pastorale familiare

Marina Berardi

Famiglia, «vuoi guarire?»

L’icona dal sito: www.larpadidavide.blogspot.com

 

Giovanni nel suo vangelo ci narra di un uomo paralitico che da 38 anni prova ad immergersi nell’acqua della piscina di Betzatà con il desiderio di guarire. Come lui stesso afferma, però, non ha nessuno che lo aiuti e c’è sempre qualcuno che scende nella piscina prima di lui. Così, quando tutto appare inesorabilmente perso e la speranza sembra cedere il posto alla rassegnazione, Gesù, vedendolo, gli chiede: «Vuoi guarire?» (cf. Gv 5,1-16). La domanda non è superflua ma risponde alla pedagogia di un Dio che non ci salva per forza, che non ci salva senza il nostro assenso. La condizione necessaria per essere guariti è, infatti, la consapevolezza di essere malati, di essere feriti, peccatori, di avere bisogno di aiuto. Chi di noi può farcela da solo? Qual è la famiglia che non porta in sé i segni della fragilità e che magari attende di essere curata, anche con il sostegno di altri?

Gesù è come se volesse costringere quell’uomo a guardare dentro di sé, se volesse spingerlo a essere protagonista della propria guarigione, proprio partendo da un "sì". Allora potrei chiedermi anch’io: Cosa risponderei? Voglio realmente che la mia storia personale, la mia vita coppia, la nostra famiglia guarisca? Cosa faccio perché ciò avvenga? Mi piace pensare che Gesù, oggi come allora, continui a rivolgersi ad ogni singolo "tu", in particolare a quella famiglia i cui progetti di felicità sono andati in frantumi per il peso della delusione, della stanchezza e della sofferenza, lasciando spazio ad una rabbia e a un conflitto distruttivi.

La domanda e il gesto che Gesù compie richiedono una personale adesione. È nella scelta che si nasconde la novità della salvezza, è lì che si sperimenta la prorompente forza della grazia, la gratuità dell’amore di un Dio che viene ad assumere la nostra fragilità umana per dare un senso nuovo e pieno al nostro peregrinare.

Per poter guarire, oltre a dare un nome a ciò di cui soffriamo, occorre che apriamo la porta del cuore affinché cresca il desiderio di collaborare con ciò che il Signore per primo vorrebbe donarci, anche quando questo non coincidesse con le nostre attese. Lui ci raggiunge attraverso la Parola, i sacramenti, gli eventi, le persone che ci fa incontrare e ci assicura, come dice M. Speranza, che nel viaggio della vita non ci lascia soli: «Io sono con voi tutti i gironi, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

"La nostra esistenza – ci ricorda Papa Francesco - è un pellegrinaggio, un cammino", dove "la speranza cristiana… trova la sua radice non nell’attrattiva del futuro, ma nella sicurezza di ciò che Dio ci ha promesso e ha realizzato in Gesù Cristo… È proprio dove dilaga il buio che bisogna tenere accesa la luce…

Il santo popolo fedele di Dio è gente che sta in piedi – "homo viator" – e cammina, ma in piedi, "erectus", e cammina nella speranza. E dovunque va, sa che l’amore di Dio l’ha preceduto: non c’è parte del mondo che sfugga alla vittoria di Cristo Risorto. E qual è la vittoria di Cristo Risorto? La vittoria dell’amore" (Udienza generale 26.4.2017). Un amore destinato a rimanere vivo ed eterno.

Il viaggio della vita è bello perché vissuto con l’altro e per l’altro, con il quale ho scelto di condividere un progetto, di raggiungere una meta; diventa un dramma quando ci si ritira nella solitudine, si cercano compagni di viaggio alternativi, ci si ferma in stazioni isolate, si fa salire chi non ha il biglietto, si prova a vivere il brivido del superare il passaggio a livello nonostante il semaforo rosso…

Tutti abbiamo bisogno dell’altro/a, tutti riconosciamo quando chi ci è accanto è attento e interessato al nostro bene, a far crescere la relazione, alla "salute della famiglia". E già, non c’è solamente la salute fisica – alla quale noi siamo scrupolosamente attenti! – ma anche quella della relazione. Ce lo insegna Gesù che, più volte nel vangelo, guarisce le malattie come segno di una guarigione più profonda, quella del cuore.

