PROFILI DI MADRE SPERANZA – 9

A. Maria Lucarelli

Atteggiamento vittimale nella spiritualità della MADRE SPERANZA

Edizioni Amore Misericordioso – 8 febbraio 1987

1 ― Vecchio Testamento, Nuovo Testamento: Cristo Vittima

La storia della Salvezza non è che la storia dell'alleanza, dell'amicizia di vita fra Dio e uomo.

Il sangue, simbolo della vita, media l'unione fra Dio e popolo e, nel Nuovo T., il sangue non è più quello degli animali, ma è il sangue di Cristo. In Mt. 26,28 si legge «Bevete tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati»; è dunque Cristo stesso l'Alleanza ed è Cristo che riassume in sé il binomio Dio-popolo e la remissione dei peccati è il centro del Vangelo ed è la Salvezza.

Nel Vecchio T. l'uomo si salva se osserva la Legge, nel nt l'uomo si salva perché Cristo lo salva: avvertiamo qui una concezione più realistica e più ardente alla verità dell'uomo, il quale non può salvarsi da solo, proprio perché non riesce ad osservare la legge, ma in quanto l'Alleanza è l'appartenenza reciproca di Dio all'uomo e dell'uomo a Dio e, se è vero che Dio s'impegna per primo, è anche vero che si presuppone egualmente l'impegno dell'uomo il quale, in virtù del sangue di Cristo e proprio dal sangue di Cristo, è reso capace di accogliere e vivere l'Alleanza.

Cristo dunque è vittima perché si è costituito Lui stesso mediazione fra Dio e uomo, caricandosi sulle sue spalle tutti i nostri peccati.

Ma fermiamoci un momento a considerare come tutta la vita di Gesù è stata una vita vissuta nell'atteggiamento di offerta di sé, che culmina col sacrificio del Calvario.

Se osserviamo bene, notiamo come il modo di essere di Gesù è stato quello di chi vive non in funzione propria, ma in funzione della volontà del Padre, perché questa volontà possa realmente realizzarsi su di Lui e, mediante Lui, sul mondo: è questa l'essenza della missione di Cristo.

«Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore».

E l'uomo perfetto, Cristo, condotto nel deserto e tentato dal maligno risponde:

«... non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio», dimostrando come la vera via della salvezza è quella dell'obbedienza a Dio.

Infatti:

«...Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera».

«Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno, poi viene la notte, quando nessuno può più operare».

Da questo modo di essere e di operare scaturiscono tre atteggiamenti fondamentali di Gesù: ascolto, annuncio e attuazione della volontà del Padre nel servizio ai fratelli.

Ascolto... come realizza Gesù l'ascolto della volontà del Padre? Nella preghiera; quante volte nel Vangelo leggiamo che Gesù si era appartato, era salito sulla montagna a pregare...

Quella di Gesù era una preghiera costante e il Vangelo di Luca coglie magnificamente l'aspetto orante di Gesù e, quando deve scattare qualcosa d'importante, Luca ci presenta Gesù in preghiera, «Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di Lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una croce dal cielo:

«Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto».

E ancora:

«Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante».

«Mentre pregava il suo volto cambiò d'aspetto», che vuol dire? E' la preghiera che cambia, che trasfigura.

Nel capitolo 17 di Giovanni abbiamo la grande preghiera sacerdotale di Gesù, ma che dire della sua preghiera nell'orto? Qui la preghiera di Gesù sembra non essere esaudita, perché il calice non è stato allontanato da Lui, ma Gesù ha ottenuto molto di più e cioè la perfetta adesione della Sua volontà con quella del Padre, infatti il frutto della preghiera è l’assimilazione alla volontà del Padre (Gesù, infatti, si consegna ai carnefici) preghiera che è supplica e ascolto.

Ma ascoltiamo la Madre:

«Non permettere, Gesù mio, che io abbia a desiderare qualche cosa che non sia intenzione tua, giacché non desidero altra cosa che farti piacere e sottomettermi in tutto e per tutto alla volontà del mio Dio.

Accendi, Gesù mio, nel mio cuore il fuoco del Tuo amore e così potrò accettare con gioia la Tua Divina Volontà per quanto difficile sia».

