ROBERTO LANZA

"Sappiamo quanto Gesù ci voglia bene e l’amore con cui ci ha scelte. Così a noi non resta altro che riamarlo, o meglio lasciarci amare da Lui e farlo amare. L’anima deve cercare solo ciò che piace a Gesù e se teme di offenderlo ciò dev’essere solo per amore filiale, mai per paura, così non dispiace all’amato" 1(Madre Speranza di Gesù).

 

L’esistenza del male e della sofferenza, soprattutto nelle sue forme più acute e difficili da capire, è una delle cause più frequenti dell’abbandono della fede e di una falsa concezione dell’identità di Dio. Davanti a situazioni che sembrano chiaramente ingiuste e senza senso, come quella che stiamo vivendo e di fronte alle quali ci sentiamo davvero impotenti, sorge in modo naturale la domanda su come Dio può permettere fatti simili. Le domande sono sempre le stesse: Perché il Signore, che è buono, che è onnipotente, permette che avvengano queste cose? Perché persone semplici, che già sopportano grandi pesi nella vita, debbono subire il dramma di una tragedia imprevista?

Da sempre tali questioni, in un certo senso, superano i confini della Rivelazione e penetrano nel mistero di Dio stesso; così come non possiamo comprendere l’infinita misericordia di Dio, neppure possiamo conoscere completamente i suoi progetti: "[…] i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie"2. Per questo l’atteggiamento migliore da introdurre, di fronte a tutto questo, è quello dell’abbandono fiducioso in Dio, che sempre "sa di più" e "può di più".

Perché Dio non interviene in questo tempo del Covid19? Come intendere, dunque, oggi la "paura" e l’inquietudine che l’uomo ha ancora di Dio?

Nel linguaggio comune, l’espressione "timore di Dio" può essere facilmente associata alla paura, specialmente se la frase ricorre in situazioni caratterizzate dal senso di colpa e dall’aspettativa di una punizione. Del resto, anche la storia dell’uomo, nel suo cammino religioso, attesta questo sentimento di "smarrimento" di fronte al sacro, al divino, percepito come qualcosa a cui ci si può accostare soltanto con timore e tremore. Tuttavia, per il credente, la paura è l’esatto contrario di una fede autentica e l’esortazione biblica del "non temete", attesta che, il vangelo, non è un annuncio di cui avere paura, ma è fin dall’inizio e sempre una buona notizia: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore"3. Non si può davvero ammettere che un Dio che si immagina Padre buono debba essere oggetto di sospetto, se Dio è Padre non può essere una minaccia né un avversario, non può venire da Lui una sentenza di riprovazione o di condanna. Dio non può essere un giudice severo, un buon papà, infatti, non fa paura al figlio, non si sta in un angolo, timorosi di incorrere nella sua ira, di essere sgridati o addirittura picchiati.

Ma forse la domanda è un’altra: Dio, che posto occupa nella mia vita? È una presenza scomoda? O addirittura è qualcosa che mi lascia del tutto indifferente?

Nonostante questo approccio e al di là del Covid, tutti ormai ammettono i "danni" che sono stati provocati, nella nostra coscienza, da questa società "liquida" ed immersa sempre più in un profondo relativismo esistenziale.

Se si dice sempre di SI, se si trasmette l’idea che tutto sia sempre e comunque approvato e dovuto, che in fondo agire bene o agire male sia indifferente, l’essere umano non cresce libero e felice, ma piuttosto fragile e disorientato, senza strumenti per affrontare le difficoltà della vita e la mancanza di coraggio per far fronte a scelte impegnative. Oggi tutte le "scienze" si affannano (finalmente!) a ricordare la necessità della presenza di un Padre che sappia dire di NO, un Padre che esige una "disciplina" e ricordi con decisione i valori a cui non venire mai meno. Non si tratta di avere paura, ma di acquisire quanto occorre per costruire se stessi e chi insegna ad osservare le regole e a scoprire che non si può fare sempre e comunque ciò che ci piace fare, rende un grande servizio alla persona: la rende forte e libera, e questo è il modo più profondo di volere bene. Se questo vale tra i rapporti umani, a maggiore ragione vale anche per il rapporto tra Dio e l’uomo. Un Dio che non abbia mai niente da dire, che risponda senza riserve e non tenga conto del bene e del male, non sarebbe il Dio che si è rivelato ed incarnato, non sarebbe il Dio che ci conduce ad una vita piena di senso e di significato. Sarebbe un Dio che cresce dei perenni bambini che si regolano solo secondo il loro vantaggio o i loro "gusti", eterni bambini con la sindrome di "Peter Pan".

