UN’ALBA SENZA TRAMONTO

María Luisa Alvarez eam

alcuni ricordi di Madre Speranza nella mia vita

Edizioni Amore Misericordioso

Queste memorie sono state scritte

nel mese di agosto, 1983,

anno della morte della Madre

Mia sorella Manuela ed io ci trovavamo nel collegio dell’Amore Misericordioso di Madrid da quando eravamo rimaste orfane. La nostra mamma era morta nel 1951. Papà nel 1947.

Con l’uniforme delle grandi feste

Non ricordo esattamente il giorno, ma doveva essere marzo o aprile del 1954. Avevo 11 anni.

Erano parecchi giorni che nel collegio si realizzavano grandi preparativi per celebrare qualcosa di molto importante. Non capivo cosa potesse significare la visita della Madre Fondatrice, ma doveva essere un evento di grande interesse visto l’entusiasmo che aleggiava tutt’intorno.

Il giorno del suo arrivo a Madrid, noi bambine indossammo l’uniforme di gala: vestito e cappello bianco con bordini azzurri e scarpe bianche. Andarono all’aeroporto due pullman, uno di ragazze e l’altro di ragazzi, entrambi accompagnati dalle suore. Non essendo stata scelta per andare a ricevere la Madre all’aeroporto, provai una grande pena e delusione che, probabilmente, nessuno avvertì.

L’accogliemmo nella portineria del collegio agitando rami e palme mentre cantavamo un bellissimo canto di benvenuto.

Rimase tra di noi alcuni giorni nei quali potemmo festeggiarla con poesie, danze e regali vari. Mia sorella fu una delle bambine che poté avvicinarsi e baciare la Madre dopo aver recitato alcuni versi ed averle consegnato un bel tappeto fatto dalle ragazze più grandi. Le altre bambine ed io sfilammo davanti a lei per ricevere alcune caramelle.

Ricordo ancora quel volto sereno, dagli occhi vivi e penetranti che, guardandomi, disse: "hai una frangetta da birichina, ma occhi da buona…"

Fui molto felice. Era come se mia madre, morta ormai da tre anni, mi stesse fissando anche solo per ripetermi l’abituale rimprovero: "stai ferma, guarda avanti…" modi di dire che, in fondo, facevano sì che io mi sentissi importante per lei…

Di quei giorni ricordo soltanto qualche scappatella dal gruppo per vedere se riuscivamo ad incontrarci con quella Madre, visto che le suore erano talmente occupate per quella visita che noi potevano permetterci di combinarne qualcuna delle nostre…!!

 

La mia esplosione vocazionale

Durante l’anno 1956, Madre Speranza tornò al collegio di Madrid. L’accoglienza non dovette essere tanto solenne come quella del 1954 perché, di fatto, ricordo pochi particolari.

Ci venne a trovare nella saletta di cucito e, nel mostrarle i nostri lavori, lei diceva: "bravas". Noi a mala pena occultavano la voglia di ridere di fronte a quell’espressione per noi sconosciuta al di fuori dell’ambiente taurino…

Ciò che più ricordo è che tra le ragazze si diffuse la voce che si poteva parlare con Madre Speranza, soprattutto se qualcuna aveva l’intenzione di farsi suora, anche se però bisognava avere almeno 14 anni.

Io non so che tipo di vocazione mi arrivò all’improvviso… fatto sta, dissi che anch’io ci sarei andata, anche se le mie compagne insistevano col dirmi che non era possibile perché avevo solo 13 anni. Intestardita nella mia decisione riuscii ad avvicinarmi alla Madre per dirle che io volevo diventare suora. La Madre dovette capirmi con un solo sguardo. Mi chiese quanti anni avevo ed io le risposi senza esitare: "14, Madre!". Mi fece qualche altra domanda, mi raccomandò di essere buona e alla fine aggiunse che avrebbe parlato con la suora incaricata del mio gruppo.

L’immediata conseguenza di questo episodio fu il mio trasferimento al collegio di Larrondo (Vizcaya) all’inizio del nuovo anno scolastico, dove, seppi più tardi, che c’era un bel gruppo di ragazze in discernimento vocazionale ed il noviziato. Vi rimasi due anni che per me furono molto importanti perché, oltre ad avere la possibilità di vedere da vicino delle "bianche" novizie, credo che fu proprio lì che imparai a conoscere e ad amare di più Gesù e la Madonna.

Nel 1957 Madre Speranza ritornò di nuovo in Spagna. Questa volta la incontrai a Larrondo. Dovette trattenersi poco tempo perché non ricordo altro che qualche particolare della sua partenza dove potei osservare alcune Suore piangere e questo fatto richiamò molto la mia attenzione.

Dal 1958 al 1960 fui al collegio di Villava (Navarra) dove andai per cominciare gli studi magistrali a Pamplona presso le suore Teresiane del Padre Poveda. In quegli anni non venne Madre Speranza ma sua sorella, Madre Ascensione, accompagnata da altre persone tra cui ricordo P. Mario Gialletti.

Questa volta sì che fui scelta per recitare una bella poesia per Madre Speranza a nome di tutte le altre ragazze del collegio! Per P. Mario Gialletti dovette essere una mattinata molto divertente in quanto si dedicò a registrare con uno di quei grossi registratori, tutto quello che le Suore volevano dire a Madre Speranza. Lui stesso ebbe l’idea che io ripetessi la poesia per farla ascoltare alla Madre al suo rientro in Italia. Mi sentii orgogliosa per la sorte toccatami, quasi a ricompensarmi delle volte che, almeno fino a quel momento, non avevo potuto mettermi in mostra, anche se, con i miei 17 anni, alcuni complessi e problemucci, propri di una adolescente, li avevo già superati…

 

Un passo decisivo

Il tempo intanto lasciava la sua impronta nella mia gioiosa ed inquieta giovinezza. In qualche modo si cominciava a definire anche la mia scelta di vita. Quel lontano e spontaneo "io voglio essere suora" aveva fatto un cammino di chiarimento e così, terminato l’anno scolastico, il 24 giugno 1960, fui accolta come postulante nella Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso.

A Larrondo c’era la casa per le postulanti e le novizie e M. María Jesús Otero era la maestra di quel numeroso gruppo di giovani piene di vita ed entusiasmo. Nel noviziato imparavamo canti che parlavano di Madre Speranza, la nostra Fondatrice, però poco o niente ci veniva detto della sua vita, del suo carisma particolare, del suo spirito. L’affetto che potevamo sperimentare per lei era qualcosa di molto superficiale. Ricordo che tutti i mesi dovevamo scrivere personalmente alla Madre e questa era l’unica lettera che poteva essere consegnata chiusa.

