studi Vangelo e santità laicale

Sac. Angelo Spilla, fam

 

 

Tra le figure di santità laicali, italiane, va ricordato anche Alberto Marvelli (21 marzo 1918 – 5 marzo 1946), un esemplare laico cattolico che ha dedicato la sua breve vita terrena al campo politico, mettendo in pratica quanto detto da papa Pio XI nel 1927 parlando agli aderenti alla Fuci: "Il campo politico è il campo di una carità più vasta, la carità politica". La vita di Alberto Marvelli è la testimonianza di questo esercizio di apostolato.

Alberto Marvelli, secondo di sette figli, nasce nel 1918 a Ferrara, luogo dove ha ricevuto pure i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Per motivi di lavoro, in quanto il padre, Alfredo, era direttore della banca popolare del Polesine in Rovigo, la famiglia a partire dal 1930 si trasferì definitivamente a Rimini, dopo che qui vi erano stati dal 1926 al 1928.

Nel 1933, appena quindicenne, Alberto rimase orfano di padre. Alfredo Marvelli era morto a causa di una meningite. Non appena il fratello Adolfo entrò nell’Accademia militare, Alberto si prese cura della propria famiglia. Sono gli anni questi in cui Alberto fa un cammino spirituale di fede, vivendo i difficili anni della guerra.

Alberto non dimenticherà ma la figura del padre, il quale oltre al lavoro e all’impegno che metteva per la famiglia, si era dedicato pure a diversi impegni ecclesiali nella sua parrocchia come dirigente di Uomini Cattolici e presidente della Conferenza di San Vincenzo.

Sono gli anni in cui Alberto comincia a scrivere il suo diario e del padre annota: "Mai dimenticherò la sua vita esemplare, trascorsa serenamente e santamente anche nei momenti dolorosi di maggiori preoccupazioni. Fu cristiano nel senso completo della parola".

Ma anche della mamma ha avuto sempre una grande stima. Casa Marvelli era un centro di carità. Molti bussavano a questa porta e nessuno tornava a mani vuote. Alfredo e Maria spendevano in opere di carità molta parte delle loro entrate.

A questi valori, come anche alla preghiera, vennero educati i loro figli.

Alberto si dedica alla vita della parrocchia frequentando assiduamente l’oratorio iscrivendosi alla gioventù Cattolica Italiana "D. Bosco". Rimase nell’Azione Cattolica fino alla morte. E furono i salesiani fin da subito a guidarlo nella vita spirituale.

Aspirò fin da subito alla santità dedicandosi al servizio degli ultimi e aderendo alle varie esperienze che l’associazionismo cattolico proponeva: Fuci, Laureati cattolici, conferenze S. Vincenzo, Società Operaia, Acli.

Questo suo impegno giovanile, caratterizzato particolarmente nell’esercizio della carità, trovava la fonte nella sua vita spirituale e quindi nella preghiera. Nella vita di Alberto l’azione era sempre in sintonia con la preghiera; viveva in continua unione con Dio e la sua vita era un atto di amore a Dio stesso. Il Vangelo era sempre aperto sul suo tavolo di studio. Ricercava sempre nuovi stimoli alla santità, leggendo la vita di santi, quali S. Domenico Savio, S. Giovanni Bosco, San Francesco, San Benedetto, Sant’Agostino e Santa Caterina da Siena.

Alla vigilia del suo diciottesimo compleanno ha scritto nel diario: "Mi sforzerò di imitare Pier Giorgio Frassati", volendolo imitare anche per il suo impegno politico.

Nell’estate del 1937scrive ancora nel suo diario come suo programma di vita: "Aspirazione alla purezza, desiderio di apostolato, brama dell’Eucarestia, necessità di vita interiore, di raccoglimento, di studio, di santi e nobili propositi, di costanza nel bene, di spontaneità nella carica".

Oltre allo studio, con il quale nel 1941 ha conseguito la laurea in ingegneria meccanica, e ad altri innumerevoli impegni, Alberto ha saputo trovare anche il suo tempo per dedicarsi allo sport: tennis, pallavolo, atletica, calcio, ciclismo, nuoto e vela.

Sono questi, però, gli anni che seguono la guerra. Alberto dovette fare il servizio militare prima a Trento, poi a Trieste e poi ancora a Treviso, distinguendosi sempre nel mettersi accanto ai bisognosi, nel servire e nel testimoniare la propria fede cristiana.

Il primo novembre 1943 Alberto era ritornato a Rimini quando la città cadde sotto le bombe. Grande fu l’impegno di Alberto nel soccorrere i malti e i poveri. Riuscì a salvare molti giovani dalla deportazione procurando documenti falsi e lasciapassare. Sfollato nella Repubblica di San Marino assieme alla famiglia, anche lì Alberto si distinse nell’opera caritativa.

Ritornato a Rimini si dedicò alle opere di ricostruzione della città. A soli 26 anni presiede la Commissione edilizia comunale per rispondere ai bisogni più urgenti della città. E poi, ingegnere responsabile della sezione laicale del Genio Civile.

Nel 1945 Alberto accetta di lavorare nel partito della Democrazia Cristiana dietro proposta di Benigno Zaccagnini, impegno politico che non lo hanno distolto dall’attività dell’Azione cattolica, alla quale aveva cominciato a far parte dal 1943, iscrivendosi alla società operaia, fondata l’anno prima dall’allora presidente nazionale di Azione Cattolica, prof. Luigi Gedda, per il quale Alberto nutriva grande stima. E nel 1945 divenne pure nella sua diocesi presidente dei laureati cattolici promuovendo molteplici attività.

Alberto fece pure un discernimento vocazionale ma sentì alla fine che era chiamato al matrimonio. A due mesi dalla morte comprese che Marilena doveva diventare la sua compagna di vita. Purtroppo fu un amore non corrisposto.

La giornata terrena di Alberto si chiuse, però improvvisamente la sera del 5 ottobre 1946. Mentre si recava in bicicletta a tenere l’ultimo comizio, Alberto fu investito da un camion militare.

Portato all’ospedale, all’età di 28 anni morì dopo due ore di agonia, tra le braccia di sua madre.

Solenni furono i funerali tenutisi a Rimini. Dopo l’iniziale seppellimento presso il cimitero cittadino, i suoi resti mortali furono traslati, nel 1974, presso la chiesa di S. Agostino. Nel 1968 fu avviata la causa di beatificazione, nel 1986 dal papa san Giovanni Paolo II è stato dichiarato venerabile e nel 2004 poi "beato"; durante l’incontro nazionale dell’ Azione Cattolica a Loreto.

"Nel difficile periodo della seconda guerra mondiale, che seminava morte e moltiplicava violenze e sofferenze atroci, il beato Alberto alimentava una intensa vita spirituale, da cui scaturiva quell’amore per Gesù che lo portava a dimenticare costantemente se stesso per caricarsi della croce dei poveri". Così lo ha ricordato san Giovanni Paolo II in quella circostanza.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 09 febbraio, 2023