PROFILI DI MADRE SPERANZA – 12

Sr. Mediatrice di Gesù Berdini eam

Come il chicco di grano…

Edizioni Amore Misericordioso – 8 febbraio 1987

«In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano

caduto a terra non muore, rimane solo;

se invece muore, produce molto frutto» (Gv. 12,24).

Mossa da un profondo, filiale sentimento di gratitudine per la Madre, Madre Speranza di Gesù, fondatrice della Famiglia religiosa delle Ancelle e dei Figli dell'Amore Misericordioso, vorrei ripercorrere alcuni momenti della mia vita con lei, rileggendoli alla luce della bontà provvidente e misericordiosa del PADRE, che vuole veramente felice ciascuno di noi, suoi figli.

La Madre era solita ripetere: «...debbo far sì che gli uomini conoscano il buon Gesù non come un Padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre pieno di bontà che trova tutti i mezzi per confortare aiutare e far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con amore instancabile come se non potesse essere felice senza di loro» (cf. Diario, quaderno 1).

 

«tenerezza materna»

Della Madre, vorrei sottolineare la sua costante e crescente tenerezza materna che arriva al culmine quando accetta serenamente la solitudine, l'inattività, la malattia, la morte per dare la vita a chi tanto amava, così, semplicemente, senza rumore, nel silenzio, come il chicco di grano caduto in terra...

«In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).

Queste parole la Madre se le era sentite ripetere per lei personalmente da Gesù stesso in maniera ancora più dettagliata.

Nel diario scritto da lei, c'è infatti una pagina significativa, nella quale, dopo l'annuncio di un rapido fiorire di opere, alla fine la Madre annota la condizione per la fecondità apostolica di queste stesse opere: ella dovrà seguire la sorte del chicco di grano per poter dare la vita...

 

«per arrivare ad essere come desidera Dio»

Questa pagina significativa del diario della Madre, porta la data del 14 maggio 1949:

«...Tu desideri che io termini questa grande casa (è la casa generalizia delle Ancelle dell'Amore Misericordioso in via Casilina n. 323, Roma) con il lavoro, il dolore e il sacrificio, per lasciare un esempio alle figlie e ai figli di domani, affinché ricordino sempre che mai potranno approfittare della generosità dei benefattori, come non ne approfittò questa loro madre che pure aveva a disposizione tutti i beni di questa creatura (la nobile Maria Pilar De Arratia) e sapeva che la gioia più grande che avrebbe potuto dare a Maria Pilar era quella di disporre liberamente dei suoi beni.

Mi bastò sapere, Gesù mio, che questa non era la tua volontà per non accettare questo patrimonio, pur consapevole di non avere i mezzi per terminare questa casa, tanto necessaria per la nascente Congregazione e per quella che deve nascere».

Gesù dice che questo sarà un grande bene per le figlie, come lo fu il laboratorio militare e lo saranno questa casa e il laboratorio che tra alcuni anni dovrò iniziare, sempre con sacrificio, sofferenze e grandi preoccupazioni. Però sia i laboratori come il lavoro, che dovrò svolgere per affrontare le opere del secondo padiglione della casa, serviranno sempre per incoraggiare le figlie fedeli al sacrificio e al lavoro, allontanando dalla Congregazione l'oziosità e l'abuso di voler fare grandi cose a carico delle persone caritatevoli... "e tu - dice Lui - sei chiamata ad allontanare dalle due Congregazioni questo abuso con l'esempio, realizzando grandi cose e facendo grandi le due Congregazioni con il lavoro, il sacrificio, il dolore e soprattutto con il mio aiuto che non ti mancherà; e così ti dico che domani stesso incominci a muoverti senza riposo per poter ospitare in questa casa come minimo cinquecento pellegrini al giorno, dal primo fino all'ultimo giorno dell'Anno Santo... finché tu, aiutata da Me, tra alcuni anni, con maggiori angustie, fatiche, sofferenze e sacrifici, organizzerai l'ultimo e magnifico laboratorio che servirà di grande aiuto materiale e morale per le figlie e per le giovani che avranno la fortuna di esservi ammesse; vicino a questo laboratorio ci sarà la più grande e magnifica organizzazione di un Santuario dedicato al mio Amore Misericordioso, Casa per ammalati e pellegrini, Casa per il Clero, il Noviziato delle mie Ancelle, il Seminario dei miei Figli dell'Amore Misericordioso; e allora, senza più il forte aiuto della Casa di Roma, nella quale rimarrà sempre il Governo Generale, vivranno tutti e tutte aiutandosi scambievolmente, le Ancelle con il lavoro materiale e i Figli sempre con il lavoro spirituale, diffondendo intorno a sé il profumo soave del buon esempio, attraendo a Me tutti coloro che visiteranno questo unico Santuario del mio Amore Misericordioso.

