Festa liturgica della Beata Speranza di Gesù

Misericordia e anti-misericordia nel nostro mondo

Domenica 5 febbraio, nel pieno della Festa liturgica della Beata Madre Speranza di Gesù, il Card. CRISTOPH SCHÖNBORN, arcivescovo di Vienna, nella sala Giovanni Paolo II° ha svolto un’ampia riflessione sul tema "Misericordia e anti-misericordia nel mondo"
 

Piuttosto che portare la parola misericordia in un luogo come questo, sento che, in questa casa di Madre Speranza, sarebbe più doveroso ascoltare che non parlare di misericordia. Vorrei iniziare con una piccola meditazione su un passaggio del vangelo di San Marco, che abbiamo letto in questi giorni nella lettura corrente. In questo passaggio appaiono due tipi di misericordia, quella che è la vera misericordia, quella di Gesù, quella di Dio, e la misericordia che possiamo definire anti-misericordia, che è quella apparente, ma non vera.

Nel vangelo di Marco leggiamo: "Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose" (Mc 6,30-35).

Gesù si mise ad insegnare loro, aveva compassione della folla, è commosso fino alla compassione. Il termine greco indica le viscere, ma in ebraico il termine sta ad indicare anche il grembo materno. Gesù è commosso nel profondo ed è di questa compassione, di questo suo essere commosso dalla miseria della folla che vorrei parlare. Ma, come vedremo, troveremo anche un altro tipo di misericordia che potremmo chiamare anti-misericordia.

Gesù, dunque, insegna loro. Perché questo insegnamento di Gesù non ha stancato la gente? É ammirevole che passano tutta la giornata ad ascoltarlo. In un altro passaggio si dice che è già da tre giorni che sono con Lui per ascoltarlo. La gente semplice, i servitori del Tempio dicono: "Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo" (Gv 7,46).

La parola di Gesù è qualcosa di unico e la sentiamo nel vangelo. Quando ascoltiamo il Vangelo è Gesù che ci parla e mi commuove immensamente il semplice ascolto del vangelo, perché è Gesù che ci parla oggi. Questo è il pane della parola, perché la parola di Gesù viene dal cuore del Padre. Lui stesso dice: "La parola che voi ascoltate non è mia ma del Padre che mi ha mandato" (Gv 14,24) . Viene dal cuore del Padre Misericordioso. Sono parole forti e immagino che quanti hanno conosciuto Madre Speranza hanno fatto questa esperienza. Io l’ho sperimentato con una donna che non è canonizzata ma che tutti abbiamo amato molto, una donna che si è occupata molto dei profughi. Quando per la prima volta l’ho sentita parlare, ho avuto l’impressione che ci parlasse Gesù. Lei il vangelo lo aveva nelle viscere e non solo nel cuore e nella testa, lo aveva nel grembo. Le sue parole venivano dal profondo del suo essere, così è la parola di Gesù.

Marco continua: "Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare»" (Mc 6,36-37).

Questa è la Misericordia degli apostoli, la misericordia di noi chierici, a volte: "Mandali via!".

Allora "gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini" (Mc 6,37-44).

La gente viene da lontano, come voi siete venuti da tutte le parti d’Italia e non solo, per incontrare Gesù, la sua Parola, la sua Grazia e l’incoraggiamento della Sua Misericordia. Così, cosa fanno i discepoli? Chiedono a Gesù di mandarli via perché vadano a comprare da mangiare. Ho il forte sospetto che alla fine di questa lunga giornata siano stati loro i primi, avendo sentito il loro Maestro, ad avvertire un certo vuoto alla stomaco. Non hanno pensato alle viscere della misericordia, ma piuttosto al loro bisogno mangiare qualcosa. Per mangiare, però, dovevano mandare via tutta la gente. Qui, si vede, sia pure in piccolo, la falsa misericordia: apparentemente sono misericordiosi con la povera gente che deve mangiare ma, di fatto, pensano a loro, ad avere il riposo che Gesù aveva promesso loro.

Questo tipo di misericordia tante volte è la nostra Misericordia. Gesù, però, la vedeva diversamente. Gli apostoli si sentono sconfitti quando Gesù dice: "Voi stessi date loro da mangiare".

Dobbiamo scoprire una cosa, che in effetti già sappiamo: la Misericordia di Gesù è qualcosa di molto esigente, tanto da avere l’impressione che è troppo difficile: Gesù, tu ci chiedi troppo!

