PROFILI DI MADRE SPERANZA – 24

Padre Domenico Cancian fam - Padre Mario Gialletti fam

«OFFRÌ SE STESSO»

(Eb 9,14)

Edizioni Amore Misericordioso - luglio 2006

Il testo contiene due riflessioni sul tema dell’offerta vittimale, oggetto della formazione permanente FAM ed EAM per l’anno 2006.

Il primo è di P. Domenico Cancian. È un aiuto per inquadrare biblicamente il tema.

Il secondo è di P. Mario Gialletti. È una trascrizione ridotta della conferenza da lui tenuta l’8 febbraio 2006, 23° anniversario della morte della nostra Venerabile Madre Speranza.

Le due riflessioni potrebbero stimolare l’approfondimento di un tema davvero centrale nella spiritualità dell’Amore Misericordioso.

 

 

VITTIMA DEL SUO AMORE

P. Domenico Cancian fam

"Gesù celebrò la cena legale mangiando l’agnello pasquale arrostito (asado), steso sulla mensa, nel quale vedeva se stesso, steso sulla croce, arso (asado) dal fuoco dell’amore per suo Padre e per gli uomini" (El pan 7, 115).

 

Introduzione

"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!" (Lc 12,49).

Gesù è venuto a portare il fuoco dello Spirito, come aveva preannunciato il Battista. "Egli (il Messia) vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Mt 3,11). Ciò avviene a Pentecoste. "Apparvero loro (agli apostoli) lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo" (At 2,3).

Ma questo fuoco si accende sulla croce. È lì che Gesù riceve il battesimo di sangue. È il fuoco dello Spirito che consuma Gesù, lo rende, secondo il linguaggio della Madre, "agnello pasquale arrostito", ossia olocausto perfetto, nostra Pasqua, Nuova Alleanza. È l’Agnello che, lasciandosi condurre al macello, cancella il peccato del mondo.

Tutta la vita di Gesù si protende verso la Pasqua, che lui stesso chiama "la mia Ora" (cf Gv 13,1). L’Ora nella quale Gesù sarà innalzato e attirerà tutti a sé. La Pasqua di Gesù costituisce la nuova ed eterna Alleanza, il mistero centrale della fede cristiana, la rivelazione massima dell’Amore e della Misericordia di Dio. Madre Speranza vede Gesù nella croce come "vittima del suo Amore", offerta vittimale.

Vogliamo approfondire il significato di questa aspresione secondo la Parola di Dio.

 

1. I sacrifici e il loro significato nell’AT

Il Dio della Bibbia non ha bisogno dei nostri sacrifici, né tanto meno devono essere offerti per cercare di "placarlo". Dio è Uno in tre Persone, è trascendente, è pienezza di esistenza e di amore, di ogni perfezione.

I vari sacrifici dell’AT, che Dio stesso aveva accuratamente ordinato, hanno lo scopo di rendere visibili alcuni atteggiamenti religiosi di base, per educare al vero rapporto con Dio.

L’olocausto

"Il più solenne dei sacrifici israelitici era l’olocausto, nel quale la vittima veniva completamete bruciata, come indica holocáuston, il termine usato nei LXX. Il termine tecnico ebraico ‘olah, deriva dalla radice verbale «salire», probabilmente perché le fiamme e il fumo salivano al cielo (così Gdc 13,20). È chiamato anche kalil, una parola che significa «completo» (Dt 33,10; 1 Sam 7,9; Sal 51,21)"1. Un sacrificio che sale a Dio tutto intero, per completo.

Secondo il Levitico la vittima doveva essere un animale maschio, senza difetto. Chi faceva l’offerta poneva la mano sulla testa della vittima per significare che veniva sacrificata in suo nome. Il sacerdote versava il sangue attorno all’altare, simbolo di Jahvé.

L’olocausto metteva in evidenza sopratutto la dimensione dell’adorazione: Dio merita l’offerta totale, il dono completo di sé (vedi il sacrificio di Isacco: Gen 22). La vittima significava il sacrificio totale del donante stesso.

L’offerta "va su", "sale" completamente verso Dio. Spiritualizzata attraverso il fuoco, saliva al cielo sotto forma di fumo (cf Sal 140,12).

Il sacrificio di comunione e di lode

Un altro tipo di sacrificio era chiamato "sacrificio di comunione" o "offerta di pace" perché voleva esprimere l’unione tra Dio e il donatore attraverso una offerta di ringraziamento (zebah selamin). Era una sorta di offerta votiva o sacrificio di lode.

La vittima veniva spartita tra Dio, il sacerdote e l’offerente. La parte destinata a Dio veniva bruciata sull’altare. Il fedele mangiava dinanzi a Jahvé, quasi in sua compagnia. Era il pasto sacrificale, nel quale si stabiliva una comunione spirituale, un’alleanza tra Jahvé e l’offerente.

È chiara qui l’idea di "mangiare alla mensa del Signore", assieme a Lui, quasi come suoi commensali.

Ciò si compie nel gesto di Gesù che mangia con i peccatori e sopratutto nell’Eucaristia.

Il sacrificio di lode (tôdâ = grazie) descritto in Lv 7,11-17, ricorre spesso nei Salmi (cf Sal 22; 116; 107 ...). Lo schema è semplice: una persona si trova in un pericolo, invoca il Signore promettendo un sacrificio di rendimento di grazie, arriva l’aiuto desiderato, la persona va al tempio per offrire il sacrificio promesso.

Nell’istituzione eucaristica il rendimento di grazie è l’aspetto più significativo e sorprendentemente si trova fin dall’inizio. Notiamo che Gesù, anche prima di risuscitare Lazzaro, alza gli occhi e dice: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato" (Gv 11, 41). Ringrazia prima di compiere il miracolo, sicuro che il Padre lo compirà.

Trasformando la propria morte in sacrificio di ringraziamento, Gesù ci fa capire che per lui la passione è un dono del Padre, è la sua glorificazione (cf Gv 12,28-33; 13,31-32). La morte stessa viene trasformata in vittoria; Gesù vince la morte con la morte; la morte sua diventa sacrificio di ringraziamento.

L’eucaristia quotidiana dovrebbe avere l’effetto di trasformare tutta la vita in perenne sacrificio di ringraziamento per mezzo di Cristo, e farci vivere ogni evento come un dono.

Il sacrificio di espiazione e di riparazione

È il sacrificio per liberare o purificare dal peccato (cf Lev 4,1-5,13). Era centrale in questo sacrificio spruzzare il sangue sull’altare (cf Eb 9,22).