Quasi sul finire del mio postulantato ci fu un vero e proprio scompiglio alla notizia che la Madre era in gravi condizioni di salute e che stava morendo.

Questo è più o meno tutto, perché, per molto che possa sforzarmi nel ricordare qualcosa di più della Madre di quel periodo, aggiungerei solo poche altre cose. Oggi penso che sarebbe stato molto meglio se le nostre Formatrici e Superiore ci avessero insegnato a conoscerla più a fondo, ad entusiasmarci di più per colei che ci dicevano essere la nostra Madre Fondatrice…

Da tutto questo ne deriva e, si comprende facilmente, che quella figura materna, così provvidenziale, che avevo conosciuto nel lontano 1954 e che, allora, sembrava aver dato un senso deciso alla mia vita, si trovasse ora assopita, insignificante dentro di me, come se si trattasse di qualcuno che non avrebbe avuto molta influenza nel mio futuro.

 

Disorientamento congregazionale

Questo aspetto peggiorò visibilmente durante i miei primi anni di vita religiosa. Giovane, sul finire degli studi magistrali, con una formazione spirituale e religiosa molto scadente, senza nessuna persona che mi potesse guidare ed orientare nell’inesperienza della mia vita religiosa. Fu così che mi trovò il disorientamento congregazionale che si visse in Spagna durante l’anno 1965.

Senza alcuno scrupolo alcune Superiore e Suore andavano dicendo che: "la Madre sfrutta le sue figlie…, la Madre sta tradendo il primitivo spirito della Congregazione…, la Madre si sta mettendo in certe complicazioni per il Santuario che non è roba per noi…". Era in questi termini, più o meno, che ci veniva presentata la figura della nostra Madre Fondatrice.

Cominciò lo sbandamento… Suore e Superiore che uscivano dalla Congregazione. Le più audaci invitavano noi giovani a seguirle. Secondo loro la Congregazione aveva perso la bussola, stava affondando, la divisione ed il fallimento erano imminenti… Ma vi era anche chi diceva l’opposto e provava a mettere un po’ d’ordine quasi con la forza. La confusione era grande, nessuno capiva con chiarezza che cosa stesse accadendo. La situazione diventava ogni giorno più tesa… molte Suore vivevano con sofferenza e lacrime questo momento di difficoltà… loro amavano la Madre, la Congregazione…

In questa situazione di smarrimento comunitario e congregazionale io ricevetti il diploma magistrale. Come premio e riposo per il mio impegno mi venne regalato ed imposto un viaggio in Italia.

Finalmente, a Collevalenza, incontrai la Madre essendo oramai ufficialmente figlia sua. Ma il mio occhio era offuscato. Guardavo, ma non vedevo in lei con chiarezza. Che cosa era accaduto a quegl’occhi da bambina buona che la Madre vide nella mia prima adolescenza?

Molte idee, in conflitto tra loro, affollavano la mia mente.

Adesso sì che non capivo più nulla e, siccome non sapevo chi potesse chiarire una situazione così confusa e caotica, mi rifugiai in una superficiale ingenuità. Ascoltavo chi sembrava saperne più di me e, tra commenti, proteste, malcontenti e risate senza senso che servivano a riempire un enorme vuoto, passavano i giorni e le settimane. Il colpo di grazia si stava avvicinando inesorabilmente.

Il gruppo delle Suore venute dalla Spagna che aveva trascorso alcune settimane a Collevalenza, si preparava a ritornare in patria, mentre a me venne detto che sarei dovuta rimanere ancora per qualche tempo.

 

Due madri differenti

Qui inizia un dramma psicologico e morale che non saprei come descrivere. Due madri ebbero allo stesso tempo ruoli opposti, distruggendo così la mia già debole fibra psicologica e oscurando la tenue luce interiore che ancora mi restava dentro…

Due madri:

– una "buona", MADRE SPERANZA,

– l’altra, che svolse solo il ruolo di superiora!

Così a quel tempo percepii questa seconda figura, anche se oggi la vedo come uno strumento fedele nei lungimiranti disegni di Dio… Se anche non avessi più visto Madre Speranza dopo quei dolorosi e tristi giorni, avrei conservato di lei un ricordo incancellabile. Nelle sue parole, nel suo affettuoso gesto di prenderti per mano, ma soprattutto con il suo sguardo profondo, lasciava intravedere l’enorme pena di una madre che soffre di fronte alla figlia disorientata, sconvolta dall’uragano che si abbatteva ed infuriava sulla Congregazione.

Stando così le cose, le Superiore d’Italia mi ordinarono di ritornare in Spagna, ma non in una casa della Congregazione, bensì presso la mia famiglia. Al darmi questa notizia mi precisarono: "Non chieda di salutare la Madre perché è occupata e non la riceverà"

 

Povera Madre e povera figlia!!

Io non capivo molto, ma la mia sensibilità ormai rotta, distrutta, ebbe un sussulto di dolore…

Non ci fu altro!!

Seguirono alcuni mesi di sofferenza silenziosa, di lacrime amare di chi si trova in una profonda oscurità senza sapere in quale direzione avviare i primi passi.

I ricordi mi tormentavano;

il presente non aveva alcun senso;

il futuro era un caos di dubbi, d’incertezze…

Non mi lusingavano le promesse di successo nel lavoro; il denaro, le comodità, le feste, l’amore…, tutto mi suonava a vuoto. Mi si ripeteva insistentemente: "sei libera, giovane, hai tutta una vita davanti…"

 

Libera! Che utopia! Che illusione!

Non ero mai stata così privata della vera libertà. La felicità o l’infelicità di tutta una vita sarebbero dipese dalla scelta sbagliata o accorta che avrei preso nell’immediato.

Chi poteva darmi una mano, capire la mia vera situazione interiore?

Il Dio amico, clemente e compassionevole in qualche modo sosteneva la mia debole speranza. Lo ricevevo ogni giorno nella comunione e solo Lui è testimone del mio pianto silenzioso, della mia angoscia, dei miei intimi timori. Io credo che Dio non poté resistere oltre: "il suo amore aumenta nella misura in cui l’uomo diventa più miserabile" e questa fu la mia fortuna, perché Lui ebbe misericordia di me realizzando gesta meravigliose nel suo sconfinato ed immenso amore.

Chi fu mediatore in tutto questo?

Se vi è ricompensa per colui che offre un bicchiere d’acqua dato con amore, quale premio sarà riservato a chi riuscì ad intuire la sete profonda e bruciante che divorava la mia giovane vita…

 

Benedetto quel 17 di novembre

Benedetto quel 17 novembre 1965, in cui la Madre "buona" dettò una breve lettera che lei stessa firmò. Venti giorni dopo, una busta, come tante altre, arrivò a casa degli zii a Madrid presso i quali vivevo. Ben presto, diventò una lettera molto importante. Lessi il contenuto tre volte di seguito. La prima pensai di non aver capito con esattezza. La seconda proiettò un raggio d’intensa luce nel mio profondo buio e la terza scoppiai a piangere… Era troppo bello e troppo grande!!

