liturgia

2ª domenica di Quaresima. LA TRASFIGURAZIONE

 

 

Al santuario il 13 marzo 2022,

omelia di S. E. Mons. Fabio Fabene, Sottosegretario alla Congregazione per le cause dei santi

Cari fratelli e sorelle,

Nel salmo 26, che abbiamo pregato rispondendo alla Prima lettura, c’è un’espressione di rara bellezza: «Il mio cuore ripete il tuo invito: "Cercate il mio volto!"» (Sal 26, 8). Tutto il salmo è pervaso dal desiderio appassionato del salmista di contemplare il volto di Dio, radioso di bellezza e pervaso di bontà.

La liturgia della Parola di questa 2a domenica di Quaresima ci rivela che, lungo la storia, è stato Dio a rivelarsi all’uomo, venendo Egli stesso incontro al più profondo desiderio di ciascuno, che è appunto di vedere il volto di Dio, di cui il salmo si è fatto interprete.

Nella Prima lettura Dio si rivela ad Abramo, affidando la manifestazione di se stesso al segno del fuoco, che evoca la luce. A sua volta, l’uomo si prepara all’incontro divino, attraverso il rito arcaico degli animali divisi. Si tratta di un gesto dell’antico Oriente, il quale voleva che, in mezzo ai pezzi di carne degli animali, passassero i contraenti di un patto, pronunciando un auto-maledizione, per dire: "accada a me quello che è avvenuto a questi animali, se tradisco il patto che stiamo stipulando". In mezzo agli animali squartati da Abramo, quella notte passa soltanto la fiaccola ardente, cioè Dio. È lui che per primo si impegna nell’alleanza con l’uomo, svelandogli il suo amore. L’uomo deve offrire soltanto la sua fede, cioè l’accoglienza libera e gioiosa del dono di Dio: Abramo – ci dice il libro della Genesi – «credette al Signore» (Gn 15, 6) e divenne il "nostro padre nella fede".

La seconda rivelazione di Dio ci viene presentata dal Vangelo ed è quella che si attua in Gesù nella scena della Trasfigurazione, dove per un istante la luce della divinità avvolge il Figlio dell’uomo e verso di lui convergono la Legge ed i Profeti. Mosè ed Elia parlano con Gesù della sua Pasqua, quando toccherà il fondo dell’abisso con la morte e di là risalirà allo splendore della gloria divina. La Trasfigurazione culmina nelle parole del Padre: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9, 35).

Nel volto umano di Gesù di Nazaret, pervaso dalla luce della sua divinità, noi vediamo il volto di Dio. In quel volto riconosciamo la bontà di Dio fatta carne e l’amicizia di Dio per noi uomini. Questo volto noi oggi lo contempliamo nel Crocifisso, custodito in questo Santuario, dove siamo venuti come pellegrini per scoprire ancora una volta il suo volto e incontrarci nuovamente con il Signore. Nel volto sereno di Gesù Crocifisso, sfigurato dal dolore, noi vediamo la bellezza dell’amore che si dona e scopriamo già la luce della Pasqua, in quanto – come ci dice S. Giovanni nella sua Prima lettera – per l’amore siamo «passati dalla morte alla vita» (1Gv 3, 14). È l’amore con il quale Egli ci ha amati, che trasfigura «l’uomo dei dolori, davanti a cui ci si copre la faccia» (Is 53, 3) nel «più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 44, 3): il Crocifisso amore è la bellezza che salva. Il "bel pastore", che muore abbandonato sulla croce, è il Salvatore del mondo! Egli, innalzato, è il Re vittorioso, come sta a significare la corona regale, posta ai piedi del Crocifisso di questo Santuario. Nel volto del Crocifisso noi vediamo la mitezza e bontà di Gesù, che esprime e rivela la tenerezza infinita del suo cuore, il suo amore misericordioso per tutti. S. Paolo, scrivendo a Tito, afferma che in Lui «apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini» (Tt 3, 4); Matteo lo chiama «Maestro buono» (Mt 19, 16) e S. Pietro, in un discorso negli Atti degli Apostoli, dice: «Passò beneficando e risanando tutti» (At 10, 38).

La bontà di Cristo, cari fratelli e sorelle, si è manifestata in modo eminente nel voler fare semplicemente del bene agli uomini e alle donne che ha incontrato nel suo cammino. Il primo movimento del suo cuore, quasi "istintivo" – potremmo dire –, non fu quello del sospetto, di sfiducia, di ostilità o di odio. Egli non condannò mai gli uomini, fino all’ultimo istante della sua vita. A tutti coloro che lo incontrarono diede spazio e tempo per crescere. Era come se dicesse: "Hai un diritto alla vita. Non voglio recarti danno, condannandoti. Devi essere, devi portare avanti la tua vita e ogni giorno devi aiutarla a schiudersi, perché essa è dono, il dono più grande che Dio ti ha fatto". Nel Vangelo ce lo dice con chiarezza: «Sono venuto perché [gli uomini] abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10, 10). La fede della Beata Madre Speranza è proprio quella di un Dio che si avvicina all’uomo, gli parla, lo guida e desidera salvarlo. Questo Dio, che in Cristo manifesta la misericordia e il perdono, apre ciascuno di noi alla fiducia e alla speranza.

Facciamo nostre le parole dell’apostolo Pietro davanti al volto trasfigurato di Gesù: «È bello per noi essere qui» (Lc 9, 33). Anche per noi, fratelli e sorelle, è bello oggi poter contemplare il volto di Cristo, il volto luminoso dell’amore Crocifisso, che ci rivela l’amore misericordioso del Padre. Quando la visione del Tabor svanisce, gli apostoli restano soli con Gesù; scendendo dal monte, riprende il loro cammino quotidiano, che per noi è il cammino della fede, come lo fu per Abramo e per Gesù stesso, che si mise in cammino verso Gerusalemme (cf Lc 9, 51), città della sua Pasqua. Anche noi riprendiamo il cammino quotidiano, in questo tempo difficile, segnato da una guerra che mai avremmo immaginato, ancora dentro una pandemia che ci ha fatto sperimentare la fragilità dell’essere uomini. Camminiamo sulla strada dell’amore, sostenuti dalla luce della fede, guardando a colui che ci ha fatti belli, come afferma S. Agostino, che nella sua misericordia ci libera e ci chiama ad essere misericordiosi (cf Lc 6, 36) verso coloro che incontriamo sul nostro cammino. Camminiamo nell’amore, fino a quando il nostro cammino sfocerà anche per noi nella gloria, come ci ha rassicurato S. Paolo nella Seconda lettura: il Signore «trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 21). Solo l’amore infatti genera sempre la vita e l’immortalità scaturisce unicamente dall’amore.

Madre Speranza ha voluto ricordare a tutti che la missione di Gesù è stata quella di portare il fuoco del suo amore sulla terra ed il suo desiderio era che il fuoco dell’amore divino fosse già acceso (cf Lc 12, 49). Spetta a noi, oggi, portare questo fuoco dell’amore divino nel nostro tempo.

 

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ultimo aggiornamento 06 aprile, 2022