Però tu devi tenere ben presente che Io sempre mi sono servito delle cose più povere e inutili per fare quelle più grandi e magnifiche; a Balaam parlai per mezzo di un asino mentre avrei potuto farlo per mezzo di un angelo; e per ottenere un grande raccolto di grano è necessario gettare a terra la semente, ricoprirla di terra, sottoporla all'azione dell'acqua, del sole, del freddo, della neve; infine questa semente deve imputridire e scomparire per poter fruttificare e produrre grande quantità di grano. Tutto ciò non è ancora sufficiente perché il frutto possa servire di sostentamento all'uomo; infatti occorre ancora che il grano sia triturato, macinato e trasformato in farina, che passata al setaccio viene separata dalla crusca, e quindi è pronta per essere impastata con l'acqua e ben cotta. Allora potrà servire di principale alimento per l'uomo. Così tu, devi passare attraverso tutta questa elaborazione per poter arrivare ad essere ciò che Io desidero, cioè che Io possa servirmi di te come alimento per molte anime, e i figli e le figlie prendano da te questa sostanza elaborata e mi diano tanta gloria in questo Santuario con il soave profumo del sacrificio, della preghiera, dell'abnegazione e con l'esercizio continuo della mia carità e amore verso i più bisognosi" (Diario, quaderno 3)».

 

«madre accogliente; donna di fede e di preghiera»

Conobbi la Madre proprio mentre stavano sorgendo a Collevalenza (PG) le varie costruzioni di cui lei parla appunto in questo brano del suo diario, che porta la data del 14 maggio 1949.

Era un tardo e caldo pomeriggio del mese di agosto del 1962. Avevo già sentito parlare della santità della Madre, e quel giorno mi recai da lei con alcuni familiari per chiederle di pregare per mio padre gravemente ammalato.

Quando arrivammo, il tempo degli incontri pomeridiani con i pellegrini era ormai terminato e la Madre non c'era: si trovava nella zona dei cantieri. Evidentemente seguiva personalmente l'andamento delle varie costruzioni. Attendemmo un po', poi venne la Madre... ci ricevette uno ad uno.

Quando giunse il mio turno: «...figlia!» e mi strinse la mano, mi guardò con amore... uno sguardo luminoso, profondo, carico di tenerezza materna. Mi sentii subito accolta, attesa, mi sentii sua figlia... E per mio padre mi assicurò che avrebbe pregato e mi esortò a portare a casa l'acqua del Santuario e la Novena all'Amore Misericordioso.

Fu in quella occasione che incominciai a sperimentare la forza della preghiera della Madre. Mio padre infatti guarì. Trascrivo la sua testimonianza pubblicata poi nella rivista "L'Amore Misericordioso" n. 3 - marzo 1963.

«pregate...ed otterrete!»

«Io sottoscritto Berdini Pasquale fu Giovanni, di anni 54, residente in S. Elpidio a Mare (Ascoli Piceno), attesto di essere risanato da calcolosi reno-ureterale, dopo aver bevuto l'acqua del Santuario di Collevalenza.