"… figlia, se sei decisa a santificarti nella Congregazione, puoi ritornare quando vuoi, tua Madre ti sta aspettando a braccia aperte, piena d’entusiasmo…"

Ma era possibile che in questo modo così semplice e inatteso finissero mesi d’intensa sofferenza interiore? Se già prima non avevo trovato con chi sfogare la mia pena, allo stesso modo, adesso, mi mancava chi potesse comprendere la mia improvvisa gioia.

"… Non ti intestardire nel voler ritornare a fare la suora perché non fa per te; lo è per tua sorella, ma tu non sei adatta per quella vita…"

Questi erano i consigli e gli incoraggiamenti della mia famiglia!

Era vero! Io non avevo qualità, non ero buona, ma c’era "Qualcuno", impegnato a non tener conto della mia incapacità e della mia inadeguatezza, impegnato a supplire la mia piccolezza e il mio niente…

Nelle fasi successive incontrai alcune difficoltà però ciò che vale la pena ricordare è l’arrivo alla stazione Termini di Roma il 17 dicembre, dove mi aspettavano due suore, figlie della Madre "buona".

Evito di commentare alcuni particolari di questo viaggio anche se per me furono significativi ed interessanti.

Il giorno seguente, 18 dicembre, festa della Madonna della Speranza, alle prime luci dell’alba, partii con un autobus da Via Casilina, Roma, in direzione di Collevalenza, per arrivare in tempo alla Messa che, per l’onomastico della Madre, si celebrava nel Santuario alle 5.30.

 

¡ H I J A ! - F I G L I A !!

Al termine della Messa le suore si davano un gran da fare per riuscire ad avvicinarsi alla Madre. Io credevo, semplicemente, di essere una delle tante di quel centinaio di suore. Ma… si respirava qualcosa di strano nell’ambiente…

Il cuore desideroso di dare amore e misericordia, gli occhi scrutatori, traboccanti di bontà e affetto, le mani tese e decise della grande Madre "buona" erano in cerca di "qualcosa", di "qualcuno" che le suore presenti intuirono immediatamente.

In un attimo mi ritrovai di fronte a lei… Una sola parola, quasi un grido fermo, emozionante: figlia! Fu così che mi persi tra le sue braccia, nell’immensità di un gesto di amore profondo e prolungato…

Io non vedevo nulla. Il silenzio fu interrotto da un caloroso e forte applauso. Non ci fu altro. I gesti erano eloquenti di per sé. Se qualcuno ancora non aveva capito cosa stesse succedendo, l’avrebbe capito in seguito.

Ma era molto semplice. Si era ripetuto di nuovo, in modo visibile, l’incontro del figlio con suo padre, della "figlia" con sua "madre".

In un altro momento della giornata la Madre mi fissò con lo sguardo per dirmi: "figlia, basta ormai soffrire!" e accompagnò le parole con il suo gesto abituale di prenderti per mano, il che, senza dubbio, mi infuse coraggio: "su, su, figlia!"

Così riprendo uno stile di vita che, più o meno, conoscevo. Esternamente tutto sembrava normale. Nel profondo del mio cuore vi erano ancora ferite non rimarginate che, al minimo tocco o movimento, producevano dolore… Poco a poco il balsamo cominciò a fare il suo effetto, favorendo una situazione più tranquilla e rilassata…

I successivi incontri con la Madre furono, quasi sempre, in gruppo. Quante volte ricordo d’aver incrociato il mio sguardo con il suo e d’aver sempre ricevuto lo stesso sorriso. Sentivo la necessità di raccontare, di mettere in luce tante cose, di gridare che Dio e lei erano stati tanto buoni con me… Ma le precedenti esperienze mi avevano insegnato che… uomo avvisato… mezzo salvato! Perciò era meglio misurare le parole, dominare gli impulsi…

Ci sarebbe stato tempo per tutto!!

Nonostante tutto mi sentivo spesso abbattuta, turbata, come un uccellino senza le ali. Non mi veniva in mente di cercare la Madre, parlarle di me, chiederle un consiglio, ringraziarla per tutto quello che aveva fatto per me. Mi accontentavo delle cose che mi capitavano per caso.

Però la Provvidenza di Dio volle che mi fosse dato l’incarico di assistente nella sala vendite dei ricordini e la pulizia di un corridoio da dove la Madre sarebbe dovuta passare almeno una volta al giorno. Ed ecco qui la mia occasione di baciare quella benedetta mano tutti i giorni e, allo stesso tempo, per lei di avere un gesto materno nei miei confronti. Più di una volta disse a chi l’accompagnava: "quanto ha sofferto questa figlia" e guardandomi aggiungeva: "ma ora tutto è finito, adesso devi santificarti".

Quanta felicità interiore mi dava quel modo di fare così intuitivo e semplice. Durante la giornata ripensavo alle sue parole e, tra me dicevo: allora è proprio vero che la Madre mi vuole bene, che mi accetta come sono, che per lei sono una figlia in più, che si è dimenticata del mio cattivo comportamento… Di conseguenza questo mi dava ancora più slancio, forza, entusiasmo. Io stessa mi rendevo conto che, poco a poco, la gioia, la pace s’impossessavano di me. I miei occhi cominciavano ad essere più luminosi, il mio sguardo lasciava intravedere una serenità di fondo, il mio sorriso tornava ad essere spontaneo, i miei rapporti con gli altri erano meno condizionati. In una parola, cominciavo a sentirmi liberata dalla pesante cappa di nebbia che per lungo tempo aveva nascosto ai miei occhi il cielo sereno, la gioia della vita.

Ritrovata, recuperata nel più intimo del mio essere, potei iniziare la mia corsa come chi corre allo stadio… Ma per una Madre di qualità non c’è particolare nelle sue figlie che passi inosservato. E così arrivò il tempo di curare anche il mio fisico.

"Figlia, ti vedo mingherlina, fragile, striminzita; se arriva un forte vento ti butta giù. Da domani in poi, dopo la Messa, vieni tutti i giorni a fare colazione in dispensa con me".

Docile come un agnellino andavo puntualmente alla gran festa dove avrei dovuto riconoscere il mio bicchiere, tra altri sette o otto, tutti preparati da lei, contenenti uovo e marsala. Benedetto quell’uovo che mi spettava, dal quale, quasi sempre, uscivano due tuorli! Proprio un caso!! Di seguito ricevevo una bella tazza di latte genuino, denso, con dentro biscotti o qualche altro dolce che lei trovava in giro; quante volte, quando stavo per finire, tornava a riempirmi la tazza di latte dicendo che così mi sarebbero andati giù meglio i biscotti. E tra un andare ed un venire c’era sempre qualche battuta o qualche consiglio materno.

