PROFILI DI MADRE SPERANZA – 34

Bruno Moriconi, ocd
Teresianum (Roma)

 

Il testimone della Misericordia

da Teresa di Lisieux (1873-1897)
a Madre Speranza di Gesù (1893-1983)

 

Edizioni "L'Amore Misericordioso" - 30 Settembre 2016

Indice

Introduzione

TERESA DI LISIEUX, DOTTORE DELLA MISERICORDIA

  Pensando alle Piccole anime

  Offerta all’Amore Misericordioso

MADRE SPERANZA

  La Consegna

  Dio è Amore Misericordioso

IL PASSAGGIO DI TESTIMONE

  Umiltà e piccolezza

  Fiducia

  Abbandono tra le braccia di Dio

  Con Maria

PAPA FRANCESCO

 

Introduzione

Qui la parola "testimone" non fa riferimento a un uomo quale potrebbe essere – ai nostri giorni – Papa Francesco che ha appena indetto l’anno della Misericordia indicandone il volto nel Figlio di Dio incarnato.1 Qui il testimone di riferimento indica la bacchetta di trenta centimetri che, nello sport delle staffette, gli atleti della stessa squadra passano uno all’altro per testimoniare che c’è stato contatto tra i due e il secondo non è partito prima che arrivasse l’altro. In fondo, per indicare continuità tra i vari corridori dello stesso team in gara con un altro. La "bacchetta" – nella gara di cui intendiamo parlare – che la Santa di Lisieux, conosciuta come Dottore della Misericordia, avrebbe passato, addirittura personalmente, a Madre Speranza di Gesù, di origine spagnola e che ha concluso la sua vita terrena a Collevalenza, in provincia di Perugia, in Italia.

Teresa di Lisieux, nata nel 1873, muore nel 1897. Madre Speranza nasce il 30 settembre 1893, quattro anni prima della morte della prima. Non possiamo dire, dunque, che la seconda nasca proprio mentre l’altra muore, anche se il giorno della nascita di Madre Speranza, sebbene in anticipo di quattro anni, è lo stesso della morte di Teresa di Lisieux. Il passaggio di testimone non riguarda, infatti, primariamente, le loro esistenze, ma la loro missione, una delle due, peraltro, già Dottore della Chiesa e, l’altra, faro dello stesso messaggio d’amore, soprattutto, dal suo Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza.

TERESA DI LISIEUX,
DOTTORE DELLA MISERICORDIA

Che Teresa di Lisieux sia il Dottore della Misericordia per tutto il popolo di Dio e, direi, per il mondo intero come discepola di Cristo e commensale dei peccatori,2 non c’è dubbio. Basterebbe ricordare l’inizio della storia della sua anima che ella accettò di scrivere per obbedienza. "Il giorno in cui mi ha chiesto di farlo, mi sembrava che il mio cuore si sarebbe dissipato occupandosi di se stesso", scrive a Madre Agnese, "ma poi Gesù mi ha fatto sentire che obbedendo con semplicità gli avrei fatto piacere; del resto non farò che una cosa sola: cominciare a cantare quello che devo ripetere eternamente: «Le Misericordie del Signore!!!» (Salmo 89,2)... E la fine dello stesso Manoscritto A, è tutto un inno alla stessa Misericordia di Dio:

 

Pensando alle Piccole anime

"Pensavo alle anime che si offrono come vittime alla Giustizia di Dio allo scopo di distogliere e di attirare su di sé i castighi riservati ai colpevoli: questa offerta mi sembrava grande e generosa, ma io ero lontana dal sentirmi portata a farla. "O mio Dio! esclamai in fondo al cuore, ci sarà solo la tua Giustizia a ricevere anime che si immolano come vittime?... Il tuo Amore Misericordioso non ne ha bisogno anche lui?... Da tutte le parti è misconosciuto, respinto; i cuori nei quali tu desideri prodigarlo si volgono verso le creature chiedendo loro la felicità con il loro miserabile affetto, invece di gettarsi tra le tue braccia ed accogliere il tuo Amore infinito... O mio Dio! il tuo Amore disprezzato deve restare nel tuo Cuore? Mi sembra che se tu trovassi anime che si offrono come Vittime di olocausto al tuo Amore, tu le consumeresti rapidamente, mi sembra che saresti felice di non comprimere affatto i flutti di infinita tenerezza che sono in te... Se alla tua Giustizia piace scaricarsi, essa che si estende solo sulla terra, quanto più il tuo Amore Misericordioso desidera incendiare le anime, visto che la tua Misericordia s’innalza fino ai Cieli... O mio Gesù! che sia io questa felice vittima, consuma il tuo olocausto con il fuoco del tuo Amore Divino!...".

"Madre diletta, lei che mi ha permesso di offrirmi così al Buon Dio, lei conosce i fiumi o meglio gli oceani di grazie che sono venuti ad inondare la mia anima... Ah! da quel giorno felice, mi sembra che l’Amore mi penetri e mi circondi, mi sembra che ad ogni istante questo Amore Misericordioso mi rinnovi, purifichi la mia anima e non vi lasci nessuna traccia di peccato, perciò non posso temere il purgatorio... So che per me stessa non meriterei nemmeno di entrare in quel luogo di espiazione, poiché solo le anime sante possono accedervi, ma so anche che il Fuoco dell’Amore è più santificante di quello del purgatorio, so che Gesù non può desiderare per noi sofferenze inutili e che Egli non mi ispirerebbe i desideri che sento, se non volesse esaudirli...

Oh! come è dolce la via dell’Amore!... Come voglio impegnarmi a fare sempre con il più grande abbandono, la volontà del Buon Dio!...".

Il suo messaggio è soprattutto visibile ed evidente nella sua Offerta all’Amore Misericordioso e nella Preghiera nel giorno della sua Professione Religiosa in cui esprime una vera consacrazione a questo mistero, introdotto da lei stessa con un testo meraviglioso. In pratica, illuminata dalla Scrittura più di quanto lo fossero i teologi del suo tempo, Teresa ha capito che, in Dio, misericordia e giustizia sono un tutt’uno e che la giustizia divina si manifesta soprattutto come misericordia. Ecco il testo che si appoggia sul Salmo 118,1:

"O Madre diletta!", scrive rivolta a colei che le aveva chiesto di scrivere la storia della sua anima, "dopo tante grazie posso cantare con il salmista: "Che il Signore è buono, che la sua misericordia è eterna." Mi sembra che se tutte le creature avessero le stesse grazie che ho io, il Buon Dio non sarebbe temuto da nessuno, ma amato fino alla follia, e che per amore e non tremando, mai nessuna anima acconsentirebbe a darGli dispiacere... Capisco però che non tutte le anime possono somigliarsi: bisogna che ce ne siano di diversi tipi allo scopo di onorare in modo speciale ognuna delle perfezioni del Buon Dio. A me Egli ha donato la sua Misericordia infinita ed è attraverso essa che contemplo e adoro le altre perfezioni Divine!... Allora tutte mi appaiono raggianti d’amore, perfino la Giustizia (e forse anche più di ogni altra) mi sembra rivestita d’amore...".

"Esperta nella scienza dell’amore", l’ha definita Giovanni Paolo II,3 e, come ha detto padre François Marie Léthel, "l’Offerta all’Amore Misericordioso di Teresa è la Porta Santa per eccellenza, sempre aperta nel Cuore di Gesù, per entrare nella profondità della Misericordia infinita di tutta la Trinità".4 Ella voleva rinnovare la sua offerta "ad ogni battito del suo cuore", fino all’ultimo istante, quando, di fatto, muore dicendo queste parole: "Gesù, mio Dio, vi amo".

