esperienze

Paolo Risso

 

San Ludovico da Casoria
UN ARDENTE TESTIMONE DELLA MISERICORDIA

 

L’amore di Cristo ha dimostrato all’umanità nella sua morte redentrice e che ancora continua a donare a ogni uomo, particolarmente per mezzo del sacramento dell’Eucaristia, nel quale è racchiuso tutto il bene della Chiesa, costituì l’ansia e la forza della indomita attività caritativa di San Ludovico da Casoria, singolare figura di Frate Minore e grande figlio della Chiesa di Napoli. Ferito da questo amore, mentre era in adorazione della divina Eucaristia, nella Chiesa delle Sacramentine, nel 1847, e che egli stesso chiamerà il suo "lavacro". A lui che era alla ricerca ansiosa di una nuova via da percorrere, il Cristo Risorto, presente nell’Eucaristia, rivela il mistero del Suo amore e accende nel suo cuore quel fuoco di carità che lo avrebbe trasformato in testimone ardente e instancabile della sua misericordia e annunziatore instancabile dell’amore misericordioso di Dio. Egli divenne uomo nuovo in Cristo, lasciandosi guidare, fino al giorno del suo beato transito, unicamente dall’ansia di non vivere più per se stesso ma per Colui che è morto e risorto per noi e il cui amore avvolge ogni creatura.

 

Una travolgente avventura

Dall’incontro con Cristo del 1847, partiva la travolgente avventura che porterà San Ludovico sulle vie dei poveri, ai quali porterà non solo l’annunzio dell’amore di Dio ma saprà tradurlo in coraggiosi gesti di totale condivisione della loro sofferenza e della loro emarginazione. Dopo che il Cristo li ha inondato il cuore di quell’amore dolcissimo di cui parlerà nel suo testamento, San Ludovico, lo sappiamo, si priva della sua cella, degli oggetti più cari, degli stessi interessi culturali, affronta la provvisorietà e il distacco, per condividere fino in fondo le sofferenze dei suoi fratelli ammalati, muti, ciechi, vecchi e orfani. Ad essi, che egli stesso chiamerà «gli amori del mio cuore,, della mia fantasia e della mia natura», San Ludovico "uomo nuovo" comunicherà la gioia feconda della sua povertà che egli riscopre, alla scuola del serafico Padre, come fonte di ogni altra ricchezza e gli fa nascere nel cuore l’esigenza del servizio e del donarsi sino alla fine. È la gioia della risurrezione che ora lo rende libero e lo fa annunzio di pace e di speranza per una società che in lui riscopre «qualcosa dello spirito di Francesco d’Assisi» (Benedetto Croce).

Nel suo testamento San Ludovico confessa con commovente semplicità: «Il Signore mi chiamò a sé con un amore dolcissimo, e con una carità infinita mi guidò e mi diresse nel cammino della mia vita. L’amore di Gesù Cristo aveva ferito il mio cuore, il mio costato, e le mie mani, i miei piedi, il mio corpo ed esclamavo sempre: o amore, o morire di amore!». L’amore di Dio fu la fiamma che accese un grande incendio nel cuore di questo ardente testimone della misericordia del Padre. Egli infatti non si limitò a dichiarare il proprio amore per i poveri ma, fedele all’insegnamento dell’Apostolo Giovanni, «Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità», lo tradusse in atteggiamenti e in gesti di servizio per ogni forma di umana emarginazione e di palese povertà.

Emulando i santi che, in tempi difficili, non si erano sottratti agli impegni del momento, assunse un’attiva responsabilità nei confronti della società del suo tempo, particolarmente a vantaggio delle gravi forme di povertà che l’affliggevano, calandosi con cuore compassionevole nella concretezza della storia della sua gente e dei suoi drammi quotidiani. In lui si rese presente ed operante la carità del buon Samaritano che viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e gli dona speranza e consolazione. Diede perciò vita all’«Opera degli accattoncelli» per il recupero dei ragazzi che vagavano per le strade di Napoli. Fondò ricoveri e ospizi per i sordomuti, i ciechi, gli anziani, gli orfani e gli scrofolosi; creò convitti, scuole, tipografie, colonie agricole, monti di pietà, bande musicali, e altre innumerevoli opere scaturite dal suo cuore sconfinato come il mare. Per la promozione della cultura cattolica fondò a Napoli un’accademia di Religione e Scienze e diede vita ad altre provvidenziali opere culturali, con l’aiuto dei più eminenti uomini del suo tempo.