Annuncio. All'ascolto, e parallelamente all'ascolto, si attua in Gesù l'annuncio della volontà del Padre della lieta Novella, dell'avvento del Regno. Annuncio che vede Gesù impegnato per le strade della Palestina; sono gli anni della vita pubblica. Infine l'ascolto e l'annuncio trovano i loro inverarsi nel servizio.

Ma, per arrivare a penetrare il senso profondo del servizio, devo, per forza, riflettere sul "come" questo servizio viene fatto. Un gesto assume, più o meno valore, dalla motivazione che lo pone in essere, per cui un gesto può diventare un gesto salvifico, proprio in virtù del fatto che è mosso dall'unica legge dell'amore. Dunque non v'è cosa che giustifichi un servizio gratuito se non l'amore e un amore appassionato come quello di Cristo che io contemplo su quel volto e su quei simboli del Crocifisso dell'Amore Misericordioso.

E' lì, nel fissare quel volto, che comprendo, come dice la Madre, il linguaggio dell'amore, è lì, che capisco che "amare" vuol dire "servire", "dare la vita", "morire", "marcire" per generare.

Molti sono gli esempi che Gesù porta a questo proposito. Il seme, perché si esprima, nella sua essenzialità, deve morire, deve disfarsi per produrre la vita.

«La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora: ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo».

Cristo, manifestazione dell'amore del Padre, è amore misericordioso, perché sostanzia le sue parole con l'accoglienza della croce.

E' con la croce e non con le prediche che Cristo salva il mondo, per questo la croce di Cristo ci dà la misura della miseria dell'uomo e della serietà della libertà in cui quest'uomo è stato dotato.

«Cristo, appunto come Crocefisso, è il Verbo che non passa, è colui che sta alla porta e bussa al cuore di ogni uomo, senza coartarne la libertà, ma cercando di trarre da questa stessa libertà l'amore, che è non soltanto atto di solidarietà con il sofferente Figlio dell'uomo, ma, anche, in certo modo, "misericordia" manifestata da ognuno di noi al figlio dell'Eterno Padre».

Dio ha progressivamente educato il suo popolo a passare dai sacrifici cruenti e materiali al sacrificio di oblazione spirituale che chiaramente coinvolge l'offerente.

Cristo s'inserisce in questa dinamica, sì che la sua obbedienza, la sua povertà e la sua totale disponibilità costituiscono la materia del suo sacrificio.

«Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, Tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo».

Gli disse Pietro: «non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù:«se non ti laverò i piedi non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!».

Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «non tutti siete mondi».

Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi».

«...Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire. Ma dicevano: «Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo».

 

2 ― L'obbedienza della fede: sacrificio gradito a Dio

Il sacrificio del cristiano s'inserisce nel sacrificio di Cristo. «Vi esorto dunque fratelli per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto».

E la Madre Commenta:

«...quando un'anima religiosa, mossa dalla carità e dallo zelo per le anime, si offre a Gesù quale vittima propiziatoria, Egli accetta la sua offerta, benedice il suo zelo e con grande interesse chiede la sua mediazione, e la stimola a chiedergli con confidenza la salvezza dei poveri peccatori».

Ma c'è di più e, cioè, Dio gradisce i sacrifici delle cose nella misura in cui l'uomo è disposto a sacrificargli, in un atto libero di amore, ciò che gli è più caro, infatti il sacrificio a Dio gradito è l'obbedienza della fede come l’obbedienza di Abramo con Isacco.

«...Ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche per ordine dell'Eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede».

Nella seconda lettera ai Corinzi, Paolo spiega come lo scopo della battaglia non è quello di dar soddisfazione al combattente, ma quello di rendere prigioniera "ogni intelligenza" all'obbedienza di Cristo.

«In realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all'obbedienza a Cristo. Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta».

La fede non è solo adesione dell'intelletto, ma anche amorosa docilità alla volontà di Cristo.

«...Per mezzo di Lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome».

«...Fa, Gesù mio, che io possa giungere a tenere la mia carne soggetta alla ragione e che io non ami giammai niente e nessuno che costituisca un ostacolo alla completa unione col mio Dio, essendo sempre disposta a perdere ogni cosa piuttosto che offenderti o dispiacerti».