Non so come spiegare ciò che sperimentavo in quella originale colazione! Era per me una gioia quando, con l’aumentare della dose, si prolungava anche il tempo. Di lì uscivo con un’energia e un vigore a tutta prova. La difficoltà maggiore era che il mio stomaco non riusciva a fare spazio in tempo per il pranzo comunitario, che si teneva abbastanza presto.

Questo durò poco più di un mese. Non mi sembra di aver ricompensato, né in chili né in altezza, tante premure materne, ma senza dubbio, acquistai energia e vigore. In realtà avevo dimenticato cosa significasse avere una madre, la soddisfazione, la sicurezza, la gioia che questo produce in chiunque… e guarda un po’! all’età di 23 anni, ritrovavo una Madre eccezionale!!

Ricordo che non ebbi a soffrirne quando un giorno la Madre mi disse che ormai potevo rimanere in comunità per la colazione. Fu come intuire che, superato questo aspetto, qualcos’altro sarebbe venuto fuori. Ciò che cominciavo ad avere molto chiaro era che la Madre mi seguiva anche se io non me ne rendevo conto.

 

La Madre è "distratta"

Io non so se devo considerare come straordinarie le molte cose che ho visto della Madre perché, a dire il vero, tutto era estremamente grande in quella dinamica e contemplativa donna.

Stando nella Cappella del Crocifisso per la Messa, alcune volte sentivo che qualcuno parlava a voce alta ma, cosa strana, nessuno si muoveva né guardava indietro. Finalmente, un bel giorno domandai che cosa stesse succedendo e di quanto mi spiegarono capii solamente: "la Madre è distratta". Nel mio intimo, non credevo nemmeno la metà delle cose che sentivo raccontare, anche se mi guardavo bene dal dirlo in pubblico. Ascoltavo conversazioni di pellegrini che tanto parlavano di Padre Pio e di Madre Speranza. Ero convinta che, in buona parte, si trattasse di fanatismo, fantasie, invenzioni, perché, mi dicevo, la Madre aveva aiutato molto anche me, ma, a mio avviso, tutto si era svolto con assoluta normalità!!

Ad ogni modo, tutto questo bisbiglio cominciò a farmi nascere una certa curiosità e un forte desiderio di vedere, sentire da vicino ciò che accadeva in quelle "distracciones" della Madre. E arrivò l’occasione. Ricordo la delicatezza della Suora che chiese alle altre di farmi avvicinare perché per me era la prima volta… Quanto mi rimase impresso il volto della Madre, i suoi gesti, il tono della sua voce che cambiava secondo l’argomento trattato… e quell’accorato finale: "no te vayas, Jesús!" Non te ne andare Gesù!

È vero che questa fu la prima volta, ma grazie a Dio, non l’ultima!

Avevo sentito parlare anche di "bilocazione" che mi sembrava ancora più strana delle "distracciones". Però zitta, e ogni cosa a suo tempo! Perché ero ormai convinta di essere un’eccellente ignorante in questa materia.

La lezione-risposta arrivò. Fu una mattina per me insolita. La Suora con cui lavoravo mi disse semplicemente: "vai un attimo nella sala di lavoro". La Madre si trovava lì, seduta al solito posto, le mani appoggiate sulle ginocchia, gli occhi fissi nel vuoto. Così rimase ore ed ore. Provai ad uscire dal mio stupore domandando cosa stesse accadendo, ma le poche persone presenti avevano anche loro un’aria misteriosa, si muovevano e parlavano quasi a gesti. L’immediata risposta che ottenni mi lasciò ancora più confusa. Capii allora che, in quel momento, era sufficiente contemplare quella scena che si stava svolgendo nel mondo benché, a mio parere, senza nessuna logica umana…

Solo dopo alcuni giorni seppi che quanto accaduto quella mattina era collegato al terribile alluvione che aveva colpito la storica città di Firenze. La Madre salvò diverse persone dal morire affogate. Semplicemente così! Persone che, profondamente commosse, accorsero subito dopo in pellegrinaggio al Santuario per ringraziare l’Amore Misericordioso e Madre Speranza che, in quella indimenticabile mattina i miei occhi contemplavano a Collevalenza e che tante altre persone videro attiva a Firenze…

Ancora oggi mi impressiona il rendermi conto di quanto ero lenta nel capire, non piccole cose, ma fatti giganteschi, insomma, tutto quello che usciva dai miei scarsi canoni conoscitivi…

 

Caro zio Odón

L’infaticabile messaggera dell’Amore Misericordioso continua la sua missione sempre disponibile nelle mani di Dio per compiere la sua volontà: "per molto che mi rechi dolore, anche se non la capisco e non riesco a vederla" Questo era il suo ritornello.

Terminata la Chiesa-Basilica del Santuario nel 1965, comincia la costruzione della prima delle due case del pellegrino. Per l’inaugurazione nel 1967, la sua squisita delicatezza e genio di madre che arriva a tutto, lancia l’idea che siano i familiari delle sue figlie spagnole ad avere l’onore di essere i primi ad entrare e abitare nel magnifico edificio. Due persone per ognuna delle sue figlie potevano godere di dieci giorni di soggiorno in Italia, tutto pagato, compresi i viaggi.

Peccato che molte persone di quel fortunato gruppo oggi non siano più di questo mondo, tra loro, il mio caro zio Odón e la indimenticabile cugina Elvira.

Quanti ricordi di quei giri per Roma, dell’udienza con il Papa Paolo VI, della familiarità, della gioia contagiosa che regnava tra loro. Fra le varie cose, voglio soltanto evidenziare quella che mi lasciò il constatare l’emozione dello zio nell’incontro con Madre Speranza. Ma cosa aveva di straordinario quella donna perché mio zio, uomo maturo e avanti negli anni, sperimentasse una tale sensazione al punto da riempirglisi gli occhi di lacrime?

Lui provò a spiegarmi ciò che aveva sentito, però né lui sapeva esprimersi convenientemente, né io ero capace di intuire o comprendere qualcosa che andasse oltre al semplice fatto materiale… Più tardi e in varie occasioni, udii dallo zio altri commenti a riguardo, sempre con lo stesso tono di ammirazione…

Chissà se quel semplice incontro con Madre Speranza non abbia avuto carattere decisivo, determinante nella sua vita?

