Verso una cultura della misericordia

 

A cura del CeSAM

DON MARCO STRONA

 

Il Sinodo sui giovani

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«Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme,e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro»(Lc 24, 13-15).

L’episodio dei "discepoli di Emmaus", proposto dall’Evangelista Luca, ci mostra come la presenza del Signore Risorto sia ancora viva, attuale e sempre nuova: un’esperienza giovane. È emblematico, allora, il fatto che il Sinodo dei Vescovi sui giovani abbia preso come riferimento, per la prima parte del Documento conclusivo, proprio questa pericope. Cercherò di illustrare i principali punti della I° parte del Documento a partire proprio dagli elementi che emergono in questo passo del Vangelo.

I due discepoli, di cui si fa menzione, sono due di coloro che avevano ricevuto, insieme agli altri, l’annuncio della resurrezione. Di loro conosciamo solo un nome, Cleopa, che – come ci ricorda Silvano Fausti – "ha conosciuto il Signore secondo la carne, ma dovrà riconoscerlo nello Spirito". L’altro, anonimo, porta il nome di ogni lettore, di ciascuno di noi, chiamato a fare la stessa esperienza. Ebbene questi due discepoli, in cammino, conversavano tra loro. Ma probabilmente prima di parlare, cercavano la maniera di mettersi in ascolto, di capire quello che era successo e cosa sarebbe stato della loro vita. Proprio il tema dell’ascolto, infatti, è stato uno dei punti trattati dal Documento. Al numero 6 leggiamo: "L’ascolto è un incontro di libertà, che richiede umiltà, pazienza, disponibilità a comprendere, impegno a elaborare in modo nuovo le risposte. L’ascolto trasforma il cuore di coloro che lo vivono, soprattutto quando ci si pone in un atteggiamento interiore di sintonia e docilità allo Spirito". L’ascolto, leggiamo ancora, " è la forma in cui Dio stesso si rapporta al suo popolo". I due discepoli parlano tra loro, ma fondamentalmente hanno un gran bisogno di mettersi in ascolto, di sentire la voce di Colui che può chiarire ogni loro dubbio.

Anche i giovani, leggiamo nel numero 7 "esprimono il desiderio di essere ascoltati, riconosciuti, accompagnati. Molti sperimentano come la loro voce non sia ritenuta interessante e utile in ambito sociale ed ecclesiale […] L’ascolto rende possibile uno scambio di doni, in un contesto di empatia. Esso consente ai giovani di donare alla comunità il proprio apporto, aiutandola a cogliere sensibilità nuove e a porsi domande inedite".

A partire proprio dall’ascolto, dal coraggio dell’ascolto – in un atteggiamento di umiltà e creativa apertura – emerge il tema della gratuità dell’amore di Dio, che si manifesta pienamente nel suo agire storico. Sin dall’A.T., infatti, YHWH, si rivela come un Dio che chiede al popolo di ascoltare la sua voce e di custodire la sua alleanza. Questo amore gratuito, che Egli dà e chiede in cambio, implica una fondamentale conseguenza nella vita di Israele: esso implica lealtà e obbedienza ed è accompagnato dalla domanda di esclusiva devozione, "con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente".

Di questo amore gratuito sono testimoni i giovani, che seppur in contesti sociali e culturali diversi, chiedono alla Chiesa di schierarsi coraggiosamente dalla loro parte, partecipando "alla costruzione di alternative che rimuovano esclusione ed emarginazione, rafforzando l’accoglienza, l’accompagnamento e l’integrazione" (n° 12).

Come leggiamo nella pericope evangelica, in questo cammino fatto di tante domande,alla ricerca di un senso autentico della Vita, Gesù non abbandona i suoi amici, ma cammina a fianco con loro condividendo i dolori, le angosce, le gioie e le speranze. È ciò che i giovani di tutto il mondo chiedono alla Chiesa: essere madre attenta e premurosa, che educhi e accompagni i propri figli lungo le strade, molte volte tortuose, dell’esistenza. Gli ostacoli che si possono incontrare lungo il cammino sono tanti; il Sinodo ne ha individuati alcuni. Nel Documento, al capitolo II, si parla di tre snodi cruciali. Il primo rappresentato dalla rete e i social network: una novità da cogliere nel suo aspetto positivo in quanto facilita i contatti e le relazioni a lunga distanza; da guardare con sospetto quando invece lede ed offende la dignità delle persone. Al numero 22 leggiamo: "Web e social network sono una piazza in cui i giovani trascorrono molto tempo e si incontrano facilmente, anche se non tutti vi hanno ugualmente accesso, in particolare in alcune regioni del mondo. Essi costituiscono comunque una straordinaria opportunità di dialogo, incontro e scambio tra le persone, oltre che di accesso all’informazione e alla conoscenza". Ma, oltre a questo, "l’ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web". Occorre pertanto porre l’essere umano, la sua dignità e unicità, al centro di questa realtà così complessa.

Un secondo snodo è rappresentato dal tema dei migranti, considerati dal Sinodo come un "paradigma del nostro tempo" (n° 25). "I giovani che migrano sperimentano la separazione dal proprio contesto di origine e spesso anche uno sradicamento culturale e religioso. La frattura riguarda anche le comunità di origine, che perdono gli elementi più vigorosi e intraprendenti […] Ma quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture"(n° 27)

La Chiesa, pertanto, può rivestire un ruolo fondamentale nell’inclusione, nell’integrazione e nel dialogo dei migranti, soprattutto i giovani che possono "rivitalizzare le comunità" (n° 27).

Un terzo snodo è rappresentato dal tema degli abusi, delle violenze che purtroppo riempiono le pagine di cronaca. Il Sinodo "esprime gratitudine verso coloro che hanno il coraggio di denunciare il male subìto: aiutano la Chiesa a prendere coscienza di quanto avvenuto e della necessità di reagire con decisione" (n° 31).

Tali snodi evidenziano un aspetto importante, che riguarda soprattutto il mondo giovanile: quello delle forme di vulnerabilità che si manifestano in particolare attraverso l’esclusione e l’emarginazione. A questa "cultura dello scarto" – che genera vittime di ogni tipo – il Sinodo propone quella che il Papa chiama "cultura dell’incontro": "i giovani sono generalmente portatori di una spontanea apertura nei confronti della diversità, che li rende attenti alle tematiche della pace, dell’inclusione e del dialogo tra culture e religioni" (n° 45).

La cultura dell’incontro è la cultura della reciprocità, del dialogo, del riconoscimento; la cultura capace di cambiare le sorti di questo mondo, la cultura che i giovani desiderano e auspicano, chiedendo alla Chiesa innanzitutto di brillare "per autenticità, esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale" (n° 57).

   

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ultimo aggiornamento 05 aprile, 2019