ROBERTO LANZA
"Due cose non si recuperano: le grazie di una Comunione non fatta e il tempo perduto".
(MADRE SPERANZA in Camino hacia la santidad, 88)
T
occhiamo con mano, oggi nella Chiesa, come la partecipazione alla vita sacramentale costituisca, un problema serio che non possiamo fare finta che non esista; non soltanto vi è un calo quantitativo nella cosiddetta "pratica" dei sacramenti, ma un malessere più profondo, una reale difficoltà a comprendere il loro significato nel contesto dell’esistenza cristiana. È vero anche che c’è ancora molta preoccupazione a causa del Covid-19 che ha portato la modalità delle celebrazioni in streaming, che durante la pandemia potevano avere un senso, ma farle diventare come se fosse una partecipazione liturgica "normale" anche dopo la pandemia è stata una "profanazione" della sacra liturgia che prevede comunque la partecipazione in presenza del fedele. (Le Messe sono coram Dio, non un set cinematografico dove i fedeli sono diventati spettatori.)
Anche il cardinale Sarah, in una lettera inviata ai presidenti delle Conferenze episcopali, afferma la necessità di tornare alla normalità della vita cristiana, assistere ad una Messa attraverso i media non è equiparabile alla partecipazione fisica in Chiesa: "Per quanto i mezzi di comunicazione svolgano un apprezzato servizio verso gli ammalati e coloro che sono impossibilitati a recarsi in chiesa, e hanno prestato un grande servizio nella trasmissione della Santa Messa nel tempo nel quale non c’era la possibilità di celebrare comunitariamente, ha continuato il cardinale Sarah, nessuna trasmissione è equiparabile alla partecipazione personale o può sostituirla, si legge ancora nella lettera, anzi queste trasmissioni, da sole, rischiano di allontanarci da un incontro personale e intimo con il Dio incarnato che si è consegnato a noi non in modo virtuale, ma realmente, dicendo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui (Gv 6, 56). Questo contatto fisico con il Signore è vitale, indispensabile, insostituibile"1.
Le cause di questo disagio sono molteplici, spesso i segni sacramentali sono sprovvisti di utilità ed efficienza tangibili, e troppo spesso, tra la nostra gente, si affaccia il dubbio che essi siano intesi come mezzi troppo facili, quasi automatici per garantire la salvezza, con il rischio così di suscitare l’individualismo, la separazione tra il rito e la vita. Si preferisce scoprire Dio partendo da una fede "autodidatta", una fede intesa come adesione personale e soggettiva, e a molti di noi sembra che il punto fondamentale di questa situazione risieda nell’aver presentato, per troppo tempo, i sacramenti come riti isolati e staccati da tutto il contesto della fede cristiana e della vita della Chiesa. Anche il Papa Francesco nella sua lettera apostolica Desiderio Desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio, al numero 9, così si esprime: "Fin da subito la Chiesa ha compreso, illuminata dallo Spirito Santo, che ciò che era visibile di Gesù, ciò che si poteva vedere con gli occhi e toccare con le mani, le sue parole e i suoi gesti, la concretezza del Verbo incarnato, tutto di Lui era passato nella celebrazione dei sacramenti".
Secondo la definizione tradizionale, i sacramenti sono segni opportuni della grazia per santificarci: "I sacramenti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina"2.
Ma cosa voleva davvero farci capire la Madre Speranza con le parole evidenziate all’inizio di questo scritto? Quale, dunque, questa Grazia di cui parla la Madre e che perdiamo ogni volta che non incontriamo il Cristo sacramentalmente?
La Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, fa sue le parole di Agostino: "se Pietro battezza è Cristo che battezza, se Giuda battezza è Cristo che battezza"3, a sottolineare che Cristo è presente con le sue "virtù" nei sacramenti. Ogni sacramento, perciò, realizza un inserimento di grazia del Cristo, una grazia cristologica, come ben espresso da Tommaso: "per mezzo dei sacramenti della Chiesa, l’uomo viene conformato a Cristo". La "grazia" nel suo significato dottrinale più conosciuto vuole dire, favore immeritato, che viene beneficiato per mezzo di Cristo; infatti, Gesù, è la manifestazione della grazia di Dio. La grazia di Dio è data ad ogni credente per produrre un cambiamento radicale in ogni aspetto della vita, essa non è altro che l’amore di Dio verso di noi, un’amicizia che Dio stringe con noi è una partecipazione che Dio ci fa della sua stessa divina natura.