"In Teresa – annota sapientemente ancora padre Léthel la Misericordia infinita di Gesù è l’oggetto centrale della sua fede, della sua speranza e del suo amore. La fede nella Misericordia infinita di Dio in Gesù per la salvezza di tutti gli uomini peccatori è evidentemente fondamentale, poiché è essa che suscita la speranza, una speranza certa della salvezza e della santità, per se stessa e per gli altri, fino a sperare per tutti".5

Due testi sono importanti e sufficienti : la Conclusione del Manoscritto A (Ms A, 83v-84v), dove Teresa lo presenta e il testo stesso dell’Atto d’Offerta. È qui, infatti, che si scopre come Teresa abbia la coscienza d’essere stata oggetto della Misericordia infinita di Dio, e cosa voglia dire, per lei, gettarsi nell’amore misericordioso di Gesù e della Trinità.

"Dopo tante grazie posso cantare con il salmista [Salmo 117,1]: "Che il Signore è buono, che la sua misericordia è eterna". Mi sembra che se tutte le creature avessero le stesse grazie che ho io, il Buon Dio non sarebbe temuto da nessuno, ma amato fino alla follia, e che per amore e non tremando, mai nessuna anima acconsentirebbe a dargli dispiacere... Capisco però che non tutte le anime possono somigliarsi: bisogna che ce ne siano di diversi tipi allo scopo di onorare in modo speciale ognuna delle perfezioni del Buon Dio. A me Egli ha donato la sua Misericordia infinita ed è attraverso essa che contemplo ed adoro le altre perfezioni Divine!... Allora tutte mi appaiono raggianti d’amore, perfino la Giustizia (e forse anche più di ogni altra) mi sembra rivestita d’amore..." (Ms A, 83v).

Senza alcuna visione o rivelazione Teresa vuole farsi apostola della misericordia che sente essersi riversata su di Lei in maniera traboccante, a partire dalla grazia ottenuta per il criminale Pranzini, ch’ella considera, pur essendo poco più che una bambina, il suo primo figlio. Il racconto di questo viene subito dopo la cosiddetta Grazia di Natale (Ms A, 44v-45r). Teresa fa esperienza della misericordia in un caso umanamente disperato, ma non tale dal punto di vista di Dio.

"Pranzini non si era confessato, era salito sul patibolo e stava per passare la testa nel lugubre foro, quando a un tratto, colto da una ispirazione improvvisa, si volta, afferra un Crocifisso che il sacerdote gli presentava e bacia per tre volte le piaghe sacre!... Poi la sua anima andò a ricevere la sentenza misericordiosa di Colui che dichiarò che in Cielo ci sarà più gioia per un solo peccatore che fa penitenza che per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza!..." (MA 46r).

La stessa speranza per la salvezza di tutti espressa da Teresa di Gesù Bambino anche il giorno della sua Professione, l’8 settembre 1890. Era la festa della natività di Maria e, alla fine della preghiera scritta quello stesso giorno, col suo giovane cuore di sposa, concludeva così:

"Gesù, fa’ che io salvi molte anime: oggi non ce ne sia una sola di dannata e tutte le anime del purgatorio siano salvate!... Gesù, perdonami se dico cose che non bisogna dire: io voglio solo rallegrarti e consolarti" (Pr. 2).

Come lascia capire lei stessa, la sua era una preghiera sconveniente ai suoi tempi, ma la missione da Dio affidatale sta proprio in questo,6 come appare ancora più chiaramente dall’introduzione alla sua Offerta, riportata sopra e dove Teresa racconta come il giorno della SS. Trinità aveva avuto la grazia di capire quanto mai Gesù desideri d’essere amato e, invece di vittime offerte alla sua giustizia, gradisca abbandono al suo amore misericordioso. Con quello, infatti, egli desidera abbracciare le anime. "Madre diletta", aveva concluso, "lei che mi ha permesso di offrirmi così al Buon Dio, lei conosce i fiumi o meglio gli oceani di grazie che sono venuti ad inondare la mia anima... Ah! da quel giorno felice, mi sembra che l’Amore mi penetri e mi circondi, mi sembra che ad ogni istante questo Amore Misericordioso mi rinnovi" (M A 84r).

 

Offerta all’Amore Misericordioso

Merita la pena di riprodurlo tutto, quell’Atto del 9 giugno 1895,7 che Teresa stessa, intitola "Offerta di me stessa come Vittima di Olocausto all’Amore Misericordioso del Buon Dio". Eccolo:

"O mio Dio, Trinità Beata, desidero Amarvi e farvi Amare, lavorare alla glorificazione della Santa Chiesa salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che soffrono nel purgatorio! Desidero compiere perfettamente la vostra volontà e arrivare al grado di gloria che mi avete preparato nel vostro regno: in una parola, desidero essere Santa, ma sento la mia impotenza e vi domando, o mio Dio, di essere voi stesso la mia Santità!

Poiché mi avete amata fino a darmi il vostro unico Figlio perché fosse il mio Salvatore e il mio Sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti sono miei ed io ve li offro con gioia, supplicandovi di non guardarmi che attraverso il Volto di Gesù e nel suo Cuore acceso d’Amore.

Vi offro ancora tutti i meriti dei Santi sia del Cielo che della terra, i loro atti d’Amore e quelli dei Santi Angeli; vi offro infine, o Beata Trinità, l’Amore e i meriti della Santa Vergine, mia Madre diletta! A lei abbandono la mia offerta pregandola di presentarvela. Il suo Figlio divino, mio Amato Sposo, nei giorni della sua vita mortale ci ha detto: «Tutto ciò che domanderete al Padre mio, nel mio nome, ve lo darà»! Sono dunque certa che esaudirete i miei desideri. Lo so, o mio Dio: più volete dare, più fai desiderare! Sento nel mio cuore desideri infiniti ed è con fiducia che vi chiedo di venire a prendere possesso della mia anima. Ah, non posso ricevere la Santa Comunione tanto spesso come desidero! Ma, Signore, non siete voi l’Onnipotente?... Restate in me come nel tabernacolo: non allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia!

Vorrei consolarvi dell’ingratitudine dei cattivi e vi supplico di togliermi la libertà di dispiacervi. Se qualche volta cado per debolezza, il vostro Sguardo Divino purifichi subito la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in se stesso.

Vi ringrazio, o mio Dio, di tutte le grazie che mi avete accordate, in particolare di avermi fatta passare attraverso il crogiuolo della sofferenza. Sarà con gioia che vi contemplerò nell’ultimo giorno, portando lo scettro della Croce. Poiché vi siete degnato di darmi in sorte questa Croce tanto preziosa, spero di rassomigliare a voi nel Cielo e di veder brillare sul mio corpo glorificato le sacre stimmate della vostra Passione!

Dopo l’esilio della terra, spero di venire a godervi nella Patria; ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio lavorare per il vostro solo Amore, con l’unico scopo di farvi piacere, di consolare il vostro Sacro Cuore e di salvare le anime che vi ameranno eternamente.

Alla sera di questa vita, comparirò davanti a voi a mani vuote, perché non vi chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai vostri occhi. Voglio dunque rivestirmi della vostra propria Giustizia e ricevere dal vostro Amore il possesso eterno di voi stesso. Non voglio altro Trono e altra Corona che voi, o mio Amato!

Ai vostri occhi il tempo è nulla: un giorno solo è come mille anni. Voi potete dunque prepararmi in un istante a comparire davanti a voi.

Per vivere in un atto di perfetto Amore, mi offro come vittima d’olocausto al vostro Amore misericordioso, supplicandovi di consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella mia anima le onde d’infinita tenerezza che sono racchiuse in voi, così che io diventi Martire del vostro Amore, o mio Dio!

Questo martirio, dopo avermi preparata a comparire davanti a voi, mi faccia infine morire e la mia anima si slanci senza ritardo nell’eterno abbraccio del vostro Amore Misericordioso!

Voglio, o mio Amato, ad ogni battito del cuore rinnovarvi questa offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa ridirvi il mio Amore in un Faccia a Faccia Eterno!" (Pr 6).

