dagli scritti di madre speranza

a cura di P. Mario Gialletti fam

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983. Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso e del Santuario di Collevalenza

È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione;
il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata venerabile;
il 5 luglio 2013 è stato riconosciuto il miracolo avvenuto per sua intercessione;
il 31 maggio 2014 è stata proclamata beata.
la festa liturgica si celebra il giorno 8 febbraio.

Quanto mi ha impressionato questo, padre mio!

5 novembre 1927: dal diario della beata Madre Speranza

…il buon Gesù mi ha detto che io devo riuscire a farlo conoscere agli uomini non come un Padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli e li segue e cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro. Quanto mi ha impressionato questo, padre mio!

Nel 1933 scrive ancora:

Pensiamo che un’anima, dal momento che si consacra a Gesù, deve sforzarsi di perpetuare sulla terra il Suo sacrificio come vittima immolata. Che meraviglia! Naturalmente al sacrificio va unito l’amore e così realizzeremo la sublime dottrina del Vangelo che dice: «Non può essere mio discepolo chi non prende la sua croce e mi segue. Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato».

 

L’aspetto più sublime e più impegnativo del nostro camminare sulle orme di Gesù si concretizza e si manifesta nel modo di vivere il nostro rapporto con gli altri non rinunciando mai anche a sacrificarsi per il loro bene, anche quando essi non si comportassero bene o creassero problemi.

Le norme di ogni collettività devono essere precise nel presentare ciò che è ritenuto giusto in quell’ambito; e tutti devono ispirarsi a quell’ideale indicato per sapere cosa è giusto. Qualunque cosa avvenga, ognuno deve rifarsi a quelle norme per capire ciò che è giusto per tutti ma, soprattutto, per capire quali sono le norme alle quali ispirarsi nelle vicende della vita e capire ciò che ognuno – in prima persona - è chiamato a fare in conformità a quelle norme.

Ma la vicenda della vita è fatta anche di infedeltà di alcuni, di contrasti di altri, di malintesi che generano reazioni diverse. In questi casi si può passare alla critica, alla condanna, alla mormorazione, al semplice raccontare come pettegolezzo. Atteggiamenti molto comuni, molto frequenti che il Signore decisamente non tollera.

La Madre indica un atteggiamento diverso.

 

Quanto mi ha impressionato questo, padre mio!

Scrive ancora la Madre nel 1933 (El pan 3, 58-62).

Per il semplice fatto di essere spose di Gesù, noi religiose formiamo una famiglia distinta e, proprio per questo, dobbiamo evitare nelle parole, nei modi e nei sentimenti tutto ciò che è volgare e maleducato, che è proprio solo delle persone senza educazione. Siate amabili nel tratto, compiacendovi mutuamente in tutto quello che non è offesa di Gesù, usando buone forme nel chiedere o negare qualche cosa, ugualmente nel comandare.

La carità chiude gli occhi sui difetti degli altri interpretando favorevolmente tutte le azioni, le guarda con occhio semplice e retto e mai le prende a male, cercando di scusare almeno l’intenzione quando non potesse giustificare l’azione. Sopportino senza mormorazioni o risentimenti il disprezzo, le offese, le stranezze di carattere o cose simili.

Formando tutte un medesimo corpo, si soccorreranno e aiuteranno mutuamente nelle proprie necessità, si consoleranno nei momenti tristi e si rallegreranno del bene delle altre. Se qualcuna si rendesse conto di aver offeso, contrariato o mortificato un’altra sarà decisa nel chiederle scusa e nell’offrirle piena riparazione chiedendole umilmente perdono.

Tutto il bene che la carità costruisce viene distrutto dal vizio infame della mormorazione che riduce a un essere abominevole la persona che lo commette.

Diligentemente evitino giudizi temerari, pettegolezzi e cose che la carità comanda di tenere nascoste. Non si dovrebbe mai ascoltare quello che si dice contro il prossimo e, tanto meno, andare a raccontare quanto si è sentito nei suoi confronti; questo equivarrebbe a seminare zizzania (discordia) nel campo della religione, che dovrebbe essere di pace e unione intima e di amore vero.

Quando insorgono malintesi, situazioni di tensione, comportamenti negativi che comportano anche il danno di innocenti e soprusi NON È SUFFICIENTE solo fare qualche cosa per ristabilire l’ordine; NON È SUFFICIENTE solo conformare per il proprio comportamento una totale adesione alle legge; NON È SUFFICIENTE solo condannare e isolare il male. E non è sufficiente SOLO cercare di rimediare il male fatto.

Da quanto la Madre ha capito dal buon Gesù ne emerge un Dio che esige una convergenza di tutti perché chi ha sbagliato e ha avuto un comportamento ingiusto e assurdo, non si senta abbandonato, giudicato ma atteso, amato, aiutato, sostenuto perché - o prima o poi – possa capire e tornare.

 

Quanto mi ha impressionato questo, padre mio!

Dio vuole essere conosciuto non come un Padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli e li segue e cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.(Gv12,15)

Quando Gesù incontra l’adultera non le ripete l’esigenza chiara della legge che non tollerava l’adulterio e lo puniva addirittura con la lapidazione! Ha solo parole di fiducia per lei!

Quando il padre del figlio prodigo si trova davanti il figlio piccolo con tutta la sua freddezza e con tutte la sue pretese non dice una parola su questo ma seguita a voler bene a quel figlio, ad aspettarlo, a guardare alla finestra sperando di vederlo da lontano ritornare, e poi l’abbraccio, l’anello, il pranzo. No, non è stato un padre giusto e severo!

Quando incontra Matteo non lo rimprovera per il lavoro che faceva e non si ferma al cattivo giudizio che riscuoteva dalla gente per il lavoro svolto, ma parla come a un amico e si invita a casa.

Quando, tra la folla, "un tale gli disse: Maestro, dì a mio fratello di spartire con me l’eredità, gli rispose: Amico non sono qui per fare da giudice nei vostri affari o da mediatore nella spartizione dei vostri beni" (Lc 12, 13-14).

I problemi e le contraddizioni della vita non sempre si possono risolvere, ma SEMPRE possono essere VISSUTI come aiuto al fratello che lo ha provocato.

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ultimo aggiornamento 07 agosto, 2018