 

Registrare le parole della Madre

I giorni trascorsero e così arrivammo all’inizio del nuovo anno scolastico 1968. Il mio lavoro era insegnare la lingua spagnola ai ragazzi delle medie e ginnasio che vivevano con i Padri nel seminario minore e aiutare, nel tempo libero, la suora incaricata del negozio dei ricordini. La mia vita si svolgeva con tutta normalità, incluse anche le inevitabili difficoltà che ha con sé ogni esistenza umana.

La Madre veniva spesso nella nostra sala della casa della Giovane; quasi sempre recitavamo con Lei il Rosario. Altre volte ci parlava e, che trambusto per riuscire a nascondere un grosso registratore sotto la mantellina per poter così registrare le sue parole.

Io, ormai, ero serenamente convinta che per la Madre ero semplicemente una delle tante; non credevo che potesse pensare a me in modo particolare… E una volta di più mi sbagliavo!

Fu la Madre che una mattina inviò Padre Gino in classe da me perché andassi da Lei nella sala dei pellegrini. "Figlia, ho pensato affidarti la formazione delle ragazze del laboratorio; ti senti animata per questo incarico?" Seguirono alcuni consigli pratici e concluse dicendo: "bene, figlia, adesso parlerò con M. Gemma".

Io mi sentivo sbalordita, ascoltavo in silenzio, in quanto la Madre esercitava su di me una forza tale da allontanare ogni replica e nemmeno intravedevo difficoltà in ciò che lei potesse chiedermi.

Da quel momento, continuai con le lezioni di spagnolo ai ragazzi ed il resto del mio tempo lo dedicavo al gruppo delle giovani maglieriste al termine delle loro otto ore di lavoro. Un’esperienza molto importante e decisiva che mi diede la possibilità di sviluppare la mia capacità di donna, amica e madre. Era evidente che, alle mie spalle, colei che svolgeva la funzione di vera donna, amica e madre era lei, la Madre di sempre!!!

Prima si era prodigata con me in mille modi…; adesso mi chiedeva che anch’io donassi agli altri ciò che avevo ricevuto. Ogni tanto, andavo con il gruppo delle ragazze a farle visita. Era geniale, intuitiva nelle sue espressioni. Sapeva bene quali erano gli interessi delle nostre giovani, di conseguenza, i suoi consigli risultavano utili e molto opportuni. Sono certa che loro, e sono state molte, ricorderanno sempre la sua figura materna per svariate che siano state le vie intraprese…

Grazie, Madre, a nome di tutte loro!!

 

Qualcosa stava maturando dentro di me!

Nel 1970 ebbi il modo di arricchire la mia vita in relazione alla Madre tramite un’attività, carente di esteriorità, ma molto incisiva e profonda. Fu il periodo in cui si registrò la Storia delle nostre due Congregazioni. Io fui scelta per dare voce ad alcuni personaggi, tra cui quello della signorina María Pilar de Arratia. Ognuna di quelle sessioni di lavoro era un richiamo, uno spalancarsi di orizzonti che superavano di molto la mia ristretta prospettiva.

Senza dubbio qualcosa stava maturando in me!

Le notizie, i fatti che leggevo, rimanevano insistentemente nella mia coscienza, svegliando dal loro assurdo letargo l’ammirazione per la Congregazione, l’affetto e la gratitudine, che ancora sonnecchiavano in me, per la Madre più madre che io abbia mai conosciuto.

Credo di non aver ancora assimilato sufficientemente la ricchezza di vita e di contenuti che pulsano in questa commovente, impressionante e difficile storia delle nostre Congregazioni.

Seguirono alcuni anni di vita molto intensa a tutti i livelli; un post Concilio Vaticano II che ci interpellava e stimolava a non imbrigliare la novità della nostra vita consacrata. La Madre dava l’impressione di lasciare, a poco a poco, la direzione della Congregazione, anche se in realtà era presente fin nei più piccoli dettagli che, spesso, ci lasciavano sbalordite.

Nel 1976, verso la fine dell’anno, si celebrò il VI Capitolo generale della Congregazione. La Madre era assente fisicamente, ma tutte, credo, sperimentammo la sua viva presenza spirituale come Madre e Maestra.

In quell’occasione, con il consenso della Chiesa, le fu concessa la nomina di Madre Generale Emerita, atto molto semplice che ebbe come scenario la sala capitolare dove, circondata da figli e figlie visibilmente emozionati, la acclamammo con filiale affetto e gratitudine.

Terminato il Capitolo, la nuova Madre generale decise il mio trasferimento in Spagna, dopo undici anni di permanenza a Collevalenza. Tutto uno scompiglio dentro e fuori di me...!! Speciale attenzione merita il commiato dalla Madre che risultò essere per me uno strappo molto doloroso… Sarei riuscita a vederla ancora in questo mondo? Era il mio pensiero angosciante e insistente…

 

A duemila chilometri di distanza

Che cosa si prova, soprattutto all’inizio, quando una persona è abituata a vivere vicina alla Madre e, inaspettatamente, si ritrova a duemila chilometri di distanza?

Senza essere drammatica e nemmeno bigotta, devo ammettere che la nostalgia della Madre mi addolorò profondamente e, senza alcun dubbio, arrivai ad apprezzare con una luce ed una forza nuova ciò che significava la vicinanza fisica della Madre, fosse soltanto per baciare la sua mano, incrociare il suo sguardo con il mio. Linguaggio silenzioso ma, tremendamente eloquente e suggestivo, soprattutto negli ultimi anni. Allo stesso modo si poteva percepire un suo rimprovero o la sua approvazione, ma tutto sempre avvolto da tanta fermezza e tenerezza che ti faceva fremere di emozione.

Quante volte, nel silenzio interiore, pensavo alla Madre, arrivando, in alcune occasioni, a non poter trattenere le lacrime. Ma i miei pensieri rimanevano dentro di me; ero convinta che parlare agli altri dei miei ricordi, timori o sentimenti nei riguardi della Madre, non avrebbe suscitato alcunché di positivo, anzi forse sarei stata giudicata troppo conforme allo stile italiano… ma nonostante tutto, io sentivo dentro di me che qualcosa ci stava sfuggendo di mano, come chi, avendo trovato la perla preziosa di un tesoro di Madre, non le presta sufficiente attenzione e gira attorno al luccichio di altre perle…

 

Lei conserva uno sguardo luminoso

Durante le celebrazioni dei 50 anni di fondazione della Congregazione, nel 1980, ebbi la fortuna di ritornare a Collevalenza, e di vedere e abbracciare ancora l’amatissima Madre.

Tutti ci accorgemmo che la Madre stava perdendo energia fisica. Sapevamo che spesso veniva portata sulla sedia a rotelle e si poteva pensare che fosse come un qualsiasi malato o anziano, Lei no! Lei aveva qualcosa di speciale, lei conservava uno sguardo luminoso, profondo, un atteggiamento e una dignità che lasciavano intravedere ritagli di cielo.

