Attualità

Paolo Damosso

 

VERSO "LA CASA DI MADRE SPERANZA"

 

Carissimi,

mi piace condividere con tutti voi affezionati lettori di questa rivista, la gioia e l’emozione nel far crescere un progetto che ho particolarmente a cuore da diversi mesi: "La Casa di Madre Speranza".

Si tratta di dare le ali ad un sogno che è frutto di un lungo cammino maturato nel tempo, ovvero quello di allestire un percorso nuovo nelle stanze in cui la Madre ha vissuto e accolto tanti pellegrini che accorrevano per incontrarla e ricevere uno sguardo, una parola, una preghiera.

Gli ambienti che saranno oggetto della nostra attenzione hanno di per sè una grandissima forza evocativa e comunicano una Presenza ancora oggi.

Si tratta di inserire elementi che aiutino una visita "immersiva", per entrare nel cuore del carisma che ci fa incontrare l’Amore Misericordioso, essenza del messaggio di Collevalenza.

Per questa ragione non amo parlare di museo perché è un termine che collego a qualche cosa di passato, di finito, di storico senza avere la forza di rispondere alle domande che viviamo oggi.

Da torinese posso pensare, al riguardo, al nostro Museo Egizio oppure al Museo del Risorgimento che, come appassionato di storia possono interessarmi, senza però coinvolgermi nella mia vita più intima e personale.

Mi piace invece per il luogo in cui ha vissuto Madre Speranza parlare di Casa, un termine che di per sé ti scalda, ti avvolge e ti coinvolge.

Quando si arriva a Collevalenza tutto parla di Lei e tutti parlano di Lei.

Difficile coniugare anche i verbi al passato quando la si ricorda perché Lei vive, cammina, affianca, guarda, incoraggia ed è presente in ogni angolo, pronta a colpire la tua attenzione con il suo sguardo materno per catturarti nel Roccolo…

Entrare nelle sue stanze è un’emozione forte e lo è stata anche per me che pure ero venuto qui già più di vent’anni fa.

I muri parlano, basta fare silenzio, spegnere le ansie quotidiane e… accendere le antenne del cuore.

Non è difficile!

Non c’è oggetto, suppellettile, mobile, foto, quadro che non sottolinei tutto questo e allora ci si accorge che occorre farsi guidare, farsi prendere per mano senza paura e senza fare resistenza.

Ci si sente piccoli di fronte a questo gigante esemplare di vita vissuta alla luce del Vangelo e in dialogo costante con quel Gesù che qui è al centro di tutto, con una presenza che riempie anche l’ossigeno che si respira tra queste colline.

L’idea di toccare gli oggetti presenti, di immaginare una nuova disposizione, di inventare soluzioni narrative ed espositive che aiutino il pellegrino in questo viaggio spirituale, mette i brividi e non mi fa quasi prendere sonno.

Chi sono io per potermi immaginare un percorso lungo questi ambienti?

Ma poi leggi, studi, approfondisci e scopri che questa donna meravigliosa voleva essere una scopa, una patata, una flauta… similitudini povere e semplici come lei è sempre stata.

E questo m’incoraggia!

Una grande mistica ed insieme una donna incarnata nella semplicità, con i piedi per terra, spesso in cucina a preparare da mangiare per i suoi figli, per la sua grande famiglia di Collevalenza.

Madre Speranza è viva, più che mai viva.

Ed allora come è possibile provare a ripensare alla sua stanza, alla sala in cui preparava i cordoni per i sacerdoti, a quella in cui faceva entrare le persone che desideravano il suo sguardo materno?

Occorre vivere e respirare il clima umano e spirituale di Collevalenza.

Occorre incontrare i tanti membri che compongono la sua famiglia. Stare con loro, vivere con loro per un po’. Così ho fatto e sto facendo.

È meraviglioso respirare la freschezza della memoria che si fa viva e presente, fino a diventare tangibile. Questo è Collevalenza.

Qui si tocca la freschezza delle origini, la tensione spirituale che ha mosso le grandi scelte e che ha richiesto tanti sacrifici, preghiere, sofferenze e unità d’intenti.

Con il passare del tempo comprendo una grande verità: la Fondatrice è ben visibile nelle pupille degli occhi delle tante Ancelle, dei padri, dei fratelli, dei laici che ho incontrato qui.

Ognuno mi racconta, s’intrattiene volentieri, vuole spiegarmi e vuole raccontarmi di lei con l’ansia di chi desidera condividere un tesoro che non ha senso tenere per sé gelosamente ma al contrario ha la forza di propagarsi, di entrare, di bussare al cuore di ognuno per non lasciarlo più.

Per questo mi sono messo in viaggio e in ascolto, con pazienza, senza fretta.

Piano piano questo luogo è diventato un viaggio, non solo fuori ma anche dentro di me.

Ogni volta che parto da Torino percorro i circa seicento chilometri senza accorgermene perché sento che in realtà mi avvio verso una ricerca che non si ferma al puro aspetto professionale, ma comprende tutto me stesso.

Ormai ogni cosa mi risulta familiare ed è facile per me incontrare occhi, mani, sorrisi, parole che mi fanno sentire a Casa.

… e torniamo alla parola Casa.

Quel termine che deve campeggiare sul nostro progetto.

Perché la Casa di Madre Speranza è la Casa di tutti.

Una Casa per ritrovare una Madre, una Mamma che ti fa entrare dopo un viaggio, pronta a raccogliere il sudore della fatica e le lacrime delle sofferenze, per condividerle e trasformarle in Sorriso, in Grazia, in… Speranza.

Stiamo lavorando intensamente per realizzare questo ambizioso progetto, pregando e affidandoci soprattutto a Lei, alla Madre perché ci possa ispirare nel miglior modo, nel rispetto dei suoi ambienti, in sintonia con il suo stile e il suo modo d’essere.

Cammino con i miei due compagni di viaggio, Antonella Taggiasco e Antonio Venere della Fogo Multimedia, uniti da venticinque anni per comunicare e divulgare storie di uomini e donne che hanno vissuto il Vangelo nella vita e che devono incoraggiare ognuno di noi, oggi, nel mondo in cui siamo e nel quotidiano che dobbiamo affrontare.

Sarà un piacere per me potervi aggiornare meglio nei prossimi numeri.

Per il momento vi saluto con grande affetto, chiedendovi di pregare per questo progetto e per noi che camminiamo verso una Casa.

La Casa di Madre Speranza.

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ultimo aggiornamento 08 settembre, 2017