Lev 16 descrive la grande festa dello Yom Kippur (il giorno dell’Espiazione). Era giorno di completo riposo, preghiera e digiuno. Il sacerdote offriva un toro in sacrificio per i peccati propri e dei sacerdoti, quindi entrava nel santo dei santi (unica volta nell’anno) e lo aspergeva col sangue.

Il rito più noto era il seguente. La comunità presentava due capri e si gettava la sorte per decidere il loro destino: uno era scelto per Jahvé, l’altro per Azazel (forse il nome di un demonio, o il principe dei demoni, che viveva nel deserto: cf Mt 12,43). Il capro scelto per Jahvé veniva sacrificato per i peccati del popolo. Poi il Sommo Sacerdote imponeva le mani sul capro per Azazel: un gesto simbolico con cui si trasferivano sul capro tutti i peccati della comunità. Quindi il capro veniva accompagnato nel deserto e con lui "partivano i peccati" (cf Lev 16,8-10. 20-22).

Scrive S. Paolo: "Dio ha prestabilito [Gesù Cristo] a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati, nel tempo della divina pazienza" (Rom 3,25). Il sangue degli animali è sostituito dal sangue di Cristo che lava i peccati degli uomini.

La festa di Pasqua

In origine, tra gli antichi nomadi, veniva sacrificato un giovane animale per assicurare fertilità al gregge e il sangue era spruzzato nei paletti della tenda per scacciare le potenze malefiche (cf Es 12, 23). In quell’occasione si partiva per i freschi pascoli di primavera.

La pasqua ebraica è "il passare oltre" dell’angelo distruttore (cf Es 12,13-23. 27), risparmiando le case degli ebrei. È il passaggio del Signore che libera, con braccio potente, il suo popolo.

La Pasqua cristiana è il passaggio di Gesù, e di tutti quelli che credono in Lui, dalla morte alla vita. "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare di questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,34). Gesù porta con sé tutti gli uomini che lo seguono. I cristiani sono morti e risuscitati con Cristo, anzi già siedono con Lui alla destra del Padre.

I profeti avevano insistito nel non attaccarsi al rito in quanto tale. Dio non ha bisogno di sacrifici di animali. Dio gradisce "l’amore più del sacrificio" (Os 6,6).

"L’obbedire è meglio del sacrificio" (1 Sam 15,22), come fece Abramo. Senza le disposizioni del cuore e una vita santa, il sacrificio non serve (cf Am 4,4; Is 1,11-16). È la circoncisione del cuore che conta.

Il vertice del culto e del sacrificio nell’AT lo si trova in una persona, nel Servo di Jahvé che secondo Is 53 offrirà se stesso in sacrificio di espiazione.

Il capro espiatorio non poteva portar via i peccati del popolo. Il Servo invece sì; egli si sostituisce liberamente ai peccatori e si offre per loro, si sacrifica come agnello che accetta di essere condotto al macello (cf Ger 11,19), che "non apre bocca di fronte ai suoi tosatori" (Is 53,7).

 

2. "Adorare il Padre in Spirito e Verità" (Gv 4,23).

Gesù afferma in modo chiaro che il culto cristiano consiste nell’adorare il Padre (Abbá) con la confidenza del figlio che si lascia rigenerare dallo Spirito, secondo la Verità della Rivelazione di Gesù. Lo Spirito, che grida nei nostri cuori "Abbá!" (cf Gal 4,6), ci partecipa la stessa esperienza di Gesù. Un’esperienza che trova il suo vertice nell’offerta totale all’Abbá (cf Mc 14,36; Lc 23,46).

"Nei sacrifici delle vittime materiali, che la stessa santissima Trinità, solo vero Dio del Nuovo e Vecchio Testamento, comandava venissero offerti dai nostri padri, veniva prefigurato il graditissimo dono di quel sacrificio con cui l’unico Figlio di Dio avrebbe offerto misericordiosamente se stesso per noi... Questi è dunque colui che in sé solo offrì tutto quello che sapeva essere necessario per il compimento della nostra redenzione, egli che è al tempo stesso sacerdote, sacrificio, Dio e tempio: sacerdote, per mezzo del quale siamo riconciliati, sacrificio che ci riconcilia, Dio a cui siamo riconciliati, tempio in cui siamo riconciliati"2.

L’offerta vittimale di Gesù

Gesù con la sua morte porta a compimento in modo straordinario il culto dell’AT, anzi introduce un grande superamento, una novità: lui stesso è la vittima, lui è la Pasqua, lui la Nuova Alleanza.

Gesù annunzia la sua passione servendosi dei termini che caratterizzavano il sacrificio espiatorio del Servo di Jahvé: viene per servire, dare la vita in riscatto per molti (Mc 10,45; Lc 22,37; Is 53,10ss).

Nella Cena del Signore si celebra la Pasqua della Nuova Alleanza, sigillata nel suo sangue (cf Es 24,8 e Mc 14,24; 1Cor 11,25).

L’offerta sacrificale di Gesù, nella sua realtà concreta e nella sua espressione sacramentale, ricapitola e compie l’economia del VT: è a un tempo olocausto, sacrificio di comunione (alleanza) e di lode, offerta espiatrice. C’è continuità tra i due Testamenti, ma anche superamento perché Gesù è il Figlio di Dio, e quindi l’offerta è perfetta, l’efficacia universale.

"Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!" (1 Cor 5,7). Il Padre per amore degli uomini non risparmia il suo proprio Figlio (Rom 8,32; Gv 3,16) e Gesù diventa il vero Isacco, il cui sangue salva (cf Rom 5,9; Col 1,20; 1 Pt 1,2.18s).

Di conseguenza la vita cristiana in quanto tale dovrebbe diventare sempre più offerta a Dio gradita (Rom 12,1; 15,16; Eb 13,15). Il popolo della Nuova Alleanza è popolo sacerdotale chiamato ad "offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt 2,5). Anche i semplici gesti quotidiani dovrebbero diventare "profumo di soave odore" e disporci a "versare in libagione" anche il nostro sangue (cf Fil 2,17 e 4,18; 2Cor 9,12).

Gesù, l’Agnello immolato, secondo la teologia giovannea

Secondo l’evangelista Giovanni la morte di Gesù in croce corrisponde all’uccisione dell’Agnello pasquale, portandone a compimento il significato.