Il Catechismo definisce la grazia come "il favore, il soccorso gratuito che Dio ci dà perché rispondiamo al suo invito"4. Aggiunge poi: "La grazia è una partecipazione alla vita di Dio; c’introduce nell’intimità della vita trinitaria"5. Non si tratta di entrare in contatto con una cosa, o un’idea, ma con una persona, dal momento che la grazia, non è altro che Cristo Gesù in noi: "La tua grazia vale più della vita"6.
Dove vogliamo arrivare?
La domanda serve ad introdurre la questione forse più importante e decisiva: quale tipo di rapporto esiste tra l’esistenza quotidiana e l’eucarestia?
Spesso si sente parlare della vita cristiana come l’adesione ad una fede cieca, ad un determinato modo di pensare o di vivere ormai perfino fuori moda, arretrato, ad una serie di doveri e obblighi morali in cui sembrano continuamente prevalere i no! Insomma, una vita non libera, noiosa, pesante, forse perfino causa di ulteriori stress da cui stare alla larga. In realtà la vita cristiana non è anzitutto un modo di pensare o di comportarsi, certo anche questo, ma una vita con Cristo, una vita già "divina", ossia partecipe della vita di Dio, e proprio per questo una vita in pienezza. Gesù lo ha detto: "Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza". Una vita vissuta nel suo senso autentico, una vita che è già, pur tra le prove, anticipo di quel paradiso dove la comunione con Dio, e quindi la gioia, sarà piena ed eterna. In fondo chi rimane "distaccato" è perché non ha ancora capito la posta in gioco, dato che nessuno può essere indifferente sulla propria vita, sulla scelta tra la felicità e la disperazione, tra la vita e la morte, e soprattutto della vita beata nella piena comunione con Dio.
Qui, infatti, la notizia è proprio che con Gesù siamo finalmente di fronte a questa questione, che è la più decisiva della vita, su cui ci giochiamo non solo la riuscita e bellezza della vita terrena, ma soprattutto della vita eterna, ossia del "per sempre" che ci attende dopo la morte. Si tratta di cambiare il senso totale della mia vita, perché è l’incontro con Gesù nella mia vita oggi, che mi dona il senso vero della vita.
Una volta che ho capito questo, Dio non resiste!
La grande svolta della vita non è costituita semplicemente dal sapere che Dio c’è e che Gesù è Dio, è risorto e vivo, ma dall’essere concretamente in relazione, in comunione con Lui:
"Dio vuole essere Lui solo la sorgente piena ed infinita della nostra felicità. In Lui e solo in Lui vuole renderci beati"7.
Allora il riceverlo facendo la Comunione, è in noi una sorgente inesauribile di novità, è la vera compagnia, è la vera pace, è così che Dio ci santifica: "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me come io in lui". In quel pane sacro c’è la "presenza reale" di Cristo Signore, in quel pane, Dio e l’uomo, Dio e il mondo, si toccano e si riuniscono; tutta la vita dell’uomo e del mondo è salvata e riscattata. Questo è ciò che viviamo nell’eucaristia, è una comunione così intima, così santa, così sacra, che i nostri organi di senso non riescono a percepirla, ma Gesù è veramente dentro di noi, in quella casa dove nessuno può accedere se non Lui, per farci diventare come Lui, per farci gustare la bellezza dell’amore trinitario manifestato nel Padre nel Figlio e nello Spirito Santo.
Vogliamo che il Cristo venga a conoscerci dietro le pareti della nostra vita più intima? Vogliamo veramente che resti con noi quando si fa sera:
"Mangiate, bevete, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue……eccomi per voi… l’ho fatto per te".
Fratello mio, hai visto cosa ti perdi?
Ma nelle parole della Madre, troviamo anche un altro "richiamo" molto utile per risvegliare la nostra fede: non sprecare il tempo che ci è stato dato.
