pastorale familiare

Marina Berardi

 

La VITA è SACRA, SEMPRE

È da tempo che desideravo farvi partecipi di un progetto controtendenza, di un progetto di vita, o meglio, per la vita nascosta e custodita nel grembo materno. Sono legata da una profonda amicizia e stima ai fondatori della Fondazione Il Cuore in una Goccia e ho pensato che non ci poteva essere migliore occasione del Santo Natale per dire loro un grazie riconoscente per ciò che sono e che operano.

Vorrei partire dalle parole che Papa Francesco ha pronunciato in occasione della solennità del Natale nel suo discorso Urbi et Orbi nel quale non si è stancato di ripetere: "Vediamo Gesù nei bambini… Vediamo Gesù nei bambini…", proponendo un lungo elenco di luoghi di guerra e di sfruttamento in cui i bambini soffrono per le ostilità, la fame, le malattie, la povertà, sono strumentalizzati, privati della loro l’infanzia e arruolati come soldati.

Sembra che questa nostra epoca stia perdendo il senso dell’umano. Noi adulti non riusciamo a custodire ciò che abbiamo di più caro e prezioso: le nuove generazioni, futuro dell’umanità. Così il Santo Padre alla fine del suo messaggio auspica: "Come la Vergine Maria e san Giuseppe, come i pastori di Betlemme, accogliamo nel Bambino Gesù l’amore di Dio fatto uomo per noi, e impegniamoci, con la sua grazia, a rendere il nostro mondo più umano, più degno dei bambini di oggi e di domani".

Purtroppo il nostro modello culturale, oltre a generare "periferie esistenziali", nega il diritto di cittadinanza alla vita stessa quando la si vede o la suppone segnata dall’imperfezione e dal limite.

Eppure anche quest’anno il Natale ci ripropone lo stesso segno: un Bambino. "Oggi, mentre sul mondo soffiano venti di guerra e un modello di sviluppo ormai superato continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale, il Natale ci richiama al segno del Bambino, e a riconoscerlo nei volti dei bambini, specialmente di quelli per i quali, come per Gesù, «non c’è posto nell’alloggio» (Lc 2,7)".

Questa ultima nota evangelica mi ha fatto pensare che nella nostra cultura, per troppi bambini non c’è posto… già nel grembo materno. È una constatazione che esula da ogni giudizio, che si fa attenta a molte donne e coppie dilaniate dal travaglio di una scelta davanti ad una diagnosi prenatale infausta e inaspettata. Per decidere è importante conoscere ed è per questo che ho pensato di parlare della "Fondazione Il Cuore in una Goccia onlus", che nasce nel luglio 2015 dal desiderio del Professore Giuseppe Noia (per gli amici Pino) di tradurre l’esperienza scientifica, clinica e di ricerca di trenta anni di attività al Policlinico Gemelli, Università Cattolica in una realtà che esprimesse il servizio sul piano sociale di una medicina condivisa, di una scienza che oltre il camice indossasse anche il "grembiule", di medici che si pongono gratuitamente al servizio di colui che è in assoluto il più debole e fragile tra tutti: il feto con grave patologia e malformazione. Lo farà insieme a sua moglie Anna Luisa La Teano e all’amica Angela Bozzo.

Lascio che siano loro a presentare il toccante progetto1: "L’ispirazione e vocazione dei tre Fondatori, inscindibilmente accomunati da una Fede fervida, che vuole tradursi in opera per i più deboli e che, nella Difesa e Custodia della vita nascente, trova una delle sue più belle e amorevoli espressioni, hanno portato alla realizzazione, in brevissimo tempo, di iniziative ed eventi importanti, che rappresentano, però, solo il primo passo di un lungo cammino da percorrere insieme. 

È d’obbligo menzionare un incontro speciale che, con il senno di poi non possiamo pensare casuale, quello del professore Noia con la Santa Madre Teresa di Calcutta. Un incrocio di destini che si traduce in compito da portare a termine e in fonte perenne di ispirazione.

La fondazione ha lo scopo di favorire, sostenere e promuovere l’attività di ricerca scientifica e la diffusione di una cultura preconcezionale, prenatale e postnatale che tuteli la vita e la salute della madre e del bambino.