In Gesù, Agnello di Dio immolato sulla croce, si concentra tutto il mistero cristiano: morte – risurrezione – ascensione – pentecoste – chiesa. Sulla croce Gesù è innalzato e glorificato.

C. M. Martini ritiene che l’Apostolo Giovanni abbia scritto il suo Vangelo "tenendo davanti agli occhi proprio il Signore Gesù crocifisso, da cui escono acqua e sangue. È una visione riassuntiva, conclusiva, sintetica e ogni pagina del IV Vangelo può essere riletta contemplandola"3.

Nel fiotto di sangue che esce dal costato trafitto si vedono quei "fiumi di acqua viva" promessi da Gesù (cf Gv 7,37s). È il torrente del suo Amore Misericordioso che purifica, disseta e santifica l’umanità. Il sangue e l’acqua usciti dal costato di Cristo sono simbolo del battesimo e dell’eucaristia che generano la chiesa.

"Non gli sarà spezzato alcun osso" (Gv 19,36). Senza saperlo, i soldati hanno rispettato la prescrizione di non spezzare le ossa all’agnello pasquale (cf Es 12,46), forse per significare che doveva essere offerto e consumato "intero" (olocausto). Viene richiamato anche il Sal 34,21: "Il Signore preserva tutte le sue ossa, neppure uno sarà spezzato". È la certezza che Dio preserva il giusto, lo protegge, gli garantisce vittoria. Il giusto sofferente vive in questa fiducia (cf anche Sap 2,18-20).

In ogni caso Gesù è il vero Agnello pasquale che toglie i peccati del mondo (Gv 1,29.36). Il suo sangue libera e salva dalla schiavitù (cf Es 12,13). Gesù è la Pasqua dell’umanità, l’Alleanza di Dio con l’uomo. Nella croce, l’uomo ha la certezza che l’Amore di Dio vince, che Dio è dalla parte dell’uomo in modo indubitabile.

"Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37). Alla luce di Zac 12,10, Cristo Crocifisso si rivela il Signore della storia, il Re che attrae a sé tutta l’umanità e l’accompagna al Padre. Qui nasce la Chiesa, il popolo di coloro che guardando a Gesù Crocifisso e seguendo le sue orme, cominciano a costituire "la sposa dell’Agnello" (cf Apc 19,7; 21,2). I cristiani sono coloro che seguono l’Agnello, accolgono e fanno propria la sua testimonianza di Amore, pronti a versare il proprio sangue.

La Liturgia che secondo l’Apocalisse (cf 5,6-14) si svolge intorno all’Agnello–Pastore (cf 7,17; 14,4), ci fa comprendere che questo culto è eterno.

Gesù, Sommo sacerdote, secondo la lettera agli Ebrei

La lettera agli Ebrei esplicita che questa Alleanza nel sangue di Gesù è perfetta e definitiva.

"Cristo con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio" (Eb 9,14). Letteralmente si dovrebbe tradurre così: "Mediante uno Spirito eterno, egli portò se stesso, immacolato, presso Dio"4. In un contesto in cui si parla di culto, la lettera agli Ebrei dichiara che il sacrificio di Gesù, il suo sangue versato, ha un’efficacia straordinaria di purificazione e di salvezza, senza confronti coi sacrifici antichi.

Nella passione di Gesù interviene tutta la Trinità: Cristo offre se stesso come vittima immacolata, lo Spirito ispira e rende possibile l’offerta sacrificale, il Padre manda il Figlio nel mondo e lo glorifica come Redentore.

L’offerta sacrificale porta Cristo verso il Padre, ottenendo la purificazione dei peccati. Mentre i Vangeli parlano di Gesù che dona la sua vita (cf Gv 10), e Paolo presenta Gesù che "ha consegnato se stesso" (Ef 5,2), la lettera agli Ebrei usa il verbo sacrificale "offrì se stesso" (9,14).

Tale offerta si è attuata "mediante lo Spirito eterno". È lo Spirito Santo che rende possibile la redenzione eterna. Lo Spirito è il fuoco che brucia, consuma e fa salire la vittima a Dio.

"Allora brucerai in soave odore sull’altare tutto l’ariete. È un olocausto in onore del Signore, un profumo gradito, un’offerta consumata dal fuoco per il Signore" (Es 29,18). Così Dio ne può odorare "la soave fragranza" (Gen 8,21). Il fuoco viene dal cielo (cf Lev 9,24; 1 Re 18,38). Solo Dio infatti può rendere sacra una cosa, comunicando la sua santità. Dio la trasforma. Il fuoco di Dio è lo Spirito Santo che santifica e trasforma l’offerta, la brucia e la fa salire a Dio in soave profumo. Lo Spirito ha trasformato Gesù nell’offerta-sacrificio che compie per sempre tutto il culto.

Cristo nel momento del suo sacrificio sperimenta paura e angoscia, versa lacrime e alza forti grida (cf Eb 5,7-8). Questa drammatica preghiera è esaudita, non nel senso che il Padre gli toglie il calice o la croce, ma nel senso che gli comunica la forza trasformante dello Spirito. Il frutto della sua preghiera terribilmente sofferta (nell’orto suda sangue) è il dono dello Spirito Santo che lo sostiene nell’obbedire al Padre fino alla morte di croce (cf Fil 2,8) e nell’amare gli uomini "sino alla fine" (Gv 13,1).

Lo Spirito Santo è il fuoco della carità totale per Dio (obbedienza) e per gli altri (dono di sé). "Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (Ef 5,2).

Gesù ha offerto sé stesso una volta per sempre (cf Eb 7,27). "Col proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì sé stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente? Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza" (Eb 9,12-15).

È chiaramente impossibile eliminare i peccati col sangue degli animali. "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà... Con ciò stesso abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (Eb 10,4-10).

Gesù crocifisso e risorto entra nel santuario del cielo e si presenta al cospetto di Dio in nostro favore, "per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso"5.

"Gesù Cristo è il nostro pontefice, il suo prezioso corpo è il nostro sacrificio, che egli ha immolato sull’altare della croce per la salvezza di tutti gli uomini... Questo sacrificio è così gradito e accetto a Dio, che egli non può fare a meno – non appena lo guarda – di avere pietà di noi e di donare la sua misericordia a tutti quelli che veramente si pentono"6.

S. Giovanni Crisostomo, commentando l’ordine di Mosé di segnare col sangue dell’agnello le porte delle case, scrive: "Cosa dici, Mosé? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l’uomo? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell’antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo... Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato"7.

