In uno degli interventi, prendendo spunto dall’episodio dell’unzione a Betania (secondo la tradizione dei vangeli di Marco e Matteo), il cardinale Carlo Maria Martini si chiedeva: "Chi è il discepolo, chi è il cristiano, uomo o donna, che matura in un cammino spirituale?". La risposta dopo un articolato esercizio di esegesi spirituale suonava così: "Alla luce dell’icona evangelica possiamo ora rispondere che è colui che non pretende di andare oltre le proprie possibilità ma che fa ciò che è in suo potere con tutto sé stesso, con originalità, dedizione, disinteresse, identificandosi con Gesù, anche senza pensarci molto, perché è il Signore stesso che lo trascina nel suo vortice spirituale" (Martini, 1988).

Papa Francesco, poi, nell’esortazione apostolica Gaudete et exultate sulla "chiamata alla santità nel mondo contemporaneo" ha sottolineato che la santità non è riservata a pochi ma è una via per tutti. E quando propriamente si chiede cosa vuol dire essere "Vangelo", in mezzo, tra la gente che incontriamo o con cui ci troviamo, ha detto: "Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova… Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso i più umili membri di quel popolo che ‘partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità’" (GE 8,15).

Una figura che ci è di richiamo, a questo proposito, come esempio di laica nella Chiesa, abbandonata totalmente in Dio e aperta e sollecita alle richieste della società e della Chiesa è Armida Barelli (1 dicembre 1882 – 15 agosto 1952): ridente e forte, fiduciosa ed energica, intelligente organizzatrice e capace di tenere amicizia, donna di azione instancabile e di profonda contemplazione e preghiera, laica nel mondo e per il mondo.

Una donna che, come disse la sua prima biografa, Maria Sticco, nasce "nel tempo dei lumi a petrolio e delle carrozze a cavalli quando le ragazze perbene non escono da sole, né a capo scoperto, non studiano nelle scuole maschili e non partecipavano alla vita pubblica, e morì quando le donne, anche giovanissime, godevano piena libertà di movimento, quando diritti e doveri fra i due sessi erano quasi parificati".

E’ stato in questo periodo che Armida Barelli fu chiamata dal Signore a una missione assai importante mediante la Gioventù Femminile di Azione Cattolica, e contemporaneamente a collaborare a una grande opera di rinnovamento della cultura italiana: L’Università Cattolica del Sacro Cuore. Una donna, insomma, tra due secoli.

Armida Barelli, detta Ida, nasce a Milano nel 1882 da genitori di alta borghesia ma che non le trasmettono un’educazione ai valori religiosi. Li scoprirà da sé frequentando prima le Orsoline a Milano e poi nel collegio svizzero, a Menzingen, gestito dalle suore francescane del S. Cuore. Proprio in quegli anni conosce così la spiritualità francescana. La svolta avviene, però, nel 1910 quando conosce il francescano padre Agostino Gemelli e diventa Terziara Francescana. Padre Gemelli subito intuisce in lei innate doti di organizzatrice e fondatrice per cui la guida spiritualmente; per l’amicizia profonda che nutriva per Ida, comprende il desiderio profondo di lei di dedicarsi completamente al Signore, restando però "nel secolo", cioè non cambiando esteriormente la propria vita, con la consacrazione secolare.

Il 17 febbraio del 1918 riceve l’incarico dal Cardinale Ferrari di Milano di iniziare l’associazione della "Gioventù Femminile di Azione Cattolica", analoga a quella maschile già esistente, diventandone la prima Presidente e il 28 settembre seguente da Papa Benedetto XV viene nominata Presidente Nazionale della Gioventù Femminile di Azione cattolica, carica che ha ricoperto ininterrottamente fino al 1946. In questi anni Armida gira l’Italia e incontra milioni di giovani proponendo loro gli ambiti traguardi di "essere per agire", "istruirsi per istruire", "santificarsi per santificare". In questi anni la Gioventù Femminile raggiunse un milione e cinquecentomila iscritte.

Organizzò convegni e congressi nazionali ed internazionali, Settimane Sociali, pellegrinaggi ed innumerevoli corsi culturali e formativi. Straordinaria fu anche la sua azione in campo culturale e politico, a cominciare dalla battaglia per il voto femminile nel 1946.

Nel 1919 insieme con padre Gemelli fondò una Famiglia di laiche consacrate a Dio, l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Il 7 dicembre 1921 si inaugurò l’Università Cattolica del cui Comitato promotore lei fu membro attivo con l’incarico di "cassiera". Il 17 settembre 1923 in Cina, a Shauxi, fondò l’Istituto Benedetto XV, Opera Missionaria della Gioventù Femminile da cui venne una Congregazione religiosa femminile cinese tutt’ora attiva.

Nel 1949, a 67 anni, Armida Barelli però si ammalò; fu colta da paralisi bulbare, un male inguaribile e progressivo. Affrontò la malattia "dalle mani di Dio" come la sua fede, la sua speranza e la sua carità domandavano. Nella lunga infermità vive in spirito di penitenza, nella preghiera e nell’offerta: "Accetto la morte, quella qualsiasi che il Signore vorrà, in piena adesione al volere divino, come ultima suprema prova d’amore al Sacro Cuore, di cui mi sono fidata in vita e voglio fidarmi in morte; e come ultima suprema preghiera per ciò che nella mia vita fu il sogno costante: l’avvento del Regno di Cristo quaggiù". Si affidava al Sacro Cuore con la giaculatoria che le era familiare: "Sacro Cuore mi fido di Te e mi affido a Te".

San Giovanni Paolo II l’8 giugno 2002, rivolgendosi ai partecipanti al Convegno per il 50° della morte di Armida Barelli, ha detto: "A distanza di mezzo secolo, risalta con crescente attualità la statura di colei che veniva chiamata "Sorella Maggiore" della Gioventù Femminile di Azione Cattolica… La sorgente di questo suo multiforme e fecondo apostolato era la preghiera, e specialmente un’ardente pietà eucaristica, che trovava la sua risorsa più concreta ed efficace nella devozione al Cuore di Gesù e nell’adorazione del SS.mo Sacramento".

Laica nel mondo e per il mondo, mistica del quotidiano, Armida si spegne il 15 agosto 1952 nella casa di famiglia a Marzio. Prima di morire ha ricevuto il sacramento dell’unzione degli infermi, salutando i parenti accorsi, ma serenamente, come se avesse dovuto rivederli l’indomani. La sua tomba si trova nella cripta della Cappella principale dell’Università Cattolica a Milano.

La Chiesa ambrosiana nel 1970 ha avviato il processo diocesano per la beatificazione e l’1 giugno 2007 Papa Benedetto XVI, riconoscendone le sue virtù eroiche, l’ha dichiarata venerabile.

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ultimo aggiornamento 03 giugno, 2022