Signore,
il tuo
amore
è per
sempre!


Omelia del P. Aurelio Pérez in occasione della festa della Madre e ricevendo la professione perpetua di due nuovi Figli dell’Amore Misericordioso – 7 febbraio 2021

"T i rendo grazie, Signore, con tutto il cuore… Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà!"

Così abbiamo cantato al Salmo responsoriale. La prima parola in questa festa a noi così cara della Beata Speranza di Gesù è il rendimento di grazie. Rendiamo davvero grazie, Signore, e con tutto il cuore, al tuo Nome che è Amore e Misericordia. E il motivo della gratitudine è principalmente uno, anch’esso ripetuto nel Salmo: Signore, il tuo amore è per sempre!

Il tuo amore ci ha creati, ci ha fatti a tua immagine e somiglianza, ci ha redenti nel tuo Figlio e nello Spirito Santo ci ha fatti figli tuoi nel battesimo, ci ha arricchiti di ogni grazia, ci ha perdonati mille volte, ci sostiene ancora oggi in mezzo alla prova… ci aspetta un giorno nella tua casa. Non finiremmo mai di ringraziarti, o Signore. Abbiamo bisogno dell’eternità per farlo in modo giusto.

Ma oggi ti diciamo grazie soprattutto per il dono di Madre Speranza, tua fedele ancella, e anche per il dono di questi 2 fratelli che si consacrano per sempre al tuo Amore misericordioso; e anche per i primi due FAM delle Filippine che domani faranno la loro prima professione; e anche per Don Fermín Rodríguez dei nostri Sacerdoti Diocesani FAM che, in Bolivia, circa tre ore fa, ha rinnovato la sua consacrazione.

Grazie Signore anche per la tua Parola di luce, che anche oggi ci aiuta a entrare un po’ nel mistero di questa festa. Il brano del vangelo nella festa della Beata Speranza ci presenta l’immagine del seme che cade in terra, muore e così produce molto frutto. Un’immagine con cui Gesù stesso ha voluto riassumere il senso della sua vita, ma anche il senso della vita di ogni suo discepolo. Ecco perché era un’immagine così cara a Madre Speranza, che lei ci ha lasciato nel suo Diario, come un’indicazione precisa del buon Gesù per lei stessa e per noi suoi figli. Un’immagine che simbolicamente vediamo anche rappresentata nella sua tomba, nella Cripta di questa Basilica.

Mi sembra importante cogliere nell’immagine del seme non solo l’esito finale della vita di Gesù che sta per affrontare la morte, ma la parabola di tutta la sua vita e della vita di ognuno di noi. Al momento dell’incarnazione il Figlio di Dio, che è nel seno del Padre dall’eternità, viene come un seme nella nostra terra, e si nasconde nel grembo di Maria. Nasce, poi, piccolo bambino nella povertà di Betlem, deve fuggire perché cercato a morte da Erode. Poi il seme rimane nascosto per ben trent’anni a Nazareth, e quando inizia l’attività pubblica, insieme all’ammirazione del popolo per ciò che dice e fa, trova subito molta opposizione e rifiuto, fino al momento cruciale della sua Passione, in cui il seme cade in terra, muore, viene sepolto, e poi risorge, e così produce il frutto della salvezza per noi tutti e per l’universo intero.

Gesù ci fa capire che questo è l’unico modo in cui essere fecondi e dare vita. Non è un caso che Gesù abbia pronunciato queste parole nel momento che precede la sua Passione, quando alcuni greci che venivano dal paganesimo volevano vederlo e conoscerlo. Gesù risponde a loro e a noi con l’immagine del seme: volete vedermi, conoscermi? Allora guardate come io do la vita per voi, mi metto a vostro servizio, muoio e risorgo per dare vita a voi che invece andate spesso cercando di salvarvi la pelle, di apparire, di essere grandi…, a voi che fate fatica a capire la parola che vi ho detto: "Chi ama la propria vita, la perde…". L’unico modo per conoscere il Signore è questo: "quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12, 32). Chiediamo la grazia di lasciarci davvero attirare dal suo amore unico, e chiediamo anche la grazia dell’umiltà per entrare in questa sapienza, perché, come abbiamo sentito nel Salmo, "il Signore guarda verso l’umile, il superbo, invece, lo riconosce da lontano".