Di conseguenza la Nuova Alleanza porterà il dono del cuore nuovo, ricreato dalla Spirito, a somiglianza del cuore di Gesù. L’uomo nuovo è Cristo che offre se stesso come olocausto, espressione altissima di obbedienza e carità senza limiti. Questo Amore di Cristo è donato ad ogni uomo.

 

3. "Tutto è compiuto" (Gv 19,30)

Per Madre Speranza Gesù Crocifisso è il vertice della rivelazione dell’A. M. di Dio. Il Padre ama il mondo fino a "consentire" la crocifissione del Figlio. Gesù per amore si carica la sofferenza e il peccato dell’umanità. Lo Spirito è il fuoco dell’Amore divino che trasforma Gesù nell’olocausto più gradito a Dio. L’Amore divino vince alla radice ogni male.

Per questo è messo in evidenza, al centro della croce, il cuore di Gesù in cui è scritto: charitas. È il fuoco dello Spirito, che è Amore divino, a bruciare e consumare Gesù sull’altare della croce. Un’amore che lo porta ad obbedire al Padre e a donarsi agli uomini fino all’ultima goccia di sangue.

Gesù, vittima del suo amore, è l’Olocausto perfetto della nuova alleanza. È perfetto nella dimensione verticale della totale obbedienza al Padre. "Non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42).

È perfetto nella dimensione orizzontale per cui Gesù, abbracciando tutti gli uomini, invoca il perdono. "Gesù diceva: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Il verbo "diceva", all’imperfetto significa: "Gesù continuava a dire, ripeteva". La preghiera continua sulle labbra del Cristo glorioso che, seduto alla destra di Dio, agisce come "nostro avvocato presso il Padre" (1Gv 2,1). Egli infatti è "sempre vivo per intercedere a nostro favore" (Eb 7,25; cf 9,24; Rom 8,34). E mentre prega il Padre per noi, non cessa di rimanere con noi: l’ostia che è dietro la croce richiama l’Eucaristia. Egli è nostro cibo. Ricevendo il suo Amore, possiamo cambiare il mondo.

Il grido di Gesù: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34), è interpretato dalla Madre Speranza come il grido di Colui che ha avuto compassione di noi, si è caricato tutti i nostri peccati e le nostre sofferenze, arrivando a soffrire perfino il tormento dei condannati all’inferno. In questo modo ci ha assicurato la reale possibilità della salvezza, anche nel caso cadessimo nei peccati più gravi. Basta che ricorriamo a Lui, sia pure con uno sguardo sincero8. L’Amore Misericordioso ha portato Gesù a "cacciarsi" fino all’inferno, dove l’umanità peccatrice era finita. Come buon Pastore va in cerca della pecora perduta, se la carica sulle spalle e la riporta al Padre. Cristo "diventa lui stesso maledizione per noi" perché "la benedizione di Abramo passi alle genti" (Gal 3,13s).

È esattamente quel che significa l’episodio del buon ladrone al quale Gesù offre subito il Paradiso (cf Lc 23,42-43). "Sembra che Gesù schiodi un braccio dalla croce per liberare la povera pecora impigliata fra le spine di un roveto e stringersela al cuore"9. In quel ladro è rappresentata tutta l’umanità che Gesù, nel suo Amore, prende per mano e porta con sé in Paradiso, dopo aver pagato tutto il nostro debito col suo sangue. Il buon Pastore è allo stesso tempo l’Agnello immolato.

Gesù Crocifisso è quindi anche il Risorto, è l’Orante, è Colui che ci ottiene lo Spirito e il Pane di vita per ogni giorno. È colui che muore dicendo: "Tutto è compiuto" (Gv 19,30), ossia: "Ho portato a pieno compimento la volontà del Padre". L’olocausto è perfetto. Tutto è stato offerto. Il colpo di lancia che fa uscire le ultime gocce di acqua e sangue è l’ultimo segno della sua totale offerta sacrificale. L’Agnello è interamente sacrificato. Egli è il nostro Re. "Ecco il Salvatore del mondo, Re del cielo e della terra, intimamente congiunto alla croce, per nostro amore, con vincoli indissolubili di mistiche nozze... Morendo fra i tormenti della croce, ha vinto la stessa morte, ha redento il dolore, ha trionfato sull’inferno, ha soggiogato il mondo e attirato a sé l’umanità. In quel momento ha avuto inizio la regalità di Cristo; ha cominciato a regnare sul mondo dal legno della croce che da patibolo è diventato trono; da simbolo di maledizione, segno di benedizione; da strumento di morte, albero di vita"10.

"Prendi il tuo crocifisso, bacialo molte volte al giorno con grande amore e fervore, e dal profondo del cuore digli: «Gesù mio, solo per te voglio vivere, per te voglio morire; tuo voglio essere in vita e in morte»"11.

Maria unisce la sua offerta vittimale a quella di Gesù. La spada che trafigge il suo cuore, la rende anche Madre nostra. Gesù ci consegna a Lei perché ci insegni a diventare anche noi offerta a Dio gradita. "Fuggito dall’orto, Giovanni andò a cercare la Santissima Madre e lei gli infuse coraggio e lo portò con sé al Calvario"12.

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1 Nuovo Grande Commentario Biblico (a cura di R. Brown, J. Fitzmyer, R. Murphy), Queriniana 1997, p. 1668.

2 S. Fulgenzio di Ruspe, Trattato "Sulla fede in Pietro", cap 22,62. Cf Liturgia delle Ore, vol 2, 1975, p. 352s.

3 C. M. Martini, Volgere lo sguardo al Signore della Chiesa, editrice Ancora 1986, p. 61.

4 A. Vanhoye, "Per progredire nell’amore", ADP Roma 1989, p. 189.

5 C f Eb 9,24-26. La Madre Speranza vede nell’Eucaristia Gesù che continua a offrirsi per noi. Cf Diario, nn 1137 e 1287s. Gesù le rivela "come sta nel tabernacolo: notte e giorno fa vedere al Padre suo le piaghe aperte per amore agli uomini e chiede continuamente all’eterno Padre perdono e misericordia per tutta l’umanità" (n 1144).

6 S. Giovanni Fisher, Commento ai Salmi, Sal 129, Opera omnia, ed 1579, p. 1610. Cf Liturgia delle Ore, vol II, 1975, p. 321s.

