pastorale familiare

Marina Berardi

L’amore non va mai perduto

 

Prendersi cura, difendere e avvolgere sono i gesti che compie chi desidera custodire ciò che ama. Immagino che ognuno di noi abbia sperimentato il timore di perdere quello a cui più tiene, soprattutto quando ad essere coinvolte sono relazioni e persone care.

"Cosa può esserci più di una famiglia? Cosa poteva esserci di più dell’essere insieme?", si chiedeva qualche giorno fa un giovane pellegrino. Poco dopo la separazione, il nucleo familiare si era ritrovato seduto alla stessa mensa, proprio in quella casa costruita pietra su pietra, testimone di grandi progetti che ora acquistavano il sapore di una convivialità spezzata. Mura sognate ed edificate per custodire e far crescere le relazioni assumevano le tinte di un sogno infranto, di un tesoro sciupato e di una vita punta dalla delusione, che ora stenta a ripartire.

In questi casi le persone si sentono estirpate dalla propria terra, infeconde, senza sicurezze, non amate e non amabili, anche perché sole. Viene a mancare la linfa vitale, a tal punto che i tralci iniziano a soffrire e a seccare. Fuori metafora, la famiglia ha bisogno della linfa che è Cristo, non può pensare di darsi la vita da sola. È questo il momento di credere che il Dio di Israele, così come ha fatto con il suo popolo, continua ad amare la sua vigna anche quando, attendendosi dell’uva, vi trova acini acerbi. É il momento di cercare la linfa dello Spirito che solo può irrigare i cuori e condurre verso l’amore autentico e il perdono reciproco.

Sentirsi sradicati porta a comprendere cose che fino ad allora non si erano né viste né capite: è la condizione per mettersi alla ricerca di un terreno fecondo in cui tornare ad affondare le proprie radici e a produrre frutto, secondo quel sogno di Dio che non muta.

È Gesù stesso a rivelare ai suoi alcune condizioni necessarie per poter produrre frutto: sapersi parte di una vite chiamata a donare vita ed essere disposti a lasciarsi potare. Nessuna potatura è indolore, tanto è vero che la stessa vite sembra lasciarsi andare ad una lacrima di dolore nel momento in cui le cesoie del vignaiuolo la fendono. La vite è chiamata a credere che quel taglio le permetterà di offrire un raccolto più abbondante e pregiato.

Per quanto il terreno sia sassoso e il percorso accidentato, la meta non può essere messa in discussione perché, se si rimane innestati in Gesù come il tralcio alla vite, si scopre che non esiste condizione in cui non sia possibile continuare ad amare. Non sono, infatti, le condizioni esterne a determinare il raggiungimento della pienezza dell’amore ma le personali scelte interiori. Per quanto le circostanze della vita ci conducano su rotte inattese e finanche ingiuste, prima o poi ci disveleranno la meta, in modo inaspettato e in tutta la sua bellezza. Paradossalmente, la meta ci apparirà ancora più bella di quello che ci saremmo aspettati, perché frutto del dono di noi stessi e di un Dono che viene dall’Altro. Quanto più un amore è sfigurato tanto più il Signore se ne prende cura, si china su di esso perché, custoditi da Lui, anche noi impariamo a farci custodi della fragilità dei fratelli.

Nel recente documento rivolto ai giovani, Christus Vivit, Papa Francesco ribadisce la necessità e l’importanza del "rischiare insieme" dal momento che non esiste amore incarnato che sia esente da cadute: "L’amore che si dà e che opera, tante volte sbaglia. Colui che agisce, che rischia, spesso commette errori. A questo proposito, può risultare interessante la testimonianza di Maria Gabriela Perin, orfana di padre dalla nascita, che riflette sul modo in cui questo ha influenzato la sua vita, in una relazione che non è durata ma che ha fatto di lei una madre e ora una nonna: «Quello che so è che Dio crea storie. Nel suo genio e nella sua misericordia, Egli prende i nostri trionfi e fallimenti e tesse bellissimi arazzi pieni di ironia. Il rovescio del tessuto può sembrare disordinato con i suoi fili aggrovigliati – gli avvenimenti della nostra vita – e forse è quel lato che non ci lascia in pace quando abbiamo dei dubbi. Tuttavia, il lato buono dell’arazzo mostra una storia magnifica, e questo è il lato che vede Dio». Quando le persone anziane guardano con attenzione la vita, spesso capiscono istintivamente cosa c’è dietro i fili aggrovigliati e riconoscono ciò che Dio compie in modo creativo persino con i nostri errori" (CV 198).

Tra le Ancelle dell’Amore Misericordioso si racconta che mentre una suora era intenta a ricamare una casula per la celebrazione di una Prima Messa, il tessuto si sporcò accidentalmente di inchiostro. Per riparare e coprire il danno, questa dovette ampliare il disegno, cosa che finì con il rendere assai più prezioso il capo lavorato. Madre Speranza non mancò di sottolineare come il Signore sa trarre il bene anche dal male: con quello sbaglio la suora è cresciuta nell’umiltà e ha reso così la sua anima più bella.

Di fronte alle ferite inferte dalla vita e davanti agli errori diventa necessario lasciarsi aiutare per non cadere in sensi di colpa sterili, per superare il tendenziale istinto di cercare il colpevole, per evitare inutili vendette e contrapposizioni. "Custodire vuol dire… [infatti] vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!" (Papa Francesco, 19.3.2013).

Sebbene molte coppie esprimano la sensazione che la crisi scoppi all’improvviso, di fatto è qualcosa che si alimenta nello scorrere dei giorni, per esempio attraverso parole non dette, gesti di attenzione dimenticati, super lavoro, sguardi evitati, tempi di famiglia ridotti che finiscono per indebolire la relazione, fino a quando il tralcio non si stacca. Tutto ciò richiama la necessità di essere prudenti e vigilanti, sempre, perché mai si secchi la linfa della tenerezza.

Papa Francesco ci indica un concime per il cuore: "Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio… a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!" (19.3.2013).

La speranza non è un illusione e non delude perché, scrive Paolo, "l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). Questa è la linfa dell’amore umano e cristiano, capace di credere che tra le pietre e le spine può tornare a sbocciare la vita e che, al di là delle circostanze e della risposta dell’altro, nulla andrà sprecato.

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ultimo aggiornamento 12 giugno, 2019