Forse per troppo tempo abbiamo avuto una immagine di Dio "sbagliata", una rappresentazione di Dio che somiglia a quella di un giudice severo e spietato, al quale interessa solo stabilire le nostre colpe e punirci se siamo colpevoli. Soprattutto nell’educazione religiosa, ricevuta durante l’infanzia, ci hanno inculcato questa visione di Dio. Talvolta, purtroppo, nel tentativo di educare, rimproverare o correggere, si fa ancora cenno della punizione di Dio o al fatto che "Dio vede tutto" e "Gesù si offende." Molti bambini, tuttora, crescono con l’idea che davanti a Dio bisogna essere bimbi buoni, invece, che capricciosi, ossia non bisogna mai sbagliare.

 

Un’impostazione pastorale veramente devastante!

Se posso dire due parole per la mia esperienza, in tanti colloqui spirituali, ho potuto sperimentare proprio questo: ossia che molte persone arrivano come se fossero interiormente spezzate, perché non hanno fatto altro che mettersi costantemente sotto pressione, per dimostrare agli altri dei risultati sempre migliori. Hanno dovuto sempre fornire delle "prestazioni eccellenti" per ricevere un po’ di attenzione, e un po’ di affetto. Sono cresciute con la paura di sbagliare e con i sentimenti di colpa dinanzi ai propri errori, ed in questo orizzonte, Dio è diventato per loro un giudice dinanzi al quale dover dimostrare ogni giorno la propria innocenza e il proprio valore, per non incorrere nella minaccia di un castigo.

 

Meno male che è venuto l’Amore Misericordioso!

Prima che arrivasse l’Amore Misericordioso su questa terra, eravamo come un gregge senza pastore, tutti noi eravamo come delle "isole" raccolte nei nostri egoismi, nei nostri problemi.

Ma Gesù, ci ha radunati, ha fatto di tante pecore sbandate un gregge solo e ancora raccoglie e continua a cercare quelle disperse, non ci raduna con la forza della frusta, ma con la forza di una legge tutta nuova, la legge della misericordia, la legge del dare la vita. In molti sono venuti per risolvere i nostri problemi: briganti e mercenari, per indicarci la strada, per assicurarci la pace, ma il loro interesse per noi era falso. Gesù è morto per noi, per ognuno di noi, Egli per dare un senso alla nostra vita ci ha offerto semplicemente la sua: "Nessuno ha un amore più grande di chi offre la vita per i suoi amici"4. L’Amore Misericordioso, ci chiama per nome, ci conosce, perché siamo suoi, ha solo un’apprensione: che ogni suo figlio abbia la vita e l’abbia abbondantemente: "Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnelli sul petto e conduce pian piano le pecore madri"5. "Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e le farò riposare... Andrò in cerca della pecora perduta, e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata..."6

Il vero timor di Dio, che non dobbiamo mai dimenticare è un frutto dello Spirito Santo, non è la negazione del Suo amore, ma piuttosto la consapevolezza che si deve tenere conto della sua Parola come via di vita. Proprio perché Dio dice di NO ai nostri capricci è un Padre affidabile: "Secondo me, tra tutti gli affetti quello che ci può restare più impresso nel cuore e nella mente, al punto di diventarne oggetto e quasi idea fissa, è quello di poter chiamare Padre l’infinito Iddio; come pure la passione del buon Gesù, per l’amore e il sacrificio con cui Egli ci riscattò"7.