7 Dalle Catechesi di S. Giovanni Crisostomo 3,13-19. Liturgia delle Ore, vol II, 1975, p. 425s.

8 Cf Gv 19,37 ed anche M. Speranza, La Passione, nn 449-451.

9 M. Speranza, La Passione, nn 401-407.

10 M. Speranza, La Passione, n 356.369s.

11 M. Speranza, La Passione, n 476.

12 M. Speranza, La Passione, n 418.

 

 

L’OFFERTA VITTIMALE SECONDO MADRE SPERANZA

P. Mario Gialletti fam

Premessa

È un tema del quale si fa fatica a parlare, eppure forse è quello che più caratterizza in forma straordinaria tutta la vita della Madre e di conseguenza dovrebbe caratterizzare anche noi. È il tema della nostra formazione permanente di quest’anno. È una pista utilissima anche per i laici.

L’"offerta vittimale" non va confusa con il Voto di Vittima, che la Madre fece nel lontano novembre 1927, quando si offrì al Signore in riparazione delle offese e dei peccati che il Signore riceve dai suoi sacerdoti. L’offerta vittimale è un atteggiamento generale che dovrebbe caratterizzare tutta la vita di una persona, una sorta di progetto di vita. È proposto in modo molto esplicito alla Famiglia religiosa che la Madre ha fondato, i Figli e le Ancelle dell’Amore Misericordioso. Ma anche i Laici dell’Amore Misericordioso, che fanno la promessa di crescere in questa spiritualità, si debbono sentire sollecitati da questa proposta.

 

1. Dove e come la Madre ha compreso l’offerta vittimale

Mediante quale mezzo il Signore ha potuto far entrare nel cuore e nella mente della Madre questo progetto di vita? Decisamente nella meditazione, nella contemplazione, nell’ascolto della Parola di Dio. Ecco il suo metodo.

La Madre che, in senso stretto, non ha conosciuto né praticato la lectio divina, aveva un culto straordinario per la Parola di Dio. Già nel lontano 1943 scriveva sulla Parola di Dio cose che non si era abituati a sentire in quel tempo.

Per esempio:

Care figlie, è tale l’efficacia della parola divina e così meravigliosa la sua virtù, che senza di essa, oso dire, non può esistere la vita soprannaturale; essa sola infatti vivifica i sacramenti, che sono i mezzi istituiti e ordinati da Dio per dare la vita alle anime. Lo stesso sacramento del Corpo di Cristo destinato ad essere il principale alimento dell’anima, lo è solo in forza della parola che consacrando trasforma il pane materiale in Corpo di Gesù; e questo, pur consacrato e perfetto, non vivifica, ma uccide, se chi lo riceve è privo della parola di Dio che dona lo spirito di fede.

Lo stesso Salvatore, parlando della sua santissima Carne ha detto: "La carne non giova a nulla, è lo Spirito che dà la vita". A nulla giova mangiare la carne di Gesù eucaristia se non ci si alimenta contemporaneamente della sua divina parola. È sostanziale mangiare lo stesso cibo e gustare la stessa bevanda, come afferma l’Apostolo: "Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale; bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava e quella roccia era il Cristo". Come vedete, è grande la necessità che tutti abbiamo della parola di Dio affinché, animati da essa, riceviamo il Corpo eucaristico così da acquistare e conservare la vita soprannaturale (El pan 8, 1311-1312).

La Madre non aveva fatto studi particolari. Ciò che ha imparato lo ha imparato stando in ginocchio. Il Signore glielo ha trasmesso. Nei suoi scritti si rivela la sua profonda conoscenza della Parola di Dio. Ci ha lasciato il commento di almeno 70 passi del vangelo, per complessive 400 pagine.

La Madre ha fatto tanta lectio divina, ma – mi sembra – con una particolare caratteristica.

Normalmente non parte da un testo biblico ma dal vissuto, dal quotidiano, dai problemi del giorno e cerca di scoprire che cosa Dio – attraverso la Sua Parola scritta – desidera da lei e con quali atteggiamenti. Con la luce della Parola la Madre cerca di leggere il vissuto per conoscere la Sua volontà, i Suoi desideri e – soprattutto – per poter condividere gli stessi Suoi sentimenti in un costante atteggiamento di offerta vittimale, proprio come ha fatto Gesù. "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: Ecco io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore" (Salmo 39, 7-10).

La preoccupazione della Madre era: "Che cosa vorrebbe Gesù che io facessi in questa situazione?". Per rispondere a questa domanda ricorreva alla Parola di Dio, specialmente al Vangelo, che conosceva perfettamente e cercava di applicarlo alla propria vita.

Questo lo riscontriamo ad esempio quando leggiamo il suo libro sulla Passione di Gesù. L’ottica con cui la Madre legge gli episodi della Via Crucis non è solo quella di provare compassione per le sofferenze di Gesù. Avendo avuto anche il dono di un’esperienza mistica della Passione, quando racconta, per es. la flagella zione, non racconta solo una cosa che ha letto o visto ma una situazione che ha vissuto nella sua carne. Quando racconta come i chiodi trapassavano le sue carni, non racconta solo quello che ha letto, ma racconta quello di cui, per grazia, ha potuto fare esperienza.

La sua principale preoccupazione è quella di chi vuol capire e far suoi i sentimenti di Gesù. Vuole rivivere nella sua esperienza quotidiana quello che Gesù aveva sentito nel suo cuore. Non era questo l’atteggiamento di Maria che custodiva-meditava-viveva la Parola?

Meditando e contemplando a lungo, la Madre fissa la sua attenzione sull’offerta vittimale di Gesù che obbedisce al Padre fino alla morte di croce.

Scopre in questa luce tutta la dottrina dell’Amore Misericordioso: un Dio che é un Padre, un Dio che dissimula il peccato dell’uomo e cerca con tutti i mezzi di far felice l’uomo, come se Lui non potesse essere felice senza di lui.

Vede questo Dio così appassionato del bene dell’uomo, che è pronto a tutto, è pronto dal primo all’ultimo istante della sua esistenza a percorrere il cammino della croce. E sulla croce, la Sua attenzione non era tanto per Sé Stesso, ma per il ladrone al quale assicura il Paradiso; per quelli che lo crocifiggono e insultano perché abbiano il perdono del Padre.

La Madre ha tentato di riportare nella sua vita questo atteggiamento che lei ha molto contemplato. Qui nasce la sua offerta vittimale.

Leggendo gli scritti della Madre è difficile incontrare una pagina nella quale non si faccia riferimento alla croce e alla sofferenza, come esigenza ed espressione dell’amore di Gesù.

Ecco alcune sue affermazioni in proposito.