Da notare come il suo gesto sia per le anime che sono sulla terra, ossia, tutte. Una vocazione che – nonostante la sua piccolezza o proprio in forza di essa – Teresa ha scoperto in tutta la sua portata dopo lunga ricerca del proprio ruolo, come racconta nel Manoscritto B, scritto nel settembre 1896: essere Amore per tutti. Sembrerebbe presuntuosa, se non la sentissimo esprimere il desiderio che tutti sentissero lo stesso che sente lei, pur essendo debole come loro. "Oh! se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola tra tutte le anime, l’anima della tua piccola Teresa, non una sola dispererebbe di giungere in cima alla montagna dell’amore" (MB 1v). Sa che alla legge del timore è subentrata la legge dell’amore e che l’Amore che Dio ha mostrato nel Figlio, si ripaga solo con l’amore:

"Sono solo una bambina, impotente e debole, eppure la mia stessa debolezza mi dà l’audacia di offrirmi come Vittima al tuo Amore, o Gesù! Un tempo le offerte pure e senza macchie erano le sole gradite al Dio Forte e Potente. Per soddisfare la Giustizia Divina occorrevano vittime perfette, ma alla legge del timore è succeduta la legge dell’Amore, e l’Amore mi ha scelta per olocausto, me, debole e imperfetta creatura... Questa scelta non è forse degna dell’Amore?... Sì, perché l’Amore sia pienamente soddisfatto, bisogna che si abbassi, che si abbassi fino al niente e che trasformi in fuoco questo niente... O Gesù, lo so, l’amore si paga soltanto con l’amore: quindi ho cercato, ho trovato il modo per calmare il mio cuore rendendoti Amore per Amore (MB 3v-4r).

E, nell’ultima lettera uscita dalla sua penna, anzi, dalla sua matita, data la debolezza in cui era ridotta a un mese dalla morte, scrive : "Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo ! ... Io l’amo! ... Infatti, Egli non è che amore e misericordia". È il suo beve, ma intenso testamento per il suo fratello missionario. "Ultimo ricordo di un’anima sorella della tua", scrive, infatti, sul retro dell’immagine di Gesù Bambino nell’Ostia consacrata dove aveva vergato quelle parole che sarebbero diventate di tutti.

 

MADRE SPERANZA

A Collevalenza, piccolo centro umbro a forma di castello al confine della provincia di Perugia e non lontano da Todi di Jacopone e le sue laudi, non c’era acqua sufficiente per nessuno, quando vi giunse Madre Speranza di Gesù, al secolo Maria Josefa Alhama Valera, nel 1951, all’età di 58 anni. Oggi, di acqua, ce n’è per tutti coloro che vengono a immergersi nelle piscine, fatte costruire da lei accanto al Santuario dell’Amore Misericordioso, e per chiunque viene ad attingerne alle fontanelle come acqua di benedizione ma anche da tavola

Sotto il paese c’era un boschetto chiamato roccolo, dalle trappole di reti tese tra i rami degli alberi per impigliare gli uccelli, ed è lì che nel 1960 Madre Speranza, sicura che glielo aveva indicato Gesù, volle che si scavasse un pozzo che, dalla profondità di ben 122 metri, non ha più cessato di produrre acqua in abbondanza. Acqua, ma soprattutto misericordia che prende il cuore di tutti come un tempo le reti del roccolo gli uccelli.

Sono il Santuario e la Basilica a contenere i segni più evidenti dell’Amore Misericordioso cui Madre Speranza ha fatto da mediatrice. Entrando nel Santuario, gli occhi vanno al grande Crocifisso ligneo. Gesù è negli spasimi della morte che lo sorprenderà di lì a poco, ma esprime tutta la serenità di colui che aveva detto che, innalzato da terra, avrebbe attirato tutti a sé. L’immagine trasmette, infatti, fiducia, soprattutto a chi si trova in momenti di dura prova. Si è invitati a chiedere, ma si è soprattutto, invitati a ringraziare per quell’amore del Figlio di Dio crocifisso per tutti e per ciascuno.

La consegna

Accanto al Santuario sorge la Basilica, sobria e maestosa allo stesso tempo. All’interno si riproduce, attraverso sapienti accorgimenti architettonici, il clima dell’antico bosco. Affinché la misericordia abbia la luce e il tepore che non acceca e non brucia, ma illumina e riscalda. Nell’ultima cappella un artista spagnolo ha raffigurato, sopra l’altare a loro dedicato, san Pietro e san Paolo in modo che facciano pensare alla potenza della grazia e della misericordia del Signore che cambia gli uomini miserevoli e peccatori in apostoli santi. Quattro pannelli del pittore Lorenzetti figurano scene in cui Gesù mostra la sua compassionevole misericordia dinanzi a vari casi di sofferenza, quali il dolore della vedova di Naim, la figlia di Giairo, i lebbrosi ed un paralitico. C’è, ovviamente, un grande quadro della Vergine a braccia allargate, opera del pittore Elis Romagnoli. Sul petto e al centro del giglio, simbolo della sua verginità unica, l’ostia, ossia il pane dell’amore offerto a tutti.

Ma, poi, ed è qui che volevamo arrivare, la statua lignea di Teresa del Bambino Gesù. Quando arrivò dalla Francia e fu scaricata dal camion in uno dei cortili adiacenti, Madre Speranza le si avvicinò e cominciò ad accarezzarla come avrebbe fatto con una bambina. Era presente anche padre Arsenio Ambrogi, Figlio dell’Amore Misericordioso, e ricorda che, mentre l’accarezzava, le diceva: "Figlia mia, qui devi lavorare, perché ci troviamo nel Santuario dell’Amore Misericordioso". Poi, volgendosi di scatto, disse a lui: "Vede, Padre, questa qui io l’ho conosciuta che avevo dodici anni". Tornando velocemente a quando era nata la Madre (1893) e a quando era morta la Santa di Lisieux (1897), Padre Arsenio calcolò che, quando la prima aveva dodici anni (1905) Teresa era ormai morta da otto anni. "Madre, come ha fatto a conoscerla, se quando la Santa aveva dodici anni, lei era già morta da otto?", le chiese.

Madre Speranza sorrise e, con tutta la semplicità che le era solita, gli raccontò quanto segue: "Stavo in casa dello zio sacerdote, sentii suonare il campanello, scesi giù e vidi una suora tanto bella che non avevo mai visto. Mi meravigliai che non portasse le bisacce per raccogliere l’elemosina, pensavo infatti che fosse una suora questuante, e le dissi: ‘Suora, dove mette la roba che le do se non ha neanche le bisacce?’ E lei mi rispose: ‘Bambina, io non sono venuta per questo!’. ‘Ma sarà stanca del viaggio, prenda una sedia!’. ‘Non sono affatto stanca’. ‘Con questo caldo, avrà sete!’. ‘Non ho sete’. ‘Allora che vuole da me?’. E lei mi disse: ‘Vedi bambina, io sono venuta a dirti da parte del buon Dio8 che tu dovrai cominciare da dove ho finito io’. E mi parlò a lungo della devozione all’Amore Misericordioso che avrei dovuto diffondere in tutto il mondo. Ad un certo punto mi voltai e la suora non c’era più. Era proprio lei, sa? Era proprio Lei", concluse mentre continuava a carezzare la statua.9

Poi, additando ancora la statua di Teresa, aggiunse: "Dio non vuol essere più considerato come un giudice di tremenda maestà, ma come Padre buono. È questa la missione che io ho ricevuto". Una missione che, tutte le opere a cui ha dato vita dimostrano. Perfino il piazzale antistante il santuario che Madre Speranza ha voluto a forma di abbraccio, l’abbraccio misericordioso di Dio che accoglie tutti con lo stesso amore.