«Obbedienza alla fede», è obbedienza che diventa fede, il che significa che: se non c'è la fede, l'obbedienza può darsi nella schiavitù, mentre al contrario, l'obbedienza diventa per me liberante, perché nella fede so a chi obbedisco, infatti so di obbedire a Dio.

Analogamente, la fede diventa obbedienza nel senso che «se l'obbedienza non si traduce nella fede questa obbedienza diventa o rischia di diventare astrazione mentale».

Dalla fede deriva la Speranza che è fondata sul fatto che, l'amore di Dio è stato riversato, infuso nel cuore, dunque nel centro della nostra esistenza, attraverso lo Spirito che ci è stato donato. Io non spero, allora, su qualcosa di ipotetico, ma spero su un "fatto" e questo dà fondamento ontologico alla mia speranza. Se lo Spirito Santo è l'amore di Dio infuso nei nostri cuori, oltre che fondare la speranza cristiana, ci rende anche capaci di amare.

E' questo il passaggio, il collegamento delle virtù teologali: Fede – Speranza - Carità.

Ma perché tutto questo discorso, che sembra portarci lontano dal tema?

 

3 ― La Madre: imitatrice obbediente di Cristo vittima

Nella dimensione della fede, della speranza e della carità i santi voti, così come la Madre li vive, s'inseriscono nella sua vita spirituale non come qualcosa che viene ad aggiungersi, ma come qualcosa che è espressione di quell'unico modo di essere che è volontà di offrirsi a Dio in Cristo per vivere la Sua sequela secondo la logica radicale delle Beatitudini.

Allora c'è da concludere che la Madre davvero imita Cristo, e lo imita in un modo che fa veramente impressone...!

Abbiamo detto che Gesù ascolta, annuncia, serve la Volontà del Padre. Qual'è per la Madre, il significato della Consacrazione religiosa? «Figlie mie, molti sono i motivi che debbono muoverci a compiere con esattezza le nostre sante regole e il motivo principale dovrà essere la riconoscenza e la delicatezza con Gesù, tenendo conto che, senza alcun merito da parte nostra, Egli ci ha prediletto perché fossimo Ancelle del suo Amore Misericordioso.

Quale finezza, figlie mie, quale amore, quello di Gesù! Egli, togliendoci dal mondo ci ha liberato da molti pericoli e per di più ci ha dato la sicurezza di poter fare sempre la Sua Volontà, che è esattamente ciò a cui dobbiamo aspirare.

Nel dare la vocazione, Dio sceglie per un puro atto di amore e non certo per proprio merito.

«...Supponiamo che il re di una nazione, entrando in una famiglia, la più povera del mondo, dica: io desidero che questa giovane sia educata adeguatamente, perché desidero prenderla in sposa e, in tal modo, la prende da casa, la porta in un luogo nel quale possa essere educata e preparata, secondo quanto conviene alla sposa di un re, quale onore..., figlie mie, questo è ciò che ha fatto con ciascuna di noi... non vi dimenticate mai del grande beneficio che Gesù ci ha fatto chiamandoci ad essere sue spose».

Nel vedersi privilegiata in tal modo, la creatura si trova coinvolta conseguentemente in una risposta che non può che essere data su un piano di amore, con le disposizioni dell'«Ecce Ancilla» che sono quelle di chi si pone - vedi la Madonna - a completa disposizione di Dio, entrando in quel misterioso, ma reale dinamismo che è la sua volontà, per fare quello che Lui vorrà, consapevole che, alla risposta generosa alla vocazione, è legata la salvezza delle anime, salvezza che si attua attraverso il calvario, la croce, l'immolazione, così come è stato per Gesù mediatore, il quale ha accolto questa scelta fatta dal Padre e a questa sua scelta desidera associare le anime che dicono "sì" alla sua chiamata.

E la trasfigurazione, il Tabor dell'EAM, che avviene nell'anima ad opera della grazia, non è che la progressiva assimilazione a Gesù nella Croce e mediante la croce, e la Madre invoca la croce, identifica addirittura l'ideale della religiosa con la "vittima".

