pastorale familiare

Marina Berardi

Da tre anni cerco frutti, ma non ne trovo…

L’Amore Misericordioso, che chiama tutti a grandi cose, ha il Suo stile, come trapela da quanto la Madre annota nel suo Diario: "Questa notte mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto che vuole servirsi di me per realizzare grandi cose. Io gli ho risposto che, con il suo aiuto e la sua grazia, sono disposta a fare tutto quello che vorrà, ma che mi sento molto inutile e incapace di fare qualcosa di buono. Lui ha aggiunto che è vero, ma vuole servirsi della mia nullità perché meglio risalti che è Lui a realizzare imprese tanto grandi e di tanta utilità per la sua Chiesa e per le anime…" (2.1.1928).

Dall’altra parte un brano dell’evangelista Luca offertoci dalla liturgia in questo tempo ordinario, mette in evidenza come il Signore, dopo essersi preso cura di noi, nel cercare i frutti dall’albero della nostra vita, rischia di non trovarne: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: "Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?". Ma quello gli rispose: "Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime…"» (Lc 13,7-9).

È la stessa Parola con cui abbiamo aperto la testimonianza di una coppia di Laici dell’Amore Misericordioso, in occasione del convegno annuale dell’Associazione, celebrato a Collevalenza, i cui membri sono singoli e famiglie che, dopo un cammino di formazione, scelgono di vivere la spiritualità affidata a Madre Speranza e di appartenere alla Famiglia carismatica dell’Amore Misericordioso emettendo delle Promesse pubbliche.

Vari Associati hanno testimoniato che nel lasciare entrare Gesù nella propria casa e nella propria storia, Questi ha trasformato e trasfigurato la loro esistenza. Ascoltare delle testimonianze di vita vuol dire, in fondo, cogliere il passaggio di Dio in ogni evento, a volte misterioso e altre più chiaro, a volte difficile altre più sereno. Non ci si confronta con una storia, ma la si ascolta per capire come leggere il passaggio di Dio nella propria. Ascoltare una testimonianza vuol dire imparare "a contare i nostri giorni per giungere alla sapienza del cuore", per "acquistare un cuore saggio", come indica la nuova traduzione (Sal 90,12). La vita è fatta di ore, di giorni, di eventi, di incontri e l’incontro con Cristo non la lascia mai uguale.

Ascoltiamo con il cuore la storia di questa famiglia che si è lasciata incontrare da Cristo, che continua ad impegnarsi in un cammino di formazione e di conversione che non è né facile né indolore. Per loro il tempo giubilare è stato un vero anno di grazia, un anno speciale di misericordia ricevuta e donata, un re-incontrarsi, anche in virtù della forza del sacramento del matrimonio, per continuare a lasciarsi purificare come l’oro nel crogiuolo.

Loro stessi hanno sottolineato come il carisma trasmessoci dalla Madre ora appartiene a tutti, a ogni famiglia e, soprattutto, è il carisma della Chiesa, con Papa Francesco che ce lo ricorda ogni giorno, con parole e gesti. Li ascoltiamo.

 

LEI. Tutto è cominciato con la Beatificazione di Madre Speranza, il 31 maggio 2014. Ero coordinatrice del gruppo dei Laici, con il quale ci siamo impegnati con tutte le forze a prepararci a quel momento così atteso ed importante. Ricordo chiaramente e felicemente quel suono di campane a festa che annunciavano la Madre Beata! Le lacrime cominciarono a scendere con una facilità e intensità insolita e curiosa, quasi a preannunciare qualcosa di sconosciuto. Come non ricordare le parole della Madre affisse sul campanile del santuario: "Sono qui, figli miei, un giorno dopo l’altro, accogliendo poveri ricchi anziani giovani, e alla fine del giorno piena di fede, fiducia e amore, vado a presentare al Buon Gesù, le miserie di ognuno, con l’assoluta certezza di non stancarlo mai".