Tanto che loro dicono: "Ma dobbiamo andare noi a comprare duecento denari di pani"? Era il salario annuale di un uomo e avevano solo 5 pani per loro stessi. Si arrabbiano con Gesù: possibile, duecento denari per dare pane a tutta questa folla? Qui vediamo già ciò che in seguito diventerà più chiaro: la misericordia di Gesù è una richiesta eccessiva. È troppo difficile, impossibile: è ora di cenare, è ora che la gente se ne vada, siamo venuti per stare in pace… Questa era la condizione di partenza.

Vorrei partire da questa piccola scena per meditare su cosa è la Misericordia di Gesù e la falsa Misericordia, che è anche la nostra. Non vorrei parlare del mondo perché portiamo il mondo nel nostro cuore. Siamo tutti tentati di falsa misericordia. Il discernimento tra la vera misericordia e la anti-misericordia è estremamente esigente. Papa Francesco, soprattutto nei due Sinodi, ci ha invitato tanto al discernimento che è più esigente delle due attitudini frequenti nella Chiesa e nel mondo: il lassismo, che permette ogni cosa e che è un’educazione antiautoritaria che lascia fare tutto, oppure il rigorismo che non dà la libertà.

 

Meditiamo, dunque, un po’ su cosa sia questa vera misericordia.

La Misericordia, prima di tutto, è un sentimento.

San Tommaso d’Aquino distingue la misericordia affettiva e quella effettiva. La misericordia affettiva è la reazione del cuore umano: vedi la miseria altrui e ti commuovi. Non puoi passare davanti alla miseria dell’altro senza che questa ti commuova.

Questa è la misericordia affettiva: la compassione. Ci sono tanti esempi nel vangelo della compassione di Gesù, che prima è un movimento del cuore. Quando vede la vedova di Naim, Gesù che stava arrivando con i suoi discepoli, si accorge che viene portato un morto, figlio unico di una vedova. La vede e ne ha compassione e le dice di non piangere. È un movimento naturale. Una persona che non è commossa dalla miseria dell’altro non è umana. La mancanza di compassione affettiva è mancanza di umanità.

Il dramma del ricco del vangelo non è che sia ricco ma che non veda più la miseria e la povertà di Lazzaro che è davanti alla sua porta. É diventato cieco. È l’indurimento del cuore che per Gesù è il dramma più terribile che può succedere nella vita umana: un cuore indurito. Gesù è commosso nelle viscere dalla povertà, dalla miseria, dalla tristezza di questa vedova che ha perso il suo unico figlio. Quante volte vediamo che Gesù è commosso, mosso a compassione, davanti al lebbroso, al cieco di Gerico, ecc.

Il primo impatto con la misericordia di Gesù è il semplice ed elementare compatire il dolore degli altri. San Tommaso dice che misericordia vuol dire far propria la miseria dell’altro, come se fosse la mia; è un atteggiamento umano naturale. L’uomo snatura il suo essere se non ha compassione. Ma che tipo di compassione? Vi do una citazione di Friedrich Nietzsche, il famoso filosofo tedesco diventato ateo militante ma sempre affascinato da Gesù che, allo stesso tempo, rifiuta. Nell’ultimo libro, l’Anticristo, scrive: "I deboli e i malriusciti devono perire. Questo è il primo principio del nostro amore per gli uomini e a tale scopo che si deve essere loro di aiuto". Pensate all’eutanasia, è proprio questo. Poi si chiede e risponde: "Che cosa è più nocivo di un qualsiasi vizio? La compassione verso tutti i malriusciti e i deboli: il cristianesimo".

Per lui il cristianesimo è la religione dei deboli, quelli che si occupano dei deboli che dovrebbero essere uccisi, che devono perire. Questa anti-misericordia è molto diffusa oggi e la viviamo in tanti paesi d’Europa. In Svizzera conoscerete la terribile exit, dove la gente viene per farsi ammazzare. In Belgio adesso la legge permette ai giovani, senza il permesso dei genitori, di farsi uccidere dal medico. Il primo caso è stato un giovane di 17 anni, ucciso dal medico, appunto, senza il permesso dei genitori.