Il mattino del 12.8.1962 sentii i primi sintomi delle coliche che a poco a poco crebbero fino a diventare insopportabili. Per venti giorni consecutivi fui affetto da dette coliche, combattute soltanto con calmanti.

Il giorno 20 di agosto la mie figliole furono al Santuario di Collevalenza: a pregare e a chiedere preghiere; mi riportarono anche l'acqua del Santuario.

I primi giorni seguitai a sentire le stesse coliche, tanto che il dott. Castellucci, il 4 settembre, mi fece fare la pielografia discendente dalla quale risultò calcolosi reno-ureterale, come da referto allegato. Il Radiologo mi consigliò di andare d'urgenza da uno specialista.

Fu così che fui ricoverato all'Ospedale Civile di Ancona. Il professor Bianchi e il professor Borghi, esaminati i radiogrammi, mi fecero varie analisi chimiche e decisero di operarmi il giorno 7 settembre.

Durante la permanenza in Ospedale non ho preso nessuna medicina: ho solo continuato a bere l'acqua del Santuario e a pregare la Novena all'Amore Misericordioso.

La sera del 6 settembre eliminai un calcolo di notevole dimensione, a forma di uncino, rimesso per vie naturali, senza dolore, con meraviglia degli stessi professori. Il mattino successivo ne eliminai altri tre di medie dimensioni, sempre senza dolore.

Da quel giorno in poi non ho avuto alcun fastidio, e di questo ne sono grato al Signore.

Berdini Pasquale

S. Elpidio a mare (Ascoli Piceno)

 

«abbandono al Padre nell'amore e nel sacrificio»

Quando nell'agosto del 1963 arrivai a Collevalenza per farmi suora, sentivo un grande desiderio di farmi santa, e la Madre me lo ricordava in ogni occasione che avevo di incontrarla. Debbo anche dire che se l'esempio della Madre mi attirava per la sua santità, non esercitavano su di me minor fascino le sue opere di bene per gli altri, le varie costruzioni che sorgevano rapidamente...

Poco dopo però, incominciai a rendermi conto e a costatare che l'efficacia apostolica della Madre non nasceva spontaneamente, così, in modo naturale, ma era il risultato di una vita personale fatta di un concreto, fiducioso abbandono alla volontà del Padre, con amore, con sacrificio, con molte lacrime e preghiere. E proprio in quei primi anni della mia vita religiosa, a contatto con la vita e con gli scritti della Madre, con il suo diario, incominciai a rendermi conto della "pedagogia misericordiosa del Padre", delle sue vie che non sono le nostre vie: Egli, prima di ogni opera o attività, prima del fare, ci invita ad una "totalità di amore per Lui", ci invita ad essere amore misericordioso.

Infatti, ancor prima di fondare la Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso, nata a Madrid nella notte di Natale del 1930, la Madre, alla data del 18 dicembre del 1927, così scriveva nel suo diario:

«Questa notte mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto che non debbo ambire altra cosa che non sia amarlo, soffrire in riparazione delle offese che Egli riceve dal suo amato Clero e far sì che tutti coloro che trattano con me sentano il desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di espiazione... e che io mi sforzi nel cercare solo la sua gloria, anche se ciò comporta per me l'essere disprezzata...» (Diario, quaderno 1).

E il 24 dicembre del 1927 scrive ancora così nel suo diario:

«...Il Bambino Gesù mi ha chiesto di sforzarmi per pensare di più a Lui, per arrivare a far sì che il mio cuore e la mia mente stiano fissi in Lui e che niente e nessuno mi distolgano da Lui» (Diario, quaderno 1).

Vicino alla Madre, e attraverso la Madre, in quegli anni '60 e '70, fervidi di opere, sperimentavamo chiaramente ogni giorno la provvidenza del Padre, e l'aiuto della sua grazia; veramente «se non fosse stato il Signore a costruire la casa, invano si sarebbero affaticati i costruttori» (cf Sal 126).

