pastorale familiare

Marina Berardi

Tutto nasce e si compie in un "SÌ"

 

Il cammino che la Parola ci propone in questo tempo di quaresima ci conduce passo dopo passo verso Gerusalemme, un luogo che siamo soliti legare istintivamente all’esperienza del dolore, dimenticando che Gesù l’ha trasformato nel luogo della Promessa e del compimento: la Salvezza della famiglia umana e la nostra personale redenzione.

Questi quaranta giorni sono un tempo di grazia che dovrebbe condurci a rendere sempre più libero e fecondo il "sì" dell’amore, perché tutto nasce e si compie in un "Sì", l’inizio della vita e la sua conclusione. La storia della salvezza dell’umanità è nata dal sì di Maria e di Giuseppe, di Gesù, degli apostoli e, giungendo fino a noi, dal sì dei nostri genitori, di quanti ci hanno preceduto, di Madre Speranza. In particolare la nostra salvezza si è compiuta proprio in quel­l’ultimo "sì" pronunciato da Gesù sulla croce. E Maria, sua Madre, era lì.

Ci sono dei passaggi nella vita in cui la fedeltà al proprio "sì" si fa esigente e stringente. Ripenso a diverse famiglie e storie di vita incontrate in questo ultimo periodo, chiamate dagli eventi a vivere l’espe­rienza di Gesù nell’Orto degli Ulivi. É il luogo in cui Gesù lotta e suda sangue per arrivare a pronunciare, da solo, il suo rinnovato "sì" alla volontà del Padre. Da solo, perché gli apostoli che sono con Lui dormono, da solo perché non sente neanche un’intima consolazione.

Quante volte anche in famiglia si fa esperienza di una profonda solitudine, quante volte si vorrebbe che chi ci è accanto sia lì con noi a sostenere insieme la lotta e, magari, proprio come gli apostoli, il partner è preso dal torpore della cecità, dell’incomprensione, dell’indifferenza, della mediocrità, della paura. Fermarsi con Gesù nel deserto, nell’Orto degli Ulivi e accompagnarlo verso Gerusalemme spesso ci spaventa, a tal punto da essere tentati di mollare, assaliti dalla perdita di senso e dal timore di non farcela.

Paradossalmente, tutto questo può trasformarsi in un momento davvero fecondo, dove ci è chiesto solo di fare memoria dell’intimità sperimentata nel Cenacolo, di perseverare e di rimanere nel deserto per il tempo che Gesù desidera. É nel tempo che maturano le opere di Dio, che Dio ci svela il suo progetto. È questione di appassionarsi non solo alla meta ma anche al cammino che è già colmo di Presenza. Gesù già cammina con noi, anche se non lo sentiamo.

Nell’Orto degli Ulivi, Gesù, ascoltando la sua umanità, chiese aiuto e non lo trovò, ma ciò non gli impedì di portare a compimento la volontà del Padre, anche se con un profondissimo dolore; eppure, sarebbe stato giusto e doveroso che gli apostoli gli fossero stati accanto.

Questo ci insegna che anche in famiglia non possiamo pretendere dall’altro, ma possiamo solo scegliere il modo in cui noi vogliamo stare, rimanere e vivere questa o quella situazione. Ognuno è chiamato a scegliere o, con una parola cara a Papa Francesco, a discernere ciò che Dio vuole per lui, per lei, per l’altro in quel momento, cercando di separare la volontà di Dio da quelli che sono i soli criteri e reazioni umane.

A questo proposito può aiutarci rileggere un passaggio del Diario di M. Speranza, una creatura come noi, nel quale anche lei esprime solitudine e tormento interiore e, allo stesso tempo, la determinazione di bere con Gesù e per Gesù il calice che la vita le sta mettendo davanti. Siamo negli anni ’40, è calunniata da vescovi, sacerdoti e non solo, a tal punto da dover comparire davanti al tribunale del Santo Ufficio. Così scrive:

"Fino ad ora, Gesù mio, alcune volte ho provato angoscia e indignazione e la mia vita si consumava nel dolore dinanzi alle offese che ti vengono arrecate e vedendo che sono diventata oggetto di ignominia per i miei nemici e perfino per quelle che un giorno erano mie figlie e che mi hanno dimenticata, come morta. Ma allora ti sentivo vicino ed ora non ti sento più, né ti trovo. Ora mi sento sola, in esilio e afflitta, ma io spererò in te in questa situazione, per tutto il tempo che vorrai, gioirò e mi rallegrerò nella tua misericordia…

Ti prego, Gesù mio, abbi pietà di me e non lasciarmi sola in questi momenti di aridità e oscurità. Ti cerco, Gesù mio, ma non ti trovo; ti chiamo e non ti sento; sono finite per me le dolcezze del mio Dio. Che tormento, Gesù mio! Quale martirio! Solo tu lo sai apprezzare e a te offro tutto...