Quando arrivò quella statua di santa Teresa di Gesù Bambino erano ormai gli anni settanta del secolo scorso e Madre Speranza ormai anziana, ma la coscienza di quella missione, ella la portava nel cuore da molti anni e, stando al suo Diario,10 certamente dal 5 novembre 1927, quando la Madre aveva 34 anni, dove si leggono queste parole:

"Oggi, 5 novembre 1927 – Mi sono distratta, cioè, ho passato parte della notte fuori di me e molto unita al Buon Gesù che mi diceva che devo arrivare a far sì che gli uomini lo conoscano, non come un padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come Padre affettuoso [bondadoso] che cerca con tutti i mezzi il modo di confortare, aiutare e far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con un amore instancabile, come se Egli non potesse essere felice senza di loro. Quanto mi ha impressionato questo, Padre mio!".11

Una esperienza che – al di là dell’incontro misterioso con Teresa di Lisieux che Madre Speranza amava raccontare – dice molto sulla consapevolezza di dover farsi apostola dell’Amore misericordioso. Un punto di partenza che la spinge a convogliare tutte le sue energie verso un obiettivo da raggiungere con la tenacia e l’ostinazione propria dei santi: attirare tutti alla misericordia del Padre. "Far conoscere Dio come Amore Misericordioso", scrive uno dei religiosi della sua Congregazione, "è stato l’unico suo ideale. È verso di esso che convergono tutti i suoi pensieri, sentimenti e azioni".12

Ed ecco il senso del passaggio di testimone. Con una vita quasi quattro volte più lunga di quella Teresa – 90 anni contro 24 Madre Speranza ha vissuto anch’ella, come la Santa di Lisieux, non solo all’insegna della Misericordia, ma con la consapevolezza di avere come missione di non far conoscere altro che questo.

A differenza della Santa di Lisieux nata in una famiglia di benestanti, lei era la primogenita di una famiglia poverissima di Santomera, una località della Regione spagnola della Murcia. Dopo di lei, battezzata col nome di Maria Josefa, sarebbero nati altri otto figli. Il padre faceva il bracciante agricolo e la madre la casalinga. Le condizioni precarie della sua famiglia non potevano permetterle di studiare, anche se, verso i sette anni, colpito dalla sua intelligente vivacità il parroco, don Manuel Aliaga che viveva con due sorelle l’accolse in casa sua. In cambio di qualche piccola faccenda, dalle due sorelle, Inés e María, aiutate da María de Las Maravillas Fernández Serna e da una sua sorella religiosa, Carmen, le fece impartire un po’ di istruzione e le insegnarono i lavori domestici. Vi restò fino al 1914, quando, a ventun’anni, decise di partire per farsi religiosa. Era il 14 ottobre, vigilia della festa di santa Teresa d’Avila, ed ella sentiva di doverne seguire le orme.

"Partii dalla casa paterna – scrisse più tardi, ricordando quel giorno – con il grande desiderio di arrivare ad essere santa, di assomigliare un po’ a santa Teresa, che era coraggiosa e non aveva paura di niente [...]. Volevo essere come lei e così uscii di casa quel giorno, lasciando mia madre nel letto del dolore e senza speranza di rivederla. Figlia mia, perché non aspetti?, mi chiese. Madre, domani è Santa Teresa e io vorrei diventare grande santa come lei, e che mi aiuti a seguire il Signore come essa lo seguì. E mia madre che era molto buona mi disse: Figlia mia, il Signore ti benedica, e se io muoio prega per me".

Come Teresa di Lisieux che fu rimproverata dal confessore a cui aveva detto il desiderio di farsi santa, anche Josefa non aveva dubbi in proposito. Non perché si sentisse perfetta, ma perché afferrata dall’amore di Gesù, come dimostra una ingenua birichinata compiuta quattro anni in anticipo sulla sua Prima Comunione. A otto anni, infatti, profittando che, al posto del parroco c’era un sacerdote che non la conosceva, si era avvicinata alla balaustra e aveva "rubato" Gesù, come amava dire quando lo raccontava.

Entrò in un monastero in via di estinzione, dove vivevano le Figlie del Calvario di Villena che, pochi anni dopo, confluirono, con la stessa Madre Speranza, tra le Missionarie Claretiane. Contenta di questa nuova famiglia, si dedicò con tutta se stessa all’impegno apostolico, ma –nel 1930, all’età di 37 anni, si sentì chiamata dal Signore a dar vita ad una nuova Famiglia Religiosa.

Il suo apostolato a favore dell’Amore Misericordioso veniva osteggiato. Il 19 febbraio del 1928 le comunicano che tutte le immagini con questo messaggio sono state ritirate da tutte le chiese ed ella stessa comincia a dubitare di fallire in questa missione. Si riprende, tuttavia, e lo stesso giorno scrive che ne è sicura. Il Signore le ha chiesto di rivelare a tutti "che Egli ama ogni uomo allo stesso modo e se c’è qualche preferenza è per quanti, schiacciati dalle proprie miserie, si sforzano e lottano per essere come Lui vuole e che l’uomo più perverso, il più abbandonato e miserabile è amato da Dio con una infinita tenerezza".13

Nascevano così, a Madrid, le Ancelle dell’Amore Misericordioso, alle quali, nel 1951, a Roma, si sarebbero uniti i Figli dell’Amore Misericodioso. Il trasferimento in Italia fu dovuto anche al fatto che Madre Speranza – già alla testa di molte case in Spagna tutte dedicate ai poveri ed ai loro figli – accusata, dai soliti nemici del bene che, quando è compiuto unicamente nel nome della misericordia divina, si scandalizzano come ci si scandalizzava di Gesù, dovette presentarsi al Sant’Uffizio. Una occasione della Provvidenza anche questo tempo di prova, perché la Chiesa poté conoscere in questo modo Madre Speranza e la sua Opera. Furono diversi i Cardinali che manifestarono ammirazione verso di lei e il servizio per i più bisognosi.

Nel 1950 Madre Speranza e le sue figlie si prodigarono nell’instancabile lavoro dell’accoglienza dei pellegrini che giungevano a Roma per l’Anno Santo. E fu così, che nel 1951, nello stesso anno in cui cominciava anche il ramo maschile della sua congregazione, Madre Speranza si trasferì a Collevalenza, dove è rimasta fino alla morte, visitata continuamente da ogni parte e da ogni sorta di persone che venivano a lei a chiedere consigli e preghiera. Il 22 novembre 1981, lo stesso Giovanni Paolo II, che da Vescovo vi si era già recato un volta, venne al Santuario, dove, incontrata la Madre ormai ottantottenne, la baciò sulla testa. Nel discorso all’Agelus di quel giorno, poi, pronunciato dallo stesso Santuario di Collevalenza, disse queste parole che suonano in perfetta sintonia con il messaggio di Madre Speranza e gli danno tutta l’autorevolezza ecclesiale:

"Un anno fa ho pubblicato l’enciclica Dives in Misericordia. Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al Santuario dell’Amore Misericordioso. Con questa presenza desidero riconfermare, in qualche modo, il messaggio di quella enciclica. Desidero leggerlo di nuovo e di nuovo pronunciarlo. Fin dall’inizio del mio ministero nella sede di san Pietro a Roma, ho ritenuto questo messaggio come mio particolare compito. La Provvidenza me l’ha assegnato nella situazione contemporanea dell’uomo, della Chiesa e del mondo".

"Si potrebbe anche dire", continuò Giovanni Paolo II, "che appunto questa situazione mi ha assegnato come compito quel messaggio dinanzi a Dio, che è Provvidenza, che è mistero imperscrutabile, mistero dell’Amore e della Verità, della Verità e dell’Amore. E le mie esperienze personali di quest’anno, collegate con gli avvenimenti del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: "misericordiae Domini, quia non sumus consumpti" (Lamentazioni 3,22). Perciò oggi prego qui insieme con voi, cari fratelli e sorelle. Prego per professare che l’Amore misericordioso è più potente di ogni male, che si accavalla sull’uomo e sul mondo. Prego insieme con voi per implorare quell’Amore misericordioso per l’uomo e per il mondo della nostra difficile epoca".14

Dagli anni cinquanta in poi, da parte sua, Madre Speranza, a Collevalenza aveva cominciato a realizzare il progetto che per lei rappresentava la volontà di Dio: la costruzione di un santuario dedicato all’Amore Misericordioso di Dio. Dai cinquantott’anni che aveva quando arrivò in questo borgo della terra umbra, sino alla morte, avvenuta trentadue anni dopo, insieme all’incontro con la gente che veniva da lei (più di cento persone al giorno), la costruzione di quest’opera la interessò tanto da seguirne la crescita, potremmo dire, mattone per mattone. Fu questa la sua missione e la sua opera dell’ultimo tratto della sua lunga vita, come lei stessa dice: "Egli, che è tutto Amore e Misericordia, specialmente con i figli sofferenti, non mi delude e così con grande gioia vedo consolate un grande numero di anime che confidano nell’Amore Misericordioso. Che emozione prova questa povera creatura davanti all’amore, alla delicatezza e alla bontà di questo buon Padre! E’ vero che Lui è un giudice giusto, ma è un Padre che ci ama, sa dimenticare e perdonare le nostre miserie, se pentiti andiamo da Lui".15 Lo stesso messaggio che dava a tutti per infondere in loro il vero fondamento della speranza.

