Era il mercoledì del 13 maggio 1981 quando Papa Giovanni Paolo II stava per completare il giro di Piazza San Pietro a Roma. Prima di iniziare l’udienza generale si sentono dei colpi degli spari quando si vede il Papa accasciare sulla campagnola bianca, scatenando il parapiglia, soprattutto nel settore in cui sono partiti i colpi.

Inizia la corsa a ostacoli verso il policlinico Gemelli, il Papa doveva morire, ma qualcosa di razionalmente inspiegabile lo impedì.

Antonio Preziosi, direttore di Rai Parlamento e già alla guida di Radio 1 Rai, nel suo libro "Il Papa doveva morire" (Ed. San Paolo, 2021) contestualizza l’attentato all’interno di una serie di impressionanti coincidenze. Il 13 maggio, mentre Agca premeva il grilletto, gli occhi del Papa erano rivolti verso la folla, ma la sua mente probabilmente viaggiava verso Fatima. Era la memoria liturgica delle apparizioni della Vergine ai pastorelli nella cittadina portoghese. San Giovanni Paolo II ne fu convinto che a pochi metri di distanza era praticamente impossibile scampare alla morte e che a salvarlo fu la protezione della Madonna, a cui era devoto fin dalla gioventù, tanto che il 7 dicembre 1981 dedicò il mosaico che dal palazzo apostolico protegge tuttora piazza San Pietro.

Lo stesso pontefice, poi, il 13 maggio 1982 si è recato a Fatima in pellegrinaggio alla Madonna facendo incastonare nella corona dell’effigie il proiettile dell’attentato.

Ma la profonda spiritualità di san Giovanni Paolo II è impregnata soprattutto dalla Divina Misericordia, che segna una linea rossa con i pontificati dei successori Benedetto XVI e Francesco.

E dettato propriamente da ciò, non appena uscito dal Gemelli, san Giovanni Paolo II ha voluto visitare il santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, dove viveva Madre Speranza. Il Papa conosceva Madre Speranza da quando era vescovo di Cracovia, ed era venuto due volte a trovarla e parlare con lei. Quando vi andò, però, nel novembre del 1981, la trovò su una sedia a rotelle. Si avvicinò a lei, si chinò e le diede un bacio sulla fronte. Madre Speranza morirà poi l’8 febbraio 1983, dopo 14 mesi da quella visita.

E sempre dettato dal suo amore profondo alla Divina Misericordia, il 30 aprile del 2000, ha voluto suor Faustina Kowalska come prima santa del terzo millennio, istituendo per tutta la Chiesa universale, nella stessa data, nella domenica cioè in Albis, la domenica della Divina Misericordia, dopo che era stata già introdotta nel 1995 in tutte le Chiese polacche.

 

Ma è stato propriamente il 22 novembre del 1981, solennità di Cristo Re, quando san Giovanni Paolo II ha fatto la sua prima uscita dopo l’attentato sanguinario del 13 maggio precedente. Sono passati già quant’anni. Venne a Collevalenza come pellegrino per ringraziare l’Amore Misericordioso. Disse in quella circostanza: "Siamo venuti in visita a questo Santuario poiché siamo debitori alla misericordia di Dio della nostra salute". Sono state parole ben chiare ed esplicite.

Si trattò di una visita inaspettata. Nello stesso anno il Papa aveva promulgato l’enciclica "Dives in Misericordia", che riassumeva, analizzava, approfondiva e proclamava al mondo che Dio è ricco di misericordia, un Padre buono, l’Amore Misericordioso; messaggio che la stessa Madre Speranza, per volere divino, andava proclamando.

Dettato da questa fiducia alla misericordia celeste, il Papa a Collevalenza, con profonda commozione e tono forte nello stesso tempo, ha detto:" Un anno fa ho pubblicato l’enciclica Dives in Misericordia. Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al Santuario dell’Amore Misericordioso". Era anche chiaro, quindi, che Papa Wojtyla volle andare a Collevalenza non solo per il legame profondo che aveva con Madre Speranza e con il santuario, ma anche per ringraziare l’Amore Misericordioso per avergli salvato la vita e per ripresentare alla Chiesa e al mondo la sua seconda enciclica Dives in Misericordia, promulgata per diffondere il messaggio di amore e di misericordia del Signore che considerava primo dovere del suo ministero petrino.

