto si innalza bello, forte e luminoso, nella collaborazione con Lui".

Insieme ai confratelli seminaristi, nello studio si prepara all’apostolato di portare Gesù nella cultura, senza mai trascurare quello ordinario nelle parrocchie. Al sabato e alla domenica, lascia la pace del Seminario di S. Rafael per recarsi nelle parrocchie dove è destinato. Sa avvicinare i piccoli e i poveri che sono la sua passione, i suoi prediletti con i quali non si limita a essere "un animatore", come ora si dice, ma è vero apostolo di Gesù: "Il sacerdote – dice al seguito del P. Buela, sua guida – è colui che porta le anime a Dio e Dio alle anime".

 

Per Gesù, alla follìa

Dai suoi scritti e dalle testimonianze dei suoi amici, appare il ritratto bello e avvincente di Marcelo: la sua carità verso Dio e verso il prossimo, il suo spirito di penitenza (di cui diremo), la sua fede e la sua preghiera, la sua lealtà e la sua schiettezza (solo e sempre "il sì sì – no no" del Vangelo; mai la doppiezza o l’ambiguità che caratterizza questo nostro tempo complicato e falso), la sua angelica purezza e verginità che ottiene dal contatto cuore a cuore con Gesù Eucaristico, l’Agnello immacolato, e con Maria SS.ma l’Immacolata, il suo spirito di obbedienza, di povertà, di distacco da se stesso e dai beni terreni, perché Gesù è il suo unico Amore, il suo unico Signore, il suo unico tesoro, la sua letizia invincibile anche nel dolore, perché "tu quando hai Gesù, hai davvero tutto e nulla ti manca".

A Marcelo era sempre piaciuto lo sport della barca a vela. Nell’anno accademico 1985/86, insieme agli studi, era stato mandato a fare apostolato nel centro di El Nihuil, dove c’è pure un bellissimo lago. L’8 febbraio 1986 (30 anni fa giusti), l’ultimo sabato prima della Quaresima, Marcelo muore folgorato dalla corrente ad alta tensione in cui è incappato in una gita sul lago di El Nihuil. Ha solo 23 anni e se ne va da questo mondo, in profumo di santità, come in un’ascensione.

Non solo i suoi cari, ma il padre Buela, fondatore dell’Istituto e sua guida, i suoi giovani confratelli e tutti coloro che hanno avuto la grazia di avvicinarlo, scoppiano in un pianto e in uno strazio senza limiti, confortato solo dal fatto che Dio, geloso di lui, l’ha voluto con sé. Ma perché, mio Dio, sei così geloso dei tuoi piccoli amici?

Sulla biografia, ho letto che Marcelito, già quando era militare, ancora di più dopo il suo ingresso in Seminario, era solito portare il cilizio sulla sua pelle quando ogni giorno, partecipava alla Messa e alla Comunione, per unirsi davvero, fisicamente, al Sacrificio di Gesù (la Messa, infatti, è il Sacrificio di Gesù, non qualcosa d’altro) in riparazione di tanti peccati di oggi, per la conversione dei peccatori e per la santificazione dei sacerdoti.

Non solo. I suoi compagni di Seminario hanno testimoniato che Marcelito pur così giovane e aitante (anzi, proprio per questo) era solito flagellarsi spesso in spirito di penitenza per unirsi a Gesù flagellato e crocifisso e prepararsi a diventare un santo sacerdote. Chi lo vestì dopo la sua morte, vide sul suo corpo i segni dei flagelli, come sul corpo purissimo di Gesù nel pretorio di Pilato.

Dunque, aveva ragione Antonio Socci che nel suo libro Il segreto di P. Pio (Rizzoli, Milano, 2007) scrive che oggi, nel nostro tempo, sfrenato nella carne e folle nello spirito, ci sono ventenni che portano il cilizio e si "disciplinano" con i flagelli (cf. pp. 223 ss). Incredibile, ma vero: quanti Marcelito ha la Chiesa Cattolica oggi? Se il mondo, questo nostro mondo, non è ancora stato ridotto in cenere come Sodoma e Gomorra, forse lo si deve a anime, anche giovani, come lui.

Dovremmo provare vergogna di noi stessi, per il nostro "pallido" amore a Gesù, quando invece Gesù merita tutto.

Conclude il bellissimo libro un’invocazione del suo padre nello spirito Carlo Buela: "Marcelito querido! Mi dulce y querido y valiente Marcelito". Caro, amatissimo Marcelito, dolce e bravo, pensaci tu dal Paradiso. Mandaci molti della tua razza a far rifiorire la primavera della Chiesa, la primavera della santità. Da parte mia, sta certo, ti farò conoscere in modo che altri ragazzi prendano il tuo posto e amino Gesù come te, alla follìa.

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ultimo aggiornamento 10 maggio, 2016