"Fa, Gesù mio, che a questo Santuario", si legge in una preghiera da lei composta, "vengano persone dal mondo intero, non solo con il desiderio di guarire nel corpo dalle malattie più dolorose e strane, ma per curare la propria anima... e fa, Gesù mio, che tutti vedano in Te non un giudice severo ma un Padre pieno di amore e di misericordia che non tiene in conto le debolezze dei suoi figli, le dimentica e le perdona".16

Un Santuario che Giovanni Paolo II, l’anno successivo alla sua visita elevò al rango di Basilica Minore. Lo stesso Papa che, durante l’udienza del 2 gennaio 1981 concessa ai figli ed alle figlie di Madre Speranza, si espresse con queste parole:

"È motivo di gioia per me, incontrarmi con voi, all’alba di questo nuovo anno, per celebrare insieme la gioia e la munificenza dell’Amore Misericordioso del Signore, unica inesauribile fonte della nostra profonda fiducia in un avvenire più cristiano e quindi più consentaneo all’altissima dignità dell’uomo.

L’occasione di questa speciale udienza ce la offre il cinquantesimo di fondazione delle Suore Ancelle dell’Amore Misericordioso, che iniziarono la loro vita religiosa accanto alla grotta del Divin Salvatore, nella dolce atmosfera del Natale del 1930, per dedicarsi alla generosa testimonianza, attraverso opere di vera carità, del divino messaggio di bontà e di misericordia, che costituisce la nota dominante e caratteristica della Congregazione.

Voi, Ancelle dell’Amore Misericordioso, insieme con i Figli dell’Amore Misericordioso, formate la Famiglia dell’Amore Misericordioso, tutta dedita a raggiungere tanti cuori con una convincente parola, che dica quanto è buono il Signore e quanto è grande il suo amore per l’uomo, ed in particolare per l’uomo di oggi".17

Il Corpo di Madre Speranza, volata al cielo l’8 febbraio del 1983, riposa nella Cripta del suo Santuario, dove la sua tomba emerge dal pavimento come se questo si alzasse sotto la forza di un seme che cresce al di sotto della superficie. Molte persone vi si appoggiano e restano spesso in profondo silenzio per lunghi momenti. Iniziato il 24 aprile del 1988 nella Diocesi di Orvieto/Todi, il processo per la sua canonizzazione è giunto a compimento con la sua beatificazione, avvenuta il 31 maggio 2014 nello stesso Santuario di Collevalenza, da lei voluto.

 

Dio è Amore Misericordioso

Per introdurre a questo grande mistero della nostra Salvezza, nei suoi scritti, Madre Speranza, con sottile e delicata pedagogia, parte dalla domanda sull’origine di tanto amore da parte di Dio. Da dove scaturisca tanta misericordia divina e la tenera compassione del Signore verso i peccatori, umanamente inspiegabile. "La causa", risponde, "è che Gesù moltiplica il suo amore in proporzione della miseria dell’uomo".18 Come, prima di lei Teresa di Lisieux, capisce che tutti gli attributi divini devono essere visto attraverso l’amore e come a suo servizio, nel senso che la perfezione di Dio serve a riempire le nostre deficienze, la sua giustizia per raddrizzare le nostre deviazioni, mentre la sua bontà e misericordia serve per consolarci e proteggerci.

Paragona l’Amore divino di Gesù al cuore che, nel corpo, ha la funzione di inviare, pulsando, il sangue a tutto l’organismo. Così l’Amore Misericordioso nei confronti di tutte le membra del corpo mistico. "Pulsa per le anime tiepide, per i peccatori, per le anime sante, per quelle fervorose, per quelle infedeli e lontane; pulsa per i moribondi e per le anime del Purgatorio; pulsa per le anime dei beati che egli glorifica in cielo".19

Ed è un amore così grande che, non solo aspetta che noi ne siamo degni, ma non si attende neppure che gliene siamo grati. "Per elargire a noi i suoi doni", continua, infatti, Madre Speranza, "Dio non guarda se gli saremo riconoscenti o no. Poveri noi se al crearci avesse considerato ciò che vedeva in noi! Pur avendo ben presente tutte le volte che lo avremmo offeso e le nostre molte ingratitudini, pensò a noi solo per colmarci di grazie e per amarci con amore infinito. [...] Che tutti arrivino a comprendere che hanno un Padre che non tiene conto, perdona e dimentica; un padre e non un giudice severo; un Padre Santo, pieno di sapienza e di bellezza, che sta aspettando il Figlio prodigo per riabbracciarlo".20

Viene in mente la risposta che, secondo il Midrash di Gen 1,27-28, il Creatore dette agli angeli che lo scoraggiavano di creare l’uomo perché sarebbe stato ribelle e irriconoscente: : "Sono io che ho creato e voglio creare anche l’uomo. Lo perdonerò, lo sopporterò e lo salverò" (bSanhedrin 38b). O anche la rilettura teologica del libro di Pinocchio, fatta dal Cardinal Biffi.21

La missione di Madre Speranza, come quella di Teresa di Lisieux, è per i più piccoli ed i più lontani. È a loro che la Santa e la Beata vogliono parlare dell’Amore Misericordioso. La loro missione non consiste semplicemente nel dar lode a Dio, ma nel suscitare fiducia in Lui da parte di tutti, perché questo, sì, è il "bisogno" di Dio. Egli, infatti, com’ebbe a capire Madre Speranza quella notte del 1927, è un "Padre affettuoso [bondadoso] che cerca con tutti i mezzi il modo di confortare, aiutare e far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con un amore instancabile, come se Egli non potesse essere felice senza di loro".22

"Se anche avessimo commesso i più grandi peccati", scrive ancora, "non abbiamo da temere: il Cuore misericordioso del Signore perdona e ama con amore infinito. Non lasciamoci prendere dalla tristezza davanti al cumulo delle nostre cadute, ma, pieni di fiducia e considerando le nostre miserie con umiltà e totale fiducia in Dio nostro Buon Padre, ricorriamo a lui e chiediamogli nuovamente perdono. Egli che conosce bene la nostra natura e vede i nostri sforzi e desideri, saprà attendere con calma e pazienza il nostro miglioramento. Se ci lasciamo invadere dalla tristezza e dalla sfiducia, facciamo dispiacere al Signore e diamo al demonio la possibilità di toglierci la pace".23

 

IL PASSAGGIO DI TESTIMONE

Che tra la missione di Teresa di Lisieux e di Madre Speranza riguardo all’Amore Misericordioso, ci sia una continuità impressionate lo si è già capito assai bene da quanto detto fin qui. Ora, tuttavia, vogliamo prendere alcuni testi della Santa e della Beata sull’argomento e vedere come, quanto affermato dalla prima, trova eco precisa in quanto dice la seconda. Una figlia di Madre Speranza, una Ancella dell’Amore Misericordioso, ricorda come questa, molto spesso, facesse riferimento esplicito proprio all’Atto di Offerta della Santa di Lisieux. Riferendosi al desiderio che Teresa di Gesù Bambino confida al Buon Dio ch’Egli susciti una schiera di piccole Anime che, come lei, si offrano vittime al Suo Amore Misericordioso,24 anche Madre Speranza esprimeva lo stesso desiderio per le sue figlie. Comunitariamente, ma anche personalmente esortava, soprattutto quelle in formazione, a fare questa Offerta, concludendo spesso di essere convinta di averne già molte, tra le sue figlie, come Teresa di Lisieux.