Quanto è importante saper guardare con amore l’altro; saper scorgere con stupore i suoi successi, sia pure piccoli; saper vivere la tenerezza e la compassione di fronte a una fragilità; accorgerci di chi abbiamo accanto e sentirci interpellati dalla sua vita, una vita che mi appartiene e alla quale appartengo; condividere con l’altro i sogni e le inevitabili fatiche.

In un tempo in cui le religiose non erano solite recarsi in famiglia, Madre Speranza invitò ad un sano realismo le Suore che si apprestavano a partire per la Spagna. Fu un viaggio inaspettato quanto desiderato, preparato in pochissimo tempo: "Vedrete – diceva loro - che se anche partite con gioia, vi diventerà pesante, proverete sonno e stanchezza… Bene, che tutto vi serva per imparare a dire: ‘Signore, quanto stancano i viaggi! Anche dopo averlo tanto desiderato, quanto sono stanca, quanto desidero arrivare alla meta’! Meditate su queste cose durante il vostro viaggio. Sia nell’andata che nel ritorno, incontrerete sempre la santissima Madre che vi accompagnerà e vi darà forza per proseguire il cammino" (Esortazioni, 28.12.1959). La Vergine Maria è la compagna di viaggio di ogni famiglia; fu proprio Lei a trasformare una situazione imbarazzante per una coppia di sposi in fonte di gioia quando, alle nozze di Cana, spinse Gesù ad operare il suo primo miracolo: trasformare l’acqua in vino.

"Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37)… e tutto possiamo in Colui che ci dà forza (cf. Fil 4,13).

La ricetta della felicità non è data dall’assenza di difficoltà o di problemi anzi, questi diventano l’occasione per farla brillare, per renderla più intensa, più nostra, frutto di un’appassionata ricerca ed impegno, ma anche dono gratuito. È quanto ci testimonia con la vita una pittrice e ballerina eccezionale, Simona Atzori, nata priva delle braccia. Mi sono imbattuta in una videoclip della cantautrice Cli, nel suo singolo "Tacco punta"1, nato proprio dall’incontro e dall’amicizia con Simona. È "un inno ai piccoli passi, a quelli meno visibili esteriormente ma proprio per questo più importanti, ai nuovi inizi che segnano nuovi percorsi, alla vita che quotidianamente ci sorprende, alle nuove avventure nelle quali ci buttiamo nonostante i nostri limiti o le nostre paure, allo slancio che troviamo dentro anche quando pensiamo di non farcela2.

 Simona Atzori, di recente, ha pubblicato l’ultimo suo libro dal titolo La strada nuova, "nel quale racconta il percorso eccezionale che l’ha portata a scoprire le proprie potenzialità e insieme ad accettare i propri limiti", in una "quotidianità fatta di entusiasmo e amore per l’arte in tutte le sue sfaccettature, ma al contempo di difficoltà superate con tenacia e spirito di intraprendenza. Cli appare come osservatrice della scena, così come lo siamo noi; Cli è colonna sonora e compagna silenziosa, ma attenta nella giornata di Simona, capace di collezionare in una specie di "valigia dei ricordi" i momenti più belli e intensi della vita quotidiana della ballerina"3.

Simona, in una coinvolgente intervista rilasciata in occasione di un incontro al Sermig di Torino, tra le altre cose, ha ricordato con realismo: "Le difficoltà all’inizio ci sono state e non possiamo negare che non sia stato un colpo per la mia famiglia, però non ci hanno fermato. Abbiamo imparato a vivere questa vita con i miei piedi che sono le mie mani, insieme…"4. A volte, come dice Cli nel canto, la vera possibilità, al di là dei nostri sogni, è quella di scegliere, ascoltando le proprie cicatrici, le scarpe per non scivolare; capire è un passo per la serenità.

