I COMANDAMENTI
Munifico dono di Dio

"Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo.

Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza" (Sl 24,3-5).

 

Al monte Sinai con i dieci Comandamenti

Il salmo 24 è uno dei documenti più antichi della liturgia ebraica, che ha come sfondo il rituale dell’ingresso dell’arca nel tempio di Gerusalemme. È un rituale che intende celebrare il ritorno della gloria di Dio dopo la sua "assenza" dovuta all’esilio.

È un salmo assai importante ed interessante per noi. In maniera diretta e precisa ci insegna che quanto si trova nel cosmo è proprietà di Dio. Anche gli esseri viventi sono sua proprietà. Tutto esiste e sussiste per volere divino. Ma l’azione di Dio nella vita dell’uomo non si estingue nella creazione dell’universo e dell’uomo, né nel mantenere queste realtà salde. Egli, nella Sua bontà, desidera che l’uomo abiti sul sicuro monte del Signore, ossia nell’unico luogo santo, e cioè alla continua presenza di Dio. Per questo si preoccupa che l’uomo abbia mani innocenti e cuore puro, che cammini cioè, sempre, sulla via della santità, caratterizzata da un cuore semplice, con buone intenzioni, e da una vita fondata sull’amore di Dio. L’agire dell’uomo, partendo dalle sue sante intenzioni, deve rispettare la legge d’amore di Dio. Tale condizione comporta non solo l’amore e la fedeltà al Signore, ma anche l’amore per il prossimo. Di fronte ad un tale atteggiamento e ad un tale comportamento Dio assicura all’uomo la sua benedizione, la giustizia e la salvezza, nonché la grazia sublime di godere la luce del suo volto, antica e sempre attuale ambizione dell’uomo.

È il salmo che ci permette, nella preghiera, di chiederci: chi di noi ha il diritto di salire al monte dell’Eterno ed è degno di stare alla sua presenza, dinanzi alla sua santità?

È partendo da questa specifica domanda che vogliamo fare un cammino spirituale, un percorso che ci permetta di salire il monte di Dio, l’Oreb, maggiormente conosciuto come Sinai. Israele vi giunse il terzo mese dopo la partenza dall’Egitto. Propriamente su questo monte fu promulgato il Decalogo, ai cui piedi fu ratificato il patto che faceva di Israele una nazione della quale il Signore doveva essere il re. È su questo monte che Mosè realizzò la presenza di Dio, vide il fuoco di Dio e ne ascoltò la sua voce.

È sul monte Oreb, nel fuoco della presenza di Dio, che noi vogliamo incontrarci. Vogliamo salire spiritualmente e idealmente a questo monte di Dio attraverso queste nostre riflessioni spirituali che facciamo sui comandamenti. Dunque, al monte Sinai con i dieci Comandamenti.

Sono le Parole che Dio ha rivelato direttamente al popolo ebraico, e che la Bibbia ci offre in due redazioni (Es 20, 1-17 e Dt 5, 6-27). Riassumono e proclamano la legge di Dio, e sono comuni, con delle differenze, sia al popolo ebraico che a quello cristiano. Gesù ne ha infatti rivelato il pieno significato. Sono il punto di partenza, perché sarà Gesù con la legge dell’amore il fondamento su cui basare le proprie scelte comportamentali.

Non dimentichiamo che i Comandamenti hanno la loro validità e attualità. Essi rivelano a noi i fondamenti della propria vita e ci assicurano che la ricerca del bene e della giustizia troverà conferma nell’alleanza con Dio.

Riprendiamo i Comandamenti, conosciamoli bene e lasciamoci interpellare da essi. Approfondiamoli e applichiamoli ai mille casi concreti dell’esistenza: così come la fede, anche la legge morale cammina con l’uomo.