La fondazione si impegna a sostenere concretamente tutte le donne, in gravidanza e non, con un’assistenza basata sulla vita, un’accoglienza amorevole, un accompagnamento della Vita nascente nella Fede e nella Speranza, intervenendo umanamente con i più alti standard medici, etici e scientifici.

Si rivolge, dunque, in primis, alle famiglie, alle donne e ai bambini, ma anche al mondo Medico-Scientifico con finalità di ricerca, informative e di diffusione di approcci medico-paziente che non vadano ledere e mortificare la dignità e la sacralità della vita nascente e delle famiglie ad essa legate.

I quattro campi di attività in cui la Fondazione si impegna sono: Prevenzione, Informazione, Terapia e Accompagnamento in relazione a tutte le fasi della vita nascente: Preconcezionale, Prenatale e Postnatale".

In particolare, la Fondazione si muove attraverso tre rami operativi: Medico-scientifico, Familiare-Testimoniale e Spirituale.

L’operatività del braccio Medico-scientifico è rivolta, oltre che alla ricerca medica e ai progetti divulgativi, alla diffusione di approcci medico-paziente che, in presenza di patologie fetali, rispettino la sacralità della vita nascente e delle famiglie ad essa legate e lascino, attraverso un’informazione scientificamente corretta e neutrale, una libertà di coscienza che porta a scelte più consapevoli, evitando, così, i danni che, decisioni indotte dal contesto esterno o non adeguatamente maturate, possono causare alla salute psicologica della madre e della famiglia e i cui effetti sono spesso taciuti o minimizzati.

Il braccio Familiare-Testimoniale opera attraverso la creazione di una rete di supporto fatta di famiglie, alcune delle quali hanno già vissuto la durissima esperienza della perdita o malattia del proprio bambino; esse, nel decidere di raccontarla e condividerla, aiutano e forniscono sostegno a quelle famiglie che si trovano oggi ad affrontare il difficile cammino da loro percorso.

Il braccio Spirituale opera attraverso l’organizzazione di cenacoli di preghiera e incontri di vario genere che diventano occasione di ritrovo, riflessione e conforto per le famiglia e non solo.

La Fede è lo sfondo che colora l’operato della Fondazione, è la fonte di ispirazione della Missione" 2.

È la vita stessa a spiegare il senso dell’esistenza del Cuore in un Goccia, di quello che fa e del modo in cui opera e lo fa con storie rese sacre da un dolore vissuto nell’amore. Sono le stesse mamme e papà dei piccoli angeli a raccontarle.

Basta una sola di queste storie per dare tutte le risposte sul perché della scelta di queste famiglie, su cosa si deve affrontare e su dove si arriva. In esse trova sfogo un fiume di sentimenti ed emozioni: il rifiuto della malattia,  i mille dubbi, le paure e le angosce, l’incomprensione della società e della famiglia, la solitudine e il dolore, fino ad arrivare ad un’inspiegabile trasformazione; quest’ultima, ha inizio nel momento della scelta di lasciar "scorrere la vita" rimettendosi al volere di Dio; si evolve attraverso un incondizionato amore per il proprio bambino malato, che diventa egli stesso la forza che sostiene i genitori nell’affrontare gli ostacoli che la malattia, ogni giorno, pone loro davanti; e sfocia, infine, in un senso di pace e serenità che appare, agli occhi di chi legge, come assolutamente disarmante, considerato il  durissimo percorso affrontato.

Nei loro racconti, i genitori "testimoni" mettono a nudo il proprio cuore e la propria anima, narrando e descrivendo, con dovizia di particolari e senza filtri, i loro pensieri e sentimenti in ogni momento della loro esperienza; ed è probabilmente questa autenticità a rendere la loro narrazione di enorme impatto emotivo.

Ecco perché pensiamo che sia fondamentale condividere con più persone possibili il racconto di queste esperienze: affinché siano strumenti di comprensione dell’immenso valore della Vita e aprano alla riflessione su di essa e sul mistero che la avvolge; affinché possano aiutare altre famiglie nelle stesse condizioni; affinché mettano in dubbio lo schema culturale, oggi  dominante, "della perfezione" come condizione di esistenza dell’essere umano.

Nella Fondazione, infine, operano famiglie che, insieme a quelle "testimoni", sono definite "famiglie cireneo". Non hanno sofferto l’esperienza di un bambino incompatibile con la vita o con gravi problemi malformativi ma sentono nel cuore di affiancare le famiglie nella sofferenza operando una condivisione umana e spirituale, secondo il principio delle piccole gocce d’amore che come un sorriso  sembrano insignificanti agli occhi degli uomini ma sono invece un vero e proprio oceano  di carità agli occhi di Dio.