Questo è l’anti-misericordia, ma si nasconde dietro l’immagine della misericordia e dobbiamo essere cauti con i giudizi. Ho conosciuto una donna austriaca, che ho seguito quando era studente a Parigi. Era molto malata e soffriva terribilmente. Mi chiese: "Ammazzami, non ne posso più"! Eravamo negli anni ’60-’70 e non c’era ancora la possibilità della medicina palliativa che permette di sollevare queste terribili sofferenze. Dobbiamo fare attenzione a non emettere subito giudizi. Ringraziando il Signore, fino ad oggi, in Austria, a livello parlamentare, c’è un consenso di tutti i partiti contro la pratica dell’eutanasia, a favore del movimento dell’"ospizio", dell’accoglienza, ed il Cardiale König, mio predecessore, pochi mesi prima della sua morte (è morto all’età di 98 anni, in gamba fino alla fine), ha scritto una famosa lettera al parlamento dicendo: "Ogni uomo dovrebbe morire tenendo per mano un altro uomo, e non per mano di un altro uomo". Questa frase ha avuto un profondo impatto fino ad oggi. Fino ad oggi non è stata accettata l’eutanasia e il governo ha investito soldi sufficienti a sviluppare il movimento dell’hospice e dell’assistenza domiciliare, per l’accompagnamento dei moribondi, così da evitare l’inganno dell’eutanasia, cioè la falsa misericordia. É vero che apparentemente può essere intesa come misericordia.

Un altro esempio è la sindrome di down. Ricordo di aver visitato uno dei nostri istituti della Caritas per bambini portatori di handicap ed ho conosciuto un giovane ragazzo, Domenico, con sindrome di down. Aveva 11 anni ed era molto simpatico. Il responsabile di questo istituto, mi disse: "Eminenza, questi in futuro non li vedrà più, o molto raramente, perché saranno tutti uccisi nel grembo materno, dal momento che già con l’ecografia si può scoprire se c’è il sospetto di questa sindrome di down". Questa è anti-misericordia. Sì, la maggior parte di questi bambini sono uccisi, ma sono un tesoro. Conosco due famiglie numerose che hanno avuto figli down. Penso a una ragazza di 25 anni, che ora è morta ed è una santa; la famiglia mi diceva: "È il sole della nostra famiglia"!

La misericordia, dunque, è un sentimento umano sul quale dobbiamo discernere se si insinua la falsa misericordia nella vera misericordia. La vera compassione segue la regola d’oro: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, voi fatelo a loro. Questa, infatti, è la legge dei profeti" (Mt 7,12). La misericordia è dunque veramente umana. La ricerca scientifica ha recentemente scoperto che nel cervello esistono neuroni che favoriscono la misericordia: sono i neuroni specchio. É un fenomeno che tutti conosciamo. Per esempio, mamma è in cucina e si taglia un dito. Io, al vederla, ho una reazione così immediata come se fosse un mio dolore. Questo è naturale perché nel cervello ci sono i neuroni specchio che ci fanno immediatamente reagire alla sofferenza dell’altro, come se fosse la mia. Accade lo stesso davanti a una gioia, tanto che quando vediamo un bambino immediatamente cominciamo a sorridere. Ma da dove viene? È nella nostra natura, siamo fatti per la compassione. C’è un famoso neurologo in Germania, che conosco personalmente, che ha scritto un libro: Perché sento quello che senti? É questa reazione dei neuroni specchio che ci permette di sentire ciò che gli altri sentono. Questa è la misericordia affettiva profondamente umana e quando questo manca diciamo che la persona manca di umanità. E’ un essere umano svilito, ridotto.

È scioccante vedere il video dei martiri della Libia, ai quali, sulla spiaggia del mare, hanno tagliato la testa. Sono 21 cristiani copti dell’Egitto. In ottobre sono stato in questo paese ed ho avuto il grande privilegio di visitare le famiglie di questi martiri, famiglie semplici, del popolo. Questi uomini erano lavoratori stranieri in Libia e sono stati fatti prigionieri dall’ISIS. Non hanno accettato di rinunciare alla propria fede e di diventare musulmani. Sono stati torturati e alla fine decapitati sulla spiaggia. L’ISIS ha postato il video su youtube, è un martirio molto impressionante, perché si vedono i volti di questi uomini, ai quali, uno dopo l’altro, hanno tagliato la testa, sereni, in pace, tutti morti con il nome di Gesù sulle labbra.

Cosa è accaduto in questi uomini per poter arrivare a fare delle cose del genere? La madre di uno dei capi dell’ISIS, che ha commesso questo terribile crimine, ha chiesto perdono alle famiglie dei cristiani martiri per le atrocità compiute da suo figlio, quindi si vede che anche tra i mussulmani non sono tutti così.