Ricordiamo le parole incisive di Giovanni Paolo II nel suo pellegrinaggio in Egitto nel febbraio 2000:"I dieci Comandamenti non sono l’imposizione arbitraria di un Dio tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono iscritti nel cuore dell’uomo come legge morale universale valida in ogni tempo e in ogni luogo. Salvano l’uomo dalla forza distruttiva dell’egoismo, dell’odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l’amore di sé fino all’esclusione di Dio, l’avidità del potere e del piacere. Se ci allontaneremo da questi falsi idoli e seguiremo il Dio che rende libero il suo popolo e resta sempre con lui, allora emergeremo come Mosè, dopo quaranta giorni sulla montagna, "risplendenti di gloria", accesi dalla luce di Dio".

Lasciamoci attrarre dai comandamenti e ripercorriamoli uno per uno. Questa attualità del Decalogo risale all’età mosaica (1250 a. C. circa). Un testo scritto sullo sfondo aspro e desertico del Sinai, il luogo dell’incontro di Israele col mistero divino, "tavole di pietra scritte dal dito di Dio" come le definisce la Bibbia (Es 31,18); sintesi suprema della morale religiosa.

Munifico dono di Dio e loro osservanza vera sapienza, un punto di partenza per noi cristiani per realizzarci come figli di Dio, un fondamento su cui basare le proprie scelte comportamentali.

I Dieci Comandamenti: munifico dono di Dio

La parola greca "decalogo" significa "dieci Parole". Sono le Parole che Dio ha rivelato direttamente al popolo ebraico per mezzo di Mosè, e che la Bibbia ci offre in due redazioni (Es 20, 1-17 e Dt 5,6-22). Riassumono e proclamano la legge di Dio e sono comuni sia al popolo ebraico che a quello cristiano. Gesù ne ha rivelato, poi, il pieno significato.

Nella versione cattolica ricordiamo questi dieci comandamenti:"Io sono il Signore tuo Dio.1: Non avrai altro dio fuori di me; 2: Non nominare il nome di Dio invano; 3: Ricordati di santificare le feste; 4: Onora il padre e la madre; 5: Non uccidere; 6: Non commettere atti impuri; 7: Non rubare; 8: Non dire falsa testimonianza; 9: Non desiderare la donna d’altri; 10: Non desiderare la roba d’altri".

Volendo parlare dei comandamenti di Dio, mi viene in mente subito il viaggio apostolico che fece il beato Giovanni Paolo II sul monte Sinai il 26 febbraio 2000. Recandosi al monastero di Santa Caterina ha detto:" Oggi, con grande gioia e profonda emozione, il Vescovo di Roma è pellegrino sul monte Sinai, attratto da questa montagna santa che si erge come monumento maestoso a ciò che Dio ha qui rivelato."Qui ha rivelato il suo nome! Qui ha dato la sua Legge, i Dieci Comandamenti dell’Alleanza!". Quanti sono giunti in questo luogo prima di noi! Qui il popolo di Dio si è accampato; qui il profeta Elia ha trovato rifugio in una caverna; qui il corpo della martire Caterina ha trovato riposo eterno; qui schiere di pellegrini nel corso dei secoli hanno scalato quella che San Gregorio di Nissa definì la "montagna del desiderio"; qui generazioni di monaci hanno vegliato e pregato: Noi seguiamo umilmente le loro orme, sul "suolo santo" dove il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ha ordinato a Mosè di liberare il suo popolo".

C’è un aspetto importante che bisogna tenere in considerazione, soprattutto dalla lettura del testo del Deuteronomio: la stretta relazione tra Alleanza e Legge; l’unione che unisce l’Alleanza con il Comandamento.

È importante comprendere , prima di addentrarci nell’esaminare i rispettivi comandamenti, che quanto Dio chiede ad Israele è preceduto dalla proclamazione della buona notizia della liberazione del popolo. Dio disse a Mosè:"Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncierai agli Israeliti:’Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa’" (Es 19, 3-6). Dunque, Dio non dice per primo "tu devi", ma "io ti ho liberato". Qui l’indicativo precede l’imperativo. Il comandamento fa sempre parte integrante dell’Alleanza; la grazia di Dio è accompagnata da un’esigenza; il comandamento è conseguenza della grazia, non la sua causa.