LUI. Mentre la Madre veniva beatificata io mi stavo allontanando sempre più dalla mia famiglia e da Dio, ero presente fisicamente ma lontano con la mente e il cuore, un cuore che giorno dopo giorno si stava indurendo. I problemi miei personali venivano da lontano, dalle mie radici, ma io per tutta la vita non sono riuscito a togliere del tutto le mie maschere ed affidare veramente il mio cuore e la mia vita al Signore. Così dopo quei giorni che dovevano essere di gioia e unione, la mia vita stava scivolando nel baratro, nel nulla, mi stavo allontanando da mia moglie e dal Signore, pensando di poter vivere una vita mia lontano da tutto questo. La mia esistenza, dall’adolescenza fino a circa due anni fa, è stata un susseguirsi di cadute e di cercare delle soluzioni, da solo, contando sulle mie forze e servendomi degli altri.

Nel 1980 ho conosciuto le Ancelle dell’Amore Misericordioso e ho cominciato a conoscere a piccole dosi il carisma dell’Amore Misericordioso; sono stati trentaquattro anni di cammino a corrente alternata. Ho partecipato e animato incontri coniugali organizzati da una Suora e un’Equipe formata da altre coppie. Per un lungo periodo, ho avuto Padre Arsenio come confessore e padre spirituale e credo che la mia conversione iniziò proprio lì, anche se le cadute sono continuate, soprattutto dopo la sua morte.

Decisi, per lungo tempo, di fare il turno di notte con il mio taxi. Una notte erano le 3:00 e un minicuper a folle velocità mi viene addosso: il finimondo, mi salvo per miracolo. Sono state coinvolte sette macchine e la strada è stata chiusa fino all’indomani alle 12:00. La macchina era distrutta ma io ero salvo, solo pochi graffi.

LEI. Mio marito quella notte telefonò a mio figlio per informarlo dell’incidente. Al mattino quando ne parlammo, l’unica sua preoccupazione fu quella della macchina distrutta. Glielo feci notare subito… ma era impenetrabile. Non riusciva a vedere il miracolo: la sua macchina era distrutta, ma il Signore gli aveva salvato la vita. Poco contava per lui. Poteva essere il momento provvidenziale per lui per scegliere da quale parte stare con il Signore o con il suo avversario!

LUI. Due anni fa ero caduto veramente in basso e il 6 giugno 2014 sono andato via di casa. Senza rendermene conto stavo bruciando tutto: il rapporto con mia moglie, con i miei figli e con Dio. Non mi interessava più nulla, avevo gettato tutto alle spalle e come uno schiacciasassi pensavo solo a me stesso, spendevo e spandevo a mio piacimento i sacrifici di una vita. In pochi mesi ero dimagrito di 17 kg. Lavoravo poco, non pregavo più. Convivevo con una donna molto più giovane di me. Dove abitavo, inoltre, c’era una chiesa vicino ma non entrai mai, anzi quando sentivo suonare le campane ero infastidito.

Poi, ad ottobre 2014, mi sono reso conto di come stavo vivendo e, giorno dopo giorno, riprendevo coscienza di quello che avevo fatto alla mia famiglia e di quello che stavo perdendo, mi sono veramente sentito come quel figliol prodigo che sorvegliava i porci. Decisi di trovare il modo di farla finita: avevo scelto il come e il luogo.

Una sera facendo una corsa, un cliente molto anziano, ma veramente dolce e umile, lungo il tragitto mi raccontò alcune cose della sua vita. Era seduto accanto a me e ad un certo punto mi disse: "Tu non stai bene, lo sento dalla tua voce e lo vedo dai tuoi occhi". Arrivati ormai a destinazione, continuò: "Ricorda, la vita è comunque bella e nessuno di noi può decidere quando mettere la parola fine, anche perché lasceresti troppe macerie ad altri che magari hanno già sofferto per te", e scese.

Mi fermai, scoppiai in un pianto liberatorio e decisi che non era quella la soluzione giusta. Il Signore si è servito di quest’uomo per farsi vicino a me, per parlarmi, per aiutarmi.

Nei mesi che seguirono mi riavvicinai ai miei figli che mi accolsero con vera misericordia, poi a marzo 2015 morì mia madre.

(continua)

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ultimo aggiornamento 10 novembre, 2016