Verso una cultura della misericordia

A cura del CeSAM una serie di
riflessioni sulle sette Opere di misericordia spirituale (6)

 

Pregare per i vivi e per i morti

DOTT.TOMMASO GIRI

 

La preghiera si può suddividere in due modi. Stando al soggetto per cui si prega, si distingue fra preghiera per i vivi e preghiera per i morti (per le anime del purgatorio). Se distinguiamo per l’oggetto per cui si prega, allora è in generale per acquisire benessere (benefici terreni o spirituali e sconto delle pene temporali in terra o in purgatorio) o conversione. È in ogni caso opera di misericordia perché è un atto di amore che si fa prossimo alla miseria umana, che non merita nulla, per concederle grazie da parte di Dio. In ciò è riflesso dell’Amore di Cristo.

È doveroso ora approfondire alcuni aspetti teologici fondativi della preghiera.

Ogni preghiera ottiene la sua forza dalla fonte di grazia della Misericordia di Dio, che si esplica in ultimo nel Sacrificio della Croce. Ma tale fonte irriga l’umanità attraverso la Chiesa a cui dà vita. In altri termini, il mezzo in cui si propaga tale dono infinito valido per ogni umanità non è direttamente l’esteriorità dello spazio e del tempo, cosicché la salvezza si diffonda in maniera immediata, universale e meccanica, senza alcun concorso umano, ma è l’interiorità della libertà umana e la sua conseguente esteriorizzazione attraverso gli atti volontari dell’individuo!

Ecco il mistero della Chiesa: l’Alfa e l’Omega, Cristo, si propaga nel mondo principalmente attraverso la libertà individuale e collettiva, dunque attraverso la provvisorietà dell’esistenza umana. L’assoluto si esprime nel relativo. Basti pensare ai Sacramenti o alla Santa Dottrina Cattolica. Il centro è sempre Lui, l’Altissimo, ma così si decentra nei rivoli delle relazioni e delle storie umane per poi ricentrarSi in Lui ogni volta come referente ultimo della vita individuale e fondamento veritativo delle stesse relazioni storiche. "Sullo sfondo" degli atti di misericordia sta la giustizia di Dio, implacabile potremmo dire (cfr. Indulgentiarum Doctrina, 2), se non arrestata dall’opera di questa misericordia speciale che tanto si dimostra nell’atto della preghiera e nei suoi frutti.

Il punto nodale – spero di non dire eresie, per cui raccomando una personale verifica con la Santa Dottrina Cattolica contenuta nei documenti autorevoli del Magistero – è che la Misericordia divina ha scelto di passare nel mondo attraverso la stessa fragilità umana e se ciò è un limite è forse anche – proprio in forza di esso – un eccesso "ancor più smisurato". Un tramite di questo passaggio è proprio la preghiera: sembra che la Misericordia di Dio, nella Sua relazione con l’uomo, produca dei miracoli di carità ancor più sorprendenti di quelli che storicamente fece Gesù da solo. Sia chiaro, come espresso prima, metafisicamente la fonte infinita, la conditio sine qua non di ogni atto di misericordia, è sempre quella del Santo Sacrificio di Dio in Croce, anticipato nell’ultima cena, ma gli episodi in cui questa zampilla nella storia non si arrestano a quelli della vita di Gesù, ma vanno oltre in stretta compagnia dell’uomo.

Gesù in Croce perdona i suoi aggressori quando prega "perdonali Padre perché non sanno quello che fanno" (Lc, 23:34): la Misericordia di Dio è infinitamente giusta e precisa, coglie la miseria umana nella sua oggettiva ignoranza e ciò sembra "giustificare il perdono" in un certo misterioso senso. Santo Stefano, invece, lapidato si inginocchia e prega Dio riguardo ai suoi aggressori: «non imputare loro questo peccato» (At, 7:60). In questa richiesta non c’è la minima ricerca di una giustificazione per loro, giustificazione che tra l’altro non ci potrebbe neanche essere dato che gli aguzzini sono "recidivi": la limitatezza umana produce un perdono che potremmo forse dire "eccezionale".

Pensiamo anche alla Porziuncola di San Francesco, in cui il Santo "strappa" a Dio la concessione dell’indulgenza plenaria perpetua per tutti i fedeli proprio attraverso la preghiera.

Oppure consideriamo i tanti miracoli di Misericordia che la relazione orante fra l’Altissimo e Santa Faustina ha permesso e continua a permettere, o fra il Creatore e Beata Madre Speranza.

Sia chiaro che comunque, sempre in modo misterioso, il rapporto giustizia-misericordia non viene mai del tutto meno: i santi ottengono queste concessioni attraverso la preghiera sulla base di una vita piena di meriti, non infetta dal peccato mortale. E di certo questo stato di giustificazione inizia per grazia di Dio, estesa a tutti in maniera insondabile, che solo alcuni accettano con impegno.

Così per noi: la nostra preghiera deve avvenire in uno stato di grazia, ossia in uno stato di perdono da parte dell’Altissimo senza la volontaria e cosciente infrazione dei comandamenti ed è tanto più forte quanto maggiore è il nostro rapporto profondo e sincero con Dio.

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ultimo aggiornamento 07 settembre, 2018