ROBERTO LANZA

 

"Care figlie, si avvicinano le feste di Natale e credo che, come sempre, vi starete preparando a ricevere nei vostri cuori il divino Bambino".

(Madre Speranza di Gesù)

Sappiamo benissimo che la festa del Natale entrò nel calendario cristiano molto tardi, ossia nel 354 d.C., con l’imperatore Costantino. Nei primi secoli, infatti, i cristiani non avevano altra festa che la Pasqua, il 25 dicembre era il giorno in cui, a Roma, veniva celebrata la festa del solstizio d’inverno e dell’approssimarsi della primavera. Era una festa caratterizzata da un’incontenibile gioia perché il sole ricominciava a splendere. I cristiani presero questa festa pagana perché consideravano Gesù il sole venuto a visitarci dall’alto, per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte.

 

Torniamo a noi!

Dunque, c’era una volta il Natale, le famiglie si riunivano in casa dove si trascorrevano ore e ore fino a tarda notte per giocare a carte o a tombola, si mangiava e si gustavano dolci e panettoni, si respirava il piacere di stare insieme. Erano giornate e serate allegre, serene di vera festa. Oggi l’aria che si respira è totalmente diversa, si entra nel periodo delle festività come in una sorta di tunnel fatto di doveri ed impegni del quale nessuno ha voglia e dal quale non si vede l’ora di uscire. Con questi venti di guerra e con questo interminabile virus del Covid, viviamo ancora un tempo di angoscia e soprattutto di precarietà. Chi può avere voglia ancora di festeggiare?

 

Però pensavo: e noi? che cosa abbiamo fatto del Natale cristiano?

Forse, si è fatta troppa poesia e troppo romanticismo sul Natale, abbiamo trasformato l’Incarnazione del Cristo in un pacco di consumo. C’è tutta una generazione di cristiani che non ama più "com­muoversi" a Natale, e il povero non si lascia più sedurre dal pacco di Natale. Provate voi a preparare il famoso pranzo per i poveri, ma perfino il povero sa che deve mangiare tutto l’anno e non solo a Natale. Allora? Quanti Natali passati nella tua vita! Forse cinquanta, forse settanta, ottanta! duemila!

L’importante è che ogni anno succeda qualcosa e tu possa dire: ecco, questo è un Natale nuovo.

Ci scambiamo gli auguri di "Buon Natale" senza sapere spesso cosa ci stiamo augurando. Per questo la festa del Natale può trasformarsi in pura formalità, una semplice e ripetitiva tradizione vissuta in modo superficiale: è bene ricordare che Natale significa "nascita". Augurandoci buon Natale ci auguriamo "buona nascita" e ogni giorno dobbiamo ricordare a noi stessi che ci vuole una vita nuova per amare la vita. Il "nuovo del vangelo" sorge sempre su ciò che siamo stati, anche se di quel passato in alcuni casi restano solo macerie. La vita partorisce di continuo, è un continuo morire di vecchi equilibri, modi di pensare, atteggiamenti, per stimolarci a rinascere con nuove scelte, nuove motivazioni, nuovi interessi, un nuovo stile di vita.

Eppure, c’è chi ancora spera, chi non ha perso la propria fiducia nel prossimo, chi ancora crede nella solidarietà tra gli uomini perché l’odio cessi di infuocare gli animi; chi ancora apre il cuore alla vera luce: la luce che può illuminare e trasformare noi stessi se nasce dentro di noi, la luce del bene che vince il male, dell’amore che supera l’odio, della vita che sconfigge la morte: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta"1.

Perché Gesù viene? Come può l’uomo accogliere oggi questa notizia?

Natale è l’amore di Cristo all’uomo: il Figlio di Dio è diventato un bambino nella storia umana, si è appropriato di modi e formule di una esistenza umana. Ecco il Natale, Dio incarnandosi ha voluto "regalare" all’umanità la sua essenza divina, l’uomo è diventato figlio di Dio, immerso nella stessa natura di quel Padre che lo aveva creato e posto al centro dell’universo.