 

La storia di Antonio

Mi chiamo Libera, sono sposata con Alessandro e abbiamo un bambino di 17 mesi. Voglio raccontarvi la nostra storia. Nel marzo del 2015 abbiamo scoperto di aspettare un bambino, una gioia immensa!! 

Questa gioia, però, è stata presto turbata: il test combinato, infatti, risultava alterato per la presenza di una translucenza nucale superiore alla norma. Da qui l’inizio di  mille ansie e paure. Ci avevano detto che probabilmente il bambino sarebbe nato affetto da qualche malattia e che dovevamo pensarci bene se mandare avanti o meno la gravidanza. Io non avrei avuto mai il coraggio di interrompere la gravidanza, se lo avessi fatto, magari influenzata dalla società circostante, mi sarei sentita una persona orribile, non più meritevole di essere amata da Dio. In realtà non è difficile essere spinti verso questa scelta perché le persone ti dicono di tutto e, nel momento di confusione in cui ti trovi, potresti dar retta a ciò che ti viene detto ("Pensaci bene non è facile star dietro ad una persona con difficoltà..", "È ingiusto mettere al mondo una persona che sarà sempre infelice e non si sentirà accettata da nessuno..."). Sono questi i momenti in cui ti rendi conto di quanto noi esseri umani possiamo essere "poveri", capaci di sopprimere una vita solo perché non ha i "requisiti" richiesti; vite considerate anormali e pertanto non degne di esistere e che invece hanno tanto da insegnarci e donarci ogni giorno. Loro ci amano così come siamo, non ci "scelgono", sono ignari di che tipo di persona avranno di fronte una volta venuti al mondo. Perché non sforzarsi di fare la stessa cosa?

Nel frattempo tramite il C.A.V. (centro aiuto alla vita) Joshua di Melfi, riuscii a mettermi in contatto con il Prof. Giuseppe Noia. Lo raggiunsi a Cosenza. Fu il primo a farmi ascoltare il battito del mio bambino, perché altri medici ormai lo davano già per "spacciato", fu un’emozione immensa! Quando dissi al professore che era la prima volta che ascoltavo il cuoricino del mio bambino, fece una faccia meravigliata. In quel momento mi sono detta: "c’è una vita in me ed io la proteggerò ad ogni costo", sarei andata contro chiunque. Il Prof. Noia, osservando i dati ecografici, riscontrò un igroma cistico dietro la nuca di nostro figlio Antonio. Ci spiegò con calma di cosa stava parlando e ci rassicurò poiché, in casi come il nostro, il 68% dei bambini affetti da questo tipo di malformazione nasce sano. Per me fu una notizia stupenda! Però mi disse che comunque avrei dovuto sottopormi ad un’amniocentesi. Mi fidai subito delle sue parole, seguii tutte le sue indicazioni ed il 15 giugno ero da lui al Policlinico Gemelli di Roma ad effettuare l’esame.

Aspettammo vari giorni l’esito dell’amniocentesi, furono i giorni più lunghi della nostra vita. Pregavo il Signore affinché mio figlio fosse sano, allo stesso tempo però dicevo che se non fosse stato così significava che il Signore mi aveva dato in mano una missione, quella di accompagnare mio figlio nelle sue eventuali difficoltà, che avrei accettato con tutto il cuore e tutto l’amore. Arrivarono finalmente i risultati dell’amniocentesi ai principi di Luglio, Antonio era sanissimo!! Nacque il primo Dicembre.

Ringraziai e ringrazio ancora Dio di avermi fatto questo dono e per averci messo accanto persone speciali come il Prof. Noia e tutti i suoi collaboratori. Spero che il racconto della storia di Antonio possa essere d’aiuto per tutte quelle persone che si trovano oggi a vivere la nostra stessa esperienza.

Grazie. Libera


1) www.ilcuoreinunagoccia.com

2) Come lo chiamate? L’accoglienza della vita come risposta alla patologia prenatale: raccolta di testimonianze. Ed. Fondazione il Cuore in una Goccia.

 

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ultimo aggiornamento 12 gennaio, 2018