Ecco come si è svolta la giornata del Papa a Collevalenza e quali sono stati i discorsi pronunciati. Il Papa è giunto in elicottero sul piazzale del santuario verso le ore 9 del mattino ed è ripartito in auto per Todi verso le ore 15. All’arrivo, dopo il saluto alle autorità, Giovanni Paolo II si è recato davanti al Crocifisso del santuario per un momento di preghiera. Subito dopo, il discorso alla Famiglia Religiosa, l’ossequio a Madre Speranza, l’esortazione agli ammalati, la santa Messa sulla piazza, l’angelus e il pranzo finale.

 

Quattro sono stati, quindi, i discorsi pronunciati: alla Famiglia religiosa dell’Amore Misericordioso, agli ammalati riuniti nel santuario, l’omelia durante la celebrazione eucaristica e l’Angelus al termine della messa.

Rileggendo questi discorsi risaltano chiaramente i due motivi principali che hanno dettato il Papa per questa visita a Collevalenza in quel 22 novembre 1981. Desiderava gridare con forza il suo grazie al Signore per essere scampato alla morte ed intendeva ripresentare idealmente l’enciclica "Dives in Misericordia" ad un anno della sua pubblicazione.

Nel suo primo discorso rivolto alle Ancelle e ai Figli dell’Amore Misericordioso il Papa ha preso spunto dal Magnificat della Madonna propriamente quando canta la Misericordia di Dio che si estende di generazione in generazione. E da qui il bisogno perché anche l’uomo di oggi senta la necessità di aprirsi alla misericordia divina, "per sentirsi radicalmente compreso nella debolezza della sua ferita".

Con le parole della Madonna, il santo Padre ha ricalcato quelle parole profonde del Magnificat, quando ha ripetuto: "L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore". Il riferimento era chiaro per essere scampato all’attentato. E poi ha sottolineato il messaggio sulla misericordia di Dio, ripresentando il carisma affidato da Dio a Madre Speranza chiamata a fondare questa grande Famiglia religiosa con le due Congregazioni, quella propriamente delle Ancelle prima, nel 1930 a Madrid, e quella dei Figli, poi, nel 1951 a Roma.

Nel discorso del pontefice si fa specifico riferimento a quanto scritto da Madre Speranza nel suo diario. La Madre quando si è sentita chiamare dal Signore, così ha scritto: "Oggi, 5 novembre del 1927, mi sono ‘distratta’, ossia, ho trascorso parte della notte fuori di me e molto unita al buon Gesù. Lui mi diceva che devo riuscire a farlo conoscere agli uomini non come un Padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli e li segue e cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro", aggiungendo poi più avanti: " L’uomo più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto, è amato con tenerezza immensa da Gesù, che è per lui un padre ed una tenera madre".

Papa Giovanni Paolo II, prendendo spunto di queste affermazioni della Madre, alla Famiglia religiosa dell’Amore Misericordioso ha fatto comprendere che questa loro vocazione riveste un carattere di viva attualità. Rilancia alla stessa maniera quanto scritto nella sua precedente enciclica "Dives in Misericordia" e cioè che è tempo di rilanciare il messaggio della misericordia per un tempo così profondamente bisognoso della luce dell’amore divino, un messaggio che presenta un imperativo urgente e di grande attualità perché tocca il cuore stesso del messaggio evangelico e della missione di noi cristiani nel mondo.

 

Il Papa a Collevalenza ha voluto riconsegnare a questa Famiglia religiosa lo spirito dello stesso Istituto. Ha chiesto ai consacrati di recare con sé il fervore degli inizi mediante "una pietà solida, in una disinteressata dedizione ed in un ardente impegno apostolico".

E’ il richiamo non solo affidato dal Signore a Madre Speranza fin da quando è stata chiamata a fondare le due Congregazioni, quella delle Ancelle dell’Amore Misericordioso nel 1930 a Madrid e quella dei Figli dell’amore Misericordioso nel 1951 a Roma, ma è la nota che più caratterizza Gesù e il suo vangelo; è il cuore della conversione cristiana. E’ la chiamata a divenire misericordiosi come Gesù, come Dio (cfr Lc 6,36).