«La religiosa autentica è una vittima, però una vittima crocefissa che molte volte sente il diavolo che le grida come gridavano i Giudei: scendi dalla croce, concedi una pausa alla natura, quella Superiora è troppo dura, non capisce... Questo non è vivere, così non si santifica nessuno e, dando ascolto a così perfide seduzioni, spezza alla religiosa i chiodi che la tenevano fissata al legno del sacrificio; Gesù dà uno sguardo, cerca questa anima a Lui consacrata e non la trova, è fuggita lasciandolo solo sulla croce».

Ad un primo impatto con simili affermazioni della Madre, viene da pensare che siano pie idee o discorsi che quasi rasentano un certo sentimentalismo, o che, comunque, in fondo, non toccano la mia esistenzialità in quanto realtà, "modi" di vivere il rapporto con Dio, chiesti da Lui alla Madre... Invece, quando ti fermi un attimo a riflettere, ti rendi conto che sono discorsi rivolti proprio a te, a te che ti sei impegnata a vivere un rapporto profondo con Cristo, il quale ha detto «...chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Seguirlo dove? per questa pista che è l'unica pista possibile per una sequela d'amore a Lui. Non c'é altra strada, per andare a lui, ogni altro cammino è un camminare illusorio, una cosa è certa: dopo la croce, la morte, ci attende la Resurrezione, perché il cammino del cristiano è un cammino pasquale che, nel produrre l'assimilazione a Cristo, si attua nell'itinerario che conduce progressivamente la creatura verso la sua vera identità, ovvero verso quel grado di santità voluto fa Dio per ciascuno di noi, rivelando, in tal modo, l'infinita capacità creativa dell'Amore Misericordioso.

«Oggi, Gesù mio, immersa la mia anima nel dolore ho dimenticato che per essere felice in questo esilio il migliore rimedio è l'amore alla croce, giacché è questa che mi rende più simile a Te... Fa, Gesù mio, che la mia anima si rallegri sempre nelle prove che Tu permetti per me e fa che la Tua Bellezza, bontà e amore accendano nel mio cuore il fuoco bruciante del Tuo amore e aiutami perché giammai mi tiri indietro dinanzi agli sforzi necessari per giungere al grado di santità che Tu mi chiedi».

Appare chiaro come la stessa vita cristiana sia una vita orientata verso la croce, dunque a maggior ragione la vocazione alla vita religiosa è vocazione alla croce e vocazione alla croce è vocazione all'amore.

Basta dare uno sguardo alla croce, dice la Madre, per capire il linguaggio.

 

4 ― La Madre, accoglie, annuncia, serve la volontà di Dio

La Madre, nella ricerca costante della Volontà di Dio, accoglie il Carisma - essere amore misericordioso - che diventa, per il mondo, un vero e proprio annuncio, sia nella parola che nel servizio concreto ai più poveri e ai più bisognosi.

E, nell'ascolto e nell'obbedienza alla volontà di Dio, sa individuare quali sono, nel tempo, i bisogni dell'uomo, oggetto dell'amore misericordioso di Dio, rendendo così il messaggio sempre attuale, operante e rispondente alle attese dell'uomo di ogni tempo.

Ma è interessante notare come la Madre ha vissuto tutto questo, perché è qui il punto essenziale che diventa insegnamento per me. Anche se rapidamente, abbiamo visto alcune note, atteggiamenti che caratterizzano il modo di essere della Madre nel suo rapporto a Dio e anche come lei ha vissuto l'obbedienza nella dimensione della fede e nell'amore filiale a Dio.

La Madre, infatti ha sempre saputo dare alla sua obbedienza un tono soprannaturale, accettando come volontà concreta di Dio gli avvenimenti, le situazioni, anche quando le costava, anche quando non comprendeva, anche quando non vedeva.

Come la Madre ha reagito di fronte alle ingiustizie, a un ordine del superiore della Chiesa, come ha reagito di fronte a un desiderio espresso dal Signore?