Percepivamo che la sua voce diminuiva in quanto a chiarezza di suoni. Ma, nonostante questo, la Madre continuava a parlare, soprattutto con lo sguardo dolce, fermo, scrutatore, con le sue mani, piene di vita e calore, con il suo sorriso ampio e affabile…

Tutto in lei è un gigantesco gesto di Madre!

Parlava al momento opportuno e, come sempre, colpendo nel punto giusto. Continuava a suscitare generosità nei cuori, anche in quelli, forse, un pò induriti. Continuava a chiedere, a chi poteva, di dare più amore, più fedeltà, maggiore disponibilità.

La Madre non taceva né doveva tacere! Tutto in lei era una stupenda eloquenza divino - umana! Per noi era questione di finezza di udito interiore! Vi era chi afferrava di più, chi meno, forse qualcuno niente… Purtroppo è una triste constatazione, ma ancora in questo secolo, si ripete con non poca frequenza che "venne ai suoi, ma non lo riconobbero" Tremenda lezione e responsabilità!

 

Maestra delle novizie

Inesorabilmente il tempo trascorreva sia nel bene che nel male!

Nel febbraio del 1981, fui scelta come membro della commissione di studio delle nostre Costituzioni, lavoro che si svolse a Collevalenza, per cui, potei ancora vedere e rimanere accanto alla Madre nel tempo libero che disponevo ogni giorno.

E che giorni angoscianti!!

La Madre si ruppe il femore lo stesso giorno del mio arrivo a Collevalenza. Le cose non potevano complicarsi ulteriormente. Il presagio di una seria minaccia di morte ci assaliva in continuazione. La Madre soffriva moltissimo; ogni battito del suo cuore era una grazia straordinaria perché, umanamente, non era possibile che il suo fisico potesse resistere ad una sola delle complicazioni gravi che aveva. Tutti vivevamo un’angosciante preoccupazione: Gesù l’avrebbe fatta uscire da questa grave situazione? Alcuni giorni ci riempivamo di speranza, ci veniva detto che qualcosa sembrava andasse meglio; in altri, invece, si dipingeva sui nostri volti il grande dubbio…, ma nessuno si azzardava a confidare all’altro i suoi tristi presentimenti…

I giorni passavano lentamente e la Madre continuava nel suo letto di dolore. Non un lamento, una pretesa, ma i sintomi della sofferenza erano più che evidenti.

In questo periodo, esattamente il 30 marzo, ricevetti la comunicazione della mia nomina a maestra delle novizie di Spagna.

Che scompiglio interiore si scatenò in me!

Allora sì che moltiplicai le mie visite alla Madre! La suora che l’accudiva, di solito molto esigente, quando si trattava di non affaticare la Madre, mi accoglieva sempre con un sorriso benevolo; senza dubbio le suscitavo compassione per il peso dell’incarico che avevo ricevuto.

Ebbi la fortuna di ritrovarmi da sola con la Madre in vari momenti. Io le parlavo, più con il cuore che con le parole, delle mie paure, preoccupazioni, facendo un miscuglio tra i miei interessi personali e quelli della Congregazione; le chiedevo il suo spirito, il suo aiuto… Lei mi conquistava con ogni sguardo che fissava su di me. Quante volte strinse le mie mani tra le sue… Io sperimentavo come lentamente diminuivano le mie segrete resistenze. "Sì, figlia", ripeteva lei ogni tanto.

Questa contemplazione fatta di silenzio, di serena sofferenza, di avemarie spezzate, fu la migliore preparazione immediata per il servizio che la Congregazione mi chiedeva come maestra delle novizie. Sono sicura che, col passare del tempo, altre invidieranno la mia fortuna.

Ritornai in Spagna e cominciarono i primi passi e le prime inevitabili difficoltà per il cambiamento. Mi sforzavo sinceramente di superarmi; spesso pensavo che la Madre poteva soffrire anche per causa mia e desideravo con tutto il cuore che non fosse così, anzi, sognavo che lei si sentisse contenta, orgogliosa della sua figlia…

 

Il Papa Giovanni Paolo II salvò la sua vita…

I primi giorni del mese di maggio del 1981, andai nuovamente a Collevalenza per un secondo periodo di studio sulle Costituzioni. La notte tra il 12 ed il 13 di quel mese, la Madre soffrì moltissimo; le si riaprì l’ulcera allo stomaco con conseguenti rigetti di sangue. La gravità del suo stato di salute non poteva essere più allarmante. L’intensa sofferenza si prolungò per tutto il giorno 13.

Quello stesso pomeriggio, in piazza San Pietro a Roma, ebbe luogo il sacrilego attentato contro Papa Giovanni Paolo II. Tutti ricordiamo i particolari di quel gesto brutale… Ma il Papa si salvò…

La Madre, verso sera, ebbe un inspiegabile miglioramento dal punto di vista umano… Fu solo pura coincidenza? Due martiri offrivano simultaneamente le loro vite in un misterioso interscambio di vittime sacrificali?

In materia di santi, capirci qualcosa è quasi un privilegio. Quello che però sappiamo, è che il Papa volle fare la sua prima uscita da Roma andando in pellegrinaggio al Santuario di Collevalenza, per ringraziare l’Amore Misericordioso di averlo conservato in vita.

 

La cattedra della sua sedia a rotelle

Da tempo coltivavo il desiderio che le novizie potessero trascorrere un periodo a Collevalenza, vicino alla Madre, perché riuscissero a conoscerla almeno un po’.

Verso la metà di agosto del 1981, il desiderio divenne realtà, ma quanto ancora mancava prima che la Madre diventasse figura di primo piano nella vita di queste giovani novizie…

"La Madre mi infonde molto rispetto"; "io ho paura di incontrarmi con lei"; "io la sento molto distante". Sensazioni più che normali perché è certo che nessuno ama ciò che non conosce… Ma, poco a poco, la Madre riuscì a conquistare quei giovani cuori. Non ci furono spiegazioni né discorsi, soltanto la lezione abituale del suo profondo sguardo, il suo sorriso, le sue mani accoglienti…, e tutto dalla miglior cattedra della sua sedia a rotelle, con l’eloquenza della sua serena sofferenza, del suo gesto di donna orante.

Senza forzature, l’anziana Madre ringiovanisce dando vita a tre nuove figlie che, poco a poco si uniranno a lei incondizionatamente. Si sentono ogni giorno più attratte da lei; non so quale misteriosa intuizione andava penetrando nei loro cuori. Il risultato fu che nacque un affetto filiale per questa venerabile ed eccezionale Madre. Lei ha significato molto nelle loro esistenze, nel loro cammino di preparazione alla vita consacrata.