Convinto che «l’Africa deve convertire l’Africa», creò a Napoli, i celebri "Collegi dei moretti" per l’educazione cristiana dei giovani africani che egli volle annunziatori del Vangelo nel loro immenso continente. Anticipando i tempi del Concilio Vaticano II, fu attivo promotore dell’apostolato dei laici e dell’Azione Cattolica, oltre che dell’Ordine Francescano Secolare dalle cui file egli trasse i più attivi collaboratori nelle opere di carità e con i quali costituirà due congregazioni religiose, quelle dei Frati della Carità o Bigi e delle Suore Francescane Elisabettine o Bigie.

 

Testimone dell’amore

Il 18 aprile 1993 Papa Giovanni Paolo II nel proclamarlo Beato disse: "Ti saluto Beato Ludovico da Casoria, singolare figura di Frate Minore e ardente testimone della carità di Cristo. Ci commuovono le parole del tuo testamento: il Signore mi chiamò a sé con un amore dolcissimo, e con una carità infinita mi guidò e mi diresse nel cammino della mia vita. La forza di questo amore spinse te, valido studioso e insegnante, a dedicarti ai più poveri; ai sacerdoti ammalati, agli immigrati africani, ai muti, ai ciechi, ai vecchi, agli orfanelli. Santo Ludovico, grande figlio della Chiesa di Napoli, hai fatto tuo il carisma di Francesco d’Assisi e lo hai vissuto nella società del tuo tempo, nel Meridione d’Italia del secolo scorso, assumendo attiva responsabilità nei confronti delle più gravi forme di povertà, calandoti con cristiana compassione nella concretezza della Storia della tua gente e dei suoi drammi quotidiani. L’ampiezza del raggio d’azione del tuo apostolato ci lascia quasi increduli, e ci viene spontaneo domandarti: "Come hai potuto farti prossimo a tante miserie, con tanta fantasia nella promozione umana? E ancora ci rispondono le tue parole: "L’amore di Cristo aveva ferito il mio cuore". Ti chiediamo di insegnare anche a noi a vivere per gli altri e ad essere costruttori di autentiche comunità ecclesiali, nelle quali la carità fiorisca in letizia e in speranza operosa. "I poveri li avete sempre con voi", ci ha detto Gesù. Aiutaci, San Ludovico, a scoprirli, ad amarli, a servirli con quell’ardore che in te ha compiuto meraviglie.

Questo amore che supera ogni sentimento e che è più grande del nostro stesso cuore, non dà tregue a San Ludovico: «I non riposavoscriverà nel 1854 – cercando sempre di fare, per trovare ed avvicinarmi a Dio per mezzo delle creature». E nel suo testamento egli dirà splendidamente: «Non domandavo a Dio, per sfogare il mio amore, l’estasi, il rapimento, le visioni, ma il lavoro, le opere, la fede, la salvezza delle anime». Per i bambini, per gli ammalati, per i lontani, per ogni uomo, San Ludovico divenne un dono di amore, un testimone avvincente e convincente della carità di Dio che non ha confini. La stessa passione per l’Africa nascerà dall’indomabile ansia di San Ludovico di portare l’amore di Dio a tutte le creature, fino a diventare, secondo la felice definizione del Capecelatro, una "crociata di carità".

Nato a Casoria, presso Napoli, da Vincenzo e Candida Zenga, l’11 marzo 1814, Arcangelo Palmentieri fu accolto nel 1832 nell’Ordine dei Frati Minori da lui incontrati nel vicino convento di Afragola. Ordinato presbitero nel 1837, San Ludovico si dedicò di preferenza allo studio e all’insegnamento della filosofia e delle diverse scienze matematiche e fisiche. Mosso dalla grazia che gli aveva acceso nel cuore un fuoco ardente di carità per i poverelli di Cristo, e attento alle istanze sociali del suo tempo, San Ludovico, facendo suo il programma paolino "Mi sono fatto tutto a tutti", dette inizio nel 1847 a molteplici opere caritative, tutte ispirate da un amore appassionato per il Cristo e per i sofferenti di ogni genere.

 

La notte di San Diego

Nella notte di San Diego padre Ludovico, mosso da grande carità verso il prossimo e verso i frati e i sacerdoti poveri, nel convento della Palma istituisce una infermeria-farmacia. Nel 1854 matura l’opera missionaria e caritativa del riscatto e della formazione dei bambini neri venduti come schiavi. Nel medesimo convento egli accoglie anche i primi bambini neri. È alla Palma dove la sua vita di santità francescana si è formata e si è espressa in modo più determinato nella direzione della carità intesa come condivisione di se stesso e dei doni che dalle fonti più diverse arrivavano a lui, vita di santità sempre più si rivelava salvifica per se stesso e per gli altri perché temprata nell’asprezza della croce. Cresce il desiderio di evangelizzare l’Africa, profeticamente espresso nella nota frase: «L’Africa deve convertire l’Africa» i ragazzi di colore da questo momento saranno educati e destinati alle missioni africane per evangelizzare la loro terra di origine. Partiti da schiavi, vi ritornano missionari ed evangelizzatori. Nel 1858 erano già 38 i futuri missionari africani. Ugualmente, si adoperò in favore delle bambine, future missionarie per l’Africa, coadiuvato da suor Anna Lapini, fondatrice delle Suore Stimmatine.