Chi possiede l’amore di Gesù è sempre disposto al sacrificio (El pan 2, 137).

La nostra vocazione è per la salvezza del mondo. Gesù si aspetta dalle sue Ancelle dell’Amore Misericordioso, non tanto penitenze quanto saper amare... (El pan 20,1).

Per questo la vita di una Ancella dell’Amore Misericordioso deve essere di sacrificio, proprio perché è vita di amore; noi dobbiamo rassomigliare al nostro dolce Gesù che per amore alle anime non si tirò indietro di fronte a nessun sacrificio..." (El pan 5, 47).

Non siamo stati creati per soffrire ma per amare, solo per amore possiamo abbracciare la sofferenza.

"Quando l’amore è forte si ha l’impressione di essere come un fuoco che arde e brucia tutto... e si esperimenta tale fascino nel dolore da arrivare a desiderarlo e sognarlo fino a non poter più vivere senza la croce..." (El pan 2, 132).

Quando l’amore è forte si arriva a dire: "Quanto sono felice, Gesù mio, nel rendermi conto che ho una volontà per offrirtela, un cuore per amarti, un corpo per soffrire e del tempo per servirti esercitando la carità!..." (El pan 2, 81).

È questa passione per il bene dell’uomo che porta Gesù a sentirsi orientato, impegnato a qualunque cosa, a qualunque sacrificio.

"È tanto il piacere che si prova fino a quando si rimane come vittima sulla mensa dell’altare per essere consumata dall’amore. Una vittima fa esperienza di gioie segrete..." (El pan 2, 98).

"Quando Gesù trova un’anima disposta al sacrificio, Lui stesso le va incontro e l’accoglie perché lo segua nel reale cammino della croce. Gesù non l’abbandona, anzi, si mette nel più profondo della sua anima" (El pan 2, 104).

"Se aspiriamo alla perfezione, dobbiamo seguire il buon Gesù, il quale durante tutta la sua vita desiderò soffrire ed essere umiliato. Si privò di tutto e la povertà gli fu compagna dal presepio al Calvario" (El pan 9, 127).

Ecco il progetto di vita della Madre. Lei lo fa suo e lo ripropone a noi perché caratterizzi la nostra consacrazione religiosa.

"Lo stato religioso è una forma di vita in comunità. In esso le anime chiamate ad una maggiore perfezione, oltre i precetti della Santa Chiesa nostra Madre, si impegnano a praticare per sempre i consigli evangelici mediante l’osservanza dei voti di obbedienza, castità e povertà. Questo è lo stato religioso ma il nostro stato di Figli e Ancelle dell’Amore Misericordioso deve essere stato di olocausto offerto a Dio e alla sua gloria. Dobbiamo essere fedeli imitatori del buon Gesù, il quale, per amore dell’uomo miserabile, non badò ad alcuna sofferenza fino a morire nudo su una croce. Dobbiamo sforzarci di copiare e far risplendere in noi l’esempio del nostro divino Maestro, esempio di amore al prossimo, carità, abnegazione e sacrificio" (El Pan 15,8).

 

2. Offerta vittimale per diventare mediatori della Misericordia divina

Per quale motivo il Signore ha suscitato, questo progetto?

La Madre stessa per prima si è chiesta:

«Ma da dove viene tutta questa tenera compassione di Dio verso l’uomo? Quale è il motivo la causa?». Risponde: «La causa è che Egli raddoppia (redobla) il Suo amore nella misura in cui l’uomo diventa più miserevole. Io sono convinta che tutti gli attributi del nostro Buon Gesù, sono al servizio della Sua misericordia» (El pan 2,89).

Cerchiamo di comprendere in che cosa concretamente consiste questo progetto di vita, riflettendo su alcune espressioni della Madre:

Desiderio di una costante immolazione.

«Chi comincia questo cammino, arriva a comprendere che non si può più fermare. Si sentirà trascinato verso il desiderio di una costante immolazione, e quando la persona scopre questo, le resta molto da fare....» (El pan 8, 109).

Non ci si può accontentare di aver osservato qualche norma o di provare dei sentimenti. Si tratta di fare della vita stessa un olocausto. Occorre una voglia di consumare e bruciare tutto per Lui e per gli altri, una vera ansia di immolazione per dare aiuto e conforto agli altri.

«Ciò che caratterizza questo stato figlie mie, è una vera ansia di immolazione, una vera fame di poter soffrire, una vera sete del sacrificio, una vera passione per le croci, un vero sognare di essere crocifissa con Gesù». Alle Piscine ha fatto scrivere: «Ti ringrazio Gesù mio che mi hai dato un cuore per amare ed un corpo per soffrire».

La Madre lo diceva molto convinta. Noi, se riusciamo a dire queste parole, le diciamo con tanta paura, quasi sperando che il Signore non ci prenda sul serio.

"L’anima non vuole lasciare che sussista in lei nulla di ciò che è creato, nessun attaccamento a se stessa, ma solo a Dio. Ella s’immola e immola tutto, tutto ciò che ha e che è. Si annienta per lasciar vivere in lei soltanto il suo Dio. Ella è crocefissa con Gesù: è morta e la sua vita è nascosta in Gesù Cristo" (El pan 8, 255).

Un desiderio che si concretizza nelle situazioni di sofferenza.

Nella Madre questo atteggiamento è talmente presente nella sua mente e nel suo cuore che quando le capitava una sofferenza (ad esempio: essere giudicata male, ricevere un disprezzo), invece di difendersi, come sarebbe anche giusto, sceglie di vivere questa sofferenza come una occasione buona per poter offrire qualche cosa a Dio. Questo stesso atteggiamento desidererebbe avessero i suoi figli.

"Io vi dico, figli miei, che non vi dovete turbare neanche quando vi accusassero di una cosa che non avete fatto e che neanche avete immaginato. Anche se un giorno un superiore, o un maestro del noviziato o chiunque vi dovesse rimproverare per una cosa che non avete fatto, in quel momento elevate il cuore e il pensiero al Signore per dirgli: «Signore, aiutami perché mi trovo in un momento difficile». Il Signore verrà in vostro aiuto e la vostra anima resterà tranquilla, in pace, senza nessun turbamento perché sentirete il Signore dalla parte vostra e preoccupato di difendere l’anima che in Lui confida e a Lui si è consacrata. Vi raccomando: non protestate e non vi difendete" (El pan 21, 1149).