Qui, sul tema dell’Amore Misericordioso, parliamo solo di Teresa di Lisieux e di Madre Speranza, non è perché siano le prime ad averne parlato. Basterebbe ricordare anche solo Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), che divulgò la devozione al Sacro Cuore già nel diciassettesimo secolo e, nello stesso secolo di Madre Speranza, Santa Faustina Kowalska (1905-1938), canonizzata da Giovanni Paolo II il 30 aprile 2000, Domenica della Divina Misericordia, grande apostola della devozione a Gesù misericordioso, così come si potrebbero ricordare molte altre figure.25

Mettiamo a confronto Teresa di Lisieux e Madre Speranza perché – effettivamente – tra le due c’è, non solo affinità di pensiero, ma anche coscienza di una missione comune e "concordata". Per quanto riguarda Madre Speranza, inoltre, si deve dire che lei è risuscita in ciò che avrebbe voluto fare anche Renata Nezzo26 che, poco prima della sua morte precoce a soli trentun anni, aveva già steso le Costituzioni per dare vita a una Congregazione religiosa (Legione di piccole vittime) allo scopo di diffondere la devozione all’Amore Misericordioso. A Madre Speranza, infatti, con la fondazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, prima, e con quella dei Figli dell’Amore Misericordioso, poi, è stato riservata anche la missione di istituzionalizzare il messaggio, la spiritualità e la dottrina dell’Amore Misericordioso, prima ancora chela Chiesa, con l’Enciclica Dives in Misericordia di Giovanni Paolo II, la facesse entrare ufficialmente anche nel suo Magistero.

Suor Teresa e Madre Speranza, inoltre, non solo hanno vissuto all’ombra dell’esperienza dell’Amore Misericordioso, ma ne hanno scritto, lasciandolo alla Chiesa anche come insegnamento Un insegnamento che, non essendo, nessuna delle due, studiose di teologia, ha ancora più valore, dato che nasce dalla loro personale esperienza riconosciuta dalla Chiesa, come scienza d’amore che nasce in loro soprattutto dallo stupore. Lo stupore di quanto, a Dio, faccia piacere amare tutte le sue creature, specialmente le più bisognose.

Come abbiamo già rilevato sopra, la stessa Madre Speranza era rimasta fortemente scossa al sentire che il Signore le chiedeva di far di tutto affinché gli uomini lo conoscessero, non come un padre offeso dalle loro ingratitudini, ma come Padre affettuoso che segue e cerca tutti i suoi figli, come se Egli non potesse essere felice senza di loro. Soprattutto questa percezione [che Egli non potesse essere felice senza di loro], la lasciava senza parole. "Quanto mi ha impressionato questo, Padre mio!", scrisse nel suo Diario, rivolta al Padre spirituale.

"Il tuo Amore disprezzato deve restare nel tuo Cuore?", chiede, dal canto suo, Teresa al suo Dio. "Mi sembra che se tu trovassi anime che si offrono come Vittime di olocausto al tuo Amore, tu le consumeresti rapidamente, mi sembra che saresti felice di non comprimere affatto i flutti di infinita tenerezza che sono in te..." (MA 84r).

 

Umiltà e piccolezza

Una esperienza di Dio Amore che, non soltanto le spinge a farsene apostole, ma che è la chiave della loro stessa vita e della libertà fiduciosa che caratterizza entrambi. Quando, per esempio, il 7 agosto 1897, a Teresa viene chiesto di quale mancanza stia parlando quando dice che, se dovesse commetterla, non potrebbe più pensare serenamente alla morte che l’attende, risponde così: "Di un pensiero di orgoglio alimentato volontariamente. Se, per esempio, mi dicessi: Ho acquisito tale virtù, sono certa di poterla praticare. In tal caso ciò sarebbe appoggiarsi sulle proprie forze, e quando si arriva a questo punto, si rischia di cadere nell’abisso. Ma avrò il diritto, senza offendere il buon Dio, di fare piccole sciocchezze fino alla mia morte. Vede i bambini piccoli: non la finiscono mai di rompere, strappare, cadere, pur amando molto, molto i loro genitori. Quando cado così, ciò mi rende ancor più evidente il mio nulla, e mi dico: Che farei, che diverrei, se mi appoggiassi sulle mie proprie forze?!...".27

"Fa’, Gesù", chiede, dal canto suo, Madre Speranza il 29 maggio 1942, "che acquisti la vera umiltà sincera, basata, come dici, sulla tua grandezza e santità e sulla mia povertà e miseria; queste disposizioni mi spoglino del mio egoismo, della superbia e della presunzione, poiché è proprio nel vuoto di me stessa dove può realizzarsi l’unione con Dio e così, Gesù mio, tu potrai prendere la mia anima e diventarne il padrone assoluto".28

 

Fiducia

La fiducia, poi, è una componente essenziale della "via dell’infanzia spirituale". Nella lettera del 9 maggio 1897 al padre Adolfo Roulland, Teresa scrive: "La mia via è una via tutta di fiducia e d’amore; non capisco le anime che hanno paura di un così tenero Amico".29 E quando, il 17 luglio 1897, si tratta di spiegare in che consista la sua "piccola via", a Madre Agnese che, dopo averla sentita proporsi di impegnarsi nella missione di insegnarla alle anime dopo la sua morte, Teresa rispose: "Madre mia, è la via della infanzia spirituale, è il cammino della fiducia e dell’abbandono totale. Voglio insegnare loro i piccoli mezzi che sono riusciti a me tanto bene, dir loro che c’è una sola cosa da fare quaggiù: gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici, prenderlo con le carezze, è così che io l’ho preso, e per questo sarò ricevuta tanto bene".30

Con altre parole, aveva scritto la stessa convinzione anche in una lettera del 17 settembre 1896 a Maria del Sacro Cuore, dove le spiegava che ciò che piace a Dio "è di vedermi amare la mia piccolezza e la mia povertà, è la cieca speranza che ho nella sua misericordia". "È la fiducia e nient’altro che la fiducia che deve condurci all’Amore", continuava più avanti.31

Sia Teresa di Lisieux che Madre Speranza sono convinte. Ciò che più dispiace al Signore è proprio la la mancanza di fiducia in Lui. "Il peccato è sicuramente orribile – scrive Madre Speranza perché con esso offendiamo Gesù e perciò dobbiamo detestarlo, ma senza che per questo ci abbandoniamo alla tristezza e allo scoraggiamento: Colui che viene offeso è pur sempre il Nostro Padre e il suo Cuore Misericordioso ci perdona e ci ama. Siamo, è vero, pieni di miseria, ma bisogna tendere in alto, bisogna portare la nostra anima a Gesù e portargliela così com’è: con colpe e senza colpe, fervorosa e tiepida, rincuorata o scoraggiata, sicuri che se la presenteremo con umiltà e amore, essa tornerà migliore.32

 

Abbandono tra le braccia di Dio

L’abbandono è conseguenza della fiducia. Nessuna ballerina salta tra le braccia del partner se non ha fiducia nella sua presa sicura, ma è solo così che può aver luogo la danza. Certo, prima c’è l’esercizio e ci sono le prove, come accade anche nel rapporto con Dio. Neppure l’anima, infatti, arriva di colpo alla perfezione come accadde al cosiddetto ladro buono crocifisso alla destra di Gesù. Ma mentre ballerino e ballerina si danno fiducia vicendevole dopo un lungo esercizio individuale che li rende armonici, sul piano spirituale è solo il fedele che deve esercitarsi nella fiducia, perché le mani di Dio sono da sempre allargate per sorreggerlo, come capì ed espresse bene Teresa di Lisieux facendo ricorso al simbolo dell’ascensore per illustrare l’amore misericordioso di Dio.