Chiunque avvicinava la Madre poteva attingere da lei comprensione, misericordia, amore, la certezza di una preghiera colma di speranza, la pace, e questo perché la Madre aveva il coraggio di «passare per la valle del pianto, per cui era trasformata in una sorgente» (cf Sal 83).

 

«nell'accettazione consapevole della sua decadenza fisica»

Constatavo ogni giorno che il Santuario dell'Amore Misericordioso assieme alle due Congregazioni, unica Famiglia dell'Amore Misericordioso, costituivano "l'unica creatura" che assorbiva completamente la vita della Madre.

La sua preghiera, il suo sacrificio, le sue attenzioni materne raggiungevano personalmente queste realtà. A tal punto che già nel settembre 1962 scriveva: «Chiedo ai miei figli e alle mie figlie che, di comune accordo, mi concedano un dono da me tanto desiderato: se il Buon Gesù mi dà la gioia di consumare la mia vita qui presso il Suo Santuario, depongano le spoglie di questa povera creatura il più vicino possibile a questo Santuario, affinché vi si consumino accanto, come fortunatamente si sta consumando la mia vita nel laborioso impegno che esso mi comporta».

Il buon Gesù, l'Amore Misericordioso, l'andava preparando all'offerta della "sua unica creatura". Infatti, da una attività di impegno esterno diretto, illuminato e dinamico, la Madre passava poco a poco all'inattività, al silenzio... lasciava e offriva serenamente tutto.

Era la Quaresima del 1981. Si avvicinava rapidamente per "il chicco di grano" il momento di dare la vita scomparendo completamente... intanto la rottura del femore la tenne sofferente, senza potersi muovere per lunghi mesi.

Fu in questa occasione che, forse per la prima volta in modo chiaro e consapevole mi resi conto di aver finora sempre "ricevuto" dalla Madre, e che era ormai tempo di "ricambiare" il suo amore.

Con filiale gratitudine le dedicai questi versi:

È tempo per noi di donare

― l'ha ripetuto stamani

un tuo figlio all'altare ―,

è tempo di ricambiare

veglie e lacrime

preghiere e amore,

che sempre volesti,

Madre,

per noi seminare.

L'offerta di un giorno lontano

accolta dal Dio di Amore

va completando

pian piano,

quel misericordioso

Disegno

che dona gioia,

pace, stupore...

E al letto inchiodata

il tuo sereno dolore

ci addita un cammino,

una meta sognata:

una vita di luce ed unione,

a Lui per amore,

immolata.

Vicino a te, Madre,

vogliamo imparare:

è tempo per noi, di donare.

("Tempo di donare")

Il silenzioso ritirarsi, immolarsi e perdersi della Madre, assumeva giorno dopo giorno una dolcezza serena proiettata ormai verso l'eternità.

Ma se questa era la realtà della Madre, che leggevamo soprattutto nel suo sguardo, non era così per noi. Almeno per me non era così.

Mi aggrappavo di più a lei, alla sua presenza segno della grazia del Signore, e particolarmente in quel 18 dicembre 1981, festa della Madonna della Speranza, quando sotto l'impulso dei ricordi che si accavallavano prepotenti nella mia mente, restia al pensiero di perdere la Madre, scrissi per lei:

Or non son più a te vicina

come allora,

quando spesso in cucina

ti cercavo e quel cuore grande

di MADRE io trovavo...

Le tue mani febbricitanti

mi stringevano imploranti:

"hija, a santificarte!".

Ricordi, quando dei miei problemi

ti mettevo a parte

e così allora come oggi,

donna forte,

m'incoraggiavi sorridente:

"hija, yo pregaré!"

e gli occhi tuoi s'accendevan

di luce splendente.

O quando una nebbia fitta

mi offuscava il cuore

e tu mi stringevi forte al tuo:

"hija de mi vida!";

della Luce vera

il calor mi ridonavi.

Ora ti penso, MADRE,

mentre silente

nella tua stanzetta

consumi nel dolore

la tua vita per amore.

MADRE, più di prima

tu sei a me presente!