 

Noi gli apparteniamo, per questo non ci abbandona mai!

Sembra di riascoltare le parole del nostro carisma: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro". Quando Gesù si rivolgeva a Dio come Padre usava la parola aramaica "abbà", Marco ce lo attesta quando riferisce la preghiera nel Getsemani: "Abbà, Padre, tutto ti è possibile; allontana da me questo calice…"8, e che abbia usato questo termine anche nelle altre preghiere lo prova il fatto che, nel testo greco, troviamo la parola pàter o pàter mu (padre mio). Dio è un Padre buono, che corregge un figlio per educarlo così come fa un maestro accorto che corregge l’alunno colpevole mostrando un volto severo, per paura che sentendosi privilegiato quegli si perda: "Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano"9.

È un Padre amoroso, misericordioso e provvidente, ed è per questo che possiamo rivolgerci a Lui con assoluta fiducia, è un Dio onnipotente e santo, trascendente ed infinito, ma anche vicinissimo agli uomini, che ha cura di loro, che conta addirittura i capelli del loro capo. Se ce la faremo non ci farà più così paura sentirci dire che la vita cristiana è un cammino verso la casa del Padre. È una prospettiva che non ci spaventa più, se capiamo per davvero chi è questo Padre. D’altra parte, sarebbe possibile concepire una condizione migliore in cui far confluire la nostra vita?

Ognuno di noi dovrebbe veramente avere l’umiltà di riflettere sulla bontà di questo Padre per scoprire la presenza amorosa, paterna e materna di un Dio che non si stancherà mai di rincorrere il proprio figlio in tutti i momenti della sua vita. un Padre che ci ama da sempre, che ci ha scolpito veramente nelle palme delle proprie mani, che continuamente ci ripete: "Tu sei il mio figlio prediletto in te mi sono compiaciuto." Gesù è venuto sulla nostra terra per rivelare questa verità di misericordia, quella di un Padre che è accoglienza, misericordia, pietà, compassione per tutti coloro che si convertono. Il peccato può essere perdonato, Dio lo vuole perdonare, perché Lui è la misericordia e il perdono: "Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani!"10. "Tu sei prezioso ai miei occhi, e io ti amo!"11 L’Amore Misericordioso ha cura di noi, Dio è per noi Padre, ci ha scelti, ci ha pensati dall’eternità, ha chiamato all’esistenza ognuno di noi, per primo ha pronunciato il nostro nome e ha "alitato" il Suo Spirito di vita nelle nostre narici, perché divenissimo Suoi figli, per condividere con Lui la Sua gloria e ricevere in eredità il Suo Regno.

Se Dio è accanto a noi, non abbiamo più nulla da temere e se ancora la paura ci assale è perché non abbiamo ancora capito il Suo infinito amore e lo scopo per cui ci ha creati.

 

Fratello mio, non ti basta?

Dio cammina nei tuoi passi! Vinci la tua paura con la fede, perché questa è l’ora del coraggio! Nessuno su questa terra ti può amare più di Dio!

Fede e paura non possono e non devono coesistere, sono nemici e due forze opposte, se la fede è forte, scaccerà via ogni paura. Nella mia debolezza la misericordia di Dio risplende, posso accogliere anche i miei difetti e i miei errori, senza paura di Dio e senza identificarmi con essi, il mio valore non dipende da essi, ma dal fatto che nell’aridità della mia vita, arde il fuoco della presenza di Dio. 

Uno dei più grandi doni che abbiamo mai ricevuto dall’Amore Misericordioso?

…possiamo chiamarlo Papà!

Signore, tu chi sei?

…Sono sempre stato, e sempre sarò, tuo Padre….

E così sia!


1 Consigli pratici (1941) (El Pan 5)

2 Isaia, 55, 8

3 Lc 2,1012

4 Gv. 15

5 Isaia 40,11

6 Ez.34,1516

7 Riflessioni (1949) (El Pan 9)

8 Mc. 14,36

9 Mt. 7,11

10 Isaia 49,16

11 Isaia 43,4

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 09 marzo, 2022