San Giovanni Paolo II ha voluto così evidenziare il carisma che qualifica la Famiglia religiosa dell’Amore Misericordioso. Ha ricordato che la misericordia è il nucleo centrale del messaggio, è il nome stesso di Dio, è il volto stesso con il quale si è rivelato, è la missione che la Chiesa deve compiere manifestando la misericordia che Dio nutre per l’uomo.

 

Un messaggio, questo del Papa, che è stato poi ripreso nel 2002 a Cracovia, inaugurando il grande santuario della Divina Misericordia, dove ha così dichiarato: "Al di fuori della misericordia di Dio non c’è nessun’altra fonte di speranza per gli esseri umani".

Il suo messaggio, come quello di santa Faustina, non fanno altro che ricondurci al volto di Cristo, suprema rivelazione della misericordia di Dio.

Papa Giovanni Paolo II è andato propriamente a Collevalenza - e lui stesso lo ha ribadito - per richiamare il bisogno di contemplare costantemente il volto di Dio rivelatoci in Cristo Gesù, rappresentato nel crocifisso del santuario che manifesta la presenza simultanea di tre realtà fondamentali: Gesù in croce, l’Eucarestia e il comandamento dell’amore. E quindi, la misura della divina misericordia del Padre per l’uomo e della grande miseria umana, l’Eucarestia dove si attua la reale comunione con l’Amore crocifisso e risorto, l’accoglienza del comandamento della carità quale legge fondamentale dell’umana perfezione. E’ lì che si impara a contemplare il "vultus misericordiae" sofferente e glorioso di Gesù.

Ecco perché il Papa a Collevalenza ha sottolineato come questa vocazione propria della Famiglia religiosa riveste un carattere di viva attualità. Ha voluto quindi richiamare propriamente quanto aveva scritto un anno prima nella "Dives in Misericordia": "La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia, il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore, e quando accosta gli uomini alla fonte della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice" (DV, 13).

Da qui non potevano mancare alcuni richiami assai importanti che il pontefice ha consegnato alla Famiglia religiosa, richiami e sottolineature che d’altronde fanno parte propriamente dei compiti specifici della Famiglia religiosa stessa. Per primo l’assistenza e la santificazione del clero diocesano. È tra le principali finalità della Famiglia religiosa, meglio la principale per la Congregazione dei Figli dell’amore Misericordioso. Madre Speranza nel Libro delle Usanze, poi riportato nelle Costituzioni FAM, scrive: "Aiuteranno i sacerdoti in tutto, più con i fatti che con le parole".

E a questo proposito si legge ancora in una pagina del Diario di Madre Speranza: "Questa notte mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto che io non devo desiderare altro che amarlo, soffrire in riparazione delle offese che egli riceve dal suo amato clero e fare in modo che tutti quelli che trattano con me sentano lo steso desiderio di soffrire e di offrirsi come vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero" (Diario, 18/12/1927). Ecco perché in Madre Speranza risalta questa sollecitudine per i sacerdoti, e quindi richiamata dallo stesso Giovanni Paolo II. Madre Speranza era consapevole delle difficoltà della vita sacerdotale e dei pericoli ai quali i sacerdoti sono esposti a causa della fragilità umana, delle insidie del demonio e delle tentazioni messe in pratica dal demonio. Proprio per aiutare questi sacerdoti, Madre Speranza si è offerta come vittima per loro ed ha pregato tanto per i sacerdoti, chiedendo alla stessa Congregazione, sorta in favore dei sacerdoti, perché "tutti i Figli dell’Amore Misericordioso sono tenuti a curare in modo particolare l’impegno prioritario con i sacerdoti diocesani" (Cost. FAM, art. 19), rendendosi per loro veri fratelli, aiutandoli in tutto. E per questa finalità il Signore ha chiesto pure alla Madre l’inserimento dei sacerdoti diocesani con voti nella medesima Congregazione; membri della comunità a pieno titolo, propriamente con doppia appartenenza, cioè a quella diocesana e alla Famiglia religiosa. E questo è stato un punto fermo che il Papa ha richiamato in questo suo discorso.