È questo il calice che mi hai preannunciato? Ti piace vedermi gemere da sola? Se è così, una e mille volte, ti ripeto, Dio mio, che metto nelle tue mani la mia fiducia e il mio abbandono. Molte volte ti ripeterò: Gesù mio, ho riposto in te ogni mia speranza".

Mi colpisce che la Madre non forza la mano al Signore, non pretende che la situazione immediatamente cambi, non condanna, non impreca vendetta, è disposta ad aspettare il tempo di Dio e, nel frattempo, si rifugia nella misericordia di quel Padre che chiede ad ognuno di essere misericordiosi come lo è Lui.

Dio ha i suoi tempi e lei lo sa; Dio ha le sue strade e lei ne ha già fatto esperienza; Dio è Padre e "non permetterebbe nulla nella nostra vita se non sapesse di poterne ricavare un bene più grande", lei ne è certa.

La liturgia, all’interno di questo tempo penitenziale, ci ha fatto celebrare la solennità dell’Annun­ciazione del Signore, il , l’Eccomi della Vergine Maria.

Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me come hai detto: qui Maria si è trovata davanti ad una scelta, avrebbe potuto anche dire no. È grazie all’intima esperienza di essere cercata, guardata, amata che Maria si rende disponibile alla Grazia e risponde con libertà: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38).

"Eccomi – dice Papa Francesco - è la parola-chiave della vita. Segna il passaggio da una vita orizzontale, centrata su di sé e sui propri bisogni, a una vita verticale, slanciata verso Dio. Eccomi è essere disponibili al Signore, è la cura per l’egoismo, l’antidoto a una vita insoddisfatta, a cui manca sempre qualcosa. Eccomi è il rimedio contro l’invecchiamento del peccato, è la terapia per restare giovani dentro. Eccomi è credere che Dio conta più del mio io. È scegliere di scommettere sul Signore, docili alle sue sorprese. Perciò dirgli eccomi è la lode più grande che possiamo offrirgli. Perché non iniziare così le giornate? Sarebbe bello dire ogni mattina: ‘Eccomi, Signore, oggi si compia in me la tua volontà’".

La Vergine Maria il suo intimo e profondo sì lo ha pronunciato sotto la croce, quella croce che non ha potuto togliere al Figlio, ma alla quale poteva partecipare: poteva solo esseri, con Lui e per Lui, ma anche per noi.

Custodire, è l’atteggiamento di Maria e di ogni madre.

Rimanere, è proprio di chi ama in modo incondizionato.

Pregare, è il segno della fiducia e dell’abbandono alla volontà di Dio.

Maria, "segue" il Figlio, calca le sue orme insanguinate, è il suo sangue, le appartiene. Non stacca da Lui il suo sguardo e lo segue nell’intensità dell’offerta, del dolore e dell’amore, lo segue fino agli ultimi passi. Quando lo inchiodano sulla croce, dice M. Speranza, "la Santissima Vergine sta in piedi…, non ritira dal Figlio lo sguardo angosciato…, al contrario sta lì sollevata, in piedi, vedendo e udendo tutto, guardandolo fissa e amorosamente sulla Croce".

In fondo, il vecchio Simeone le aveva preannunciato che una spada le avrebbe trafitto l’anima. Lei, la benedetta fra tutte le donne, dapprima custodì la Parola dell’Angelo che le annunciava che in Lei la Parola si sarebbe fatta carne e poi quella di Simeone che intona il cantico della speranza che non delude; ormai può andare in pace.

"Quando Maria mette in braccio a Simeone il Figlio della Promessa – dice Papa Francesco -, l’anziano incomincia a cantare, canta i suoi sogni. Quando mette Gesù in mezzo al suo popolo, questo trova la gioia. Mettere Gesù in mezzo al suo popolo significa avere un cuore contemplativo, capace di riconoscere come Dio cammina per le strade delle nostre città. Mettere Gesù in mezzo al suo popolo significa farsi carico e voler aiutare a portare la croce dei nostri fratelli".

Mettere Gesù in mezzo alla famiglia, riconoscere che Gesù cammina nella nostra casa, guardare la nostra storia di famiglia con i suoi occhi ci rende capaci di coraggio, di continuare a credere nel sogno che mosse il primo "sì". E anche quando fosse un "sì" ferito e crocifisso, nulla è perso, perché nel dolore l’amore si fa essenziale, si rafforza, cresce cercando di raggiungere la vera linfa, la Sorgente.

Dio ha rivelato in modo sublime il suo amore e la sua compassione per l’uomo attraverso il mistero della Incarnazione. Ha voluto che suo Figlio assumesse la natura umana condividendo, nel tempo, il nostro cammino. Ed ancora oggi cammina insieme a noi, come da Risorto lo fece con i discepoli di Emmaus. Con la forza dello Spirito, aiuti anche noi a rileggere gli eventi della nostra vita alla luce del Suo piano di salvezza e a ripetere i nostri piccoli e grandi sì.

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ultimo aggiornamento 04 aprile, 2019