La vita è un viaggio insieme, alla ricerca della felicità. Tutti possiamo esserlo e Simona, con un titolo stimolante dato a un suo precedente libro, ci invita a riflettere su una domanda: Cosa ti manca per essere felice? È sempre lei che, in un’intervista, spiega: "Credo che ci siano tanti modi per essere felici, soprattutto pensare che la felicità sia un viaggio dove ogni giorno trovare un qualcosa, anche di molto piccolo, per essere felici e contenti di quello che abbiamo, senza andare alla ricerca di qualcosa che non c’è o che manca o che è chissà dov’è, perché tutto quello che ci serve lo abbiamo dentro di noi. La mia fede nasce dalla voglia di vivere e dal pensare che la vita sia un dono straordinario; a me piace vivere e piace pensare che questo dono è così grande che non può andare perso neanche per un istante, quindi ogni giorno trovare un senso e dare un senso a questa vita perché possa avere non solo un senso per me ma anche per tutte le persone che mi stanno attorno".

Quanto è importante accorgersi degli altri, di chi ci vive accanto e, perché no, aiutare e lasciarsi aiutare. Ho visto famiglie, invece, che nel viaggio della vita hanno imboccato la strada dell’autosufficienza, nell’illusione di bastare a se stesse; quella del ripiegamento vittimistico, che paralizza; quella della contrapposizione e della lotta, che fa disperdere le energie… per poi ritrovarsi inesorabilmente nel tunnel dell’infelicità e del non senso. La guarigione nasce nella relazione e dalla relazione, che apre alla bellezza, allo stupore e alla gioia della reciprocità. È ancora una volta Simona a testimoniarcelo: "Il dono di non essere dipendenti è una cosa che ho imparato perché io volevo riuscire a far tutto da sola, più cose possibili; però c’erano delle difficoltà oggettive, proprio pratiche. Si è più umili e intelligenti nel saper accettare di aver bisogno degli altri, piuttosto che cercare di far tutto da soli. Io sono fortunata perché non posso andare in giro da sola e perché ogni cosa che io vivo la condivido con qualcuno. Io sono felice di aver bisogno degli altri"5.

Come il paralitico, tutti abbiamo bisogno di Gesù, che oggi si fa presente nella nostra vita attraverso le persone che mette sul nostro cammino: la strada nuova siamo ciascuno di noi per l’altro, come questi lo è per noi. Simona e la sua famiglia lo sono stati per me, così come lo sono gli eventi e le storie di vita che ogni giorno avvicino e che spesso sono lì, sul ciglio della piscina.

Papa Francesco, nell’omelia di Pentecoste, ci ha indicato una medicina da prendere non solo quando si ha bisogno di "un cambiamento vero": "un ricostituente"… lo Spirito Santo! Si chiede il Papa: "Chi di noi non ne ha bisogno? Soprattutto quando siamo a terra, quando fatichiamo sotto il peso della vita, quando le nostre debolezze ci opprimono, quando andare avanti è difficile e amare sembra impossibile. Allora ci servirebbe un ricostituente forte: è Lui, la forza di Dio…". Poi suggerisce di "dire, al risveglio: ‘Vieni, Spirito Santo, vieni nel mio cuore, vieni nella mia giornata". "Lo Spirito, dopo i cuori, cambia le vicende. Come il vento soffia ovunque, così Egli raggiunge anche le situazioni più impensate"6 … e ci guarisce in profondità.


1 https://www.youtube.com/watch?v=5tr1iwHl61Y : foto da un fermo immagine della videoclip

2 Angela Lonardo, http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2018/03/28/tecco-punta-un-inno-alla-vita-e-alle-sue-imprevedibili-svolte/

3 http://musicorner.altervista.org/contatti/15-notizie/891-clitra-la-musica-e-l-amicizia-con-simona-atzori-nel-brano-tacco-punta

4 https://www.youtube.com/watch?v=x52D5grlsGw

5 Da una intervista in occasione del viaggio al Saint Martin, in Kenia. Trascrizioni non riviste da Simona Ataori.

6 Papa Francesco, Omelia, 20 maggio 2018.

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ultimo aggiornamento 14 giugno, 2018