Ogni giorno che passa,

la tua presenza

è grazia immensa:

ottieni a noi, tuoi figli,

quella forza che ti rende

apostola fervente,

"maestra" e "madre" di bontà,

tenerezza e santità.

("A te, Madre")

«il chicco di grano annuncia la spiga...»

Vedere la Madre sofferente mi procurava dolore, ma allo stesso tempo un effetto benefico, mi animava a vivere non di sole parole, ma di fatti, come lei. Alcuni giorni prima della sua morte, era il 22 gennaio 1983, vedendola così consumata, ebbi la sensazione chiara che era quasi alla fine...

Come il chicco

di grano

Madre amata,

vai scomparendo

pian piano...

e ti lasci

consumare

serena

per dare la Vita,

per farti sostanza

che alimenta

i tuoi figli

e a Lui

reca gioia infinita...

Come te, Madre,

vogliam tutto

bruciare

nell'oblio

e nel dolore

perché in noi

risplenda

per i fratelli

soltanto

l'oro puro

del Suo Amore.

La mattina dell'8 febbraio del 1983 la Madre ci lasciò per sempre. In quegli ultimi momenti, l'Amore Misericordioso, con delicata tenerezza, le volle donare un'ultima gioia sulla terra; ciò che la Madre aveva sempre desiderato; essere circondata da un grande numero di figlie e figli. Ella ci guardava a lungo, uno ad uno, poi, prima di lasciarci per sempre, posò il suo sguardo carico di raccomandazioni materne, su Madre Teófila e su Padre Gino, che rappresentavano le due Congregazioni.

Così il chicco di grano terminava la sua missione sulla terra. E ben presto una fitta, bianca coltre di neve, coprì in quei giorni il "chicco di grano", quasi a voler significare la sua fecondità, la speranza che dopo l'inverno sarebbe spuntata la spiga, la spiga dell'amore misericordioso.

I sentimenti di quei giorni resteranno per sempre scolpiti nel cuore delle Ancelle e dei Figli dell'Amore Misericordioso, e dei Pellegrini e Sacerdoti accorsi numerosi a dare l'ultimo saluto alla Madre. Anche se ormai corpo inerte, lei donava ancora a tutti il suo sorriso, mentre l'aspetto sereno lasciava trasparire la gioia, la luce e la pace di cui già godeva per l'eternità.

In quei giorni di grazia, l'abbiamo vegliata notte e giorno, pregando e ricordando le meraviglie del suo amore materno.

Mentre sfilava il corteo che l'accompagnava per l'ultima volta nella Basilica dell'Amore Misericordioso, mi invase una gioia nuova, inesprimibile a parole... e sentivo che ormai la Madre non era più soltanto per le Ancelle e per i Figli dell'Amore Misericordioso; ormai, crollato il limite del corpo, la Madre Speranza era di tutti e per tutti coloro che l'avrebbero chiamata "madre".

Alla gioia subentrò poi nel mio cuore una pace pacata, serena, mentre risuonavano nel grande piazzale antistante la Basilica le parole del testamento spirituale della Madre.

«...siate umili, amatevi mutuamente, allontanate da voi giudizi temerari, non ambite mai ad incarichi o posti elevati, abbandonatevi nelle mani dell'obbedienza come bambini piccoli; non discutete, né altercate; non preoccupatevi di cose di cui non siete stati incaricati; siate molto caritatevoli e amanti dell'orazione, poiché il mezzo principale per ottenere la grazia e la gloria è l'orazione; camminate sempre per la via stretta della mortificazione; lavorate per conseguire il distacco e il disprezzo di voi stessi, che otterrete attraverso la conoscenza del nostro Dio, del suo amore e la conoscenza del nostro nulla e delle nostre miserie; sforzatevi di fare sempre e in tutto la volontà del nostro Dio e cercate solo la sua gloria e mai la vostra. Guardatevi, figli miei, da ogni avarizia; cercate di non essere attaccati alle cose terrene, poiché il Figlio e l'Ancella dell'Amore Misericordioso devono dedicarsi alla carità, alle cose divine e spirituali e lo conseguiranno facilmente se i loro cuori saranno fissi nel buon Gesù...».