 

Oltre a questo, Giovanni Paolo II si è soffermato a sottolineare l’importanza che la Famiglia religiosa deve dare all’uomo moderno, perché questi si possa incontrare con l’amore del "Padre delle misericordie". In quanto consacrati, si è chiamati alla diffusione di un tale amore, offrendo sia all’interno della propria Famiglia religiosa, sia come richiamo alla testimonianza di amore misericordioso a tutti i fratelli, particolarmente a quanti il Signore stesso richiama allo stesso santuario di Collevalenza dove si proclama – usando le stesse parole del Papa – "il lieto annuncio dell’Amore Misericordioso mediante la Parola, la Riconciliazione e l’Eucarestia".

Un luogo, quello del santuario, - così come definito dal Papa – "voluto per esaltare e continuamente celebrare i tratti più squisiti dell’Amore Misericordioso".

 

Nel suo secondo incontro, quello tenuto con i malati, - momento che ha preceduto la celebrazione della santa Messa – è emerso innanzitutto il desiderio del pontefice nel volersi incontrare con chi soffre per ravvivare in loro la speranza e potere offrire una rinnovata testimonianza dell’amore di Dio. Con il richiamo a Gesù Cristo che ha preso su di sé la sofferenza, vincendo così le forze del male sul legno della croce.

Ai malati il Papa ha richiamato come attraverso la sofferenza accolta e offerta nella comunione amorosa con il Figlio di Dio, si contribuisce al consolidamento delle forze del bene, rinnovando "sull’altare la suprema immolazione compiuta una volta per tutte sul Golgota".

Provocante e affascinante sono poi risuonate le parole del Papa quando ha continuato a dire agli ammalati:" Datemi le vostre sofferenze, fratelli e sorelle! Li condurrò all’altare per offrirli a Dio Padre in unione con quelli del suo Figlio Unigenito, e per implorare per loro pace per tutta la Chiesa, comprensione reciproca tra le nazioni, umiltà di pentimento per coloro che hanno peccato, la generosità del perdono, la gioia di una nuova esperienza dell’amore misericordioso di Dio in cui è stato offeso e, per tutti".

Mi viene propriamente da pensare a Madre Speranza quando scrive: "Tu sai, Gesù che desidero soltanto amarti e soffrire, e che da tempo la mia unica ambizione è la tua gloria" (Diario, 17/11/1941). E poi, ancora: "La perfezione ha la garanzia dell’autenticità nell’unione dell’amore con il sacrificio (circolare del 13/02/1953). La croce diventa per noi, com’è stata per Cristo, segno e prova dell’amore più grande, a motivo del rapporto misterioso che esiste tra la rinuncia e la gioia, tra il sacrificio e la dilatazione del cuore. Da qui il nostro motto: ‘Tutto per amore di Nostro Signore Gesù Cristo" (Costit. Fam, 13). E poi ancora, quando lei scrive: "Gesù mio che io ti segua sempre nel dolore, che non abbia a dire mai: ‘Basta con le sofferenze’; e che impari a rinunziare continuamente a me stessa per possedere il mio Dio"; "Aiutami Gesù mio, ad avanzare nella perfezione. E fa che questa consista sempre nel possesso di te, per mezzo dell’amore e del dolore; e che io possa dire con tutta verità che ormai non ho altra volontà che la tua" (Diario, 1/02/1940). "Aiutata dal buon Gesù e a motivo di lui, io devo vivere soffrendo e morire amando, consumata dal fuoco della carità" (Diario, 23/01/1928).

 

Adesso tratteggio i temi toccati dal Papa durante l’omelia eucaristica. Sullo spunto del vangelo di Matteo, capitolo 25, dove Gesù presenta la parabola del giudizio universale, il pontefice in quella solennità di Cristo Re si è soffermato su queste tre tematiche:

Il regno di Cristo, che è dono dell’eterno Amore, dell’Amore Misericordioso, preparato "fin dalla fondazione del mondo";

La regalità di Cristo fino a quando consegnerà il regno a Dio Padre;

Il dominio di Cristo Re sulla morte.

