"La melodia dell’Amore Misericordioso:
il
dono del per-dono"

 

(Roberto Lanza)

 

"... non come un giudice per condannarli e infliggere loro un castigo,

ma come un padre che li ama, che li perdona,

che dimentica le offese ricevute  e non le tiene in conto."

 

Madre Speranza, ha richiamato l’attenzione della Chiesa e dell’uomo sull’Amore Misericordioso di Dio. Un tema che è al centro del Vangelo; già nel novembre 1927 lei scrive nel suo Diario di aver ricevuto la missione di "far sì che gli uomini conoscano il buon Gesù non come un padre sdegnato per le ingratitudini dei figli, ma come un Padre pieno di bontà che cerca con ogni mezzo di farli felici".

Tutta la sua "opera" avrebbe dovuto contribuire a far sì che Dio fosse riguardato non come un giudice pronto a giudicare e infliggere un castigo, ma come un padre buono che attende il figlio prodigo, come un amico fedele disposto a soccorrerci, aiutarci, scusarci, sacrificarsi per noi! Quando parliamo di perdono, e molto di più quando siamo chiamati a darlo o a riceverlo, sperimentiamo quasi sempre una sorta di imbarazzo, un blocco interiore della nostra logica umana. Il passare degli anni ci lascia ferite nell’anima, ci sono offese non perdonate nel cuore. Ci sono sentimenti che spesso ci impediscono di perdonare. L’orgoglio, il fatto di pensare che abbiamo ragione, il considerarci più importanti di quello che siamo, l’ingrandire le dimensioni dell’offesa. Ci crediamo migliori di coloro che ci hanno offeso e perdonare ci fa mettere al loro stesso livello. Per questo vogliamo che chi ci ha offeso si umili, impari una lezione, cambi, non lo faccia più. La difficoltà maggiore che abbiamo in noi a vivere il perdono, spesso può nascere dal fatto che pensiamo immediatamente alla nostra incapacità di perdonare, alle ferite quasi irrimarginabili che le offese producono in noi, al rancore che ci portiamo appresso come una forza che sembra superare la nostra volontà e il desiderio di migliorarsi. Anche la Madre Speranza, come ognuno di noi, ha fatto esperienza di questa difficoltà, e ha dovuto imparare quanto distano le reazioni del cuore di Dio dalle reazioni del cuore umano.

Tutti abbiamo sentito parlare del perdono, però per quanto sembri scontato, molto spesso non sappiamo cosa sia esattamente, e soprattutto perché può essere così importante perdonare. Molte volte quando parliamo di perdono ci limitiamo a credere che sia una specie di indulgenza a buon mercato, una specie di "buonismo" umano con il quale accogliere le persone che ci hanno fatto del male. Dobbiamo cercare di purificare la nostra coscienza e riconoscere che a volte non comprendiamo fino in fondo il vero significato del perdono cristiano, ci sono troppi "luoghi comuni" che condizionano il nostro pensiero e soprattutto la verità sul perdono. Quando ci troviamo di fronte a questa parola dovremmo avere, invece, sempre la percezione di trovarci di fronte a qualcosa di veramente grande, oserei dire davanti a qualcosa di una portata immensa e profondamente radicato al mistero di Dio stesso.

Per questo credo che il significato profondo di perdono e di misericordia, siano molto più ampi di quello che le singole espressioni linguistiche possano intendere. Perdonare, infatti, non significa far finta che non sia successo nulla, o che gli altri si approfittino di noi.