Qui, si potrebbe citare infiniti episodi che, comunque, ciascuno può approfondire con una lettura attenta della storia; come è facile constatare, la risposta della Madre è stata sempre una risposta di adesione totale alla volontà di Dio.

Adesione... aderire a una cosa vuol dire diventare in qualche modo, quella cosa: un guanto che aderisce alla mano è un guanto che si fa mano. La volontà di Cristo che aderisce a quella del Padre è una volontà che diventa la stessa del Padre, per cui non sono più due, ma una sola volontà che vuole e che opera.

S. Tommaso dice che: il Padre ha ispirato a Cristo la volontà di patire per noi e Cristo ha fatto sua questa volontà del Padre.

La Madre, nella fede, ha vissuto il suo voto di obbedienza nella tensione costante di diventare un'unica volontà col suo Gesù, in un atteggiamento non certo servile, ma di amore filiale, la sua, infatti è stata un'obbedienza fatta con tutto il cuore e fatta con l'adesione piena dell'intelligenza.

E, mano a mano che la volontà della Madre veniva conformandosi a quella di Gesù, si esigeva da lei un atteggiamento di vero olocausto.

Basta riflettere su come reagisce di fronte all'invito del Signore di compiere uno sforzo maggiore nel sacrificio e nella sofferenza, per conseguire una più profonda unione con lui, perché Lui potesse arrivare a chiederle quello che desiderava. Ma facciamo parlare la Madre.

«Il buon Gesù mi dice che è giunto il momento di darmi totalmente al sacrificio e alla sofferenza e che debbo essere disposta a tutto quanto Egli desidera, costi quel che costi.

Mi ha detto che è giunto il momento di realizzare la Fondazione dei Figli del Suo amore misericordioso e che il primo di questi sarà il giovane Alfredo Di Penta, che Egli, nella Sua Provvidenza, me lo aveva già messo accanto in occasione dell'Anno Santo perché questi, affezionatosi a me, più facilmente potesse rispondere alla chiamata della sua vocazione. Solo Gesù conosce la dolorosa impressione che ha prodotto, nel mio povero cuore, la decisione del Buon Gesù.

Sopraffatta dalla pena e piangendo come una bambina, ho preteso far conoscere a Gesù la mia nullità, la mia paura e ciò che io potevo fare aiutata da un povero secolare che non pensa minimamente diventare religioso. Il Buon Gesù mi ha risposto che questo giovane sarà religioso, sacerdote e il primo figlio della Congregazione del suo Amore Misericordioso.

Io fuori di me stessa e non in Lui ho risposto senza alcuna valida ragione: io, Signore, non sono disposta a diventare strumento per farti soffrire aiutandoti a conseguire un fallimento, cerca, Gesù mio, un'altra creatura più adatta per raggiungere quanto mi hai proposto... però io no, Signore... Il Buon Gesù, sereno e tranquillo, mi ascoltava, sopportando, nella sua grande umiltà, la mia esaltata superbia, fino a che, ferita la mia anima, dal suo sguardo, pieno d'amore, io dico al mio Dio: perdonami, Dio mio, ancora una volta e castigami con ogni tipo di sofferenza, non permettere più che io pensi a me stessa, ma solo a dare gloria a Te.

Egli mi ha perdonato e, con voce di Padre e con sguardo pieno di tenerezza mi dice: figlia mia, io non tengo in conto, dimentico, perdono e ti amo tanto, tanto; conosco le sofferenze che ti aspettano, le umiliazioni che devi soffrire, tuttavia è la mia volontà che tu passi attraverso questa prova e che il primo dei Figli dell'Amore Misericordioso sia Alfredo.

A tutto questo io ho risposto: Ecco la serva del Signore!

Dimentica però Gesù, il dispiacere che Ti ho procurato e aiutami, perché nelle prove io impari a non fidarmi di me, ma a porre tutta la mia fiducia sempre in Te».

E' veramente impressionante come la Madre, dopo un attimo di esitazione, riesca a vincere la ripugnanza, la paura e accogliere, incondizionatamente, un desiderio di Gesù o la Volontà di Gesù, abbandonandosi totalmente nelle Sue mani, con la semplicità di una bambina.