Ci troviamo davanti al fatto che Dio sta interpellando i liberati e i riscattati. A costoro si sta rivolgendo consegnando il Decalogo. Solo dopo avere proclamato le opere realizzate, Dio offre l’Alleanza a Israele e dice:"Non avrai altri dei di fronte a me". Esige l’obbedienza, ma deve sgorgare dalla riconoscenza e dall’amore. Separata dall’Alleanza, la Legge perde il suo senso più profondo e resta esposta alle peggiori deviazioni. Il fine del comandamento è, dunque, preservare le relazioni dell’Alleanza con Yahvé, non crearle.

Solo così saremmo in grado di accostarci alle dieci Parole e poterle, quindi, accoglierle.

Un apologo rabbinico racconta che Mosè, dopo avere ricevuto da Dio le dieci Parole, assentì e disse:"Amen". Poi fu preso da un torpore profondo. Nel sonno sentì che quelle dieci Parole si moltiplicavano, si riempivano di voci e suoni sconosciuti, di sensi nuovi a lui incomprensibili. Risvegliatosi disse ancora "Amen" a quanto, nei secoli, quelle Parole uscite dalla bocca dell’Altissimo avrebbero incluso.

Ha grande importanza, oggi più che mai, cogliere il senso dei dieci Comandamenti nel loro nascere, nel loro svilupparsi fino alla pienezza del Nuovo Testamento.

Esaminando infatti il contenuto di queste "Dieci Parole" ci accorgiamo che queste gettano luce sul bene e sul male, sul vero e sul falso, sul giusto e l’ingiusto, anche secondo i criteri della coscienza retta di ogni persona umana. Gesù stesso lo ha ripetuto più volte, sottolineando che è necessario un impegno operoso sulla via dei Comandamenti:"Se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti"(Mt 19,17).

I Comandamenti chiedono di riconoscere l’unico Signore contro la tentazione di costruirci altri idoli, di farci vitelli d’oro. Nel nostro mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita; sono stati fabbricati così altri e nuovi dèi a cui l’uomo si inchina. Occorre dunque risvegliare nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente.

Le "Dieci Parole", poi, chiedono il rispetto, la protezione della vita contro ogni ingiustizia e sopruso, riconoscendoli valore di ogni persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio. Quante volte, in ogni parte della terra, vicina e lontana, vengono ancora calpestati la dignità, la libertà, i diritti dell’essere umano! Occorre che testimoniamo insieme questo valore supremo della vita contro ogni egoismo per fare regnare nel mondo la giustizia e la pace.

Le "Dieci Parole" ci chiedono, anche, di conservare e promuovere la santità della famiglia, nella quale si realizza la santificazione delle rispettive identità sessuali, in cui il "sì" personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo e della donna, uniti nel vincolo sponsali crei un’intima comunità di vita e di amore per il dono di sé e quello dei figli.

La cultura dominante ci fa credere che solo chi possiede molto potere e denaro è una persona "riuscita". Noi sappiamo però che non è vero. Ci sono delle cose che ci fanno crescere e altre no. Ed è soprattutto alla fine che si può fare un bilancio completo sulla qualità della nostra vita. Di ciascuno di noi sarà infatti ricordata soprattutto la capacità di amare, rispettare, custodire e promuovere la vita, compresa la scelta dei valori che abbiamo saputo fare.

Dio con il Decalogo ci vuole introdurre nella sua vita divina, ci chiama all’amore. "I comandamenti sono – come ha detto Giovanni Pao­lo II – munifico dono di Dio e loro osservanza vera sapienza".

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ultimo aggiornamento 18 ottobre, 2016