Non è una scelta morale od etica, non è frutto di una "strategia", non è un’arma da usare per ottenere altrettanto dall’avversario, non è una sorta di "patteggiamento di pena", e nemmeno una logica di opportunismo per affermare la propria onnipotenza. Non è uno "sforzo" e nemmeno credere che il tempo cancelli l’offesa, e soprattutto non è semplicemente scusare con leggerezza qualcuno e ritenersi deboli davanti agli altri. Perdonare non è dimenticare, quante volte ci è capitato di sentire parole del genere: "Non posso perdonare perché non posso dimenticare quello che mi ha fatto." In fondo se perdonare significasse soltanto questo, che cosa ne sarebbe delle persone dotate solo di memoria eccellente? È, invece, vero il contrario l’atto del perdono deve comportare una buona memoria e una conoscenza lucida dell’offesa proprio perché il perdonare purifica la memoria e la aiuta a guarire attenuando l’intensità dell’offesa ricevuta. Così come perdonare non significa rinunciare ai propri "diritti"; Gesù quando si trova davanti a Pilato e viene schiaffeggiato dice testualmente: "Perché mi percuoti se non ho fatto niente di male"? Spesso noi cristiani facciamo questo errore, ossia quello di assimilare il perdono ad una forma di resa di fronte all’ingiustizia. Il vero perdono non si nasconde la verità. Il vero perdono riconosce che è stato davvero commesso un errore, ma afferma che la persona che l’ha commesso merita comunque di essere amata e rispettata. Perdonare non è giustificare un comportamento: lo sbaglio rimane uno sbaglio. Il perdono che non combatte l’ingiustizia non è per nulla un segno di forza, ma piuttosto un segno di debolezza e di falsa tolleranza. Per questo si dice che il perdono è il vertice della giustizia, ossia esiste, una giustizia più profonda che va oltre la legge, c’è una giustizia più profonda che è una giustizia "divina", è quella giustizia che si chiama perdono, che non dà a ciascuno il suo, ma che si sente in debito con ognuno di ciò di cui l’altro manca. È l’atteggiamento di Dio che ci perdona gratuitamente e ristabilisce comunione dove noi l’abbiamo rotta. È così che Dio rivela la sua giustizia e rende giusto, giustifica, colui che crede in Cristo e che per fede accoglie il dono della giustificazione: la giustizia di Dio è dunque misericordia.

Cosa si intende, dunque, per perdono? L’Amore Misericordioso cosa è venuto a dirci?

La Madre Speranza così scriveva: Se qualcuno ha avuto la disgrazia di offendere Gesù, non esiti un istante, corra da Lui per chiedergli perdono perché egli l’accolga come Padre buono poiché Egli l’attende con grande trepidazione e tenerezza. Allora vedrete come l’Amore Misericordioso vi stringerà a sé con l’infinita dolcezza del suo cuore e vi meraviglierete di costatare che Egli stesso vi ha attirato a sé proprio quando lo credevate adirato e pronto, con la spada in mano, a vendicarsi delle offese ricevute"1.

Queste parole della Madre ci rimandano direttamente al vangelo, quando davanti alla samaritana Gesù così risponde: "Se tu conoscessi il dono di Dio." È questa, infatti, la chiave di lettura con la quale non solo leggere l’identità più profonda del perdono, ma anche di scoprire il grande tesoro racchiuso in tale atto di amore che ci rimanda all’essenza stessa di Dio, di un Dio che è DONO, che è diventato DONO per noi. Giovanni Paolo II° pronunciò nella sua visita al Santuario di Collevalenza queste parole: "Voi vi presentate, infatti, con un emblema: Cristo Crocifisso e Cristo Ostia, che rappresenta le espressioni più sublimi della donazione e dell’amore di Gesù; ed avete fatto particolarmente vostro il suo invito: "Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati"2 .  Cristo con il sacrificio di sé stesso, ha pagato il prezzo della nostra redenzione e questo dono, è inseparabile dal suo essere e sentirsi consacrato da Dio, quindi in sostanza, Egli è simultaneamente sia Sacerdote, sia Eucaristia (Ostia), ecco perché poi il Crocifisso dell’Amore Misericordioso ha dietro di sé proprio un Ostia. Il crocifisso dell’Amore Misericordioso raffigura il Cristo nello spasimo della morte, ma nella regale serenità di Colui che innalzato da terra, vuole attirare tutti a sé con la forza dell’amore. È un Cristo vivo, sereno, con gli occhi rivolti verso l’alto, un "immagine" che fa comprendere molto bene ed in maniera determinante che Gesù si è immolato per noi mentre eravamo ancora peccatori per darci la vita: "Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio"3 .