"Lei lo sa, Madre: ho sempre desiderato essere una santa,33 ma ahimè! ho sempre constatato, quando mi sono confrontata con i santi, che tra loro e me c’è la stessa differenza che esiste tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia34 oscuro calpestato sotto i piedi dei passanti", scrive a Madre Maria di Gonzaga. "Invece di scoraggiarmi", continua, poi, "mi sono detta: il Buon Dio non potrebbe ispirare desideri irrealizzabili:35 quindi nonostante la mia piccolezza posso aspirare alla santità; crescere, mi è impossibile, mi devo sopportare per quello che sono con tutte le mie imperfezioni, ma voglio cercare il modo di andare in Cielo per una via bella dritta, molto corta, una piccola via36 tutta nuova".

"Siamo in un secolo di invenzioni", continua introducendo l’immagine dell’ascensore", ora non vale più la pena di salire i gradini di una scala; dai ricchi un ascensore la sostituisce vantaggiosamente. Vorrei trovare anch’io un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione.37 Allora ho cercato nei libri santi l’indicazione dell’ascensore oggetto del mio desiderio e ho letto queste parole uscite dalla bocca della Sapienza Eterna: Se qualcuno è molto piccolo,38 venga a me. Allora sono venuta intuendo di aver trovato ciò che cercavo;39 e volendo sapere, o mio Dio! ciò che faresti al molto piccolo che rispondesse alla tua chiamata ho continuato le mie ricerche ed ecco quello che ho trovato: – Come una madre accarezza il figlio, così io vi consolerò, vi porterò in braccio e vi cullerò sulle mie ginocchia (Is 66,12-13)! Ah! mai parole più tenere, più melodiose, hanno rallegrato la mia anima: l’ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo, sono le tue braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre di più. O mio Dio, hai superato ogni mia aspettativa e io voglio cantare le tue misericordie" (Ms C 2v-3r).

Come confessa a Madre Agnese il 7 luglio 1897, non è stato facile, ma, proprio come aveva scritto nella sua storia riferita sopra, aveva cercato e aveva trovato. "Questa parola di Giobbe: Anche se Dio mi uccidesse, io spererei ancora in Lui, mi ha affascinato sino dalla mia infanzia. Però ci è voluto tanto tempo prima di stabilirmi in questo grado di abbandono. Ora ci sono: il buon Dio mi ci ha messa, m’ha preso nelle sue braccia e mi ci ha posato..."40.

Anche Madre Speranza è pronta ad accogliere tutto dalle mani di Dio sicura che Lui è Amore e non può permettere nulla che non sia per il suo/nostro bene. Anche se questa certezza non le toglie la sofferenza e la pena della prova. "Ti prego, Gesù mio", prega, infatti, il 4 ottobre 1941, "abbi pietà di me e non lasciarmi sola in questi momenti di aridità e oscurità. Ti cerco, Gesù mio, ma non ti trovo; ti chiamo e non ti sento; sono finite per me le dolcezze del mio Dio. [...] È questo il calice che mi hai preannunciato? Ti piace vedermi gemere sola? Se è così, una e mille volte, ti ripeto, Dio mio, che metto nelle tue mani la mia fiducia e il mio abbandono. Molte volte ti ripeterò: Gesù mio, ho riposto in te ogni mia speranza, mi salvi, Dio mio, la tua giustizia".41

 

Con Maria

Nell’umiltà, nella fiducia e nell’abbandono all’Amore Misericordioso di Teresa di Lisieux e di Madre Speranza c’è anche una forte colorazione mariana. E non semplicemente perché devote entrambi della Madonna, ma perché in Lei vedevano il modo perfetto della sequela e del sì quotidiano alla volontà di Dio.

Per quanto riguarda Teresa, che, oltre a narrare la grazia del sorriso di Maria [Ms A 30r] che la guarì dalla malinconia dopo la morte della mamma, ne parla frequentemente, basterebbe ricordare una della sue ultime parole poco prima di morire. Quando si parla di Maria, fece, infatti capire, meglio di qualsiasi altro teologo dei suoi tempi, non bisogna dimenticare di proporla come un esempio da seguire, dato che le sue altissime prerogative di Madre di Dio, non la tolsero dai doveri ordinari della vita quotidiana.

"Che i preti ci mostrino delle virtù praticabili!", aggiunse il 23 agosto 1897, dopo aver detto che tutto ciò che aveva inteso predicare sulla Vergine non l’aveva commossa. "È bene parlare delle sue prerogative, ma soprattutto bisogna poterla imitare. Ella preferisce l’imitazione piuttosto che l’ammirazione. E la sua vita è stata così semplice!" (Quaderno Giallo, 23 Agosto, 9). Nell’ultima delle sue poesie ("Perché ti amo, Maria"), scrisse, inoltre: "Io ti amo, Maria, quando ti dici la piccola serva del Dio che rapisci per la tua umiltà. Questa virtù nascosta ti rende onnipotente e attira nel tuo cuore la Santa Trinità" (Poesia 54,4).

Convinta di questa semplicità e vicinanza, era a Maria santissima che Teresa si rivolgeva al sopraggiungere di una preoccupazione o di una difficoltà, sicura che, come la più tenera delle madri, ella si prendeva cura dei suoi bisogni. "Lei sa bene ciò che deve fare dei miei piccoli desideri", confida a proposito della sua morte il 4 giugno 1897, "se bisogna che li dica o non li dica... infine, sta a lei vedere di non costringere il buon Dio ad esaudirmi, per lasciargli fare in tutto e per tutto la sua volontà" (Quaderno Giallo, 4 giugno, 1).

La stessa fiducia e abbandono che troviamo in Madre Speranza che, un giorno, pregò così il suo Gesù: "Consegnami e raccomandami alla Tua dolce Madre", gli disse, "mettimi in quelle delicate mani che educarono e allevarono Te, Figlio di Dio Padre, perché mi aiutino e mi difendano [...]. Dì per me alla tua dolcissima Madre: Ricevi questa figlia nelle tue cure materne, te la raccomando con tutta l’insistenza del mio amore divino; veglia Madre, su di lei e presentamela limpida e educata da Te secondo le esigenze del mio Cuore".42

Dell’Offerta all’Amore Misericordioso da Parte di Teresa di Gesù Bambino anche come missione nei confronti dei più bisognosi, abbiamo parlato. Per quanto riguarda Madre Speranza di Gesù, "figlie mie", scrive nel 1933 rivolta alle Suore della sua Congregazione, "io credo che Gesù ama di un amore singolare le anime forti, virili, impegnate, decise, generose e dimentiche di se stesse; quelle cioè che sentono il bisogno di esercitare il bene in favore dei propri fratelli e anelano alla propria perfezione cercando con sincerità occasioni di poter soffrire per vivere, con entusiasmo, crocefisse insieme con Gesù per amore dell’uomo".43

 

PAPA FRANCESCO

"Diventare misericordiosi significa imparare ad essere coraggiosi nell’amore concreto e disinteressato", ha scritto il 2 aprile 2016, papa Francesco nel suo Twitter.

Sì, dice spesso il Papa, "per diventare misericordiosi bisogna imparare ad essere coraggiosi nell’amore". "Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole". Chi vuole essere misericordioso, infatti, "ha bisogno di un cuore forte e saldo". E nell’Angelus ha citato Lucia che, rivolgendosi all’Innominato che la tiene prigioniera, gli rammenta coraggiosamente: "Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia". Una pagina dei Promessi Sposi tra le più amate dal Papa che ha confidato di averla letta ormai tante volte.