Non molto tempo fa ho visitato i campi profughi del nord dell’Iraq, Mossul, dove purtroppo ancora vivono migliaia di rifugiati cristiani scappati dalle loro abitazioni, dove sperano di poter tornare e dove già cominciano a tornare dopo la liberazione. Più di duecentomila sono scappati e vivono in dei campi profughi nella zona sicura dei curdi. Mi hanno raccontato che una donna cristiana non è potuta scappare ed è stata tenuta nascosta per ben due anni in casa di una famiglia musulmana e in questo modo ha potuto sopravvivere. Questa è l’autentica misericordia: commossi dalla miseria dell’altro hanno rischiato la loro vita nascondendo questa cristiana.

Ma dobbiamo anche chiedere: Gesù, la tua misericordia come funziona? Tu hai guarito tanti, ma tanti altri non li hai guariti! Hai mancato di Misericordia. Hai guarito dieci lebbrosi, ma ce n’erano centinaia! A volte si dice Gesù ha guarito tutti e in certi giorni sembra che aveva davvero guarito tutti. In altri giorni, invece, aveva compassione di tutti, ma come funziona la compassione di Gesù quando i figli, per esempio, pregano per la guarigione di mamma ammalata di cancro? Pregano, pregano e poi mamma muore. Ma dove è la tua misericordia, Gesù? Sei arbitrario nel dare la misericordia all’uno e nel rifiutarla all’altro? Come funziona la misericordia di Gesù? C’è la critica di Nietzsche che dice: la misericordia è qualcosa di paternalista; sì, per te ho compassione, ma ci sono tanti altri e non posso avere compassione di tutti. É un dilemma; tanta gente ci dice: perché Gesù non ci ha guarito? Perché ha lasciato morire mio figlio nell’incidente? La misericordia è qualcosa di paternalistico o di arbitrario? Un Dio che dà un favore quando vuole e che quando non vuole non lo dà? Tu agisci secondo il tuo umore? Un giorno sei pieno di compassione e un altro sei rigido? Cosa serve la misericordia se è data solo in singoli casi e non a tutti. É una questione che sentiamo spesso: Dio ha fatto morire la mia mamma e io non credo più in Dio. Dov’è la sua misericordia? Dio è ingiusto, Gesù è ingiusto perché a me ha negato misericordia, mentre all’altro l’ha data. Gesù stesso ha dato alcune risposte a queste obiezioni. Dobbiamo, però, essere attenti a non dare troppo facilmente una risposta immediata. Se una bimba piange perché le è morta la mamma non possiamo dirle: sii contenta perché la tua mamma è in Cielo. Attenzione!

La prima cosa che Gesù ci mostra è che la misericordia è sempre qualcosa di concreto. Tu non devi salvare il mondo ma avvicinarti al tuo vicino che ha bisogno di te: questa è la questione della misericordia. L’esempio famoso che Gesù ci offre è quello del buon samaritano: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico ed incappò nei briganti…" (Lc 10,30). Gesù racconta questa parabola per dire chi è il mio prossimo. L’Amore del prossimo è concreto. Gesù nel suo racconto fa passare un sacerdote e un levita. Tutti e due vedono il derubato che giaceva mezzo morto, cambiano strada e passano oltre. Si comprende bene perché lo abbiano fatto: avevano paura, i briganti erano ancora vicini, e potevano essere anche loro delle vittime, hanno famiglia e pensano di tornare a casa. Questo samaritano, che era straniero, semipagano per gli ebrei, fa qualcosa di diverso, vive la misericordia affettiva: si lascia toccare dalla miseria. Dapprima c’è il movimento umano delle viscere, vede questo uomo derubato mezzo morto e si commuove di compassione, ma poi si vede ciò che San Tommaso dice in merito alla misericordia effettiva. Lui afferma chiaramente: "La misericordia affettiva non è una virtù ma una semplice reazione umana che dobbiamo avere tutti se vogliamo essere umani. La misericordia effettiva è quella che agisce, che sa fare ciò che è da fare, ciò che è necessario. San Tommaso dice che quella è la virtù della misericordia, perché alla domanda se la misericordia sia una virtù, risponde che lo è quando diventa misericordia effettiva. Cosa fa, dunque, quell’uomo? Il samaritano si occupa del ferito con olio, vino, lo mette sul suo asino, lo porta in albergo e paga. Fa ciò che si deve fare in una situazione di emergenza. Nei regolamenti giuridici esiste l’obbligo di assistenza. Se uno omette di offrire assistenza, può essere considerato colpevole; è un obbligo morale ma anche legale, perché è umano. Questa è la prima risposta di Gesù: la misericordia è sempre concreta, non è sentimento vago ma un sentimento concreto che ci conduce all’azione. Ora, tu hai bisogno del mio aiuto ed io ho bisogno del tuo aiuto.