"Io vedevo questa casa, sperduta in mezzo alla campagna, come il parafulmine di tante famiglie e di tutte le persone che sarebbero venute qui al Santuario... vi vedevo sempre disposte a riparare davanti all’Amore e alla Misericordia del Signore, in modo che tutti quelli che arrivano qui tristi o sconsolati non se ne vadano senza aver fatto esperienza del conforto del Signore..." (El pan 21, 1151).

In questo modo noi diventiamo piccoli mediatori dell’Amore Misericordioso. Possiamo offrirci con Gesù per la pace e la gioia dei nostri fratelli tribolati.

 

Nella gioia

La tristezza toglie valore alle cose che facciamo. D’altra parte, essere tristi o sfiduciati nella prova è così frequente e così umano.

La Madre sogna delle persone che siano capaci di cogliere in tutte queste piccole situazioni la mano paterna e materna di Dio e collaborino con Lui per portare pace e conforto. Dio desidera che aiutiamo a conoscerlo come Padre buono, che ama anche l’uomo più perverso con immensa tenerezza (cfr El pan 2. 67).

Un buon cristiano, scrive Madre Speranza, deve offrire gioia a tutti; per me è una sofferenza vedere un cristiano che ha perso la gioia del cuore. State attenti: la tristezza è sorella del dubbio e dell’ira, è un pericolo costante. Chi vive contento cerca sempre il bene, pensa bene degli altri, non cede allo scoraggiamento (El pan 2,109).

Gesù ama molto di più chi lo serve con gioia. La gioia diventa una delle componenti più importanti nella vita di ogni persona; sono molto frequenti i casi di persone che progrediscono a fatica o che non perseverano solo perché non vivono con gioia. Cosa si può chiedere a una persona triste, melanconica, spaventata? (El pan 2,107).

Sviluppando la nostra paternità e maternità.

La Madre non agiva mai per soddisfare i propri desideri o interessi, ma per Gesù e per gli altri.

Padre mio, mi sento schiava di Dio, dei miei figli, figlie e del mio prossimo; le chiedo di pregare il Buon Gesù perché mi aiuti ad accumulare tante virtù e metterle in pratica per fare tutto il bene che Egli desidera. Gli chieda anche la grazia, se vuole, che dimentica di me stessa, possa immolarmi per il mio Dio; creda pure che la stessa cosa chiederò per lei (El pan 18, 1469).

Chiedo al Buon Gesù di concedermi la grazia che la carità produca tra Lui e i miei figli e figlie una tale compenetrazione (= diventare una cosa sola), che faccia loro comprendere e gustare gradualmente Dio e le cose che lo riguardano; e con questa mutua simpatia indovinino i desideri di Dio per vivere sempre strettamente a Lui uniti; pregate perché la mia vita sia un soffrire continuo in riparazione dei peccati dei sacerdoti del mondo intero e la mia morte sia d’amore (El pan 20, 545).

Quando commenta il grido di Gesù sulla croce: "Ho sete", la Madre sottolinea, più che l’arsura fisiologica, la sete delle anime. È ciò che più mi ha impressionato tutte le volte che ho visto la Madre partecipare alla Passione di Gesù. Distesa sulla croce di Gesù, le sue labbra erano tanto riarse dalla sete che quasi si spaccavano.

Riflettiamo, figli miei: la sete e l’ardore che consumava il nostro Redentore era insopportabile, ma era tormentato molto più da un’altra sete, cioè la sete d’amore all’uomo da lui redento. La sua è la sete grande della nostra salvezza, ossia ciò che tormenta il Buon Gesù è la sete delle nostre anime, più che la sete fisica; e questa stessa sete è quella che manifestò alla Samaritana al pozzo.

Pregate perché questa vostra Madre altro non desideri se non saziare la sete del Buon Gesù, amandolo e facendo la sua divina volontà, costi quello che costi. Collevalenza, 25 gennaio 1961 (El pan 20, 690, 692).

 

3. L’offerta vittimale è la carità senza limiti

Nei suoi scritti la Madre racconta ciò che ha capito nei colloqui con Gesù. Fra tutti questi scritti ve ne è uno che merita, a mio parere, una particolare attenzione, perché la Madre ce lo presenta come un testo dettato da Gesù, nel marzo del 1929. Sono le Costituzioni con le quali si sarebbe dovuta reggere la Famiglia religiosa di Figli ed Ancelle dell’Amore Misericordioso. La Madre era molto preoccupata perché si sentiva incapace. Il Signore la rassicurò dicendo che lei doveva semplicemente procurarsi un quaderno e una penna e scrivere quello che Lui avrebbe dettato.

Questo testo integrale dettato da Gesù purtroppo non l’abbiamo mai avuto. Solo alcuni anni fa ne abbiamo avuto una parte: quella che si riferiva alla Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso. Il testo delle Costituzioni dei Figli dell’Amore Misericordioso che la Madre scrisse dal 1952 al 1954 non è lo stesso dettato da Gesù nel 1929. La Madre inserì con l’aiuto di Mons. Perfetti, tutto ciò che riguarda i Sacerdoti diocesani con voti e altre cose che in quel tempo la Chiesa esigeva.

Nel periodo preconciliare le Costituzioni dei vari Istituti religiosi erano una raccolta di norme giuridiche, mentre tutto quello che era il carisma, la spiritualità era collocato in un libro a parte, "Las Santas Costumbres", ossia il Libro delle Usanze. Quando la Madre presentò le sue Costituzioni, il Vescovo di Tarazona, Mons. Nicanor Mutiloa, non potè accettarle e ne fece un’ampia riforma, lasciandovi solo una piccolissima parte di quello che era il testo originale della Madre.

Dopo il Vaticano II la Chiesa ha chiesto a tutti gli Istituti di rifare le Costituzioni e di inserire in esse il carisma e la spiritualità, mettendo in un libro a parte (noi lo chiamiamo "Le norme applicative" o "Direttorio") quello che sono le norme giuridiche.

Nel testo della Madre appariva molto chiaro tutto quello che si riferiva al carisma vero e proprio, al progetto di Dio.

In questo testo dettato dal Signore, quando si parla dei vari incarichi dentro l’Istituto, ad es. della portinaia, della guardarobiera, dell’economa, della cuoca, della sacrestana, dell’infermiera, della Superiora, non si descrivono le qualità che una religiosa dovrebbe possedere per fare un determinato servizio. Ogni volta che si parla di questi diversi uffici, si ripete sempre che la religiosa "cuoca", "economa", "portinaia", … deve caratterizzarsi per "una squisita carità", "una carità premurosa" … È questo quello che conta in ogni servizio.