Ma una cosa, ancora, fa impressione e diventa per me insegnamento: il modo con cui la Madre accoglie l’obbedienza con le modalità proposte dal Signore e cioè, Essa ha sempre accettato l’obbedienza nella mediazione del padre spirituale, dei superiori, della Chiesa.

Anche per lei, come per noi, l'obbedienza è passata attraverso gli stessi canali e quindi lei l'ha vissuta nella forma comune di ogni anima consacrata.

Perché, mi chiedo, il Signore vuole che la Madre si sforzi di più per conseguire una maggiore unione con Lui?

Perché solo a questa condizione Lui potrà chiederle di più, tutto quello che desidera da Lei, ma, allora, è estremamente importante e saggio quello che dice la Madre e cioè che «l'obbedienza è la sola virtù che consente all'anima di poter raggiungere veramente la santità in quel grado che il Signore vuole da essa».

Ma, è importante anche la qualità dell'obbedienza che viene espressa. Come ha risposto la Madre alla richiesta, da parte di Gesù, di fondare i Figli? "Ecce Ancilla"... E' un Ecce Ancilla che dice tutto l'amore filiale della Madre.

Allora i conti tornano... Nell'obbedienza della fede le due volontà s'incontrano per diventare una volontà sola, per cui anche la creatura finisce per volere quello che vuole Lui: questa è la Madre e questo è il senso dell'espressione che essa amava ripetere continuamente con tono di supplica: «Si compia, Dio mio, la Tua divina Volontà, anche se mi fa soffrire, si compia la Tua divina Volontà anche se io non riesco a comprenderla, anche quando io non la riconosco.

Si compia, Dio mio, in me la Tua divina Volontà in tutto e per tutto». Non v'è dubbio che vivere, fino in fondo, questa realtà, vuol dire vivere il voto di obbedienza nella dimensione di vittima espiatrice, perché è implicito il fatto che la creatura non solo accetta, ma desidera pagare di persona, s'impegna ad amare per chi non ama, desidera soffrire per chi non accetta la sofferenza.

E' l'atteggiamento di chi accetta di marcire per diventare poi nutrimento per gli altri, tutti sappiamo le tante volte che la Madre chiedeva al Signore la grazia di marcire come una patata e sappiamo quanto il Signore stesso le chiedeva: «...tu devi tener presente che io mi sono sempre servito delle cose più insignificanti e inutili per conseguire quelle più grandi e magnifiche, che a Balaam ho parlato per mezzo di un asino anziché di un Angelo e che per giungere ad ottenere una grossa raccolta di grano è necessario gettare a terra il seme, ricoprirlo di terra, affliggerlo con acqua, sole, freddo e neve fino a che questo marcisca e scompaia, perché fruttifichi e produca grande quantità di grano e che, comunque tutto questo non è ancora sufficiente perché tale frutto possa essere di sostentamento all'uomo per il quale questo grano deve ancora essere triturato e poi raffinato e trasformato in farina, deve essere passato attraverso lo staccio per separare da questa farina quella parte di essa, grossa e dura, ossia la crusca e poi ancora deve essere impastata con acqua e ben cotta perché possa servire da alimento per il sostentamento dell'uomo; e così tu, devi passare attraverso tutta questa elaborazione per poter giungere ad essere come Io ti voglio, servirmi di te quale sostentamento e alimento di molte anime e che i Figli e le Figlie traggano da te questa sostanza nella elaborazione, perché possano darmi molta gloria in questo Santuario, col soave odore del sacrificio, la preghiera, l'abnegazione e il continuo esercizio della mia carità e l'amore verso i più bisognosi.

Conoscendo questa realtà, dopo essersi calati dentro l'intimità del rapporto della Madre con il Signore, non è difficile comprendere come la Madre fosse capace di strappare dal cuore di Gesù grazie veramente grandi come certe conversioni... certe guarigioni...

Tante volte ho pensato che anche la mia vocazione può essere il frutto di un parto doloroso, di una generazione che è costata alla Madre chissà quanta sofferenza.

Che dire, ancora, del modo con cui la Madre ha vissuto il suo voto di povertà?