L'8 febbraio dello scorso anno 1986, celebrando il terzo anniversario della scomparsa della Madre, il Padre Bartolomeo Sorge S.J. così si esprimeva:

«Davanti a quella tomba, non mi stanco di guardare al di là di ciò che rappresenta, perché vedo in essa il simbolo del futuro cammino della Chiesa.

Quella tomba sintetizza mirabilmente il legame tra il carisma di Madre Speranza e la storia dei tempi nuovi. Perché?

Arrivando a Collevalenza noi ammiriamo questa grande Basilica; è bella, è degna della gloria di Dio, immagine della Chiesa protesa verso il Cielo, una Chiesa dove gli uomini vanno e vengono in gran numero; è accogliente, aperta al mondo, nuova nella quale tutti si sentono come in famiglia, accolti dai Figli e dalle Ancelle dell'Amore Misericordioso attraverso un servizio sorridente e delicato. Ammiriamo questo tempio, questo "trionfo" come diceva la Madre Speranza, e non ci rendiamo conto di che cosa sta succedendo nella Cripta. "Cripta", per definizione, si intende il luogo più nascosto, più basso di tutto l'edificio. Noi vediamo il campanile così agile, la Casa del Pellegrino grande ed accogliente; vediamo il Santuario, la Basilica, e non pensiamo che nella Cripta nel luogo più nascosto, due metri di terreno si sollevano, così, come il chicco di grano che gettato a terra la muove e la solleva.

Si guarda il campo sconfinato, grande senza orizzonte e non si vede che la terra si solleva un po'.

E' un chicco di grano piccolo, nascosto nella Cripta, nella base della Chiesa di Dio, che rimuove la terra e annuncia la nuova spiga, la Chiesa dei nostri tempi».

La speranza, che la Madre ci ha messo nel cuore, ci dice che la Chiesa di questi tempi è proprio quella del nuovo popolo di Dio, nel quale «misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno» (cf Sal. 84).

«il segreto della sua serena fecondità»

Mi sono chiesta spesso quale fosse il segreto, il perché della costante serenità della Madre, pur in mezzo a tante difficoltà, in mezzo alle prove, sulla croce. E ritengo un dono della Madre il fatto che, a distanza di quattro anni dalla sua scomparsa, forse incomincio a capirlo.

Sicuramente alla Madre la serenità non veniva dall'esterno, dalle persone e neppure dalle opere più riuscite e feconde - anche queste, prima o poi, possono venir meno -, ma la serenità le veniva da dentro, ed aveva un nome ed un volto: era Gesù, Amore Misericordioso; era Lui la sua pace, la sua gioia, il centro dei suoi affetti e di tutta la sua vita.

Oggi, rileggendo gli scritti della Madre con occhi e cuore rinnovati nel mistero del Natale, mi convinco di più che il segreto della Madre era tutto lì, nell'Amore.

«Figlie mie, quanta felicità si esperimenta rimanendo vittima sull'altare del sacrificio per essere consumata dall'amore.

Possiede tante gioie segrete una vittima!

Si prova tanto piacere quando si sorride per non rattristare gli altri con le nostre tristezze! Ci sono tanti vantaggi nel tacere, quando il cuore vorrebbe salire alle labbra con una pena, un rimprovero o una lamentela, che l'amore trattiene e trasforma in una parola di pace, di accettazione!

Quanto sono belli, figlie mie, i sentieri del sacrificio!

Si racconta di un'anima che, avendo scoperto in questi sentieri tanta felicità, si preparò a percorrerli; ben presto vide una piccola anima, al cui impulso d'amore si andava aprendo con una rapidità un sentiero retto e brevissimo per arrivare alla cima. Felice, piccola anima! I suoi piedi sembrava non sentissero le asprezze del cammino che tante difficoltà occasionavano alle altre anime; amava tanto!» (Perf. n. 36).