Vi offro un testo dell’Amoris laetitia sulla compassione, per darvi un esempio di buona e di falsa misericordia.

Ricordo un incontro in parrocchia, durante il quale un uomo con molta aggressività mi ha detto: "Perché la Chiesa manca tanto di misericordia nei confronti dei divorziati risposati?". Ho risposto che anche per noi preti spesso è difficile, abbiamo compassione della situazione, ma c’è una parola di Gesù nel vangelo di Marco che dice: "Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio" (Mc 10,11). Quando ho detto questo, ho visto che quest’uomo è diventato pallido e ho capito che quella parola di Gesù in quel momento ha toccato suo cuore perché era la verità. Aveva commesso adulterio. Aveva lasciato sua moglie per prenderne un’altra. Qui si vede che la verità è la condizione della misericordia. Non c’è misericordia senza verità. La verità è che il samaritano vede il fatto e compatisce. Il fatto dell’adulterio è un fatto. La misericordia, di cui parla il Papa ed anche il Sinodo, ha senso solo se tocca la verità, se è nella verità. La misericordia senza verità è debole e la verità senza misericordia è durezza.

Nella diocesi di Vienna abbiamo già da una quindicina d’anni un programma per i divorziati risposati che abbiamo chiamato "le cinque attenzioni". Papa Francesco durante il Sinodo aveva detto: Attenzione, la questione della Comunione dei divorziati è una trappola. Perché? Si pone solo la questione: possono o meno accedere alla Comunione? Mentre, prima ci sono tante domande da porre: la verità.

Nelle cinque attenzioni abbiamo cercato di offrire un programma di conversione, di revisione della vita: Cosa è accaduto tra di voi fino al divorzio e ad una nuova unione? Cito le cinque attenzioni e poi mi fermo solo sulla prima: 1. Cosa avete fatto con i figli: sono state vittime del vostro conflitto? 2. La situazione del congiunto abbandonato: cosa diventa? Vienna, una grande città, è piena di vedove e vedovi di divorzio, che rimangono soli, spesso con grandi difficoltà economiche, vivono la solitudine e l’amarezza. 3. Avete cercato di arrivare almeno ad un minimo di mutuo perdono o siete entrati in una unione con l’odio verso la moglie o il marito precedente? Quale base per una nuova unione se rimane tutto questo peso dell’odio e della vendetta? 4. Quale esempio ha dato il vostro divorzio e sposalizio alla famiglia, ai giovani, alla comunità?

5. Nella vostra coscienza non potete barare con Dio, Dio sa e voi sapete nella vostra coscienza dove siete e come stanno le cose. Abbiamo semplicemente invitato i divorziati risposati a fare un cammino di questo tipo e a vedere la propria situazione.

L’ammissione ai sacramenti può avvenire, e anche Papa Francesco ha detto che non è completamente escluso, ma prima va fatto questo cammino. C’è un passaggio dell’Amoris laetitia che mi ha molto colpito, al n. 245, riguardo la prima delle cinque attenzioni. Papa Francesco ci dice: "I padri sinodali hanno anche messo in evidenza le conseguenze della separazione o del divorzio sui figli, in ogni caso vittime innocenti della situazione. Al di sopra di tutte le considerazioni che si vogliono fare, essi sono la prima preoccupazione che non deve essere offuscata da nessun altro interesse od obiettivo". La prima attenzione non è dunque se ci si possa accostare o meno alla Comunione o ai sacramenti.