Gesù aggiunge anche: "Se uno mi vuole servire, mi segua". Madre Speranza lo ha seguito su questa strada, ha imparato da Gesù che "la scienza dell’amore si impara nel dolore", e per questo la sua vita è stata molto feconda e ha prodotto, per tante persone, frutti di pace, consolazione, speranza. Il metodo di Dio non è cambiato. Madre Speranza ripeteva spesso che Dio per fare le sue cose grandi sceglie gli strumenti più piccoli e inutili, e anche San Paolo lo imparò a sue spese, come ci ha detto nella seconda lettura: "quello che è stolto per il mondo… quello che è debole per il mondo… quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono".

Madre Speranza ha seguito e servito Gesù, come sua fedele ancella, e oggi la contempliamo nella gloria che Dio riserva ai servi fedeli: "Se uno serve me, il Padre lo onorerà". Il Padre ha onorato Madre Speranza, e per questo anche noi oggi la onoriamo, e benediciamo il Signore per avercela donata.

Cari fratelli e sorelle, in particolare cari fratelli Antony e Jesmon, anche per noi non c’è altra strada se vogliamo portare frutto. E anche per noi la parabola del seme non tocca solo la fase finale della nostra vita terrena, ma riguarda tutta la nostra esistenza. Ogni giorno possiamo sperimentare che le avversità, le prove, i nostri stessi limiti e miserie, sono un po’ come quegli elementi della natura e del lavoro umano che permettono al seme di moltiplicarsi e diventare alimento di vita. Così li descrive Madre Speranza: "per ottenere un grande raccolto di grano è necessario gettare a terra il seme, ricoprirlo di terra, sottoporlo all’azione dell’acqua, del sole, del freddo, della neve; infine questo seme deve imputridire e scomparire per poter fruttificare e produrre grande quantità di grano. Tutto ciò non è ancora sufficiente perché il frutto possa servire di sostentamento all’uomo; infatti occorre ancora che il grano sia triturato, macinato e trasformato in farina, che passata al setaccio viene separata dalla crusca, e quindi è pronta per essere impastata con l’acqua e ben cotta. Allora potrà servire di principale alimento per l’uomo. Così tu – le dice Gesù - devi passare attraverso tutta questa elaborazione per poter arrivare ad essere ciò che Io desidero, cioè che Io possa servirmi di te come alimento per molte anime, e i figli e le figlie prendano da te questa sostanza elaborata e mi diano tanta gloria in questo Santuario con il soave profumo del sacrificio, della preghiera, dell’abnegazione e con l’esercizio continuo della mia carità e amore verso i più bisognosi" (Diario, 14 maggio del 1949).

Sono molte le situazioni che, nel cammino della vita, fanno morire il seme. Voi l’avete sperimentato cari fratelli Antony e Jesmon, quando avete lasciato la vostra famiglia e la vostra terra dell’India, quando avete affrontato le difficoltà di una lingua e di una cultura nuova, di situazioni nuove. Anche oggi, sicuramente avreste voluto avere vicino i vostri cari familiari, ma il Signore permette questo.

Chiediamo tutti all’Amore misericordioso la saggezza dello Spirito per saper accettare queste situazioni che sembrano avverse ma sono provvidenziali. La prima lettura ci ha ricordato gli atteggiamenti giusti per accettare questa pedagogia del Signore, che si riassumono nel suo santo timore, che non è paura di Lui ma abbandono fiducioso nelle mani di chi ci ama:

• sperare nella sua misericordia;
• confidare in lui e invocarlo;
• non deviare, per non cadere;
• perseverare nel suo santo timore.

Mentre ringraziamo il Signore in questo giorno di festa, raccogliamo questo invito di Gesù a seguirlo sulla strada dell’amore che si dona fino alla fine. Ci aiuti la Vergine Maria, con la sua mediazione materna, ci protegga, ci custodisca e ci difenda S. Giuseppe in questo anno speciale a lui dedicato, interceda per noi dal cielo la nostra carissima Madre Speranza. Amen.

  

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ultimo aggiornamento 02 marzo, 2021