Tutto questo per far avvertire all’uomo odierno la potenza dell’Amore Misericordioso, tanto da dover corrispondere al parlare quotidiano della Chiesa, per desiderare e sentirci dire un giorno dal Signore stesso: "Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno" (Mt 25,34). Per il compimento del Regno dell’Amore Misericordioso, dono e anche frutto dell’Amore.

In ultimo, a Collevalenza, prima del pranzo per poi recarsi a Todi, Giovanni Paolo II ha concluso con l’Angelus, richiamando le parole dell’arcangelo Gabriele alla Madonna: "Hai trovato grazia presso Dio… concepirai un figlio… lo chiamerai Gesù" (Lc 1, 30-33).

Sono state le parole del Papa che hanno fatto ricordare che Colui che è stato concepito nel grembo della Vergine, è il Re. Un regno, il suo, che si misura col metro dell’Amore, col metro dell’Amore Misericordioso.

E conclude la sua visita a Collevalenza richiamando così nell’Angelus: "Un anno fa ho pubblicato l’enciclica Dives in Misericordia. Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al Santuario dell’Amore Misericordioso. Con questa presenza desidero riconfermare, in qualche modo, il messaggio di quella enciclica. Desidero leggerlo e di nuovo pronunciarlo. Fin dall’inizio del mio ministero nella sede di San Pietro a Roma, ho ritenuto questo messaggio come mio particolare compito… E le mie esperienze personali di quest’anno, collegate con gli avvenimenti del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: "Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti" (Lamentazioni, 3,22). Prego per professare che l’Amore Misericordioso è più potente di ogni male, che si accavalla sull’uomo e sul mondo".

Ecco lo scopo della visita pastorale del Papa a Collevalenza. Si riassume propriamente in queste parole sopra riportate: Rileggere la Dives in Misericordia, poter gridare che l’Amore Misericordioso è più potente di ogni male. Lo ha gridato lì, a Collevalenza, guardando da quella piazza il campanile che simboleggia una grande croce astile, le cui sporgenze che formano i bracci della croce diventano dei "tonavoce", strutture concave che mandano l’eco lontano, da quella collina che domina tutta la vallata, per annunziare a tutti l’amore di Dio. Così come lo ha continuato a gridare poi a Cracovia, a Fatima e nei vari viaggi apostolici del mondo; come lo ha annunciato dalla cattedra di San Pietro, quale suo successore.

Pellegrino a Collevalenza per ringraziare l’Amore Misericordioso per avergli salvato la vita e per ripresentare alla Chiesa e al mondo intero la sua seconda lettera enciclica Dives in Misericordia.

Dalla sede di quel santuario dove tanti fedeli accorrono per conoscere l’amore di Dio e acquistare le grazie per una vita rinnovata.

Un santuario, quello di Collevalenza, che rimane nella Chiesa quale faro per illuminare le anime e condurle a Cristo. Un santuario, a cui è stato dato il titolo di basilica inferiore per concessione dello stesso pontefice subito dopo la visita apostolica in quella sede; un santuario che custodisce una reliquia di san Giovanni Paolo II, donata da mons. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, che a sua volta aveva ricevuto in un pellegrinaggio fatto al Santuario della Divina Misericordia in Polonia, dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia.

San Giovanni Paolo II e la beata Madre Speranza, ispirati dal Signore, hanno capito che per l’uomo di oggi, più di tanti proclami, quel che conta è l’amore. Solo con l’amore si possono avvicinare i lontani, si possono sanare le ferite, si possono cambiare i cuori. E toccare con mano la grandezza della misericordia.

Dal santuario di Collevalenza, da quel luogo che da roccolo di uccelli è diventato roccolo di anime attirate dall’amore di Dio, si è voluto proclamare, come a tutt’oggi, che la misericordia è l’immagine più alta e più vera di Dio. Un infinito stupore che per noi diventa la possibilità donataci da Gesù per far nascere e crescere rapporti veri tra noi uomini. Con la stessa capacità di essere misericordiosi, guardando gli altri come fa Dio con noi. Per così rileggere e interpretare ogni legame e ogni esperienza umana.

     
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ultimo aggiornamento 14 dicembre, 2021