Il primo versetto del Prologo di Giovanni comincia così: "Fin dall’inizio, prima ancora di creare il mondo, Dio aveva un progetto". Un progetto che si esprime con un’unica parola ed è il progetto della realizzazione di questo amore, di un amore di una qualità nuova. Continua Giovanni: in principio c’era questo progetto, con questa sottolineatura, Giovanni ci vuol far comprendere che questo progetto, era sempre nella "testa" di Dio, ossia era qualcosa che stava molto a cuore a Dio. Ed ecco la rivelazione fantastica che fa Giovanni: "e un Dio era questo progetto". Viene tradotto normalmente: "e il verbo era Dio". Il progetto di Dio sull’umanità, sull’uomo, è qualcosa di incredibile e, purtroppo, credo che la nostra tragedia di credenti sia che non l’abbiamo conosciuto; o se lo abbiamo conosciuto, non lo abbiamo ancora capito.

Giovanni ci presenta un Dio talmente innamorato dell’umanità, che non gli basta aver creato l’uomo in carne e ossa, ma lo vuole innalzare alla sua stessa condizione divina; "un Dio era questo progetto"! Il progetto di Dio sull’umanità è che l’umanità, quindi l’uomo, raggiunga la pienezza della condizione divina: questo è il NATALE!!!

 

Dio si è fatto uomo per amore degli uomini, per amore mio e tuo!

Questo Bambino debole e povero, nato a Betlemme, questo Bambino cantato dagli angeli, adorato dai pastori e dai re d'Oriente, questo Bambino è Dio, questo Bambino porta la salvezza al mondo, questo Bambino avvolto in fasce, che giace nel presepe è Dio che viene a visitare e a guidare i nostri passi sulla via della pace, anche se povero e nato in una mangiatoia, anche se è nato tra l’indifferenza della gente e l’ostilità dei potenti.

 

È l'amore di Dio per noi, l'Emmanuele venuto sulla terra per camminare con noi!

 

Il vero Natale, l’unico Natale, quindi, è che il Figlio di Dio si è fatto uno di noi, e questo avvenimento cambia tutto dalla radice: il Natale cambia davvero il senso della nostra vita e della nostra storia. La nostra vita acquista un valore infinito e una speranza infinita, perché la tua vita e la mia è valsa l'Incarnazione di Dio. Se Dio ha preso su di sé la nostra condizione umana, essa non sarà mai separata da Dio. L’incarnazione del Verbo cambia la direzione del nostro sguardo, e del nostro vivere Dio è in ogni uomo, Dio è con noi in ogni momento, Dio è nella sua Chiesa, nella storia del nostro mondo.

È la bella notizia annunciata a tutto il mondo, che da tanti secoli aspettavamo: "Oggi a Betlemme, nella città di David, è nato per voi un Salvatore, che è il Messia Signore". Solo questo amore di Dio è cosa utile e benedetta nella vita di ciascuno: "Gesù mio, oggi non posso dire, con sincerità, che vivo, ma non sono io che vivo, è il mio Dio che vive in me, poiché il mio cuore e la mia mente non sono stati sempre fissi in te"2.

Noi quale Dio stiamo aspettando?

 

Un Dio che deve trovare posto secondo le mie aspirazioni, i miei progetti, secondo i miei interessi, magari un Dio che deve soddisfare i miei desideri senza chiedermi se sono conformi alla sua volontà. C’è un Natale molto pericoloso che possiamo vivere: ossia aggiustare il Signore secondo i nostri gusti.

 

Ci si potrebbe ancora chiedere: il Vangelo non è troppo debole per un mondo così forte? Non è troppo semplice per un mondo sempre più complesso? Ma noi sappiamo che il regno di Dio, è spesso paragonato ad un piccolo seme o come un lievito. Certo, è importante che il seme penetri nel terreno e che il lievito sia mescolato nella pasta. Ma ambedue, se conservano la loro forza e la loro energia, se non sono cioè affievoliti dalla nostra pigrizia e dal nostro egoismo, daranno frutto. Il seme produrrà un albero grande e il lievito fermenterà la pasta del mondo. Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, e quindi nella notte di Natale verrà invece un bambino, fragile e piccolo. È lo scandalo dell’Incarnazione che non viene ancora accettato: un Dio che si fa bambino è impossibile crederlo.