Ci vuole coraggio per essere misericordiosi. Il coraggio della misericordia ci vuole anche in famiglia. È la misericordia, infatti, che la fa andare avanti nell’affrontare le tante difficoltà della vita. Misericordia come coraggio del sacrificio, il coraggio di sapersi perdonare e ricominciare. "Il perdono – scrive Francesco nella Misericordiae Vultus è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza". La misericordia è concreta, annota ancora, e si declina anche con un semplice "permesso, scusa, grazie". Ci vuole coraggio dunque per essere misericordiosi anche in famiglia: "Ci vuole coraggio per questo, eh! Per questo quando io saluto i novelli sposi, dico: ‘Ecco i coraggiosi!’, perché ci vuole coraggio per amarsi così come Cristo ama la Chiesa. La celebrazione del sacramento non può lasciar fuori questa corresponsabilità della vita familiare nei confronti della grande missione di amore della Chiesa" (Udienza generale, 6 maggio 2015).

E, poi, il coraggio di sentirsi peccatori e di chiedere perdono. Ci vuole coraggio anche e soprattutto per riconoscersi peccatori. "Una grazia da chiedere", ripete tante volte Francesco. Solo così infatti possiamo lasciarci raggiungere e toccare dalla Misericordia di Dio. Lui sempre bussa alla porta del nostro cuore, ma ha bisogno di noi per entrare: "Se tu non ti senti peccatore, hai incominciato male. Chiediamo la grazia che il nostro cuore non si indurisca, che sia aperto alla misericordia di Dio, e la grazia della fedeltà. E quando ci troviamo, noi, infedeli la grazia di chiedere perdono" (Omelia a Santa Marta, 3 marzo 2016).


1 Vultus Misericordiae è, infatti, il titolo della Bolla di indizione dell’Anno Santo 2015-2016.

2 Cf. B. MORICONI, Teresa di Lisieux sorella e commensale dei peccatori, in: Aa.Vv., Cercare Dio. L’esperienza carmelitana, Roma 1993, pp. 121-150.

3 Novo Millennio Ineunte, n. 42.

4 F. M. LÉTHEL, (da una conferenza ancora inedita).

5 Ib.

6 Sperare per tutti è il titolo di una delle ultime opere di Hans Urs Von Balthasar (1987), forse desunto direttamente dalla nostra Santa, da lui studiata a fondo. Prima di lui e, in quanto Dottore della Chiesa, Teresa è la più autorevole interprete a favore di questa "speranza per tutti", anche perché il punto di vista della Santa, approvato dalla Chiesa che l’ha dichiarata Dottore, è frutto di esperienza.

7 Pubblicato Come Preghiera n. 6.

8 Il fatto che Madre Speranza usi l’espressione "Buon Dio", può essere considerato un segno di autenticità, dato che, nel suo italiano spagnoleggiante, avrebbe sicuramente usato l’espressione equivalente di "Buon Gesù" (Buen Jesús), dato che in Spagna non si usa mai dire "Buen Dios".

9 Anche alcuni testi del processo di Canonizzazione di Madre Speranza, dicono di averla sentito parlare di questo incontro. "La Serva di Dio raccontava – si legge nella Positio – che mentre si trovava a casa del tío cura – così chiamava il parroco – si presentò alla porta una suora. Pensando che venisse a fare la questua nel paese, cosa comune a quel tempo, avrebbe voluto offrirle qualcosa. La suora le spiegò che non veniva a questuare ma a chiedere a lei di diffondere nel mondo la devozione all’Amore Misericordioso, come anche lei aveva fatto per tutta la sua vita. La suora scomparve all’improvviso dalla vista e la Serva di Dio, più tardi, riconobbe in lei santa Teresa di Gesù Bambino" (Canonizationis Servae Dei Matris Spei a Jesu. Positio super virtutibus, vol. I, CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Prot. n. 1600, Roma 1993, p. 31).

10 Si chiama così l’insieme di 527 brevi annotazioni contenute nei quaderni, il primo dei quali comincia con questa dichiarazione della stessa Madre Speranza, ancora religiosa della Congregazione di Maria Immacolata: "Relazione, scritta solo per obbedienza, promessa al mio Padre Spirituale P. Antonio Naval, religioso della Congregazione del Cuore di Maria". Comincia il 30 ottobre 1927 e termina a Collevalenza il 10 maggio 1962.

11 Diario, 5.11.1927 (El Pan 18, 2).

12 G. FERROTTI, Madre Speranza... pane e sorriso di Dio, Edizioni l’Amore Misericordioso, Collevalenza (PG), 2014, p. 81.

13 Diario, 19.2.1928 (El Pan 18,19).

14 Angelus, 22.11.1981, Collevalenza.

15 Circolari, 19.12.1959 (El Pan 20, 643).

16 Scritti vari, 1.12.1964, (El Pan 24, 82).

17 Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Religiosi e le Religiose della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso e delle Ancelle dell’Amore Misericordioso (Venerdì, 2 Gennaio 1981).

18 Consigli pratici, 1933 (El pan 2, 88).

19 Ibidem (El pan 2, 68).

20 Esortazioni, 2.1.1965 (El Pan 21, 263).

21 Giacomo BIFFI, Contro Maestro Ciliegia. Commento teologico a "Le avventure di Pinocchio", Jaca Book, Milano 1997.

22 Diario, 5.11.1927 (El pan 18, 2).

23 Circolari, 21.11.1951(El pan 20, 394).

24 "O mio Dio! il tuo Amore disprezzato deve restare nel tuo Cuore? Mi sembra che se tu trovassi anime che si offrono come Vittime di olocausto al tuo Amore, tu le consumeresti rapidamente, mi sembra che saresti felice di non comprimere affatto i flutti di infinita tenerezza che sono in te..." (MA 84r)

25 Fra le quali, sicuramente Madre Rafols (1701-1853), fondatrice delle Figlie della Carità di Sant’Anna; la Serva di Dio Suor Benigna Consolata Ferrero (1885-1916); il gesuita Padre Daniel Considine; Padre Juan González Arintero (1860-1928), teologo domenicano spagnolo; Madre Maria Teresa Desandais (1876-1940), meglio conosciuta come Sulamitis, autrice, tra l’altro, della prima immagine del Crocifisso e l’Ostia Santa, ripreso dalla stessa Madre Speranza a Collevalenza; Madre Maria Maddalena di Gesù Sacramentato (1888-1960), passionista nata a San Gemignano di Lucca, collaboratrice anch’ella di padre Arintero, lo stesso direttore spirituale di Madre Speranza, nella diffusione della devozione all’Amore Misericordioso, anche con gli scritti che firmava con lo pseudonimo di "J. Pastor"; la signorina Renata Nezzo (1894-1925) che – ispirata anch’ella da Teresa di Lisieux, si esprime come avrebbe potuto esprimersi Madre Speranza. "Leggendo l’undicesimo capitolo della Storia di un’anima della beata Teresa", scrive, infatti, in una lettera del 29 aprile 1923 "si comprende il perché l’angelica Santa domandi al suo Gesù un gran numero di piccole anime vittime d’amore".

26 Anche lei in sintonia con Teresa di Lisieux.

27 Quaderno Giallo, 7 agosto, 4.

28 Diario, 29.5.1942 (El Pan 18, 780).

29 Lettera 226, 1v.

30 TERESA DI LISIEUX, Novissima Verba (17 luglio).

31 Lettera 197.

32 Consigli pratici, 1933 (El pan 2, 100-103).

33 Cfr. Ms A 32r e 33r; LT 45 1v; 52 1v e 80; Pr 6 e 11; P 20,5; PR 8, 3v e 4r; ecc.

34 Anche questo simbolo del granello è caro a Teresa (cfr. LT 45,4; 104,2).

35 Una convinzione dalla Santa (cfr. Ms A 71r; Ms C 22v e 31r.).

36 Unico luogo in cui appare l’espressione "piccola via" negli scritti di Teresa di Lisieux.

37 Cfr. Lettera 258, 2r.

38 Pro. 9,4 (cf. Ms B 1r)

39 Il Verbo cercare (chercher) ricorre 122 volte nei suoi scritti e sottolinea la sua tenacia

40 Quaderno Giallo, 7 luglio, 3.

41 Diario, 4.10.1941 (El Pan 18, 660-661).

42 Piccole lettere, (El Pan 23, 14).

43 Consigli pratici, 1933 (El pan 2, 104).