Per gli antichi pagani il tempo era una misteriosa realtà che, a causa del suo scorrere inesorabile, segnava l’esistenza umana con un marchio di triste fatalità. Scorrendo veloce "come il sogno di un’ombra", neppure gli dèi potevano fare nulla contro il tempo che passa portandosi via la vita. Per le Scritture il tempo perde quella dimensione del "chrónos" fatale, vuoto, ed acquista piuttosto la dimensione di "kairós" inteso come tempo favorevole, propizio dono di Dio all’uomo perché possa dare prova di conversione e di fedeltà: "Compite la vostra opera in tempo giusto, ed a suo tempo vi darà la sua mercede"8. Non c’è più tempo da attendere; il tempo messo a disposizione dalla benevolenza divina va utilizzato, prima che sia troppo tardi: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo"9. Il tempo favorevole della divina misericordia è diventato realtà in Gesù; con Lui ha avuto inizio la "pienezza dei tempi." Il vero credente è colui che, contrariamente al mondo che segue la regola del carpe diem, unicamente per divertirsi nel momento che passa, si tiene piuttosto pronto per la venuta di Dio.
La riflessione sul significato del tempo ci spinge a percepire la necessità di vivere santamente nel tempo propizio che il Signore ci mette a disposizione. Essendo creati per l’eternità, non possiamo vivere il tempo alla maniera pagana, assistendo impotenti allo scorrere inesorabile delle stagioni, o peggio ancora comportandoci come quei servi che approfittando del ritardo del padrone appesantiscono il loro cuore in dissipazioni e affanni della vita:
"Ho gran timore del tempo che tu mi hai dato per fare il bene e che io, invece, ho speso male e, peggio ancora, offendendoti"10.
Il tempo e gli anni della vita che il Signore ci dona per fare il bene possono essere sciupati e possono essere spesi male non facendo il bene che il Signore si aspettava, ma soprattutto non impegnandosi a cogliere tutte le occasioni di bene che il Signore ci offre per crescere nell’umiltà, nel perdono e nella tenerezza. Il tempo, la storia umana, la nostra storia personale non sono elementi marginali o secondari per la nostra fede: noi incontriamo Dio, dentro la nostra vita.
Ma tutto questo può accadere senza un’unione sacramentale in Lui?
L’Amore Misericordioso sa bene come è "complicato" l’animo dell’uomo che spesso lo porta ad agire senza sapere bene neppure il perché degli atti che compie, credendo di cercare il bene mentre in realtà sta operando il male. Spesso non abbiamo una comprensione tale del fatto che una certa azione è dannosa, e del perché è dannosa. Se, prima di commettere una cattiva azione, più o meno grave, sapessimo quale sarà la sua conseguenza sulla nostra anima e sulla nostra vita, non la commetteremmo: "non dimentichiamo che la vita è molto breve, che il tempo dell’amore terreno termina molto presto, e che è l’amore a prepararci il posto nel cielo"11.
Come concludere?
Un uomo morì. Appena varcata la soglia dell’aldilà vide Dio, con una valigia, che gli veniva incontro. E Dio disse: "Figlio, è ora di andare. E si incamminarono. Curioso l’uomo chiese a Dio: Cosa porti nella valigia? E Dio gli rispose: Ciò che ti appartiene. Quello che mi appartiene? Porti le mie cose, i miei vestiti, i miei soldi? Dio rispose: No, è vuota! Allora l’uomo, di scatto, afferrò la valigia per guardarvi dentro e, con le lacrime agli occhi disse: Ma è vuota davvero! Allora non ho mai avuto niente? Dio rispose:
Le cose materiali, per cui hai tanto lottato, non puoi portarle con te. Il vero bene della vita è il tempo. Ecco perché non dovevi sprecarlo, ma impegnarlo per prepararti alla vita eterna, e per vivere in comunione con me!"Fratello mio, possiamo avere tante chiavi nella nostra vita, ma senza la chiave principale, resteremo sempre prigionieri del nostro egoismo, senza quella chiave che si chiama misericordia, forse resteremo prigionieri della nostra stessa vita…ogni cosa necessita del suo tempo, ma c’è un tempo infinito dal nome Amore Misericordioso… io ti auguro di viverlo!
1 Catechismo Chiesa Cattolica 1131
2 Vaticano – 15 Agosto 2020 approvazione Papa Francesco 3 settembre 2020
3 Numero 7
4 Catechismo Chiesa Cattolica 1996
5 Catechismo Chiesa Cattolica 1997
6 Salmo 63,4
7 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)
8 Sir. 51,30
9 Mc. 1,15
10 Dalla Novena all’Amore Misericordioso
11 El Pan de nuestra Casa
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ultimo aggiornamento
19 dicembre, 2022