Con la credibilità che solo deriva dall’esperienza possono testimoniare come una vita possa cambiare quando si realizza l’incontro profondo con una grande donna che non conosce tramonto nella sua qualità di Maestra e di Madre.

Nell’agosto del 1982 ritornammo a Collevalenza le tre novizie, una postulante ed io. Questa volta tutto filò liscio! Non c’era bisogno di incoraggiarle o facilitare loro la possibilità di trascorrere un po’ di tempo con la Madre. Sentivano profondamente la sua speciale maternità, per cui, disinvolte e con molta libertà, s’intrufolavano nei suoi ambienti tutte le volte che ne avevano la possibilità…

Diverse volte ebbi il piacere di contemplare il quadro che offriva la Madre attorniata da queste quattro giovani, le ultime arrivate, fino a quel momento, nella grande Famiglia dell’Amore Misericordioso. Erano assorbite totalmente da quella figura; si prodigava con loro in gesti di affetto, le osservava con la peculiarità del suo sguardo. In alcune circostanze arrivò a dire loro, con parole sue tipiche, particolari molto personali e di fatti concreti… Se avessi potuto filmare ciò che si verificava nell’intimo di ognuna di loro sarebbe stato favoloso! Ogni giorno cresceva in loro la fame di alimentarsi della sua presenza, della sua storia, dei suoi scritti. Tutto sembrava a loro troppo poco ed avevano più che ragione!

 

L’ultimo incontro con Madre Speranza

Arrivò il momento di ritornare in Spagna. Era sabato, 4 settembre 1982. Oggi ricordo con emozione quella data, perché fu l’ultima volta che vidi la Madre in vita.

La sera precedente, coscienti del fatto che quello sarebbe stato l’ultimo incontro, anche se non pensavamo fosse quello definitivo, ci trattenemmo con lei quanto ci fu possibile. La mattina dopo, molto presto, la Suora ci permise di entrare ancora una volta nella camera per dare il nostro ultimo bacio e l’ultimo addio alla nostra amatissima Madre… Uscimmo visibilmente emozionate, con il cuore avvilito. L’avremmo rivista ancora in questo mondo?

Presagi e timori che cercavamo di soffocare dentro di noi. Ci rattristava ammettere che la realtà di una separazione definitiva dalla Madre non poteva essere molto lontana… La Madre era anziana, molto malata, anche se il sospetto più fondato era constatare che aveva compiuto fino all’ultimo "segno" il progetto di Dio come principale messaggera del suo amore misericordioso. Lei sì, poteva ripetere accanto al suo grande amore Gesù: "consumatum est, tutto è compiuto".

Giunte in Spagna riprendemmo il nostro lavoro di formazione con intensità ed entusiasmo. La Madre era presente tra le mura del noviziato con alcune foto, frasi alle pareti; la ritrovavamo nei suoi scritti che cercavamo di assimilare con la maggior fedeltà possibile; la ricordavamo con forza nella preghiera, ma soprattutto la sentivamo intensamente dentro di noi.

Il 4 febbraio 1983, arrivarono in Spagna notizie allarmanti sullo stato di salute della Madre. Come in altre occasioni, e forse anche di più se possibile, pregammo con fede e molta fiducia sia personalmente che comunitariamente. Non si parlava d’altro: cosa sarebbe successo? Ogni telefonata era un sussulto al cuore… Volevamo nutrire la speranza che la Madre si sarebbe ripresa come era successo tante altre volte, ma… tutto sembrava svanire. Ogni ora che passava era un terribile incubo, una straziante angoscia e preoccupazione… e… a duemila chilometri di distanza!! Soltanto Gesù sa quanto avrei pagato per essere accanto alla Madre nei suoi ultimi giorni di vita terrena!

 

La Madre è morta

Con passi felpati ma decisi, sicuri, arrivò ciò che nessun Figlio né Ancella dell’Amore Misericordioso avrebbe voluto sentire in vita sua:

LA MADRE È MORTA!

Erano le 8,05 del mattino dell’8 febbraio 1983.

Le lacrime furono l’unico ricorso a nostra disposizione per sfogare la grandissima pena che ci opprimeva.

Mi si offrì la possibilità di andare in aereo quello stesso giorno a Collevalenza. A Bilbao il cielo era una densa nube grigiastra. La neve imbiancava ininterrottamente il paesaggio. Furono cancellati alcuni voli causa il maltempo. Che ore interminabili furono quelle! Finalmente partimmo.

Non vi era logica nei miei pensieri, mi sembrava di vivere un brutto incubo, un orribile sogno. Andavo a Collevalenza, ma per quale motivo? Come poteva essere vero che la Madre avesse chiuso i suoi occhi per sempre ai figli e alle figlie che tanto amava, che le sue mani cessassero di trasmettere calore, coraggio e rimanessero immobili sul suo petto? Ma, come era possibile tutto questo?

La mia testa era un labirinto di idee confuse e tristi…

Verso le otto della sera arrivammo a Collevalenza. Come mi appariva tutto diverso! Giungeva il terribile momento di toccare con mano la dura realtà. L’ascensore segnalò che eravamo giunti all’ottavo piano. Lo stesso corridoio. L’ingresso alla stanza, quello di sempre… Non rimaneva altro che affrontare la triste scena…

Finalmente i miei occhi contemplarono il corpo senza vita della mia vera madre… le mie labbra tremanti si avvicinarono al suo volto… le mie mani toccarono le sue mani… La mia mente era incapace di pensare. Vi era solo la capacità di contemplare. La pena e le lacrime erano le mie compagne inseparabili…

Come faremo a cavarcela senza di lei? A chi ricorreremo ora per chiedere di pregare per noi? Tutto era così terribilmente triste e reale che persino la fede languiva dentro di me…

 

Che bella era la vita!

Il giorno seguente il suo corpo benedetto fu esposto per la nostra venerazione nella Cripta del Santuario. Trascorsi ore e ore davanti a lei partecipando all’ininterrotto susseguirsi di messe e recite di rosari.

Il tempo migliore per me per restare accanto alla Madre fu dalle 2 alle 5 del mattino. Poca gente, molto silenzio…! Tutto favoriva una totale contemplazione. Ai piedi della Madre avevano collocato tutti i libri da lei scritti per i suoi figli e le sue figlie. Lei non muoveva più le labbra, non faceva alcun gesto, ma in essi aveva lasciato il suo spirito, la sua preziosa eredità… In ogni riga, in ogni parola, lei rimaneva viva tra di noi…

Lessi alcuni brani di quei libri in quell’atmosfera di silenzio, di penombra, e confesso che alcuni mi emozionarono particolarmente; altri li compresi sotto una nuova luce. Quasi tutto mi sembrava diverso, più intimo, più carico di senso. Dove potevo mettevo il mio nome, quasi a significare che la Madre stesse dicendo a me personalmente ciò che leggevo in quel momento. L’impatto, l’impressione fu molto forte e non mi riesce facile esprimere a parole ciò che sentivo e sperimentavo…

Rivisitai come in una lenta proiezione il film della mia vita in relazione alla Madre. Che mistero! Ma dopo tutto, che bella era la vita!!