Continua il Papa: "Ai genitori separati rivolgo questa preghiera: mai, mai, mai prendere il figlio come ostaggio". Con quale forza lo dice il Papa, questa è questione di misericordia. E prosegue: "Vi siete separati per le tante difficoltà emotive e la vita vi ha dato questa prova". Mi ha commosso in questo passaggio che il Papa non giudica, non giudica. Nella maggior parte dei casi, infatti, è una prova, una prova molto dura. Io sono figlio di genitori separati divorziati. I miei genitori si sono spostati nel 1942, nel periodo della guerra. Mio papà era un soldato al fronte e voleva avere una persona a casa, oltre ai genitori. Ha conosciuto mia madre e nello stesso giorno ha chiesto la sua mano. Si sono conosciuti solo tre giorni prima del matrimonio. Ammiro i miei genitori che hanno tenuto per diciassette anni, ma non era un matrimonio. Mia madre, che vive ancora ed ha 96 anni, dice sempre: È mio marito, sebbene mio padre si è risposato mentre mia mamma no. Ma si capisce, non si può giudicare, non si può giudicare, non sappiamo.

Il Papa non giudica. "La vita vi ha dato questa prova ma – continua - i figli non siano quelli che portano il peso della separazione, non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma". Questo è la misericordia. Anche S. Giovanni Paolo II ha parlato di queste situazioni al n. 84 della Familiaris Consortio, delle situazioni irrecuperabili. Almeno, chiede il Papa, lasciate fuori i vostri figli dal conflitto.

Io sono tanto grato ai miei genitori che mai hanno litigato davanti a noi. Quando cresceva la tensione, in francese, dicevano tra loro: "Non davanti ai figli". Poi ne parlavano fra loro. Questa è un’attitudine misericordiosa. Parlare bene dell’altro genitore anche dopo la separazione. "É irresponsabile – dice il Papa - parlare male del padre o della madre con l’obiettivo di accaparrarsi l’affetto del figlio, per vendicarsi o per difendersi, perché questo danneggerà la vita interiore del bambino e provocherà ferite difficili da guarire".

L’immagine del padre e della mamma, dopo il divorzio, deve rimanere alta e bella per i figli. Questa è la vera misericordia! Ma quante volte, invece, esiste questo ostaggio dei figli.

Vorrei indicarvi un altro testo dell’Amoris laetitia, che è un documento straordinario. Io ho detto al Santo Padre: "Questo documento è pienamente ortodosso"! Posso testimoniare che l’ho studiato tanto tanto. Non c’è dubbio che sia un documento ortodosso perché l’esigenza che pone il Papa del discernimento è molto più difficile del rigorismo che sa tutte le risposte subito: "No, no, no…; via, via, via…". O forse, ciò che è più diffuso, il lassismo che non osa dire la verità. Questa è la nostra colpa, la nostra debolezza perché solo la verità libera. L’olio della misericordia può essere versato solo se il medico riconosce le ferite. Al n. 300, Papa Francesco ha ancora un bel passaggio che viene dal Sinodo: "I presbiteri hanno il compito di accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo gli insegnamenti della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza tramite momenti di riflessione e di pentimento". Dà quindi alcuni elementi di discernimento: "I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi, se ci sono stati tentativi di riconciliazione. Come è la situazione del partner abbandonato". Anche noi nella Chiesa parliamo tanto dei divorziati risposati ma parliamo poco dei partner abbandonati, delle donne e degli uomini abbandonati. A Vienna, tanti barboni sono diventati tali perché a causa del divorzio hanno dovuto lasciare l’appartamento, non hanno potuto pagare gli alimenti per i figli, hanno perso il lavoro. Dunque è necessario guardare al male del coniuge abbandonato. Ed ancora: "Quali con­seguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e sulla comunità dei fedeli?". Quante famiglie spezzate attraverso il divorzio: lei con una parte della famiglia e lui con un’altra parte, e si creano conflitti. Ed ancora: la nuova relazione "quale esempio offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio? Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno".

Vorrei concludere con questo pensiero: la misericordia di Gesù è esigente perché richiede la verità, la conversione e non è contraria alla giustizia. La giustizia senza la misericordia non vale e neanche la misericordia senza la giustizia.

La prima condizione di tutto questo è quanto San Giacomo dice nella sua lettera e ciò che Gesù dice nelle Beatitudini: Siate misericordiosi per ottenere misericordia. La prima condizione è riconoscere che io sono oggetto di tanta misericordia. Se tu non riconosci quanta misericordia hai ricevuto avrai un cuore duro, ma se tu riconosci la misericordia ricevuta non potrai mai avere un cuore senza misericordia. Questo è il cuore dell’insegnamento di Gesù sulla misericordia.

 

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ultimo aggiornamento 22 marzo, 2017