In cammino con il Sinodo dei Giovani

 

 

 

 

8.

Geremia tra fede
e vocazione

                    Sac. Angelo Spilla  

 

Un altro personaggio biblico da scoprire per i giovani, e non, è la figura di Geremia, estremamente ricca e complessa, di cui la Bibbia dispone un intero libro, carico di molti passi direttamente autobiografici.

Si tratta di una vicenda storica certamente tra le più drammatiche in cui si vede come il Signore lo strappa dalle sue scelte personali e dai suoi progetti privati per farne uno strumento del suo amore misericordioso.

Il libro del profeta Geremia non presenta un ordine cronologico ben preciso poiché si intravede un susseguirsi e sovrapporsi di passi e di elementi sparsi; un risultato quindi di un lungo lavoro di composizione e probabilmente anche di redattori. Molto chiaramente risulta, però, la tematica sulla fede e sulla vocazione. Il materiale vocazionale che troviamo in Geremia è essenzialmente di tre tipi: racconti biografici in terza persona, confessioni direttamente autobiografiche fatte in prima persona e oracoli in cui Geremia affronta concretamente la sua missione.

Ma vediamo più da vicino. Chi era, dove e quando ha vissuto Geremia? Geremia viene chiamato da Dio nel 626 a. C. poco più che ventenne, nel tredicesimo anno di regno di Giosia (Ger 1,1-3). Suo padre Chelckia apparteneva alla famiglia sacerdotale di Ebiatar, che era stata deposta dall’esercizio del sacerdozio ed esiliata da Salomone in Anatot, nel paese di Beniamino, a pochissimi chilometri da Gerusalemme.

Propriamente qui viene scelto questo giovane dal Signore che lo chiama fin dal grembo materno perché lo aveva voluto e scelto per una missione da compiere: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni"(Ger 1,5).

Questa chiamata però, a differenza degli altri profeti che avviene per visione (Isaia, Ezechiele), arriva attraverso una parola interna che Geremia sente: una parola sottile ed ascoltata. Comunque non si sente di fare il profeta poiché si ritiene giovane e dice di non sapere parlare poiché balbuziente. Comprenderà che questo non è un ostacolo per Dio che lo chiama perché l’iniziativa è Sua ed è Lui a scegliere ciò che è umanamente inadeguato per confondere anche persone adulte ed intelligenti.

Avviene così che Geremia viene chiamato a guidare le sorti del suo popolo. Nel 597 Nabucodònosor, sovrano babilonese, aveva conquistato Gerusalemme e aveva imposto il suo dominio alla Palestina, mentre parte degli ebrei erano stati deportati in Babilonia. Qualche anno dopo, nel 587, in seguito ad una rivolta degli ebrei, Gerusalemme viene poi saccheggiata, il tempio incendiato e avviene una seconda deportazione.

Geremia avrà il compito di predicare e di minacciare predicendo la rovina; vive una storia drammatica, avvertendo invano i re incapaci che si succedono sul trono di Davide. Nella sua predicazione Geremia si rivolge, dunque, ai responsabili del popolo, ai re, ai profeti e ai sacerdoti denunciando le ingiustizie e le profezie comode che non invitano alla conversazione.

Per questo diventa profeta scomodo e di sventura, tanto da attirarsi persecuzione, prigione e tortura fino al pericolo di morte.

Aveva fatto comprendere che se nel regno di Giuda con Giosia, importante riformatore religioso capace di scuotere il popolo dal torpore religioso, si era vissuto un periodo piuttosto tranquillo e sereno, con il suo successore Joakim, invece, che non aveva la saggezza di governare, il popolo ebreo era arrivato alla deriva e quindi all’esilio e alla distruzione di Gerusalemme.

Geremia sarà l’uomo che ha il coraggio di dire la verità e si oppone al potere politico incapace di fare il bene del popolo. Avrà il coraggio fare entrare nella propria esistenza e in quella del suo popolo Dio stesso. E’ un uomo scomodo ma non può mettere a tacere la missione di vero profeta. Se da un lato denuncia il peccato, dall’altro però fa capire quelle che sono le radici: il cuore perverso che solo Dio può cambiare. Ecco allora il richiamo alla conversione di ognuno e di tutti per la rinascita del cuore fedele all’alleanza.

La sua non è, quindi, una parola di morte ma di vita, perché il suo annuncio è pieno di speranza. E questo suo messaggio lo fa giungere a quanti del suo popolo erano anche già esiliati.

Il culmine della vocazione di Geremia sarà quando aiuta, quindi, il suo popolo a compiere il passaggio da una religiosità delle opere a un rapporto personale e sincero con Dio. Non più una religiosità cultuale ma del cuore.

È questo tutto quanto si riscopre in Geremia: un intreccio inscindibile di fede e di vocazione. Un messaggio ed un richiamo per i giovani e per noi. Geremia ci aiuta a conoscere Dio attraverso la missione. Geremia risponde alla chiamata e si avvia per la missione affidatagli. Ecco il tema della fede e della vocazione. Sarà l’esperienza di ognuno di noi dove l’esperienza di Dio si registra progressivamente, anche mediante l’insuccesso della missione.

È attraverso l’esperienza dell’uomo che questa esperienza di Dio viene comunicata facendoci camminare in una dimensione progressiva, dove fede e vocazione si intersecano nell’uomo.

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ultimo aggiornamento 06 aprile, 2019