Riandando con la memoria nel tempo, pensiamo un attimo a come essa ha testimoniato la fede nella Provvidenza divina negli anni in cui era impegnata nel completamento della costruzione della casa di Roma e al tipo di mentalità che aveva conquisito: la vera mentalità del povero, dimostrando non solo capacità di organizzarsi, ma anche di utilizzare bene il tempo nel desiderio di far bene nel massimo rendimento.

«...Questa mattina son venuta con un po' di fatica, ma con il desiderio che voi non perdiate tempo, giacché temevo che, non venendo io da voi, sareste venute voi da me, e in tal modo, si sarebbe perso ciò che non dobbiamo perdere a favore dei poveri, avete capito? Allora ho fatto uno sforzo, sono venuta io proprio perché i poveri non abbiano a perdere ciò che, attraverso il nostro lavoro, debbono avere.

Io non voglio fare il nome di nessuna, però dico, che c'è qualcuna che, anziché preoccuparsi di dare al Signore ciò che le chiede, si preoccupa di se stessa e in tal modo, non dà al Signore quanto dovrebbe dare».

Tutto questo lo dice la Madre a me oggi, in questo momento e nella mia condizione di lavoro.

«Questa notte 14 maggio 1949, mi sono distratta e il Buon Gesù mi ha detto che Egli desidera si concludano le opere di questa casa il prima possibile. Io gli ho risposto che Egli sa che il mio desiderio è molto grande e il mio dolore ancora di più, nel vedere che, se Egli non vi pone rimedio, la casa generalizia delle Sue Ancelle dell'Amore Misericordioso non si potrà mai vederla realizzata, poiché dalla Spagna io non posso prendere più nulla, perché il Governo spagnolo si è impossessato di tutti i beni di Pilar ed io non so come fare perché avvenga quanto la stessa Pilar mi aveva detto con tanto dispiacere al vedere che io non accettavo la cessione di tutti i suoi beni alla Congregazione.

Proposta questa, che io, come Tu sai, Gesù mio, non accettai perché ero sicura che Tu non lo avresti accettato; e ora, come facciamo, Gesù mio? Tuo desiderio è che io porti a termine questa così grande casa col lavoro, il dolore, e il sacrificio, per dar esempio alla figlie e ai figli di domani e perché questi abbiano sempre presente che mai ci si può approfittare della generosità dei benefattori così come non ne approfittò questa loro Madre, malgrado sapesse che tutti i bene di questa creatura fossero a sua disposizione, sapendo che la gioia più grande che potesse dare a questa anima era quella di disporre liberamente dei suoi averi. A me, Gesù mio, bastò conoscere che questa non era la Tua volontà, per non accettare il suo patrimonio, nonostante mi sia resa conto che non avrei potuto portare a termine questa casa tanto necessaria e utile per la Congregazione nascente e per quella che deve ancora nascere».

E' tanto grande, nella Madre, il desiderio di fare ciò che piace al Signore che, appena conosciuta la Sua volontà, si fida ciecamente di Lui, dimostrando di vivere quel famoso "Discorso della montagna" nel distacco e nell'abbandono nelle mani di Dio, convinta di poter contare solo su di Lui e accettando di essere messa in condizione, dal Signore stesso, di dover veramente confidare solo in Lui.

L'atteggiamento della Madre è stato sempre quello di riferire tutto a Lui, di operare sempre per la gloria di Lui, per gli interessi di Lui con il distacco totale da se stessa e dalle cose. Unica sua preoccupa zione far piacere a Lui senza minimamente badare a se stessa, dando così a Dio quello che Lui vuole e cioè: «un sacrificio di lode completo, universale e l'olocausto perfetto».

«Concedimi, Gesù mio, la grazia d'imparare ad elevarmi dalle creature fino a giungere a Te e a vedere il mio Dio in tutte le Sue opere, cose, persone e avvenimenti».

Non è difficile immaginare che, mettersi, con convinzione, in un atteggiamento del genere, non è certo facile, né connaturale al nostro modo di essere, anche perché, tra l'altro, la Madre vive l'abbandono di Dio ponendosi in un atteggiamento attivo e di estrema collaborazione a tutti i livelli: operativo, spirituale, chiedendo e provocando la collaborazione delle figlie.