Il sogno che il Signore ha manifestato alla Madre era quello di pensare ad una nuova famiglia religiosa, nella quale ognuno:

dovrà vedere in ogni persona che accoglie un’anima segnata dall’immagine di Gesù e in ogni consorella un’anima nobilitata dall’altissima dignità di sposa sua.

… dovrà evitare nelle parole, nei gesti e nei sentimenti tutto ciò che ci può esser di volgare o grossolano, che è proprio solo delle persone senza educazione.

… dovrà essere amabile nel tratto: compiacendosi mutuamente in tutto quello che non sia offesa a Gesù, usando buone maniere nel chiedere o negare qualche cosa, ugualmente nel comandare, senza chiamare nessuno per motti o soprannomi.

Una nuova famiglia nella quale, come fa Lui che dissimula le mancanze degli uomini, ognuno …

dovrà imparare a chiudere gli occhi sui difetti degli altri; dovrà imparare a interpretare in modo favorevole tutte le loro azioni; dovrà imparare a osservarle con occhi semplici e retti; dovrà imparare a non prenderle mai a male; dovrà imparare a scusare almeno l’intenzione quando non può giustificare l’azione; dovrà imparare a soffrire senza risentimento e senza lamentele il disprezzo, le offese, le stranezze del carattere o cose simili; dovrà imparare ad aiutarsi mutuamente in qualunque necessità; dovrà imparare a darsi conforto nei momenti tristi; dovrà imparare a rallegrarsi per il bene degli altri.

Una nuova famiglia nella quale, se qualcuno si rendesse conto di aver offeso, contrariato o mortificato un altro, ognuno sarà disposto:

a chiedere scusa, a dargli soddisfazione completa, a chiedergli umilmente perdono.

Una nuova famiglia che deve essere un luogo di pace, di unione intima, di vero amore; che non deve essere trasformato in un campo dove si semina zizzania; per questo:

diligentemente si evitino giudizi temerari, pettegolezzi o cose che la carità vuole tenere nascoste; mai si potrà ascoltare quello che contro il prossimo si dice; tanto meno si potrà raccontare quello che si fosse ascoltato contro qualcuno; si deve vigilare con santo zelo contro questa peste delle comunità.

Si parla di una nuova famiglia nella quale c’è un vizio che Dio chiama "infame". Io non ho trovato nessun altro vizio definito "infame" da Dio.

Un vizio "che rende abominevole la persona che lo commette"; una parola molto forte nella bocca di questo Dio che è Padre, che è buono, che ama anche l’uomo più perverso. Si tratta della mormorazione.

È un vizio infame, che rende abominevole la persona che lo commette, e che distrugge tutto il bene che la carità costruisce. (cfr. El pan 3, 57-62).

La Madre, qualche anno dopo, nel 1941, sentì il bisogno di spiegare alle sue Figlie che cosa fosse la mormorazione e nel Libro "Consejos prácticos a mis hijas" scrive:

Tutti sappiamo che la mormorazione consiste nel manifestare ad un altro le mancanze del nostro prossimo, spesso distruggendo il suo buon nome. Ciò avviene ogni volta che riportiamo i difetti altrui. Forse con maggiore danno se lo facciamo senza indicare detti difetti, ma usando espressioni che alludono a cose nascoste; così, per esempio, la frase: "Se io potessi parlare!"; oppure, nell’ascoltare maldicenze, rispondere: "Io anche avrei da dire, ma preferisco tacere". Questo è terribile perché credo che una tale riserva danneggi molto più della manifestazione aperta di ciò che è successo; induce a sospettare, infatti, che si nascondano cose molto gravi. Chi si compiace di riferire le mancanze dei propri fratelli dimostra di avere nel petto un cuore completamento freddo, privo di amore e di carità (El pan 5, 282-285).

Questo progetto pensato da Dio si porta avanti non con grandi penitenze o digiuni, ma vivendo la carità di Gesù, la carità senza limiti, come dice la Madre.

 

4. Preghiera finale

Chiudo con una preghiera della Madre. Negli ultimi anni, quando non poteva fare più il servizio ai pellegrini, la sera, passava del tempo nella Cappella, da sola, pregando. Una sera, era il 19 gennaio del 1974, pregava così.

«...Che ti possano dare molta gloria. Uniti nel tuo amore, sappiano essere ciò che Gesù vuole. Fatelo, Vergine santa! Fa che figli e figlie vivano sempre uniti nel tuo amore e nella tua carità (vivano la carità senza limiti).

Io ti prego, Gesù mio, che i figli e le figlie non ti diano alcun dispiacere; che figli e figlie, uniti nel tuo amore e nella tua carità, possano vivere con questo amore, questa generosità e questa carità (con questa compassione). … Ricréati con essi ed esse! sì, ricréati, Gesù mio. (che Tu non debba soffrire da solo!). Io, Gesù, vorrei vedere i figli e le figlie camminare per il sentiero della santità, per questa strada su cui si cammina volando" (El Pan 22, 913-921 Texto transcrito de la viva voz de la Madre).

Si cammina volando

Un’espressione molto bella. Questo "camminare volado" la Madre lo spiega con un sogno. Immagina di vedere il momento in cui una giovane si presenta per entrare nella vita religiosa.

Una prima giovane si incontra con Gesù che porta la croce sulle spalle. Gesù le spiega che entrare nella vita religiosa significa portare la croce con Lui. Questa giovane accetta la proposta, prende la croce di Gesù e Gli dice: "Ora la porto io". Comincia a camminare, ma sente che la croce è maledettamente pesante. L’appoggia sulla spalla, la passa all’altra spalla, poi si ferma, si riposa, ed alla fine la getta via dicendo: "Non ce la faccio!".

Viene una seconda giovane. Anche lei vede Gesù con la croce, accetta il suo invito e dice: "Si, lo voglio ad ogni costo". Prende la Croce e con molta forza di volontà inizia il suo cammino. Un cammino faticoso e lento, un cammino quasi forzato.

Infine arriva una terza giovane, la quale quando si vede davanti Gesù, senza che Lui le dica nulla, subito Gli corre incontro e dice: "La croce la prendo io" e nel momento in cui prende la croce, scrive la Madre, questa giovane "cammina volando", come se fosse la croce stessa a portarla.

È esattamente questo il senso e il segreto dell’offerta vittimale vissuta all’insegna del "tutto per amore di nostro Signore Gesù Cristo" (si legga in proposito anche il testo del Diario, nn. 1272-1275).