Il "Collegio delle morette" sorge a Napoli, a Capodimonte, il 10 maggio 1859. Per desiderio di Papa Pio IX partecipava attivamente all’opera di conciliazione sociale tra le parti in conflitto all’indomani dell’impresa garibaldina del 1860 e della organizzazione del nuovo stato unitario a Napoli. Uomo di profonda cultura ed esponente autorevole del movimento neo-guelfo napoletano istituisce nel 1864, a Napoli, un’accademia di religione e di scienze, in cui far incontrare intellettuali di formazione cattolica e laica. La sua carità non ebbe confini, travolgente e inarrestabile, fu di sostegno ai poveri, agli ammalati e agli emarginati. Per questi sventurati fonda diversi istituti affidati alle due congregazioni da lui stesso fondate. Nel 1856 lo ritroviamo missionario in Africa a fondare, in località Scellal, un istituto di missione e un ospedale, dopo non poche difficoltà restituito a "Propaganda Fide" il 2 aprile 1867. Per celebrare degnamente il settimo centenario della nascita di San Francesco, nel 1882, si fa promotore di una originale iniziativa di carità: i banchetti offerti ai poveri. A Napoli il 3 ottobre 1882 offre un pranzo a cinquemila poveri. Nel 1883 il Consiglio dei Ministri approva un suo progetto missionario ad Assab.

La morte lo coglie il 30 marzo 1885 a Napoli, in un fervore di iniziative caritative e missionarie. Il 13 febbraio 1964 Papa Paolo VI ne proclamò le virtù eroiche; il 18 aprile 1993 Papa Giovanni Paolo II lo proclamò Beato e Papa Francesco il 23 novembre 2014 lo canonizzò. La vocazione missionaria e una carità senza limiti sono i due poli che caratterizzano l’azione pastorale e la spiritualità di padre Ludovico. La stessa missionarietà che si fa carità nell’evangelizzazione e nella solidarietà: annunzio della Parola e promozione umana. La grande sensibilità e attenzione verso le Chiese giovani dell’Africa è una profetica visione dell’azione missionaria della Chiesa, accolta e proposta dal Concilio Vaticano II. L’ardore di carità, poi, lo identifica a Cristo sull’esempio del serafico padre San Francesco d’Assisi. Si direbbe che nessuna povertà, fisica e morale, resti esclusa dal calore della sua carità, concreta, operosa ed eroica. Certamente si può affermare di padre Ludovico quanto Paolo dice di se stesso: «È lui, infatti, che noi annunziamo, ammonendo ed istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza».

 

Il sogno africano

Sulle opere e sulle iniziative di padre Ludovico da Casoria si sono abbattute tempeste violente e bufere devastatrici. Alcune sono state travolte e sono scomparse. Altre sono state fiaccate. Qualcuna è stata stravolta. La famiglia delle suore Elisabettine ha resistito, è sopravvissuta, è cresciuta, ha intensificato i servizi di carità e li ha estesi pure geograficamente; ha avuto il privilegio di fiorire e produrre frutti nella linea tracciata dal fondatore e attuare il sogno africano, infatti nel 1996 in Etiopia le suore Elisabettine Bige, in accordo con le autorità dell’Oromia, hanno inaugurato il "Centro socio-sanitario" educativo "Padre Ludovico da Casoria". Il 14 giugno 2009 il presidente della repubblica di Etiopia ha inaugurato nel Villaggio Guagnere-Bova la "Casa dei diritti dei Bambini padre Ludovico" con la presenza delle suore Francescane Elisabettine Bigie per attuare e recuperare pienamente il sogno di San Ludovico, che è presente e fa da sentinella.

A tutta la famiglia delle suore Elisabettine Bigie l’auspicio di difendere, curare e sviluppare il ricco patrimonio spirituale e culturale di padre Ludovico perché continui a produrre frutti nel mondo dei più disagiati e il loro istituto possa attingere nuovo vigore di generosità nel servizio della chiesa e il cammino della missione in Etiopia proceda benedetto da Dio e il sogno rivoluzionario di padre Ludovico sia pienamente recuperato.

(Nuova Stagione, n° 5, 12/2/2017)

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ultimo aggiornamento 13 aprile, 2017