Gesù ha dato la sua vita volontariamente. Il suo non è un morire, ma un realizzare la propria vita come dono totale d’amore. Nessuno può togliere la vita a Colui che è vita di tutto. Egli ha dato la sua vita mettendola a nostra disposizione, con un atto libero di amore. Il suo "deporre" la vita ha come fine il riceverla di nuovo. In Lui la vita diventa ciò che è: circolazione viva d’amore, dono ricevuto e dato. La vita è amore, si realizza solamente nel dono di sé. Questo l’Amore Misericordioso è venuto a rilevarci: un Dio che si è donato sulla croce per i suoi figli, e la genesi del suo perdono universale, concesso dalla croce, nasce proprio da questo atto di donazione, di dono gratuito. La croce è la manifestazione più chiara del perdono, essa ci vuole comunicare, nel profondo del nostro cuore, che Dio è il Dio che perdona e che non esiste peccato, che egli non possa perdonare. Il massimo dell’Amore è il "DONARSI", e Dio ha permesso, ha voluto, che suo Figlio "desse la vita" e morisse di quella morte di croce, per svelare se stesso, e a che punto è arrivato il suo Amore Misericordioso per l’uomo. Il Vangelo ci dà questa certezza: dall’alto della croce è risuonata la sentenza definitiva di Dio per l’uomo, misericordia!

Questo perdono dalla croce è l’immagine di un Padre che ci perdona, ci guarisce, ci abbraccia, ci fascia le ferite, ci raggiunge là dove ci siamo cacciati lontani da Lui, dove lo abbiamo rifiutato. Anche per noi vale certamente quella richiesta di clemenza, e quasi di comprensione di Gesù: "Perdona loro perché non sanno quello che fanno"4. Conoscere l’Amore Misericordioso significa sentire il "fascino" irresistibile di una vita donata per il Vangelo, una vita realizzata, vissuta nel dono totale di sé agli altri. L’Amore Misericordioso, ci chiama per nome, ci conosce, perché siamo suoi, ha solo una preoccupazione: che ciascuno di noi abbia la vita e l’abbia abbondantemente! Noi gli apparteniamo, per questo non ci abbandona mai. L’Amore che Cristo ci comunica è un Amore Misericordioso che va fino al dono totale di sé.

Non è forse questo il senso profondo dell’eucarestia?

Nella celebrazione eucaristica, siamo chiamati a rinnovare ciò che ha fatto Gesù, alla vigilia della sua passione: siamo chiamati ad offrire noi stessi a Dio nell’impegno della carità e ad anticipare già ora, in questo mondo, la lode e il ringraziamento a Dio. In definitiva, ogni celebrazione eucaristica ci pone davanti alla chiamata di diventare dono per i fratelli e per la vita del mondo. Il Concilio Vaticano II°, nella Costituzione sulla Sacra Liturgia, proclama che tutti i fedeli, "rendano grazie a Dio, offrendo la Vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, e imparino ad offrire se stessi". Ecco il Dono di Dio, un amore perfetto, che pensa solo a dare, non per interesse, ma a donare tutto per amore.

Dio ci ha creati per amarci, non per essere da noi amato, non ci ha creati per aumentare la propria gloria, ma solo per riversare su di noi la sua vita divina. L’amore di Dio, si esprime soprattutto in questa esperienza del quotidiano, in un continuo dono gratuito, Per sua stessa natura, infatti, l’amore può darsi solo come dono permanente. Non è permesso amare solamente per un pò di tempo o in un determinato contesto; l’amore è per sua stessa definizione "per SEMPRE" ed in "TUTTO".


1 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

2 Gv. 15,12

3 Gv. 10, 17-18

4 Lc. 23,34

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ultimo aggiornamento 12 aprile, 2018