Che dire, infine del modo con cui ha vissuto il suo voto di castità? La castità era da Lei vissuta e sentita unicamente come offerta del cuore al Signore. Se vogliamo fare un paragone, mi piace ricordare quello che è stato il "sacrificio del cuore" chiesto da Gesù alla Vergine ai piedi della croce, nel momento in cui dice a Giovanni: Giovanni ecco tua Madre, donna, ecco tuo figlio. Sacrificio del cuore, donazione del cuore che diventa una dilatazione del cuore umano da contenere il mondo intero; è la maternità spirituale che è capace nella Madre di generare non uno, tre, dieci, ma tanti figli quante anime incontra nel suo cammino.

«...Il mondo, figlie mie, fa abuso della parola "amore", infatti confonde l'amore col disordine, con le passioni e con i delitti.

Figlie mie, non è questo l'amore. L'amore è un frutto dell'anima, è qualcosa di spirituale che viene da Gesù e parlare di amore, figlie mie, è parlare di virtù divine o parlare della stessa essenza divina e questo, mi pare, debba essere il linguaggio delle Ancelle dell'Amore Misericordioso».

Ma questo amore la Madre lo chiede continuamente e con insistenza infatti leggiamo:

«...Aiutami, Gesù mio, perché io viva sempre unita a Te e che la mia anima sia sempre docile alle tue divine ispirazioni e che, aiutata sempre da Te, io, Gesù mio, possa arrivare a copiare le tue virtù e vedermi spogliata degli ostacoli che si oppongono alla mia unione con Te.

Desidero, Gesù mio, che Tu e solo Tu sia il movente principale dei miei affetti, della mia vita e che Tu sia per me tutto e tutte le mie cose».

Un altro aspetto che mi ha sempre fatto molta impressione è la preghiera della Madre, in essa avverti subito che si tratta di un cuore veramente innamorato del Signore e ti pare impossibile che una creatura di 50-60 anni e oltre, possa avere una così grande freschezza di sentimenti, soprattutto se si pensa a quello che era il contenuto delle preghiere della Madre: cose che riguardavano situazioni, preoccupazioni, se si vuole anche banali, di ogni giorno.

Ma tutto quanto si è venuto dicendo, non vuol dire vivere la povertà, la castità in una dimensione di olocausto?

Di offerta totale, incondizionata di sé?

Non vuol dire, forse, offrirsi veramente e consumarsi totalmente così come veniva bruciata la vittima nell'Antico Testamento sull'altare dell'immolazione?

D'altro canto, se è vero che vivere la passione, l'avere il cuore forato, ecc. sono grazie particolarissime del Signore, mi pare ragionevole pensare che non v'è dubbio che queste grazie s'inseriscono in una realtà di natura che offre, diciamo, una particolare disponibilità ad accogliere tanta sofferenza sia fisica che morale.

Noi sappiamo che il Signore ha chiesto alla Madre di offrirsi vittima per i sacerdoti, e lei ha fatto un voto di vittima, ma se è vero, come éè vero, che ciò che è stata la Madre e ciò che Lei stessa ci dice con i suoi scritti e le Costituzioni, è per noi la pista su cui deve scorrere la nostra vita, diventa estremamente chiaro e conseguente che la nostra spiritualità esige questo stile, questo tono vittimale.

Il che significa che, per noi, l'atteggiamento di vittima deve essere l'atteggiamento ispiratore del modo di vivere i nostri santi voti.

E tutto questo non solo perché è stato l'iter spirituale della Madre, ma perché non lo ha inventato lei tale cammino, ma glielo ha chiesto esplicitamente il Signore nel momento in cui le ha dato la grazia del Carisma.

In virtù di questa consapevolezza, si è autorizzati a dire che non si può essere vere figlie di Madre Speranza, se non si accetta uno stile di vita di questo tipo, per cui, o mi metto su questo piano, o rischio, magari col tempo di non sentirmi realizzata in quella che dovrebbe essere la mia vera vocazione, compromettendo inevitabilmente la mia vera identità di Ancella dell'Amore Misericordioso.