 

Ma quel bambino piccolo ed indifeso ci viene a dirci una cosa importante: un annuncio sconvolgente per la tua vita. Il Dio che Gesù ci ha rivelato è un Dio che non chiede nulla agli uomini, ma dà tutto agli uomini, è un Dio al servizio degli uomini.

 

Credo che il nostro carisma sia fortemente caratterizzato da questo atteggiamento, chi ha ricevuto il dono dell’Amore Misericordioso è chiamato ad un’unione più intima con Dio, a sperimentare una nuova alleanza. Chi vive il carisma dell’Amore Misericordioso ha nel cuore una "forza" nuova, una visione della vita nuova. Dio è alla ricerca dell’uomo, è il messaggio "eterno" che la Madre Speranza ci ha lasciato, ossia che Dio ci cerca con amore instancabile fino ad arrivare paradossalmente a non essere felice senza di noi; Dio ci ama e pur sapendo che possiamo anche rifiutare questo amore non ci abbandona mai, ma ci tiene in vita anche nel momento in cui peccando ci ribelliamo a Lui.

 

Dio non è qui ad esigere il "grazie" per imporci chissà quale comando, ma perché sa che, se apro gli occhi della fede e riconosco quanto amore Egli mi dona, riesco sempre più ad entrare in un rapporto vivo, personale con Lui. Dio ha in mente e ha in mano la mia storia come storia irripetibile, singolarissima, come valore immenso e irrevocabile. Ciascuno di noi deve essere certo di stare nel cuore di Dio. A questa verità noi forse pensiamo poco, e così non diamo importanza a noi stessi, mentre sta proprio qui la fonte della nostra dignità personale e della nostra felicità. Gesù è la "luce vera", che continuamente scende e illumina ogni uomo, perché Dio non ha mai smesso, di raggiungere ogni uomo. Egli non si stanca di cercarci e di seguirci, non è un Dio che si fa servire dall’uomo, ma un Dio che si mette al servizio dell’uomo.

 

Un Dio che non chiede di essere servito, ma che è Lui stesso che si mette al servizio nostro, per innalzarci al suo stesso livello di dignità. Il suo modo di amarci va ben oltre la nostra logica, le logiche quantitative per Dio non valgono, nell’amore Lui sa contare solo fino a uno!

 

Il Natale è la festa che i cristiani vivono nello stupore sempre rinnovato di accostarsi a un Dio che si è fatto uomo, prossimo a noi, che è venuto a stare in mezzo a noi, a condividere le nostre semplici vite, a soffrire delle nostre fatiche e a gioire delle nostre gioie. Chi mai avrebbe potuto inventare un’assurdità del genere? Chi mai avrebbe potuto farci credere la più incredibile delle notizie? Deve essere vero il Natale, perché solo Dio poteva osare tanto. Deve essere vero, perché è da pazzi immaginare una cosa del genere. La notizia di un Dio che diventa uomo, che si fa incontrabile, carne e sangue, tenerezza, emo­zioni; non esiste più un confine che separi umano e divino.

 

Se davvero, in questo Natale, avremo il coraggio di lasciare alle spalle tutto, di far cadere le nostre "zavorre" che ci appesantiscono, di guarire le nostre ferite infette, di uscire dall’indifferenza che tutto soffoca. Se avremo il coraggio di seguire il segno del bambino nato per noi e i tanti angeli che Dio continuamente ci invia, allora, forse, arriveremo, anche noi, alla mangiatoia.

 

Questo è l’augurio più bello che possiamo scambiarci!

Caro fratello e sorella mia, deve essere davvero bello vivere, essere umani e gioire, amare, crescere, lottare, piangere, se Dio ha voluto condividere tutto questo. Deve essere bello se Dio ha divinizzato ogni gesto e ogni sussulto umano. Deve essere straordinario diventare capaci di accorgerci di quanto siamo amati.

 

La vita a volte è una caccia al tesoro, ma io ho ancora voglia di cercarlo quel bambino piccolo ed indifeso… perché quel bambino mi dice che Dio non si è ancora stancato dell’umanità… di me.

 

… Per voi è nato un Salvatore…

Auguri!


1 Gv. 1, 1-18

2 Diario 16 Febbraio 1940

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ultimo aggiornamento 14 gennaio, 2023