La preghiera si faceva addolorato gemito, sincero pentimento, deciso proposito, ardente supplica… La Madre mi ascoltava, ero sicurissima. Io la vedevo morta con gli occhi della carne, ma cominciavo a sentirla viva più che mai nella tenue luce che iniziava a rinascere nella mia sconsolata interiorità…

Ormai non c’erano più orari da rispettare per stare accanto a lei; le si poteva parlare anche delle cose più intime in presenza di altre persone…

Un bellissimo manto di neve adornava il paesaggio nel nostro saluto terreno alla Madre. Tutto era speciale, differente…

Trascorsero i giorni, uno dopo l’altro, fino a sei, e la salma della nostra amatissima Madre si conservava come se fosse il primo. Sembrava addirittura che ti sorridesse… le mancava soltanto di aprire gli occhi. Non si sentiva sul suo volto e nelle sue mani il gelido freddo della morte… Le cose erano due: o l’affetto era così grande che riusciva a dare calore a ciò che era freddo, o l’Amore Misericordioso aveva pensato di agire come solo Lui sa fare…

Emozionante e indimenticabile fu il saluto alla loro Madre, da parte dei numerosi figli e figlie radunatisi attorno alle sue spoglie mortali.

Ascoltammo con venerazione il suo testamento spirituale e davanti a lei ce ne fu consegnata una copia. Rinnovammo la nostra consacrazione religiosa…, mai tanta forza e unanimità nelle voci per promettere fedeltà fino alla morte… E terminammo piangendo e cantando:

Tu ci hai lasciati, Madre, quaggiù,

come ogni uomo mortale.

Ci sembra di sognare,

però più non si sente la tua voce.

E’ l’ora della croce per noi.

Ma tu sei viva,

Sei in mezzo a noi.

Cristo è risorto!

Amen. Alleluia!

 

Fiori, fiori a non finire

Che momenti!

Stava finendo il tempo. Poche ore ancora e i nostri occhi non avrebbero più visto il corpo dell’amatissima Madre…

A volte lasciavo prevalere in me il sentimento e avvertivo come se mi lacerassero interiormente! Tutto era tremendamente certo!

Il corpo della Madre giaceva nel suo semplice ed impressionante feretro; bianco dentro come lo fu la sua anima innamorata di Dio. In esso riposerà per sempre l’instancabile messaggera dell’Amore Misericordioso.

Svariati e molti, moltissimi fiori. Era quella una festa, oppure un improvvisato giardino? Quanta emozione, affetto e gratitudine esprimevano tutti quei fiori!

Il definitivo saluto alla Madre non poté essere più completo. Sulle spalle dei suoi figli e delle sue figlie percorse gli ambienti che tanto conobbero le sue lacrime, sofferenze, consolazioni, gioie…

Entrò nella prediletta Cappella del Crocifisso, uscì sul piazzale e maestosamente salì la scalinata della Basilica mentre suonavano le campane, unendosi a molte lacrime e al commovente applauso della folla nel momento dell’ingresso nel Tempio.

Una magnifica corona di Vescovi e Sacerdoti circondavano il bianco altare per la celebrazione dell’Eucaristia. E gente, molta gente, ognuno con la propria storia in riferimento alla Madre. Tutto era particolarmente emozionante!

Oramai si vedeva soltanto il semplice e luminoso feretro, il tesoro era rimasto dentro per sempre. Prima di deporla nella tomba di cemento, noi figli e figlie la circondammo e, per quasi un ora, cantammo le canzoni a lei più care, quelle che facevano rievocare quei tempi in cui lei era tutto…

Si fusero note e lacrime. Era come un desiderio ulteriore di manifestare la nostra adesione alla Madre, a ciò che lei aveva sempre sognato per i suoi figli e le sue figlie: vederci fortemente uniti nella carità e nell’amore fraterno, vivendo l’unico carisma, lo spirito dell’unica Famiglia.

Un ultimo e commosso bacio alla bara. Poi, un grande blocco di cemento la coprì per sempre…

Così finisce un giorno storico nella nostra Famiglia religiosa:

13 febbraio 1983.

Ritornammo in Spagna. Non trovammo altro argomento che potesse sviare la nostra attenzione: la Madre! la Madre! la Madre! Che ossessione la mia! Davvero cominciava una nuova tappa della nostra storia.

Lei ci aveva lasciato definitivamente soli…

 

Il chicco di grano…

Avremmo saputo conservare il suo spirito, essere così fedeli da formare la gemma preziosa per la nostra amatissima Madre Fondatrice?

Dietro l’altare della Cripta, una brillante intuizione traccia un gioco di linee per formare il mausoleo a MADRE SPERANZA DI GESÙ: è il pavimento che maestosamente si solleva per accogliere le sue spoglie mortali.

È il chicco di grano che quando muore porta frutto… Il lievito che fermenta la massa…

Lei rimane incorporata per sempre nel suo amato Santuario che continuerà a dare vita nel suo impressionante silenzio…

Il VII Capitolo generale della Congregazione celebrato a Collevalenza lo stesso anno, fu presieduto dalla Madre col suo spirito e con una magnifica fotografia alta un metro e venti centimetri.

Cappella del Crocifisso e Cripta sono i luoghi di appuntamento obbligatorio che io mi prefissai durante i 40 giorni di lavori capitolari. Dubbi, preoccupazioni, sconforti, riconoscenza, gioie e aspirazioni formarono un silenzioso ed invisibile intreccio nell’accogliente pace della sua tomba.

La Madre che vive un’ALBA SENZA POSSIBILE TRAMONTO, non può fare a meno di vegliare sui suoi figli. Io sento profondamente questa realtà e vivo fiduciosa, serena perché sono sicura che le mie tre madri nel cielo:

La VERGINE MARIA,

Manuela

e MADRE SPERANZA,

Accompagneranno i miei passi

ovunque io mi trovi…

Loro saranno testimoni del mio impegno, delle mie lotte, sconfitte e vittorie finché un giorno, raggiunto il mio sogno di fedeltà alla Congregazione,  
la morte mi congiungerà a loro nell’eterno inno di lode a

Dio Amore Misericordioso

che sempre perdona, dimentica

e non tiene in conto…