In cammino con il Sinodo dei Giovani

 

 

5.

Abramo e i giovani in ascolto di Dio

                    Sac. Angelo Spilla  

Invito particolarmente i giovani a leggere e conoscere la figura di Abramo, un nomade in cammino, in ricerca, in ascolto di Dio. Ci permette di confrontarci con la sua vita, la sua vicenda e la sua storia, che è poi l’inizio della storia del popolo ebreo, essendo lui il capostipite.

Ci offre degli esempi su cui rispecchiarci per saper trarre degli insegnamenti e trovare la risposta giusta alle tante attese per una sua maturazione umana e cristiana. Attraverso questa analisi storica si può esaminare non solo ciò che si ha in comune, ma anche ciò che ha di diverso; ci permette di rilevare quindi le coerenze, le continuità e le diversità. E da qui un confronto, facendo sorgere interrogativi per la riflessione personale.

Esaminiamo la vicenda di Abramo come chiamata. Non è facile descrivere in sintesi tutta la vicenda di Abramo. Colgo comunque alcuni punti salienti che ci permettono di definire la sua persona. E vedere la sua attualità.

La sua storia comincia in Mesopotamia, intorno al 2.000 a.c.; viene chiamato da Dio per lasciare la casa di suo padre e trasferirsi nella terra di Canaan.

Le fonti della vicenda di Abramo sono principalmente quelle bibliche, particolarmente nel libro della Genesi (Gn11,27 – 25,11). Si tratta di una serie di episodi collegati, di storie relative alla sua vita, che però ci offrono un messaggio unitario.

Chi è Abramo? Il chiamato da Dio, chiamato ad obbedire e a partire per un luogo che riceverà un eredità ma che non conosce. Questo è in sintesi quanto ha sintetizzato con un solo versetto l’autore della Lettera agli Ebrei:"Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava" (Eb11,8).

Abramo è considerato il padre della fede, pronto a partire dalla sua terra, dalla sua patria e dalla sua casa paterna. E’ il pellegrino che impara attraverso sbagli ed errori, e proprio così diventa il modello originario, l’immagine archetipica della fede e il patriarca di Israele, il "padre di una moltitudine": ebrei, cristiani e musulmani. In lui tutte e tre le fedi monoteistiche si riconoscono.

Abramo ha un’origine ben precisa con un padre e una famiglia. La sua storia inizia in Mesopotamia; è un nomade, figlio di nomadi che si sposta con i suoi greggi. Ed è un politeista come tutti i Caldei e i nomadi del suo tempo. La sua vita è una sorta di pellegrinaggio: da Ur sino a Carran, nella Mesopotamia; e poi a Canaan in Palestina. Poi ancora in Egitto, ed infine ancora in Palestina.

Ad un certo punto della sua vita, avvengono due avvenimenti importanti per Abramo: la conversione all’unico Dio e la vocazione ad un compito ben preciso, quello di "entrare" in una terra per preparare l’avvento di un popolo, strumento scelto da Dio per operare la sua storia di salvezza.

Dio si rivela ad Abramo invitandolo a realizzare un progetto stringendo un’alleanza. Abramo deve partire e andare nella terra promessa. Riscopre così la vita come pellegrinaggio verso Dio.

Mi viene in mente l’inizio del libro "I racconti di un pellegrino russo" dove di legge: "Per grazia di Dio io sono uomo e cristiano, per azioni gran peccatore, per condizioni un pellegrino senza tetto, della specie più misera, sempre in giro da paese a paese. Per ricchezza ho sulle spalle un sacco con un po’ di pane secco, nel mio camiciotto la santa Bibbia, e basta".

La vita di Abramo è accompagnata da continue prove e momenti assai difficili, nei quali però impara a conoscere Dio e se stesso.

Esposto a diverse minacce, è il pellegrino che impara attraverso sbagli ed errori. Abramo è chiamato ad essere padre di un grande popolo e ad avere una terra. Ma intanto non ha terra e non ha figli, perche sua moglie Sara è sterile. Ma soprattutto è chiamato ad affidarsi e a sperare. E il suo peregrinare è espressione di fede a Dio che lo chiama. Investe la sua vita per Dio.

Ed ecco le tappe del suo cammino: da Ur dei Caldei arriva alla terra di Canaan, da qui a causa della carestia di Canaan, va in Egitto; ritorna nuovamente a Caanan, in Palestina; si divide dal nipote Lot per i litigi tra i pastori, ma le difficoltà continuano, a motivo di mancanza di sicurezza. Vive l’esperienza della carestia e ha un figlio, Ismaele, dalla schiava Agar. Ma Dio non si dimentica di Abramo e mantiene le sue promesse e Abramo cresce attraverso le prove e i propri sbagli. Dio gli dà la terra e il figlio Isacco dalla moglie Sara.

Ma ancora Dio chiede un gesto ad Abramo: il sacrificio del figlio Isacco. Tocca il cuore, il figlio della promessa. Forse perché Abramo credeva che il figlio non fosse un dono di Dio, ma un suo meritato possesso. Anche se con profondo dolore, Abramo parte con il figlio per andarlo a sacrificare. Un cammino di fede che oltre a darci delle risposte, lascia anche tanti interrogativi che restano come compagni di viaggio.

La fede di Abramo intanto è grande. Alla terribile domanda posta dal figlio, Abramo risponde: "Dio stesso provvederà l’agnello per l’olocausto". E così è stato. Dio non permette che Abramo uccida il proprio figlio; supera la prova e comprende che suo figlio è un dono.

La vocazione di Abramo è singolarissima. La sua storia è metafora del cammino della vita di ciascuno, del cambiamento, del continuo movimento. Nonostante i suoi lati d’ombra, manifesta grande fede in Dio e in nome di una promessa parte per la terra promessa.

Dove sta la sua fede? In questo suo partire immediato e in questo affidarsi a Dio, nonostante gli avrebbe poi chiesto qualcosa di assurdo.

Eco il messaggio attuale ai giovani in maniera particolare. La storia di Abramo ci riporta al riconoscimento della propria storia.

Dio chiama Abramo dentro la sua storia. Se vogliamo che Dio mi chiami, dobbiamo accettare e riconoscere la propria storia personale e familiare, starci dentro senza fughe, e fidarci del Signore.

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ultimo aggiornamento 14 gennaio, 2019